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venerdì 29 novembre 2024

I CATTIVI CHE NON SERVONO DIO E MUOIONO IN PECCATO MORTALE CHE COSA MERITANO? I cattivi che non servono Dio e muoiono in peccato mortale, meritano l'Inferno.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Il ricco epulone (cfr. Lc 16, 19-26; v. n. 15, II) per accontentare le sue passioni (gola, ambizione e avarizia) trascurò di servire Dio. Quando morì fu sepolto nell'inferno. 

I. I cattivi che non servono Dio. - I cattivi sono coloro che non servono Dio, ma se stessi e le proprie passioni. Giuda non serviva e non amava Gesù Cristo, ma la sua avarizia sordida. Il figliol prodigo, che non volle rimanere in casa del padre e pretese avere la sua parte di beni, e andare lontano a dissipare nella mala vita i suoi averi, non amava e non serviva il padre suo. Amava invece il padre il figlio maggiore restato, in casa e che, al ritorno, del fratello pentito, ebbe questa consolante assicurazione: Figliuolo, tu stai sempre con me, e tutto il mio è tuo (Lc 15,31).  

 I cattivi anche se compiono qualche opera buona, non possono meritare il premio soprannaturale, perché sono nemici di Dio e privi della sua grazia (cfr. n. 15, II e III).  

 II.... e muoiono in peccato mortale, meritano l'inferno. - 

I peccatori, finché sono, in vita, hanno la possibilità di convertirsi e di ottenere il perdono. Invece per l'empio che muore nel suo peccato, senza pentimento non vi può essere né perdono né salvezza. Giuda morì disperato: per lui non vi fu né perdono né salvezza.  

 Il peccatore, che muore in odio a Dio come potrà avere il premio che il Signore ha preparato ai suoi figli eletti? Egli dovrà subire la sorte di quell'infelice che si era introdotto nella sala del banchetto senza la veste nuziale. Il padrone si sdegnò di fronte a tanta sfrontatezza e comandò ai servi di legarlo stretto mani e piedi e di gettarlo fuori nel buio, ove è pianto e strider di denti (Mt 22, 1-14). Il peccatore che muore privo della veste nuziale della grazia sentirà pronunciare contro di sé la sentenza di condanna eterna, che il Giudice divino rivolgerà agli empi: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt 25,41).  

 Riflessione. - Dobbiamo avere la massima cura per evitare il peccato e riacquistare la grazia di Dio con il pentimento sincero e la confessione quando, per somma sventura, l'abbiamo perduta. 

 

ESEMPI. - 1. Lazzaro e il ricco epulone (Lc 16, 19-31).  

2. Parabola del convito (Mt 22, 1-14).  

3. Parabola della rete (Mt 13, 47-51).  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

martedì 1 ottobre 2024

CHI MERITA IL PARADISO? Merita il Paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio, e muore nella sua grazia.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Il Signore darà ai suoi eletti il suo stesso gaudio (cfr. Mt. 25, 14-24), cioè il Paradiso, che è la ricompensa dei meriti. acquistati su questa terra.  

 I. Il merito. - Il merito è il diritto alla ricompensa dell’opera buona, fatta a favore di chi assegna il premio. L'operaio che compie bene il lavoro assegnatogli ha diritto alla paga, cioè al compenso pattuito.  

 La giustizia esige che il compenso sia proporzionato al valore del lavoro (merito de condigno). Un bambino che porta un mazzetto di ciclamini alla regina non ha uno stretto diritto alla ricompensa: tuttavia conviene che la regina, se accetta il dono, ricompensi non solo con alcune lirette corrispondenti al valore del mazzo di fiorì, ma secondo il decoro della sua dignità (merito de congruo); sarebbe indecoroso per una regina dare solo pochi spiccioli.  

 Gesù Cristo, le cui opere buone avevano un valore infinito, meritò per noi la divina ricompensa (de condigno), in senso assoluto; gli uomini invece possono meritare la ricompensa del cielo, de condigno, solo perché Dio ha promesso di premiare nell'eternità le opere buone compiute in vita.  

 II. Merita il Paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio. - Condizione indispensabile per meritare la ricompensa del cielo è la bontà e la giustizia, che si dimostra e si pratica amando e servendo Dio fedelmente.  

 Il ricco epulone (cfr. Lc 16, 19-36) non aveva amato né servito Dio, ma se stesso, la sua gola, la sua ambizione. Morto, ebbe il meritato castigo; il povero Lazzaro, invece, ebbe il compenso della sofferenza rassegnata e del disprezzo sopportato per amore di Dio.  

 Per meritare il Paradiso, per il quale Dio ci ha creati, è necessario compiere quelle opere che Egli ci ha prescritto e raggiungere il nostro fine con quei mezzi che ci ha dato. Il fine per il quale siamo creati è conoscere, amare e servire Dio in questa vita. Chi avrà conosciuto, amato e servito Dio lo godrà nell'altra vita (v. n. 13).  

III... e muore nella sua grazia.  

Salomone per molti anni servì e amò fedelmente il Signore che si compiacque di lui. In premio ebbe da Dio il dono della sapienza e della scienza. Per divina ispirazione scrisse diversi libri pieni di sapienza. Seppe amministrare la giustizia e governare i sudditi con sapienza mai veduta fino allora. Fece costruire al vero Dio un tempio che fu una delle più grandi meraviglie dell'antichità. Purtroppo, alla fine della sua vita sposò donne straniere e idolatre, si lasciò trascinare ad adorare i loro dèi e ad edificare loro templi ed altari. Dio fu disgustato dei peccati di Salomone e lo riprovò. Salomone si è salvato? Non lo sappiamo: ma è certo che, se non si pentì dei suoi peccati e non ritornò nella grazia e nell'amicizia di Dio, non si salvò.  

 Per salvarsi è necessario servire Dio, per amore, morire nella sua grazia, cioè nella sua amicizia (cfr. i nn. 68 e 270). Dio infatti non può premiare e accogliere tra i suoi amici chi si è fatto suo nemico con il peccato. Per salvarsi è perciò essenziale morire nella grazia di Dio. Ma anche per meritare, cioè per essere buoni, occorre la grazia. Anche se riuscissimo, con le sole nostre forze, ad amare e servire perfettamente Dio, noi meriteremmo una felicità naturale, ma non il Paradiso, che è un premio soprannaturale, assolutamente superiore alle esigenze umane. Quando pure io portassi molti e bellissimi mazzi di fiori al re, acquisterei forse il diritto di diventare suo figlio ed erede, di sedere alla sua mensa e di abitare nel suo stesso palazzo, condividendo con lui le sue gioie e la dignità regale?  

Per meritare il premio soprannaturale del Paradiso è necessario essere elevati allo stato soprannaturale di figli e di eredi di Dio mediante la grazia divina e compiere le azioni in grazia. Se invece compiamo, le nostre azioni come nemici di Dio, macchiati della colpa originale o dei peccati attuali, come possiamo meritare il premio e l'eredità di Dio? Gesù disse: Io sono la vite e voi siete i tralci; chi rimane in me, ed io in lui, dà molti frutti, perché senza di me non potete far nulla; Se qualcuno non rimarrà in me, sarà gettato via, come un tralcio che sì dissecca, si raccoglie e si butta sul fuoco, dove brucia (Gv.15, 5-6).  

Riflessione. - La grazia di Dio è il più grande tesoro che il cielo ha elargito agli uomini. Occorre custodire, coltivare e fare fruttificare con la massima cura questo dono, evitando innanzi tutto il peccato, frequentando i santi Sacramenti, che sono la fonte della grazia, e compiendo tutte le azioni nello stato di grazia.  

