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sabato 1 novembre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


VI. In mare aperto


148. Tutto ciò che ho detto e scritto riguardo a quel male dell'abbandono del Santuario, non è nulla rispetto a ciò che resta da dire.  

E male riuscirei a conseguire il fine che mi propongo scrivendo queste righe, se per paura di sprecare inchiostro e tempo, smettessi di dipingere quel male con tutta la straziante proprietà che si dà alla mia povera penna.  

Voglio, dunque, immergermi nei mari dell'abbandono del Santuario e raccontarvi con tutta sincerità le impressioni di questo viaggio a...  


Gli abissi dell'abbandono  

149. Se l'Eucaristia è il miracolo della permanenza perpetua di Gesù Cristo, l'abbandono dell'Eucaristia è la frustrazione pratica di quel miracolo e con essa, quella dei fini misericordiosi e altissimi della sua permanenza.  

L'Eucaristia abbandonata è, per quanto si possa dire di Dio: Gesù Cristo contraddetto dalla più amara delle contrarietà, e le anime e le società private di fiumi e di mari di beni.  

Non è che non esistano o ci importino poco altri mali che offendono Dio e affliggono i nostri fratelli, ma lasciamo ad altre Opere o Istituzioni nate o specializzate per questo, il rimedio di questi altri mali, che dopo tutto non sono altro che effetti o sintomi di quel gravissimo e trascendentale male dell'abbandono.  


Coloro che fanno il danno  

150. L'ho già detto: è male innanzitutto dei cattolici, non di eretici né di empî, che questi odiano. È male di coloro che non conoscono Gesù Cristo dovendo conoscerlo, di coloro che non lo trattano o lo trattano male dovendo trattarlo molto e bene. Di coloro che sanno che si sacrifica Lui per loro in ogni Messa che si celebra, e loro non si sacrificano per Lui assistendo a una sola o con il corpo soltanto. Di coloro che sanno che Egli è alimento dell'anima che sazia tutte le loro fame e preferiscono morire di inedia e non comunichino o comunichino male. Di coloro che sanno che il Santuario è la casa dove Gesù è rimasto a vivere per stare vicino ai suoi figli e accompagnarli tutti i giorni della loro vita, e lo lasciano solo giorni e giorni, anni e anni...  

L'abbandono è il male di coloro che sanno che Gesù ha occhi e non si lasciano vedere da Lui. E orecchie e non gli parlano. E mani e non si avvicinano a raccogliere i suoi doni. E un Cuore che li ama ardentemente, e non lo vogliono né gli danno gusto. E dottrina di tutta verità e la disdegnano o la interpretano a loro capriccio. E esempi di vita e non li copiano. È male di prossimi e amici!  


Come offende il Cuore di Gesù  

151. E mi soffermo principalmente sul Cuore di Gesù, quando ritraccio e lamento il male dell'abbandono, perché, senza trascurare gli altri mali, credo e sento che questo va più direttamente contro il suo Cuore.  

Altre offese sono forse più rumorose, visibili, scandalose, allarmanti. Questa, senza manifestazioni ostili, senza attacchi positivi, senza organizzazioni pensate, senza odi sistematici, pone nel Cuore di Gesù tutto ciò che è afflittivo di quelle, togliendo il bene del disagravio o allontanando la speranza del rimedio.  

152. L'abbandono interiore, infatti, per ciò che è in sé stesso, riversa sulla piaga di quel Cuore l'amarezza del disprezzo, la nerezza dell'ingratitudine, il freddo gelido dell'indifferenza, la stanchezza della speranza mai realizzata, del desiderio mai o quasi mai soddisfatto e della richiesta mai ascoltata. La durezza della rozzezza dei sentimenti, la tristezza della solitudine... E che cosa sono questi elementi se non forme varie di una stessa essenza, l'essenza dell'amore non corrisposto? Amore non corrisposto ingiusto, ti somigli tanto all'odio! Perché, quell'essenza e quelle forme differiscono molto da quelle costituite dalle negazioni dell'empio, dalle ostinazioni dell'eretico, dalle alterigie del blasfemo? Con l'aggiunta che l'odio dei cattivi allarma i buoni, li risveglia, li fa reagire, li eccita a combattere e spinge al disagravio. Ma l'abbandono dei buoni, di coloro che dovrebbero esserlo o figurano tra coloro che lo sono, toglie al Cuore dissetato delle sue amare essenze, la speranza e il conforto della protesta energica, del risveglio coraggioso, del disagravio riparatore...  

