giovedì 16 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


IV. C'è abbandono del Tabernacolo?


141. Per rispondere con rigore logico, distinguo due tipi di abbandono del Santissimo: uno che potrei chiamare esteriore e l'altro interiore o spirituale. 

   Chiamo abbandono esteriore l'assenza abituale e volontaria del Santissimo da parte dei cattolici che lo conoscono e possono andarlo a visitare. 

   Così qui non parlo degli ebrei, degli eretici o degli empî, o dei cattolici senza catechismo; tra questi si sentirà perseguitato, odiato, calunniato o sconosciuto, Gesù Sacramentato, ma non abbandonato. 

   Parlo di cattolici che credono e sanno che nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è realmente e vivo nel Santissimo Sacramento, e, vivendo vicino a Lui e avendo tempo e forze a sufficienza per il lavoro, il divertimento, il casinò, la taverna, non vanno mai né a riceverlo né a visitarlo, né mantengono con Lui alcun rapporto di amicizia o gratitudine. 

C'è abbandono esteriore del Santissimo? 


142. Sarebbe meglio non chiederselo per non trovarsi nella dolorosa e amara necessità di rispondere con un sì così grande quasi quanto l'estensione dei popoli ospitati dai Santissimi; così ripetuto forse come uomini ci siano attorno; così lungo e sostenuto come l'eco di un dolore senza rimedio né fine. 

   Piuttosto che chiedere se ci siano Santissimi con questo abbandono materiale, sarebbe meglio e più breve chiedere: ma ci sono Santissimi senza abbandoni? 

   Perché, eccetto il Santissimo del monastero isolato, del seminario o della casa pia, senza più vicini che i religiosi o le religiose che lo abitano, e qualche altro di parrocchie privilegiate, che ancora per la misericordia di Dio esistono, su quale Santissimo del mondo si potrà mettere questa leggenda: senza abbandoni!? 


143. E se così è, chi di testa e cuore sani dubita che sia lecito e persino obbligatorio e urgente, mettere tutte le risorse e i mezzi della penna e della lingua, del pensiero e della volontà, della sensibilità e persino dei nervi, in linea di combattimento senza tregua né quartiere, contro quel mostro a cento teste e di bava velenosa che tante notti tristi e giorni senza fine e tante fiele e disprezzi sta facendo passare e divorare in silenzio al più buono e dolce dei Padri? 

   Sì, guerra a morte all'abbandono dei Santissimi, qualunque sia il nome del popolo a cui appartenga, il sacerdote che lo custodisce, le anime fedeli che lo accompagnano!... 

   Che proclamare guerra all'abbandono non può in alcun modo essere inteso non già come guerra, ma nemmeno come sospetto contro coloro che sono sicuramente vittime e riparatori dello stesso abbandono, come lo sono il sacerdote e quelle anime fedeli. Proclamare questa guerra è unirsi a coloro che accompagnano, affinché cresca il numero di questi e infondere loro, se possibile, nuovi stimoli, modi e perfezioni di compagnia. È mettersi tra coloro che abbandonano per parlare loro di ciò che già nemmeno nominano, per spingerli verso la casa paterna che hanno lasciato o che non hanno mai calpestato. È mettere nell'accento della parola e nel gesto del volto e nella delicatezza dell'azione e nell'intimità della supplica, e soprattutto, nella generosità del sacrificio, tutta la veemenza e l'espressione e l'attrattiva dello zelo più ingegnoso, dell'amore più ferito, e oserei dire, della passione più santamente travolgente, che tutto ciò deve ispirare la compassione per quel male, il più ingiusto, triste e funesto di tutti i mali. 

   Ma poiché non è contro quell'abbandono esteriore che vengono a combattere ora questi righi, limitatevi a ricordarlo ancora una volta e a mettere sotto quella triste leggenda, con il più visibile dei suoi inchiostri e con il più energico dei suoi tratti: Gesù dei Santissimi, esternamente abbandonati, anche se tutti ti abbandonano, noi... NO!

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Manuel González


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