 ESEMPI. - 1. Sant'Abibo. - Il carnefice Lisania, mentre seviziava il diacono Sant'Abibo di Edessa di Siria, restò altamente ammirato della calma imperturbabile del martire nei più atroci tormenti e gli, domandò quale vantaggio sperasse dalle sue sofferenze. Gli rispose il santo martire: «Noi cristiani non aspettiamo cose che si possono vedere con gli occhi del corpo; ma teniamo fisso lo sguardo a quella eterna beatitudine che ci fu promessa da Dio, e della quale San Paolo scrive: Io sono certo che i patimenti del tempo presente non sono degni di essere paragonati alla futura gloria che si scoprirà in noi (Rm.8,18).  

 2. S. Teresa - La dolce abitudine di considerare e contemplare le bellezze del Paradiso accresceva sempre più in Santa Teresa il desiderio di giungere presto al possesso della beatitudine eterna e di soffrire quaggiù, per godere di più nel regno beato. Essa così pregava Dio: «Signore, o patire, o morire! Questo è tutto ciò che vi domando». Il suono delle ore le arrecava grande consolazione, perché le ricordava che si avvicinava sempre più il felice momento di lasciare la terra e di unirsi al suo Sposo immortale nella eterna beatitudine del cielo. Quando, nell'ultima malattia, le fu portato il Santo Viatico, il volto le si trasfigurò e lo sguardo traspariva gioia ineffabile, fissando l'Ostia divina. Infine la Santa diede sfogo all'ardentissimo amore che la consumava: «O mio Signore e mio Sposo! Ecco dunque giunta quell'ora da me tanto bramata! Sono vicina alla mia liberazione ... Sia fatta la vostra santa volontà!... È finalmente venuta l'ora in cui uscirò dal mio esilio e in cui l'anima mia troverà nella vostra presenza la felicità che sospira da gran tempo».  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

giovedì 29 agosto 2024

CHE COSA È IL PARADISO? Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra eterna felicità, e, in Lui, di ogni altro bene senza alcun male.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Gli Apostoli, nella trasfigurazione di Gesù (v. n. 80 I b.), avevano contemplato per un momento un solo raggio della sacra Umanità trasfigurata di Gesù Cristo, ed erano rimasti tanto inebriati dalla dolce visione che non sapevano più quello che si dicevano... Pietro domandò di rimanere per sempre in quella dolce e beatificante contemplazione, senza mai più lasciare quello stato di felicità indicibile.  

 Se tale fu la felicità degli Apostoli nel contemplare per pochi momenti un solo raggio della divinità che traspariva attraverso la sacra umanità trasfigurata di Nostro Signore, che cosa sarà la felicità eterna del cielo, dove Dio è contemplato non più attraverso il velo delle creature e per pochi momenti, ma senza veli  e senza fine, e non solo contemplato, ma posseduto nella pienezza della carità?  

I. Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra eterna felicità. -. Godere significa riposarsi nel possesso di un bene conosciuto. Gode il bambino nel possesso del regalo lungamente bramato; gode il viandante assetato che può finalmente spegnere la sete ad una freschissima fonte; gode colui che finalmente scopre il tesoro nascosto, cercato a lungo e con fatica. Su questa terra però non è possibile il godimento completo, perché non può essere definitivo e pieno.  

 Il godimento perfetto, che appaga definitivamente tutti i desideri, tutte le capacità e le esigenze della natura elevata all'ordine soprannaturale, si chiama beatitudine, ed è uno stato perfetto in cui si posseggono stabilmente tutti i beni di cui si è capaci. È possibile solo nella vita eterna.  

 Che esista una vita eterna, con la relativa beatitudine, è dottrina rivelata. Ogni giorno infatti diciamo nel Credo o Simbolo Apostolico: Credo... nella vita eterna. E nel Credo della Santa Messa: Aspetto ... la vita del tempo avvenire.  

 1) Il Paradiso è visione di Dio. - Gesù Cristo disse: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt. 5,8). I puri di cuore, cioè coloro che non sono macchiati di peccato, vedono Dio su questa terra nelle creature. Sotto il velo della bellezza, della bontà, della grandezza e della sapienza delle cose create, vedono la bellezza, la bontà, la sapienza e la grandezza del Creatore. Nell'altra vita essi lo vedranno direttamente, senza veli interposti: Vediamo adesso attraverso uno specchio, per enimma; allora vedremo faccia a faccia, (1Cor. 13, 12). Nella vita presente vediamo Dio attraverso a uno specchio. Non lo vediamo immediatamente in se stesso, ma solo per mezzo delle creature, che sono come uno specchio in cui si riflettono alcuni raggi delle sue infinite perfezioni. La cognizione, che abbiamo quaggiù di Dio, è piena di oscurità (per enimma), perché la nostra mente non può penetrare nell'intima natura o essenza dei misteri che Dio ci ha rivelato. Nella vita beata conosceremo, Dio immediatamente, nella sua essenza, lo vedremo faccia a faccia, e saranno rimossi il velo delle creature e l'oscurità della fede. Infatti, ci attesta lo Spirito Santo nell'Apocalisse (22,4): I beati vedranno la sua faccia: e non avranno bisogno del lume della lucerna né della luce del sole, perché il Signore Dio li illuminerà.  

 Vedere e contemplare, nei limiti della possibilità umana potenziata dal lume della gloria, Dio nelle sue perfezioni e nei suoi misteri; il Padre che genera il Figlio, e il Figlio che è generato dal Padre; l'Amore sostanziale eterno e infinito del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre, lo Spirito Santo; la bellezza e la grandezza dei misteri dell'Incarnazione, della Redenzione; dell'unione di Cristo e della SS. Trinità con Maria Santissima; la beatitudine dei Santi e la loro unione indissolubile con Dio... quali ineffabili meraviglie!  

 2) La visione genera amore. - San Francesco Saverio, quando era favorito di qualche lume speciale, si sentiva ardere di amore e doveva slacciarsi le vesti, denudare il petto e rinfrescarsi il costato con acqua gelida, ed esclamava: «Basta, Signore, se no muoio!» San Francesco d'Assisi aveva il cuore così infiammato, che i panni che gli ricoprivano il petto ne rimanevano bruciacchiati. Se tali furono gli ardori d'amore che provarono i Santi nel contemplare un breve e fugace raggio, della grandezza e bellezza di Dio, che cosa sarà in cielo, dove Dio è conosciuto non più attraverso il  velo delle creature, ma contemplato a faccia a faccia? La visione genera amore; l'amore dà il possesso di Dio, e il possesso di Dio dà la felicità.  

 Nell'eternità non c'è più il tempo, La beatitudine non si avrà per gradi successivi, ma simultaneamente. Per tutta l'eternità e per ciascuno dei suoi momenti il gaudio sarà pieno e completo.  

 II .... e in lui, di ogni altro bene, senza alcun male. - In cielo si contempla e si gode Dio nell'amore. E poiché in Dio ci sono tutti i beni senza alcun male, vedendo, possedendo e amando Dio, Sommo Bene, si possiedono e si godono in Lui tutti gli altri beni di cui è fatta capace la nostra natura divinizzata. Se in cielo ci fosse qualche male la felicità non sarebbe completa.  

 L'anima, esente da tutte le miserie, afflizioni e passioni, godrà di una calma inalterabile: non più il timore, non più il dolore, non più la noia, non più le tentazioni, le debolezze, i difetti ...  

 L'intelligenza possederà in modo più perfetto quella scienza che quaggiù si acquista con tanta fatica e con tante imperfezioni. Il mondo fisico e morale non avranno più né segreti né misteri. E quale estasi inebriante contemplare la bellezza, la grandezza e la bontà della Vergine Santissima, le perfezioni degli Angeli, gli eroismi e i misteri di grazia nei Santi!  