Amore non corrisposto ingiusto dell'abbandono, sei carnefice del mio Padre e al contempo assopitore dei miei fratelli affinché non lo sentano né lo piangano! Ma carnefice, non per uccidere il mio Gesù, con coltello né ascia, ma con fame non soddisfatta di amori di figli, con isolamento di cuori, con inattività a forza di non comunicargli e allontanargli le anime, con stanchezza di aspettare coloro che non finiscono di venire o vengono senza voglia...


Come danneggia le anime  

153. E se questo sei per Lui, che sarai per le anime? Non sei torrente che devasta in un istante, ma goccia che lentamente ammorbidisce, decompone, allenta e rovina. Non sei fulmine che rovescia le torri e squarcia i tetti dei templi, ma roditore nascosto delle loro fondamenta. Non sei leone, né elefante, né mostro feroce che minaccia di morte, ma tarma che corrode, microbo che infesta, urina che corrode. Non sei attività instancabile, ma pigrizia solo attiva per contagiare. Non sei cecità, ma ristrettezza di vista. Non sei oscurità che terrorizza, ma nebbia che non allarma. Non sei veleno, ma sì seme di zizzania che soffoca e secca la vita della fede, il succo della dolce fiducia, la linfa della carità e la gioia e l'aroma e la fecondità di tutte le virtù, di tutti i sani ottimismi e generosità. Non sei la parola non voglio, ma quest'altra detta mentendo: non posso, e che equivale a quest'altra vera: non faccio.  

Abbandono del Cuore di Gesù, tu non sei l'odio, è vero, ma l'odio più accanito non potrebbe mai vantarsi di fare tanto danno al suo maggiore nemico quanto tu fai alle anime in cui ti alberghi e a cui chiami ancora il tuo Amico! e... il tuo Padre! e... il tuo Dio!

Manuel González


martedì 21 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


V. C'è abbandono interiore del Santissimo Sacramento?


144. Questa, questa è la piaga che queste paginette vogliono mostrare. E mostrarla in tutta la sua lunghezza, latitudine e profondità, e con tutto il sangue che sgorga e le lacrime che costa e i beni che impedisce e i mali che porta a coloro che sono causa di averla aperta... 

Che cos'è?

Dicevo nel capitolo precedente che abbandonano esternamente il Santissimo Sacramento coloro che, conoscendolo e potendolo visitare, non vi vanno abitualmente. 

Ora aggiungo che l'abbandono interiore è andare al Santissimo Sacramento con il corpo e non con l'anima. Andare a lui e non essere in lui. È andare con il corpo affinché la bocca si apra e ingoi la sacra Forma. Le labbra si muovono e balbettano alcune parole. La testa si inclina. Le ginocchia si piegano per un tempo più o meno lungo, ma non con l'anima. Che non medita ciò che c'è e ciò che si dà e ciò che si chiede nel Santissimo Sacramento. Che non si prepara a mangiare con grande pulizia e un appetito eccitato, né assapora né ringrazia il Cibo. Che non parla né ascolta l'Ospite che lo visita. Che non si presta a raccogliere e custodire le grazie che gli porta, gli avvisi che gli dà, gli esempi che gli insegna, i desideri che gli insinua, la corrispondenza d'amore che gli impone... 

Quante, quante volte dovrà ripetere il Maestro, disprezzato nell'interno di alcuni comunioni e visitatori dei suoi Santissimi Sacramenti, il lamento del Signore con il suo popolo: "Questo non mi onora più che con le sue labbra e ginocchia; ma il suo cuore, quanto è lontano da Me!..."

