Dall'alto del suo cielo Dio rivolse lo sguardo sulla terra; l'aveva fatta come splendido giardino in cui collocare le sue creature più amate. Che ne era di quel
giardino e dei suoi figli che lo abitavano?
Dense nuvole coprivano la terra, in quel giardino non c'erano più l'armonia e i colori che Lui gli aveva dato intingendoli da Sé.
Tutto era così diverso dal suo sogno: sterpaglie senza fiori e senza frutti dilagavano ovunque... e insieme... disperazione e morte. L'uomo gli appariva sfigurato,
troppo diverso da come l'aveva pensato: nel suo cuore non c'era più la confidenza col Padre che gli aveva dato la vita, non più un palpito di amore, non più fiducia in Lui, non più la gioia
di una vita vissuta come incanto.
Laggiù sulla terra tutto si era fatto triste e grigio: l'uomo vagava smarrito e confuso, senza il conforto di una Presenza di paradiso. Viveva senza più sapere
perché... senza sapere per Chi.
"Poveri figli miei! Che avete fatto?". Il suo cuore di Padre sanguinava vedendo ridotte in quel modo le sue creature più care.
Che fare? Punirle? Non ce n'era bisogno: a punirsi l'uomo aveva provveduto da solo, perché la punizione è già dentro il peccato. "Gli uomini
non sono puniti per le loro colpe, ma dalle loro colpe" (Elbert Hubbard).
La tristezza che gli soffocava l'anima, l'uomo non l'ha vista piovere dal cielo di Dio come un castigo, ma l'ha fatta germogliare lui stesso dalla terra con
la sua stoltezza e con la sua ribellione.
Peccando, l'uomo non solo ha distrutto il rapporto di amore e la sua somiglianza con Chi lo aveva creato, ma anche ha tolto alla sua vita la possibilità della gioia.
Ha reso la terra selvaggia: dell'amore ha fatto uno sconosciuto; del fratello un nemico; della gioia un sogno infranto che torturava il suo cuore con una struggente nostalgia,
quasi una segreta tortura; e di se stesso... un orfano e un disperato.
"Rifarò nuova ogni cosa. - disse il Signore - Busserò al cuore delle mie creature per dire loro che le amo ancora e che le voglio salvare. Sì, cercherò
di salvarle mandando loro mio Figlio, perché si cali, con un cuore come il mio, nei loro abissi di peccato. Sarà ponte fra Cielo e terra, fra le loro miserie e la mia misericordia." Ed ecco la promessa:
"Verrà una donna tutta splendente, tutta piena di paradiso e dal suo grembo purissimo spunterà, come un germoglio, il Salvatore".
Ma l'uomo peccatore è sconvolto in tutto il suo essere: non solo la sua mente non sa vedere e il suo cuore non sa amare, ma anche la sua memoria è indebolita
e non ricorda.
Il Padre aveva promesso... ma i suoi poveri figli sulla terra avevano dimenticato presto la sua promessa.
All'uomo il Cielo sembrava chiuso e lontano, ostile e inaccessibile, ma il Padre di chi non voleva più essergli figlio stava preparando la terra per la venuta di
Gesù.
Ai tempi di Noè aveva fatto balenare tra cielo e terra un arcobaleno di colori; era un segnale che Dio era all'opera, quasi a dire: "Figli miei, non mi sono
dimenticato di voi. La riserva del mio amore è senza limiti. Basta che voi lo vogliate, il Cielo si riaprirà. Verrà mio Figlio tra voi, verrà per voi. Accoglietelo, amatelo, ascoltatelo. In Lui
e grazie a Lui, sarete perdonati".
Finalmente, nella pienezza dei tempi, quel Figlio è venuto, ci ha trattato da fratelli, da amici. Si è fatto Maestro di verità e Medico delle nostre piaghe.
Non solo: si è fatto nostro servo e vittima per noi, tra tormenti indicibili, su una croce infame.
Compiuta la sua missione, ha riaperto il Cielo, perché la sua Santissima Umanità entrasse nella gloria che ha meritato.
Ma non ci ha lasciati soli: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20).
Gesù è ancora sulla terra, più vivo di un tempo perché risorto, contemporaneo di ogni generazione, unico Salvatore di tutti coloro che cercano salvezza.
"Egli è qui - disse il vecchio Simeone - per la rovina e la risurrezione di molti... segno di contraddizione..." (Lc 2, 34).
Per la salvezza di chi lo accoglie, dunque, ma anche per la rovina di chi lo rifiuta.
È Gesù la zattera che il Padre ha preparato per i suoi figli naufraghi in questo mare in tempesta.
Non c'è altra possibilità di salvezza che in Lui.
Negare che esista la tempesta del peccato, attorno all'uomo e nel cuore dell'uomo, é negare l'evidenza: è il primo passo sbagliato. Credere che esista
il peccato, ma voler salvarsi dalla tempesta cercando altre zattere di salvezza, è il secondo passo per la rovina. Come gli Apostoli sulla barca nel mare in burrasca, gridiamo anche noi: "Salvaci, Signore, siamo
perduti!" (Mt 8, 25).
E Gesù, che non sarebbe più Salvatore se non accogliesse questa supplica, ci dirà:
"Figli miei, andate dalla mia Sposa, la Chiesa... dove è Lei sono anch'Io, perché siamo una cosa sola. Là mettetevi in ginocchio davanti a un mio
ministro e chiedete umilmente perdono delle vostre colpe. Datemi le vostre miserie e Io vi darò la mia misericordia. Ridiventeremo amici e fratelli, un cuore solo e un'anima sola. Donerò grazia alle vostre
anime e gioia ai vostri cuori. Vi risusciterò alla vita del Padre mio e riaprirò per voi le porte del mio paradiso."
Questa è la promessa di Gesù... questa è la nostra certezza, la nostra speranza, la nostra consolazione!
Ho scritto questo libro, che portavo nel cuore da diversi anni, perché almeno quei cristiani che se lo troveranno tra le mani si riconcilino... col Sacramento della Riconciliazione,
perché conoscano un po' meglio e nella giusta luce la Confessione, che è, in assoluto, il dono più grande che il Signore ci ha fatto, perché vedano questo dono e lo cerchino, lo ricevano e lo
amino per ciò che dà, ma anche disposti a dare ciò che chiede.
È questa l'unica zattera di salvezza che ci è data nel mare in tempesta in cui ci troviamo.
Dalla decisione che prenderemo (salire sulla zattera, o restare in acqua) dipenderà non solo la qualità della nostra vita qui sulla terra, ma anche e soprattutto
la nostra salvezza eterna.
E proprio il caso di non sottovalutare questo dono di Dio!
Don Enzo Boninsegna