 La volontà in Dio amerà tutte le creature di amore purissimo e immutabile, e sarà riamata. In cielo l'amore dei parenti e degli amici sarà consacrato e reso indefettibile. La famiglia si ricomporrà per vivere in Dio.  

 Dopo la resurrezione il corpo, esente da tutte le debolezze dovute al peccato, sarà impassibile, immortale, agile e splendente. Ogni senso avrà il suo gaudio, e tutto il corpo sarà partecipe dei gaudi dell'anima.  

 Riflessione. - Il pensiero del Paradiso è efficacissimo per infonderci coraggio nelle ore dell'abbattimento, del grigiore, della tentazione, del dolore. San Francesco d'Assisi esclamava: «Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».  

 ESEMPI. - 1. S. Francesco d'Assisi pregusta le armonie celesti. - In una notte dell'anno 1224 San Francesco d'Assisi pregava e contemplava il cielo. Infine si addormentò pensando che in cielo tutto sarà come deve essere, nella pace e nella letizia eterna. In sogno gli apparve un angelo che teneva in mano uno strumento musicale chiamato viola. Era tutto luce. «Ascolta - gli disse - io ti farò sentire un po' di quella musica che noi gustiamo in cielo davanti al trono di Dio». Disse e posò una sola volta l'archetto sulla viola. L'armonia e la soavità sprigionatesi a quel brevissimo tocco invasero l'anima del Santo con una gioia così immensa, con una dolcezza così meravigliosa, che gli sembrò di non avere più corpo e di non sentire più alcuna sofferenza. Disse poi ai compagni che se l'angelo avesse toccato le corde un'altra volta, per l'ineffabile dolcezza l'anima se ne sarebbe partita dal corpo.  

 2. Frate Egidio. - Il Paradiso era l'oggetto più abituale delle considerazioni di Frate Egidio, uno dei primi discepoli di S. Francesco d'Assisi. Conversando del Paradiso subito era rapito in spirito e restava assorto e immobile per una gran parte del giorno. Fanciulli e pastori si prendevano gioco di lui. Appena lo vedevano gli gridavano: «Paradiso! Paradiso!» per vederlo subito cadere in una specie d'estasi, che lo rapiva fuori di sé. Conversando con lui i confratelli sì studiavano di non nominare il Paradiso, perché non fosse rapito in estasi e per non restare privi della sua conversazione. Talora lo sentivano cantare con meravigliosa soavità: «Non vi è lingua che possa spiegare, non parole che possano esprimere, non mente creata cui sia dato comprendere la grandezza dei beni che Dio ha preparato lassù in cielo, a quelli che desiderano di amarlo».  

 3. Una domanda a S. Tommaso d'Aquino. - La sorella di San Tommaso d'Aquino gli domandò un giorno: «In che cosa consiste la beatitudine eterna?» - «Mia cara sorella, non potrai  saperlo se non il giorno in cui l'avrai ottenuta. È cosa tanto consolante e deliziosa, che tutta la sapienza umana è incapace di esprimerla». Verso la fine della vita il Santo ebbe una visione dopo la quale fu incapace di scrivere perché la sua mente non riusciva più a fissarsi sopra oggetti particolari.  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

martedì 6 agosto 2024

PER QUAL FINE DIO CI HA CREATI? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo poi nell'altra in Paradiso.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X


Nella risposta che Gesù Cristo diede a un dottore della legge (cfr. Mc. 12, 28-32), è indicato chiaramente il fine per cui l'uomo è creato: Amare Dio sopra tutte le cose, in modo che a Lui siano indirizzati tutti i pensieri della mente, tutti gli affetti del cuore e tutte le azioni.  

 I. Dio ci ha creati per conoscerlo. - Dio creando le cose ha assegnato ad ognuna un fine particolare (cfr. n. 12): tendendo al loro fine particolare le creature raggiungono anche il fine ultimo, cioè la gloria di Dio, per la quale sono state create. 

Anche l'uomo è stato creato per dare gloria a Dio. Raggiungendo il fine generale della gloria di Dio, l'uomo consegue anche il suo fine particolare, la felicità eterna.  

 Dio non solo assegna all'uomo il fine da raggiungere, ma gli dà anche i mezzi adatti.  

 Il primo di questi mezzi è l'intelligenza, con la quale possiamo conoscere Dio Creatore e Signore. Con il lume dell'intelligenza o ragione naturale possiamo ammirare le perfezioni del mondo creato, adorare in esso l'impronta della sapienza, della bontà e della giustizia infinita di Dio, che risplendono di fulgore inestinguibile nel mondo fisico e morale. Dalla conoscenza delle creature dobbiamo ascendere alla conoscenza del Creatore.  

 Al lume naturale della ragione si aggiunge il lume della fede, per conoscere Dio che si è manifestato nella rivelazione. Conoscere Dio con la scienza e con la fede: ecco il primo dovere, il primo e sommo onore, la prima e somma felicità dell'uomo. Conoscerlo con la scienza e con la fede nelle tenebre di questa vita, per contemplarlo poi senza veli nel lume di gloria, che ce lo farà vedere faccia a faccia, nella vita eterna: ecco il nostro destino.  

 II. ... amarlo.  

 Mentre (Gesù) così parlava, una donna alzò la voce tra la folla e disse: «Beato il seno che ti ha portato e il petto che ti ha nutrito!» «Anzi - riprese Gesù - beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 9, 27-29).  

 Quella donna era così entusiasta della dottrina del Maestro, da uscire in quel grido di ammirazione, giunto, attraverso le pagine del Vangelo, fino a noi, che lo ripetiamo riverenti e pieni di amore. La conoscenza aveva suscitato l'entusiasmo e l'amore verso Gesù.  

 Dio ci ha creati perché conoscendo Lui e le sue perfezioni (bontà, santità, sapienza, giustizia, bellezza, potenza ...) lo amiamo; ci ha dato la regola, secondo la quale dobbiamo amarlo, la sua legge riassunta nei dieci Comandamenti; ci ha dato la volontà libera perché osserviamo la sua legge e gli dimostriamo con i fatti, e non solo con le parole, che noi veramente lo amiamo. La prova dell'amore sono i fatti. Chiarissima a questo riguardo è la parola infallibile della Sapienza incarnata: Non tutti quelli che mi dicono; «Signore! Signore!» entreranno nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli (Mt 7,21).  

 III... e, servirlo in questa vita. - Amare Dio significa non solo volergli bene con le parole, ma dargli prova di amore con le opere, servendolo: Osservare la legge di Dio, osservarla per amore, osservarla nell'Amore e nella grazia dello Spirito Santo, significa servire Dio. Servirlo non secondo i nostri gusti, servirlo non finché ci fa comodo, o non c'incomoda troppo, ma servirlo nella dedizione più assoluta alla sua volontà, nella conformità più piena al suo divino beneplacito, significa vivere pienamente secondo le parole di Gesù: Padre non la mia volontà sia fatta, ma la tua (Lc, 22, 42). Servire Dio altro non significa che amarlo compiendo la sua adorabile volontà, quale ci è manifestata dalla sua legge, che conosciamo con l'intelligenza nel lume della fede.  