Un esempio

145. E affinché la definizione e il tipo dell'abbandono interiore entrino e si imprimano profondamente nell'anima di coloro che leggono queste righe. E affinché si veda in anticipo la portata e la trascendenza di questo male, cerco nel Vangelo esempi che lo chiariscano. 

E speriamo che non sia così grafico ed espressivo quello che offre la scena della prima Comunione che si è data sulla terra per le mani dello stesso divino Autore! 

La prima Comunione e il primo abbandono interiore

146. Leggete la descrizione che di essa fa in particolare l'evangelista san Luca e, addolorati, troverete come corteo di quella prima Comunione, quel malandato abbandono interiore di cui vi sto parlando.

Ciò che il Maestro e i suoi Apostoli dicono, interrogandosi e rispondendosi momenti prima e dopo aver ricevuto quella prima Ostia consacrata, rivela in modo vivido ciò che il Gesù di questa Ostia trovò nell'anima dei suoi primi comunicatori.  

Cosa trova?  

Nell'anima di Giuda, supponendo che arrivasse a comunicarsi, trova il tradimento, e in esso gli echi di tutti gli ululati dell'odio dei dannati; e la faccia di invidia e vendetta dei demoni. Nell'anima degli altri o dei più, invece della gratitudine e dello stupore che avrebbero assorbito tutti gli affetti e i sentimenti, trova l'affanno mondano, l'ambizione meschina e volgare e crudelmente inopportuna, in quel doloroso istante di separazione, su chi di loro sarebbe reputato il maggiore quando si stabilisse il suo regno sulla terra. E, se questo fosse ancora poco, comunicando loro la sua prossima prigionia e il grande scandalo e chiedendo loro angusti di prevenire con gli aiuti delle armi spirituali che lasciava, principalmente in quella Comunione, tutta la risposta che ottiene da loro è che contano già con due spade... E poi, come azione di grazie della Comunione... il sonno nell'agonia dell'Orto, la fuga, la negazione!...  

Anime delicate, non è vero che meditando su quel primo ingresso di Gesù Sacramentato nelle anime degli uomini, ci si sente molto soli lì dentro, nell'anima e nei sentimenti dei suoi amici? O detto con le sue parole: non è vero che si sente in quella Comunione molto abbandonato?  

Quale parola del Vangelo, quale accento di quelle bocche, quali gesti di quelle facce, fa capire o presupporre che la tenerezza e la veemenza di quel grande Cuore, sul punto di sciogliersi o di esplodere in quell'ora augusta del dono massimo e del massimo sacrificio, trovassero nei cuori dei suoi Apostoli echi e battiti di supremi corrispondenze o, almeno, leggere manifestazioni di intelligenza?  

Gesù solo, abbandonato nell'anima dei suoi amici! Cioè, Gesù che visita anime e vive nelle case dei suoi amici senza essere compreso, né sostenuto, né ascoltato, né interrogato, né preso in considerazione!...  

Questo è l'abbandono interiore che si ripete in una proporzione che spaventa nei nostri Sagrari.  

È vero che merita di essere meditato e pianto?

***

Manuel González


giovedì 16 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


IV. C'è abbandono del Tabernacolo?


141. Per rispondere con rigore logico, distinguo due tipi di abbandono del Santissimo: uno che potrei chiamare esteriore e l'altro interiore o spirituale. 

   Chiamo abbandono esteriore l'assenza abituale e volontaria del Santissimo da parte dei cattolici che lo conoscono e possono andarlo a visitare. 

   Così qui non parlo degli ebrei, degli eretici o degli empî, o dei cattolici senza catechismo; tra questi si sentirà perseguitato, odiato, calunniato o sconosciuto, Gesù Sacramentato, ma non abbandonato. 