 IV .... e goderlo poi nell'altra in Paradiso. - Chi avrà servito Dio in questa vita, con fedeltà e con amore, avrà il premio. E il premio sarà la visione e il possesso di Dio stesso in Paradiso, visione e possesso, che faranno l'uomo pienamente beato, nel godimento senza fine della più piena felicità. Gesù per far comprendere questa verità raccontò la parabola dei talenti (v. n. 97, I). Al servo che aveva ricevuto cinque talenti e al rendiconto ne consegnava dieci il padrone disse: Servo buono e fedele, poiché sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; entra nella gioia del tuo Signore. Il servo, che aveva ricevuto due talenti e che ne consegnò quattro, ebbe la stessa lode e la stessa ricompensa. Solo il servo infingardo, che aveva sotterrato l'unico talento ricevuto ed ebbe la sfrontatezza di consegnarlo nudo e di dire che non aveva trafficato la somma per il timore di perderla e di incorrere nello sdegno del padrone, ebbe un severo castigo (Mt. 25, 14-31).  

 Riflessione. - Il buon cristiano ha sempre presente lo scopo per cui Dio l'ha creato: conoscerLo, amarLo, servirLo in questa vita, per goderLo poi nell'altra in cielo. La considerazione di queste verità è efficacissima per tenerci lontani dal peccato, per invogliarci a servire fedelmente Iddio e per infonderci forza e coraggio a superare gli ostacoli e le difficoltà che si oppongono.  

 ESEMPI. - 1. Perché la vita? - Un missionario domandò ad un cinese: «Perché sei al mondo?» - «Per mangiar riso!» rispose il poveretto. Quanti cristiani, se fosse loro rivolta la stessa domanda, per essere sinceri dovrebbero dare la stessa risposta!  

Quanti vivono come se non dovessero mai morire! Come se fossero in questo mondo solo per mangiare, bere e divertirsi!  

 2. Pane e Paradiso. - S. Filippo domandò ad alcuni operai perché lavorassero. «Per guadagnarci il pane e mantenere la famiglia» fu la risposta. «Sta bene lavorare per mantenere la famiglia, ma bisogna anche lavorare per guadagnare il Paradiso: pane e Paradiso, se no, voi perdete il frutto principale delle vostre fatiche».  

 3. S. Francesco Saverio. - Il nobile spagnuolo Francesco Saverio studiava con ardore all'Università di Parigi: l'acume d'ingegno e la forza di volontà gli facevano sperare un brillantissimo avvenire. A Parigi Francesco conobbe Sant'Ignazio di Loyola, che, entrato nella sua intimità, dopo aver ascoltato i progetti ambiziosi dell'amico poneva invariabilmente la sconcertante domanda: «Quid prodest? Che ti giova?» Col passar del tempo, il giovane fu impressionato da quella domanda. Che cosa gli avrebbe giovato acquistare tutta la scienza, tutti gli onori e tutte le ricchezze che gli prometteva l'avvenire nel mondo, se poi la sua anima ne avesse sofferto danno? Francesco infine si arrese alla grazia, si fece religioso e missionario e divenne un gran santo.  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

martedì 4 giugno 2024

DIO HA CURA DELLE COSE CREATE? Dio ha cura e provvidenza delle cose create e le conserva e le dirige tutte al proprio fine, con sapienza, bontà e giustizia infinita.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Nessuno ha parlato della Provvidenza di Dio così bene come Gesù Cristo (Cfr. Mt 6, 25-34).  

La cura che Dio ha delle sue creature si chiama Provvidenza,  

I. Dio ha cura e provvidenza delle cose create. - Dio ha creato tutte le cose, dando loro l'essere e l'esistenza. Ma  dopo averle chiamate all'esistenza non le abbandona a se stesse. La madre, data la vita al figlio, non lo abbandona, ma lo nutre del suo latte, lo cura con amore che non conosce limiti nel sacrificio e nella dedizione, lo educa e lo accompagna con i suoi aiuti e i suoi consigli finché Dio la lascia in vita sulla terra, per continuare la sua assistenza anche dal cielo, dove si fa angelo invisibile, ma sempre tutelare dei figli.  

 Se Dio non avesse cura del mondo che ha creato e delle singole cose che sono contenute nel mondo, ciò accadrebbe:  

 1) o perché ha fatto il mondo senza saperlo e ne ignora l'esistenza: ma questo ripugna all'infinita sapienza del Creatore;  

 2) o perché non può curarsene: ma chi ha dato l'essere può anche dare il modo di essere: se può creare, tanto più può avere cura delle sue creature;  

 3) o perché non vuole: ma è impossibile che l'Infinita Sapienza divina nel creare non assegni un fine alla sua creatura e non le dia i mezzi e l’assistenza per conseguire il fine stesso.  

 L'orologiaio non fabbrica gli orologi senza molla, senza quadrante o senza lancette, perché non servirebbero a nulla.  

 II... e le conserva. - La creatura rimane nel suo essere solo e in quanto continuamente lo riceve da Dio, che la conserva nell'esistenza. Come la creatura dipende da Dio in quanto all'inizio dell'esistenza, allo stesso modo ne dipende continuando ad esistere. Senza la conservazione divina tutti gli esseri creati cadrebbero nel nulla, non lasciando la minima traccia di sé, Una pallida immagine di questo fatto si può vedere nel fumo, che perdura finché è alimentato dal fuoco: cessato il fuoco, in breve, dopo aver vagolato incerto nell'aria, si disperde, scompare e si scompone nei suoi  elementi primi, che entrano in altre combinazioni nelle quali il fumo non ha più alcuna parte.  

 «Diversamente da una fabbrica la quale, una volta costruita, sussiste anche senza l'architetto, il mondo non sussisterebbe un istante se Dio non lo conservasse. La ragione di questa differenza consiste in ciò, che l'architetto dà forma: alla fabbrica, ma non crea la materia con cui la costruisce; mentre la cosa creata intanto continua la sua sussistenza in quanto Dio, che l'ha tratta dal nulla, la sostiene e impedisce che ricada nel nulla» (SANT'AGOSTINO).  

 Lo Spirito Santo ha dettato queste parole nel libro della Sapienza (11, 26): Come potrebbe durare una cosa, se tu (o Dio) non volessi? E conservarsi quello che non fosse stato voluto da Te? Dio è la causa totale delle sue creature: ma non si potrebbe dire veramente tale se dipendessero da Lui solo nella creazione e non nella conservazione.  

 III. ... e le dirige al proprio fine. - Dalla vita di Giuseppe l'Ebreo (v. n. 11, esempio 2) risulta chiaramente come Dio conduca tutti gli avvenimenti, anche quelli umanamente più incomprensibili, al fine che Egli, nella sua infinita sapienza, ha loro prestabilito.  

Dio, essendo sapienza infinita, ha assegnato ad ogni creatura un fine determinato e tutte le ha ordinate a un fine ultimo, che è la sua gloria. Il Signore ha fatto tutte le cose per se stesso (Prv.16,4). Ad ogni cosa Dio ha fissato uno scopo corrispondente, onde, dalla cospirazione di tutte le cose al proprio fine, risulti l'ordine meraviglioso del cosmo (1). Il sole ha il fine immediato di illuminare e diffondere calore; la nostra lingua di servire ad esprimere il pensiero, il fiore  è per il frutto, il frutto per il seme, il seme per la pianta - il mondo vegetale per quello animale e questo per l'uomo. Ma tutte le cose, e l'uomo soprattutto, sono per la gloria di Dio. -  

 La Provvidenza divina opera nel dirigere le creature al loro fine immediato e ultimo ed è l'attuazione del piano meraviglioso di Dio nel dare l'essere alle creature.  

 IV .... con sapienza, bontà e giustizia infinita. - Nella creazione, nella conservazione e nel governo di tutte le cose rifulgono luminosamente la sapienza, la bontà e la giustizia infinita di Dio.  