   Parlo di cattolici che credono e sanno che nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è realmente e vivo nel Santissimo Sacramento, e, vivendo vicino a Lui e avendo tempo e forze a sufficienza per il lavoro, il divertimento, il casinò, la taverna, non vanno mai né a riceverlo né a visitarlo, né mantengono con Lui alcun rapporto di amicizia o gratitudine. 

C'è abbandono esteriore del Santissimo? 


142. Sarebbe meglio non chiederselo per non trovarsi nella dolorosa e amara necessità di rispondere con un sì così grande quasi quanto l'estensione dei popoli ospitati dai Santissimi; così ripetuto forse come uomini ci siano attorno; così lungo e sostenuto come l'eco di un dolore senza rimedio né fine. 

   Piuttosto che chiedere se ci siano Santissimi con questo abbandono materiale, sarebbe meglio e più breve chiedere: ma ci sono Santissimi senza abbandoni? 

   Perché, eccetto il Santissimo del monastero isolato, del seminario o della casa pia, senza più vicini che i religiosi o le religiose che lo abitano, e qualche altro di parrocchie privilegiate, che ancora per la misericordia di Dio esistono, su quale Santissimo del mondo si potrà mettere questa leggenda: senza abbandoni!? 


143. E se così è, chi di testa e cuore sani dubita che sia lecito e persino obbligatorio e urgente, mettere tutte le risorse e i mezzi della penna e della lingua, del pensiero e della volontà, della sensibilità e persino dei nervi, in linea di combattimento senza tregua né quartiere, contro quel mostro a cento teste e di bava velenosa che tante notti tristi e giorni senza fine e tante fiele e disprezzi sta facendo passare e divorare in silenzio al più buono e dolce dei Padri? 

   Sì, guerra a morte all'abbandono dei Santissimi, qualunque sia il nome del popolo a cui appartenga, il sacerdote che lo custodisce, le anime fedeli che lo accompagnano!... 

   Che proclamare guerra all'abbandono non può in alcun modo essere inteso non già come guerra, ma nemmeno come sospetto contro coloro che sono sicuramente vittime e riparatori dello stesso abbandono, come lo sono il sacerdote e quelle anime fedeli. Proclamare questa guerra è unirsi a coloro che accompagnano, affinché cresca il numero di questi e infondere loro, se possibile, nuovi stimoli, modi e perfezioni di compagnia. È mettersi tra coloro che abbandonano per parlare loro di ciò che già nemmeno nominano, per spingerli verso la casa paterna che hanno lasciato o che non hanno mai calpestato. È mettere nell'accento della parola e nel gesto del volto e nella delicatezza dell'azione e nell'intimità della supplica, e soprattutto, nella generosità del sacrificio, tutta la veemenza e l'espressione e l'attrattiva dello zelo più ingegnoso, dell'amore più ferito, e oserei dire, della passione più santamente travolgente, che tutto ciò deve ispirare la compassione per quel male, il più ingiusto, triste e funesto di tutti i mali. 

   Ma poiché non è contro quell'abbandono esteriore che vengono a combattere ora questi righi, limitatevi a ricordarlo ancora una volta e a mettere sotto quella triste leggenda, con il più visibile dei suoi inchiostri e con il più energico dei suoi tratti: Gesù dei Santissimi, esternamente abbandonati, anche se tutti ti abbandonano, noi... NO!

***

Manuel González


domenica 12 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


III. Una digressione necessaria


138. Prima di introdurvi in quel mare amaro e oscuro dell'abbandono dei tabernacoli e per prevenire difficoltà, devo dichiarare:


Ciò che non intendo

La descrizione dell'abbandono interiore che soffre o può soffrire il Cuore di Gesù nell'anima dei suoi amici che lo accolgono e in mezzo a gruppi e persino folle di visitatori e comunicandi, potrebbe suggerire ad alcuni il timore che queste considerazioni possano servire più a scoraggiare e allontanare coloro che si recano al Santuario che a incoraggiarli ad andarci con maggiore disponibilità.