 I) Con sapienza ... - L'universo intero è un ordine meraviglioso, in cui nulla è inutile; ogni cosa creata ha un fine particolare e tutte assieme tendono al fine comune, che è la celebrazione della gloria e della grandezza di Dio. Non importa che noi non conosciamo tutti i disegni della divina Provvidenza. Solo ne conosciamo una infinitesima parte: ma, a mano a mano che la scienza della natura e della rivelazione progredisce, scopre sempre più l'ordine meraviglioso dell'universo, che canta a voce spiegata la gloria e la grandezza della sapienza divina.  

 2) ... bontà - La bontà di Dio rifulge sovrana nell'ordine della Provvidenza divina che guida tutte le creature al loro fine particolare e al fine ultimo, secondo la loro natura. Le creature irrazionali sono guidate al loro fine da leggi fisiche immutabili; le creature intelligenti da leggi morali, che devono osservare liberamente. Tutto Dio ha creato per amore e tutto per amore governa. Tutto il bene che è nel mondo non è che una partecipazione della bontà infinita di Dio.  

3) ... e giustizia infinita. - Le creature trovano la loro felicità nell'osservare l'ordine della divina Provvidenza. Le creature che liberamente osservano la legge divina hanno il premio che Dio ha stabilito, e in esso trovano la felicità per la quale sono create: in questa vita che è preparazione a quella futura, e nell'eternità, dove la felicità sarà piena ed eterna. La giustizia dii Dio si manifesta nel premio che essa assegna ai buoni e nel castigo che infliggerà agli empi, che sarà il trionfo definitivo dell'eterna giustizia e la restaurazione dell'ordine leso dalla libera trasgressione del peccato.  

 Riflessione. - Solo l'uomo, con la libera trasgressione delle leggi divine, può andare contro ai mirabili piani della divina Provvidenza. Perciò il peccato è il più grande male.  

 ESEMPI. - 1. Tobia. - La vita di Tobia, mirabilmente narrata nel libro della Sacra Scrittura che porta lo stesso nome, è un luminoso esempio della cura che Dio ha delle sue creature, e particolarmente di quegli uomini che lo servono con fedeltà. Tobia spese tutte le sue ricchezze per soccorrere i fratelli di prigionia, che gemevano sotto il giogo del re Salmanasar, in Assiria. Divenuto cieco mentre stava compiendo un'opera di carità, e caduto nella miseria, Tobia non perdette la fede in Dio. Il Signore volle alfine premiare la fedeltà e la carità di lui. Gli mandò l'Arcangelo Raffaele che, senza farsi conoscere, accompagnò il giovane e inesperto figlio di Tobia in un paese lontano, lo salvò dai pericoli che lo minacciavano durante il viaggio, specialmente da un pesce che lo aveva assalito nelle acque del fiume Tigri, gli somministrò i medicamenti per guarire la cecità del padre e liberare la futura sposa dal demonio, gli trovò una santa sposa, che gli diede tutta la sua ricchezza e tutto il suo casto amore. L'Arcangelo stesso andò a riscuotere una notevole somma dal debitore Gabelo nel lontano paese di Rages, e infine ricondusse il giovane con la sposa Sara nella casa paterna. Il vecchio Tobia riacquistò miracolosamente il dono della vista, le ricchezze perduti: ed ebbe la felicità di sapersi amato da Dio, che aveva gradito tutte le sue opere di carità e lo aveva voluto provare con la sofferenza, della quale lo aveva ritenuto degno e con la quale lo aveva santificato.  

2. Gesù provvede con un miracolo il pane alla folta (Gv.6, 5-14)  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

giovedì 18 aprile 2024

DIO PUÒ FARE ANCHE IL MALE? Dio non può fare il male, perché non può volerlo; ma lo tollera per lasciar libere le creature, sapendo poi ricavare il bene anche dal male.

 


Gesù Cristo, come Dio, non poteva commettere i peccati che gli suggeriva il demonio che si provò a tentarlo (cfr. Mt 4, 1-10).  

 I. Dio non può commettere il male, perché non può volerlo. - Vi sono due specie di mali: il male fisico e il male morale. Il primo è la mancanza di perfezione fisica in un soggetto capace, che la deve possedere. Non è una colpa, cioè un vero male. La vista è una perfezione, un bene per l'occhio; la cecità, che è la mancanza di questo bene o perfezione, è un male fisico.  

 Il male morale è mancanza di un bene spirituale, la trasgressione della legge morale, che prescrive di fare il bene e di evitare il male. Il male morale è una colpa, cioè un peccato. L'onestà è un bene morale proprio dell'uomo: il ladro, che si appropria della roba altrui, manca di questo bene e commette un male morale, un peccato.  

 Il Catechismo nel numero precedente ci ha detto che Dio può fare tutto ciò che vuole. Ma Dio può fare anche il male? In altre parole, l'onnipotenza divina comporta in Dio anche la capacità di fare il male morale? No! Non può fare il male morale, perché non può volerlo.  

Ed ecco perché non può volerlo: perché è bontà infinita.  

Se volesse il male non sarebbe bontà infinita, perché in Lui ci sarebbe la malizia. Inoltre: perché il male è la mancanza del bene dovuto; in Dio però ci sono tutti i beni; Egli è infatti l'Essere perfettissimo e a Lui non può mancare nessuna perfezione.  

 II .... ma lo tollera per lasciar libere le sue creature. - L'ordine del mondo esige che tutte le cose materiali finiscano: il fiore deve perdere la sua bellezza e appassire, perché possa maturare ii frutto; questo deve marcire, per dar modo ai semi che racchiude di germogliare e dar vita alla nuova pianta. I mali fisici, nei disegni di Dio, sono destinati ad un bene e a uno scopo più alto; Gesù Cristo non   liberò i suoi apostoli dalla povertà materiale, e sottopone i suoi santi alle più dure prove morali e fisiche per renderli più simili a sé e degni della sua gloria.  

Dio invece non può volere il male morale, ma lo permette nelle creature alle quali ha dato la libera volontà, cioè la capacità di fare o non fare, fare una cosa a preferenza di un'altra. Io posso correre o star fermo, a mia libera scelta, posso pregare o leggere, benedire o maledire i miei fratelli, appunto perché sono libero.  

 Purtroppo la libertà, la più grande nostra ricchezza, è divenuta un'arma pericolosa nelle nostre mani: per il peccato noi abbiamo acquistato la tremenda possibilità di fare anche il male, cioè di abusare della libertà. La libertà, nei disegni del Creatore, doveva servire solo per fare il bene; l’uomo, peccando, ha sciupato il dono della libertà e si è reso capace di fare anche il male.  

 Dio tollera il male morale perché non vuole costringere la volontà dell'uomo, che Egli ha voluto creare libero, per il maggior bene di lui. Dio rispetta la libertà umana e sa trarre, nella sua infinita sapienza e con la sua infinita onnipotenza, il bene anche dal male.  

Dio non costringe la volontà umana. A un giovane ricco, che gli chiedeva che cosa dovesse fare per acquistare la perfezione, Gesù, rispose: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, e ne avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Il giovane non accettò l'invito e se ne andò afflitto. Gesù gli lasciò la libertà e non lo costrinse a seguire il suo consiglio.  

 Se Dio togliesse la libertà all'uomo questi diverrebbe un automa: ma Dio sa bene che vale di più un atto buono di libera volontà che un mondo pieno di perfettissime macchine.  

III. ... sapendo poi ricavare il bene anche dal male. - Il tradimento di Giuda, che consegnò il Redentore ai carnefici e la sentenza del Sinedrio che condannò a morte il Signore, furono grandi peccati, commessi liberamente: ma Dio seppe fare in modo che contribuissero indirettamente alla Redenzione dell'intera umanità. Dio lascia agire il peccatore finché vive su questa terra. Se, aiutato dalla grazia divina, si pentirà, il Signore farà trionfare la sua misericordia; se invece persisterà nel peccato, rifiutando gli inviti della grazia, farà trionfare la sua giustizia.  