E, in verità, nulla è più lontano dallo scopo di queste righe.

Questo male dell'abbandono interiore è tanto sottile quanto complesso, tanto profondo quanto lungo.

Come se, partendo dalla lieve indelicatezza verso Gesù e passando per la negligenza, la routine, la tiepidezza, la freddezza, la promiscuità, l'incoerenza, il trattamento scarso e distratto, la mancanza di comunicazione affettuosa e la durezza di cuore, si arrivasse fino alla mostruosità del sacrilego tradimento.

Lontano, molto lontano dal mio spirito, nel segnalare questi difetti e pericoli insieme alle loro funeste conseguenze, è far concepire delle disposizioni dell'anima per ricevere e trattare Gesù Sacramentato un'idea così eccelsa e inaccessibile da generare più paura che desiderio.

È vero, molto vero che, nonostante tutti questi abbandoni più o meno volontari, Gesù vuole essere accolto nella Comunione ed essere nel Tabernacolo. Ed è vero che, nonostante la nostra debolezza e la nostra ingrata corrispondenza, anzi, proprio per questo, dobbiamo e ci sta molto a cuore comunicarci di più e avvicinarci di più a Lui.


Ciò che intendo fare

139. Vorrei, e chiedo al Signore di concedermelo, dipingere con tali colori quegli abbandoni interiori di Gesù Sacramentato, che accendessero in tutti il desiderio di affinare e snellire il loro rapporto con Lui, senza suscitare in nessuno il timore di non riuscire a rendere la dovuta compagnia interiore a un Ospite così illustre.

Sicuramente saranno giunte alle vostre orecchie lamentele espresse in toni più o meno simili a quelli dei farisei, secondo cui rendere la Comunione così facile e accessibile e prodigare così tanto i culti eucaristici sta producendo routine, disprezzo e familiarità dannose nei confronti delle cose sacre e del Santo dei santi...

Ebbene, queste righe hanno lo scopo di eliminare tali lamenti, occasioni e pretesti e di dimostrare che la verità è esattamente l'opposto.


Ciò che desidero ardentemente

 140. Chiarire bene due cose:

 1ª Che a causa dei limiti e delle debolezze della nostra condizione per la difficoltà che gli costa vivere nella fede, e per quanto sia penoso andare controcorrente rispetto alla natura sensibile, e nonostante le frequenti Comunioni e visite al Santuario, tendiamo a stancarci, distrarci, rallentare e raffreddarci e persino a isolarci nei nostri rapporti con chi non possiamo conoscere, amare né godere nella vita presente, se non attraverso la fede viva e la propria negazione.

2° Che per contrastare questa tendenza ed evitare il pericolo di quelle stanchezze e incomunicabilità, non c'è altro mezzo né altra via che quella di promuovere quella fede viva e quella propria negazione.

Solo coloro che si avvicinano in questo modo daranno al Cuore di Gesù tutta la compagnia che Egli desidera e ha il diritto di aspettarsi, e riceveranno da Lui tutti i frutti che ci si può aspettare dal mangiarlo e dall'unirsi a Lui. E con loro il frutto dei frutti e il fine supremo del Santuario, vale a dire: la formazione di tanti Gesù quanti sono i comunicandi.

E, al contrario, se questo non c'è; se invece della fede viva c'è languore di fede o ignoranza del catechismo; se invece dell'abnegazione c'è vanità, orgoglio, durezza di cuore, cioè cuori occupati di sé stessi, non sarà strano né inspiegabile che, mangiando il più sano dei cibi, non si sia più sani e forti. Che, aumentando le Comunioni di Gesù, diminuiscano le comunioni con Gesù. Che, sedendosi molti di più alla sua tavola, molti meno lo aiutino a portare la croce. E, in sintesi, che essendo Lui più accompagnato all'esterno, si senta più solo all'interno.

***

Manuel González


domenica 5 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


II. Perché si parla così poco dell'abbandono  dei tabernacoli 


    L'orrore del nome 

   133. Poiché mi accingo a scrivere su questo paradosso dell'abbandono in compagnia dei tabernacoli, vorrei iniziare con la spiegazione dei termini che utilizzo, che in buona dialettica dovrebbe essere il punto di partenza di ogni questione. 

   L'abbandono del tabernacolo! Ecco il “linguaggio duro” 1 che ha tolto alle Marie, riparatrici di ogni tipo di abbandono del tabernacolo, più di una simpatia e ha portato loro non poche mormorazioni, sospetti e proteste. 

È vero che chi parla di abbandono di una persona o di una cosa buona, parla di disprezzo, ingratitudine, durezza di cuore, slealtà e altre cose altrettanto brutte. E dire che tutte queste bruttezze pendono da un tabernacolo come brandelli di ragnatele polverose è molto doloroso e vergognoso. Ma sono forse quel dolore e quella vergogna una ragione sufficiente per sopprimere dal vocabolario cristiano l'unione di quelle due parole: tabernacolo abbandonato? 

   Dio voglia che prima si fossero incontrati gli astri e fossero esplosi in milioni di pezzi, piuttosto che quelle due parole si fossero incontrate e fossero finite insieme in uno di essi! 

   Ma, ripeto, il dolore, la vergogna e persino lo scandalo che potrebbe causare ai più piccoli pronunciare insieme queste due parole impediscono di pronunciarle? 

   Quando si dimostrerà che le malattie non si curano con le medicine, ma nascondendole e tacendole, allora dirò che il male dell'abbandono del Sagrario si rimedia non facendone menzione. 


Nome evangelico

A parte questa ragione, e senza negare la sgradevolezza del nome, mi ha spinto a usarlo con tanta tenacia l'esempio del Vangelo. Sono stati gli evangelisti a insegnarmi e a convincermi a usare il verbo abbandonare, per esprimere non l'odio, né la persecuzione, né l'invidia dei nemici di Gesù, che lo chiamano con i loro nomi, ma la slealtà, la freddezza, l'ingratitudine, l'incoerenza, l'insensibilità e l'indelicatezza, la codardia dei suoi amici, di coloro che lo conoscevano, lo frequentavano e ricevevano i suoi favori e le sue confidenze.

Questo allontanarsi da Lui di coloro che avrebbero dovuto stare sempre con Lui. Il non assisterlo con la loro presenza e con la loro adesione incondizionata quando ce n'era più bisogno è chiamato dagli evangelisti abbandono e fuga... “E abbandonandolo, fuggirono tutti...” 2.

Perché ogni volta che si rivede o si sente Gesù nella sua vita di Sagrario passare attraverso la stessa prova, non si può dire con giustizia e senza esagerazione né scandalo che è abbandonato o che soffre di abbandono?


Causa dell'orrore per il nome

135. Non credo che nessuno di coloro che sono inorriditi dalla parola abbandono applicata al loro Tabernacolo, smetta di accettare queste ragioni. Ciò che accade è che, per una sorta di confusione di termini, abilmente sfruttata dal diavolo, si è fatto temere o sospettare che il segno dell'abbandono su un tabernacolo includa quello della negligenza, della tiepidezza o della debolezza dello zelo dei sacerdoti che lo custodiscono e delle anime buone che lo accompagnano. O più chiaramente, che chiamare un tabernacolo abbandonato significa accusare tutti i suoi vicini di essere responsabili di tale abbandono e il parroco o il sacerdote che ne è incaricato di essere complice o colpevole dello stesso.

Poveri parroci e povere anime fedeli! Come vorrei dimostrarvi la mia ammirazione e la mia compassione nel vedervi lavorare in quei campi, che non mancano, di semine costanti e raccolti nulli, tardivi o scarsi!

Per distruggere questa confusione, e speriamo che sia per sempre, userò lo stesso esempio del Vangelo che ho appena citato.