Dal male che si commette nel mondo, Dio sa trarre innumerevoli benefici, molti dei quali ci sono ignoti. Uno dei principali è certamente quello di dare agli eletti occasione di rafforzare la loro virtù, di rendersi simili al Figlio di Dio, che volle soffrire e morire sulla croce e di acquistare maggior merito e un grado più grande di gloria in cielo.  

 Dalla crudeltà dei tiranni Dio seppe far nascere gli eroismi dei martiri cristiani; dalle calamità inenarrabili delle guerre, volute dalla iniquità umana per soddisfare innominabili interessi, Dio trae prodigi di rassegnazione, di virtù, di abnegazione e di eroismo. Dalle miserie morali e materiali gli eroismi sublimi della carità, come quelli ammirabili di San Giovanni Bosco e di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.  

 Riflessione. - Dio ci ha dato la libertà' perché ne facciamo buon uso. Ogni volta che ne abusiamo, scegliendo liberamente il male, andiamo contro la volontà divina e ci procuriamo la nostra rovina.  

 ESEMPI. – 1. Il re Manasse, castigato da Dio, si pente e fa penitenza dei suoi peccati (cfr. Prl.33, 9-18).  

2. Giuseppe l'Ebreo. - Come Dio sappia trarre il bene anche  dal peccato, risulta assai chiaramente dalla storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe, narrata diffusamente nel libro della Genesi (cc. 37-50). Giuseppe fu venduto, dai fratelli che lo odiavano e condotto schiavo in Egitto. In casa di Putifar, dove viveva in dorata schiavitù, non avendo voluto commettere una turpitudine, cui lo invitava la padrona, fu da questa falsamente accusato e fatto cacciare in carcere. Ma il Signore non abbandonò il servo fedele. In prigione Giuseppe fu illuminato da Dio a interpretare alcuni sogni dei grandi della corte e dello stesso Faraone. Dalla prigione Giuseppe passò alla dignità di primo ministro dello stato. I fratelli di lui furono condotti dal loro paese in Egitto a fare acquisti di grano per fronteggiare la generale carestia che infieriva da diversi anni. - Fattosi riconoscere dai fratelli che lo avevano venduto schiavo, non solo non volle vendicarsi, ma li rassicurò e li consolò, dicendo: Non temete e non vi sembri duro l’avermi mandato venduto in questo paese, perché per la vostra salvezza Dio mi ha mandato innanzi a voi in Egitto... Rimangono ancora cinque anni in cui non vi sarà né aratura né messe. Or Dio mi ha mandato, innanzi a voi, perché siate conservati sulla terra e possiate aver cibo per vivere. ...Su, presto, andate da mio padre, e ditegli: «Vieni da me, senza indugio, e dimorerai nella terra di Gessen, e sarai vicino a me, tu con i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, con le tue pecore, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi. E io vi sosterrò» (Gn.45, 5-12 passim). Giacobbe scese in Egitto, dove i suoi discendenti vissero alcuni secoli e diventarono un grande popolo. 

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

mercoledì 21 febbraio 2024

DIO PUÒ FAR TUTTO? Dio può far tutto ciò che vuole: Egli è l'Onnipotente.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Gesù, come Dio, può fare tutto quello che vuole e compiere qualsiasi prodigio, perché è onnipotente (cfr. per es. Mc.1, 40-43).  

 I re della terra possono fare molte cose impossibili per noi. Però sono infinitamente di più quelle che non possono fare di quelle che sono in loro potere. L'uomo è tanto limitato nel suo potere, che nulla può contro molte malattie, nulla può contro la morte che continuamente gl'insidia la vita, nulla può contro i cataclismi della natura, i temporali e i terremoti.  

Dio solo è onnipotente e può fare tutto quello che vuole.  

Solo non può fare ciò che non può volere. Dio non può volere, ad esempio, non esistere, non essere perfetto, santo, giusto, perché è assurdo che Egli non sia giusto, che non sia santo e perfetto. Dio non può volere le cose assurde, appunto perché sono, assurde, vale a dire, contradditorie nei termini. Se Dio potesse volere l'assurdo non sarebbe più Dio e non sarebbe, per ciò stesso, onnipotente.  

 Dio, come essere infinitamente perfetto, possiede la perfezione dell'onnipotenza, la quale si identifica con la sua infinita volontà.  

 Nel Credo noi esprimiamo chiaramente la nostra fede nell'onnipotenza divina: Credo in Dio ... onnipotente. Lo Spirito Santo nella Sacra Scrittura parla ripetutamente ed esplicitamente della divina onnipotenza: Vi è forse qualcosa di difficile per Iddio? (Gn.18,14). Egli ha parlato e le cose sono state fatte; ha comandato e le cose sono state create (Sal.32, 9).  

 Riflessione. - Umiliatevi dunque. sotto la potente mano di Dio, affinché Egli vi esalti nel tempo della sua visita (1Pt 5,6). Riconoscere la infinita potenza di Dio e starcene umili e confidenti alla sua presenza, è il sentimento che scaturisce genuino in noi alla considerazione dell'onnipotenza di Dio.  

 ESEMPI. - 1. Gesù caccia i demoni dagli ossessi (cfr. Mc 1, 23-28).  

 2. - La creazione è opera dell'onnipotenza di Dio (cfr. Gn.1,1-13).  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

martedì 2 gennaio 2024

DIO SA TUTTO? Dio sa tutto, anche i nostri pensieri; Egli è l'Onnisciente.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Gesù, come Dio, conosceva anche i segreti dei cuori e i pensieri più occulti (cfr. Mt 9, 1-7); Dio infatti conosce tutte le cose.  

 I. Scienza umana e scienza divina. - Il bambino da principio non conosce nulla; quando l'intelligenza comincia a svilupparsi, impara a conoscere la mamma, il babbo e le persone che lo circondano. La mamma gl'insegna allora a conoscere Gesù, la Mamma celeste, Dio e le principali verità della nostra religione. A mano, a mano che le cognizioni aumentano, la brama di sapere si accresce ed egli comincia a tempestare tutti di domande, sempre più numerose e insistenti. Lunghi anni di studi non basteranno a soddisfare la sete di tutto conoscere, di tutto sapere e di rendersi conto di tutto. Anche se, diverrà un grande sapiente, non giungerà a conoscere tutte le cose.  

 L'oracolo di Delfo aveva detto che Socrate era l'uomo più sapiente di tutta la Grecia. Socrate, da parte sua, confessava di non sapersi spiegare la definizione dell'oracolo se non in questo modo: Egli era il più sapiente, perché riconosceva di non sapere nulla; gli altri saggi, invece, erano presuntuosi, credevano di saper tutto, e in realtà non sapevano nulla. L'oracolo lo aveva definito l'uomo più sapiente di tutta la Grecia, solo perché riconosceva la sua ignoranza.  

L'uomo più saggio ignora tante cose, che alla sua scienza conviene il nome d'ignoranza. Provate a interrogare l'uomo più sapiente quanti sono i capelli del nostro capo, quante gocce di sangue scorrono nelle nostre vene, quanti fili d'erba crescono nel prato, quanti granelli di rena giacciono sulla spiaggia del mare, e non saprà rispondere. Chi può conoscere quello che penso io in questo momento? Chi potrà dire se voi domani sarete lieti o tristi, se domani, se fra un anno il tempo sarà bello e il cielo sereno, oppure piovoso o temporalesco?  

 Il sapiente sa qualche cosa. Dio, invece, è l'Onnisciente, e conosce tutte le cose. La scienza infatti è una perfezione e le perfezioni sono tutte in Dio, e tutte nel grado più alto. Se Dio non fosse onnisciente e ignorasse anche una sola verità non sarebbe più Dio, perché non sarebbe infinito e perfettissimo. Egli conosce tutte le cose.  