Si può affermare con assoluta certezza che Gesù fu abbandonato dai suoi durante tutta la sua Passione e nella sua morte? Eppure è certo che né la sua Madre Immacolata, né le sue fedeli Marie, né san Giovanni smisero di stargli il più vicino possibile.

136. Perché non si può dire che Gesù è abbandonato nel suo Tabernacolo, da migliaia di vicini battezzati e istruiti che non vanno a trovarlo, anche se ha al suo fianco un sacerdote fedele come san Giovanni e un gruppo di anime costanti e compassionevoli, come le prime Marie?

Certo, se quel sacerdote mancasse o anche quelle anime fedeli se ne andassero, l'abbandono sarebbe assoluto e totale e maggiore di quello del Calvario. Ma questo non è il caso ordinario, grazie a Dio.

Proprio uno dei dolori che strazierebbe più amaramente quei cuori fedeli sarebbe quello di vedere e sentire così abbandonata nel suo Sacrificio l'augusta Vittima del loro amore.


Orrore per il fatto

137. Sì, cari sacerdoti: abbandonate la paura della parola e sostituitela con l'orrore per il fatto che le conferisce una realtà così triste e un significato così sconfortante.

A questo mirano queste righe: a scoprire non tanto l'estensione quanto l'intensità di queste tristezze.

Sì, il tempo e le forze che si spendono per indignarsi contro la parola abbandono, saranno impiegati molto meglio nel lavorare contro il fatto dell'abbandono, affinché, una volta diminuito, cancellato, esso perda realtà e ragione.

E, di conseguenza, la questione, piuttosto che porsi se si debba parlare di abbandono del Tabernacolo, dovrebbe porsi così: c'è abbandono del Tabernacolo? Dove? Come? Fino a quando? Di che tipo? Per quale motivo? Come si rimedia?

È urgente rispondere a queste domande. 

***

Manuel González


domenica 28 settembre 2025

L'abbandono dei tabernacoli accompagnati!

 


I. Contro cosa e per cosa è scritto questo libro


128. È stato scritto contro un male tanto grave quanto poco conosciuto e riparato. L'abbandono dei tabernacoli accompagnati!

Ecco un argomento di conversazione che, senza riuscire a spiegarmi del tutto il perché, da tempo rifiuto e desidero affrontare.

Forse il timore che le mie parole possano dare occasione o mettere in pericolo di diminuire la compagnia che già si dà al tabernacolo, senza riuscire a diminuire gli abbandoni con cui a volte, e speriamo non siano così tanti!, si mescolano quelle compagnie, mi ha tenuto in questo stato di perplessità tra il parlare e il tacere.


Idea ossessiva

129. Vi confesso che è un'idea che mi occupa e mi riempie, che mi si conferma con grande frequenza e in molti modi, e che arriva persino a tormentarmi e a rendermi triste, senza che io abbia potuto evitare che, qualche volta, mentre scrivevo, mi sfuggissero dalla penna alcune gocce dell'amarezza che quell'idea suscita nel mio cuore.

Ho così impresso nella mente lo sguardo angosciato di Gesù solo in mezzo alla folla cristiana!

La persuasione e la compassione di quella solitudine penetrano così profondamente nella mia anima!

Ma, d'altra parte, ho potuto constatare che parlare di tabernacoli abbandonati è un linguaggio così duro per molte orecchie cristiane che, prima di riconoscere la dolorosa, ma verità, ma indiscutibile realtà di essi, ci sono molti, molti di questi che lo negano categoricamente, lo limitano timorosamente, lo spiegano in modo contorto o esigono con rabbia che si smetta di parlarne e di scriverne come di una cosa scandalosa.

E se questo accade con fatti di tale attualità, rilevanza e ripetizione che bastano gli occhi per rendersene conto, cosa accadrebbe con fatti più sentiti che visti, più intuiti che visti alla luce del sole, più rimpianti che desiderati?

E questo è il fatto dell'abbandono del Tabernacolo accompagnato: fatto tanto vero, non poche volte, quanto meritevole di tutte le lacrime di riparazione degli occhi amorevoli e di tutti i cuori buoni...


Ciò che mi spinge a parlare

130. Ero in preda a questi dubbi quando mi è arrivata quella lettera che state per leggere. Il fatto che chi la scrive sia un sacerdote, un parroco, che tra i sacerdoti sono quelli che preferisco, senza conoscermi e senza che io conosca lui, e l'accento di sincera curiosità, di affettuosa e inquieta sollecitudine affinché io gli dia deferente affetto, sono stati come la goccia d'acqua che ha fatto traboccare il vaso dei miei desideri di parlare e... lo farò.


Una lettera

131. Guardate la lettera e che serva da prologo a questa serie di momenti di conversazione che voglio avere con voi sul tema tanto interessante quanto scabroso di questo libro:


S. de B. (Burgos) 12 aprile 1921


Illustre Signor Vescovo di Malaga:

Egregio Signore, nel numero 60 di “Narraciones eucarísticas de las Marías de Burgos” (Racconti eucaristici delle Marie di Burgos), corrispondente al mese di marzo del 1921, ho appena letto un articolo di Sua Eccellenza, copiato da El GRANITO, intitolato "Nell'anniversario dell'Opera. Un punto di meditazione per molte Comunioni delle Marie“, il cui tema è il suggestivo e sorprendente cambiamento di rotta dell'”abbandono dei tabernacoli accompagnati".

Lo leggo molte volte e ogni volta che lo leggo mi piace sempre di più, e penso di leggerlo ancora più spesso. Per me è il miglior articolo che ho letto tra i molti scritti di Sua Eccellenza. È chiaro che questo giudizio critico non ha alcun valore accademico...

Mi viene da dirle che questo articolo necessita di un approfondimento e dovrebbe essere spiegato in modo più completo, sviluppando più ampiamente il significato o il senso delle parole “anime-ostie!”.

Poiché Sua Eccellenza, in qualità di vescovo, sta vedendo e sentendo l'estensione e l'intensità di questo abbandono, compia anche l'opera di misericordia di insegnarci a sentire e a vedere tutto questo abbandono esteso e intenso, affinché tutti noi sappiamo avere con Gesù Sacramentato l'intima compagnia dell'imitazione e dell'immolazione.

Lo faccia così. E quelle luci e quei sentimenti che, come vescovo, vede e sente, li porti alla luce pubblica affinché impariamo ad essere veri compagni del Santissimo Sacramento. E ciò che scriverà in questo senso sarà l'opera complementare o la seconda parte di “Anche se tutti... io no...”.

Con queste speranze si offre al Suo Illuminato, attento s.s. e c., D.Z.G., Parroco".


In questa lettera è già stato detto perché è stato scritto questo libro: per informare di tale abbandono coloro che non ne sono a conoscenza, per interessare maggiormente coloro che ne sono a conoscenza e per spingere i sacerdoti, le Marie, i discepoli di San Giovanni e tutte le anime eucaristiche a combatterlo con la riparazione più attiva e la compassione più sentita.

Angeli dei Tabernacoli, silenziosi riparatori di quegli abbandoni di cui la gente non si rende conto, aiutatemi a scoprire quel mondo di tristezze senza consolazione del Tabernacolo, conosciuto solo a metà, e a introdurvi molti, molti cristiani.

Madre Immacolata, che non hai mai abbandonato e hai sempre saputo dare al Cuore di tuo Figlio ciò che sperava e chiedeva, dai virtù a queste paginelle per formare le anime con cui il tuo Gesù conta sempre in ogni ora della sua vita nel Tabernacolo...


Come vorrei che queste pagine fossero lette!

132. Vorrei che questo libro fosse letto molto lentamente, con l'anima piena della presenza reale di Gesù vivo nel Santuario, per lasciare tempo alla mente di comprendere, al cuore di commuoversi e alla grazia di Dio di agire; e dopo averlo letto in questo modo, vorrei che fosse meditato in preghiera affettuosa davanti al Santuario.

***

Manuel González