 II. Che cosa conosce Dio.  

 I) Conosce se stesso. Dio è infinito nel suo essere e nelle sue perfezioni e nessuna creatura, per quanto intelligente, potrà conoscerLo appieno, perché ciò che è finito non può abbracciare l'Infinito.  

 II Concilio Vaticano ci insegna che Dio è infinito nell'intelletto (Sess. 3, c. 1) ed è perciò in grado di conoscere perfettamente l'Infinito, cioè se stesso. L'infallibile parola della Sapienza incarnata è molto chiara al riguardo: Nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e quegli al quale il Figlio lo ha voluto rivelare (Mt 11,27). Nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio (1Cor.2,11).  

 2) Dio conosce tutto ciò che è distinto da Lui. - Dio conosce tutte le cose che esistono, perché le ha create. Come avrebbe potuto crearle se non le avesse conosciute in se stesso? Può forse un cieco dalla nascita, che mai ha sentito parlare di pittura e di colori, dipingere un quadro artistico?  

 Dio conosce anche i pensieri occulti degli uomini: infatti le cose in tanto esistono in quanto partecipano dell'essere di Dio, che solo è Colui che è; le altre cose sono solo in quanto hanno ricevuto per partecipazione l'essere stesso.  

 Gesù infatti conosceva anche le cose più occulte (Cfr. Mt 9, 1-7).  

3) Dio conosce anche le cose future che saranno e quelle che potrebbero essere, ma che non saranno mai. - Più volte Gesù disse ai discepoli che uno di loro lo avrebbe tradito. Predisse che sarebbe risorto dal sepolcro tre giorni dopo morte, predisse nei più minuti particolari la distruzione di Gerusalemme, una quarantina d'anni prima che il fatto avvenisse. Dio fece conoscere a Giacobbe le future vicende della discendenza dei suoi dodici figli.  

 Dio conosce le cose che per noi sono future, ma che a Lui sono presenti, non essendo Egli soggetto al tempo e non essendoci per lui né passato né futuro, ma solo l'eterno presente.  

 Dio conosce anche le cose che potrebbero essere, ma che non saranno mai, perché Egli non le chiamerà mai all'esistenza, (futuri possibili). Infatti ogni cosa in tanto è possibile, in quanto attinge la sua possibilità nell'infinita imitabilità di Dio. Dio, conoscendo perfettamente se stesso, conosce necessariamente tutte le cose che sono tali solo in quanto imitano il suo Essere e la sua perfezione.  

 Riflessione. - II pensiero che Dio conosce e vede anche i nostri desideri e pensieri più segreti, deve essere per noi una spinta ad amarLo con tutta l'anima, che Egli vede nuda e senza veli: a vigilare perché nell'anima nostra, nella nostra mente, nella nostra volontà, nella nostra immaginazione, nella nostra memoria non si fermino pensieri, desideri, immagini, ricordi contrari alla infinita purezza e alla santità di Dio.  

 ESEMPI. - 1. Gesù predice il tradimento di Giuda (Gv.13, 8-11-21-28).  

 2. - Interrogazioni di Dio a Giobbe (Gb.38, 1-22; cfr. pure ibd cc. 39-40).  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

mercoledì 1 novembre 2023

DIO È SEMPRE STATO? - Dio è sempre stato e sempre sarà; Egli è l'Eterno.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


I. Esseri mortali. - Tutto ciò che ha principio e fine è detto mortale. Alcune specie di piccoli insetti nascono, crescono, vivono e muoiono, nel giro di poche ore, Gli animali superiori hanno una vita più lunga, che va, da pochi anni per alcuni, fino a parecchie decine e anche a qualche centinaio di anni per altri. Tutti gli esseri che cominciano ad esistere e muoiono, sono mortali. Anche l'uomo è mortale, perché il suo corpo, dopo un numero più o meno lungo di anni, deve piegarsi al volere inesorabile della morte e scendere nel sepolcro, dal quale risorgerà solo il giorno in cui la divina onnipotenza lo richiamerà alla vita. 

II. Esseri immortali. - Gli esseri materiali sono tutti mortali. Gli esseri spirituali, invece, come l'anima umana e gli angeli, dopo che sono stati creati da Dio non possono morire. La morte infatti altro non è che la scomposizione dell'essere nelle sue parti. Gli esseri spirituali, essendo semplici, non possono scomporsi in parti e morire. Essi sono perciò immortali. L'essere immortale comincia la sua esistenza, ma non la finisce mai più.  

 III. L'Eterno. - Dio non è mortale, perché è semplicissimo e necessario e non può non esistere. Egli non può morire, cessando di esistere. Essendo necessario e non potendo non esistere, Dio deve sempre essere stato, e quindi non è semplicemente immortale: Egli non ha avuto inizio e non avrà fine: è «eterno». È sempre stato e sempre sarà; non è soggetto al tempo, che è una specie di misura, essendo immenso; non è soggetto ad alcun limite, perché è l'Essere, infinito in tutte le perfezioni, e non ha limiti di tempo, di perfezioni e di essere; è necessariamente eterno.  

 Il Concilio Lateranense Quarto, il Concilio Vaticano e il Simbolo Atanasiano ci dicono, con parola infallibile, che Dio eterno. Eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo, e tuttavia non sono tre eterni, ma un solo eterno. (Simb. Atanas.). Lo Spirito Santo ci insegna la stessa verità: Prima che si formassero i monti e che la terra fosse fatta e il mondo, dal principio alla fine, tu sei Dio (Sal.89,2). E l'Eterna Verità dice di se stessa: Prima che Abramo fosse, io sono (Gv.8,68).  

 Riflessione. - Dio ci ha destinati a condividere la sua eternità beata in cielo. Unica condizione per poter conseguire la felicità eterna è l'osservanza della legge divina. Amare la legge di Dio e osservarla deve essere la prima preoccupazione di ogni uomo.  

 ESEMPI. - 1. Cesario. - S. Gregorio Nazianzeno aveva un fratello, Cesario, che possedeva molte ricchezze e una bella casa, nella città natale di Nazianzo. Un fortissimo terremoto distrusse quasi tutta la città, seppellendo sotto le macerie delle case gran parte degli abitanti. Cesario, rimasto illeso e colpito dalla grazia di Dio, esclamò: «Lungi da me, mondo caduco e passeggero! Voglio fabbricarmi una casa sicura, che nessun terremoto possa giammai distruggere!» Si ritirò dal mondo e trascorse tutta la vita nel servire più diligentemente Iddio.  

 2. S. Tommaso Moro. - San Tommaso Moro, cancelliere del re Enrico VIII d'Inghilterra, era stato imprigionato per il  rifiuto di prestare un giuramento contrario alla religione cattolica. Lo attendeva la pena di morte. Perfino la sua sposa si recò nella prigione della torre di Londra per convincere il Santo a prestare il giuramento. La donna ricorse a tutti gli argomenti suggeriti dalla tenerezza di sposa e di madre. Infine lo scongiurò, per il bene dei figli, a non tradirli gettandoli nella povertà e nel disonore, rifiutando di giurare al suo re, che fino a quel giorno aveva servito tanto fedelmente. «Quanti anni credi tu che io possa ancora passare con te e con i nostri figli?» domandò. - «Oh, almeno venti!» rispose la donna piena di speranza. - «Vuoi tu che io per una ventina d'anni che ancora mi possono rimanere, perda l'eternità?»  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

domenica 17 settembre 2023

DOV'È DIO? Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo; Egli è l'Immenso.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


I. Dio è immenso. - Immenso significa «non misurabile e non misurato». Misurare vuol dire conoscere e determinare le dimensioni o la quantità di qualcosa. Tutte le cose create sono misurabili, perché finite. Le cose materiali si misurano per la loro estensione in lunghezza, larghezza e profondità; le cose immateriali finite si misurano col tempo. Lo spirito finito appunto perché finito, è limitato e si può trovare contemporaneamente in un solo posto; quando l'angelo agisce in un luogo non può trovarsi e agire in un altro nello stesso tempo, appunto perché è finito nella sua essenza e nella sua esistenza.  

 Dio invece è immenso e la sua presenza non si può limitare a un luogo solo, perché è spirito, e come tale non può essere misurato come gli esseri materiali, col determinarne la grandezza; Dio è infinito ed eterno; per questo, non può sottostare a limiti di spazio e di tempo.  

 La divina rivelazione ci attesta in maniera chiarissima l'immensità di Dio: Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo; tuttavia non sono tre immensi, ma un solo essere immenso (Simb.Atan. Dz.39): È grande e non ha limiti, altissimo e immenso (Br 3, 25). È più alto dei cieli ... più profondo dell'inferno ..., la sua misura è più lunga della terra e più larga del mare (Gb.2, 8-9).  

 II. Dio, è in cielo, in terra e in ogni luogo. - Se Dio ò immenso, non può esservi nessun luogo in cui Egli non è presente. Il cielo e la terra sono pieni di Lui, ma non lo circoscrivono, perché Dio sorpassa, con il suo essere infinito, tutti gli esseri finiti. Dio è in tutti i luoghi e in tutte le cose con la sua potenza perché tutte le cose crea e conserva, e nulla esiste senza di Lui; con la sua presenza, perché tutto abbraccia la sua scienza, e tutte le cose sono davanti a Lui e in Lui; con la sua essenza, perché è indivisibile dalla sua potenza. Dio è dunque in tutte le cose e in tutti i luoghi con tutto il suo essere.  

Come bene comprendeva il Salmista questa verità! Dove andrò per sfuggire al tuo spirito e dove fuggire dalla tua presenza? Se salirò in cielo, tu ci sei; se discenderò nell'inferno, sei presente; se al mattino presto prenderò le ali e andrò ad abitare agli estremi confini del mare, anche là mi condurrà la tua mano, e mi terrà la tua destra (Sal.138, 7-11). Credi forse che io sia solo Dio da vicino - dice il Signore - e non Dio da lontano? ... Forse che io non riempio il cielo e la terra? - dice il Signore (Gn.23, 23-24).  

«Sappiamo che Dio è presente ovunque, sente e vede tutto, e penetra con la pienezza della sua maestà anche nelle cose nascoste e occulte «(S. CIPR., De orat. 4). «Riempie tutto e non è mai confuso, penetra tutto e non è mai penetrato, è presente tutto ovunque e nello stesso tempo è sia in cielo, sia in terra, sia nel più lontano mare» (SANT'AMBROGIO, De fide, I, 16, 106).  

Dio è presente in tutte le cose, ma in modo speciale, più intimo e più reale è presente con la sua potenza, con la grazia e l'amore nelle anime dei giusti: Chi mi ama osserverà  la mia parola e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e presso di lui staremo (Gv.14, 23).  

 In modo specialissimo e del tutto misterioso la divinità del Verbo è presente nella umanità sacratissima di Gesù Cristo, nel quale abita corporalmente ogni pienezza della divinità (Col 2, 9).  


 Riflessione. - Se pensassimo più spesso alla immensità di Pio e vivessimo alla sua presenza, la nostra santificazione, mediante il compimento perfetto della divina volontà, non sarebbe affatto impossibile, e nemmeno difficile.

  

 ESEMPI. - 1. Giuseppe l'Ebreo. - Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto schiavo dai fratelli e condotto in Egitto, viveva in casa di Putifar, ufficiale del Faraone. La moglie del padrone tese insidie alla onestà del giovane, che le rispose: Come posso fare male e peccare davanti, al mio Dio? Tentato altre volte, fuggì da lei e si lasciò accusare dalla perfida donna presso il padrone e condannare alla prigione piuttosto che offendere la presenza di Dio, al quale ogni peccato, per quanto occulto agli uomini, è sempre manifesto, perché Egli è in ogni luogo e tutto vede (Gn.39).  

2. Susanna. - L'onestissima Susanna fu sorpresa da sola nel suo giardino da due vecchi pieni di passioni, che tentarono di indurla al peccato e minacciarono di accusarla come adultera e farla condannare a morte, se non avesse acconsentito ai loro innominabili desideri. Susanna disse piangendo: Da ogni parte mi trovo oppressa: se faccio questo Per me è morte, se non lo faccio non potrò scampare dalle vostre mani. Ma per me è meglio cadere nelle vostre mani, senza aver fatto il male, che peccare nel cospetto del Signore. Falsamente accusata dai due miserabili, Susanna già stava per essere condotta a morte, quando, ispirato da Dio, intervenne Daniele, il profeta del Signore, e la salvò smascherando il laido intrigo dei due vecchi ributtanti (Dn.13).  

 3. Alessandro Manzoni raccontava ... - Manzoni da vecchio si compiaceva assai nel raccontare il seguente episodio: Ancora fanciullo si trovò solo per alcuni momenti nel convento dei Cappuccini di Pescarenico, non poté trattenersi dall'andare a dare uno sguardo alla stanza della frutta. Vi erano mele bellissime ... La tentazione era troppo forte per resistere: allungò subito la mano., ma in quel mentre gli occhi suoi si incontrarono nella scritta: «Dio mi vede». «Quella scritta mi mise addosso tanto improvviso sgomento, che fuggii a gambe levate e fui per quella esperienza liberato per sempre dalla tentazione di allungare le mani».

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

giovedì 17 agosto 2023

DIO HA CORPO COME NOI? Dio non ha corpo, ma è purissimo spirito.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Gesù rivelò alla donna Samaritana che Dio è spirito e che per questo la vera adorazione è quella che gli si dà in spirito e verità (cfr. Gv.4, 5-11; 16-25).  

 I. Dio non ha corpo. - La statura dell'uomo è compresa tra un metro e cinquanta e un metro e novanta. Quelli che sono inferiori a questa statura normale, sono pochi, e sono  chiamati nani; quelli che la superano sono altrettanto pochi. Nessun uomo, per quanto si sappia, raggiunge i cinque metri di statura. Ciò vuol dire che il corpo dell'uomo è limitato, come è limitato tutto ciò che si può misurare, e tutto ciò che è materiale.  

 Dio invece (come più diffusamente si dirà parlando dell'immensità divina) non può essere misurato, perché è infinito nella sua grandezza e nelle perfezioni. Perciò non può né avere, né tanto meno essere un corpo. 

Siccome tutti i corpi sono percettibili dai sensi dell'uomo, se Dio fosse un corpo si dovrebbe poter vedere. e sentire (come si sente il vento, il caldo, il freddo) e gustare e toccare.  

 II. ... ma è purissimo spirito. - Dio non è un corpo e non ha corpo: è dunque uno spirito. Infatti è spirito tutto ciò che esiste e non è corpo. Lo spirito non è materiale, è intelligente e pensa e vuole e agisce.  

Lo spirito può essere unito a un corpo, come l'anima umana, o può esistere come intelligenza attiva separata dalla materia, come gli angeli. L'angelo però non è intelligenza infinita e potenza senza limiti. È un puro spirito, ma non è infinito; è stato creato da Dio e non è immenso. È uno spirito puro perché libero dalla materia, ma è finito.  

 Dio invece è infinito, libero da qualsiasi limite di materia e di potenza e di essere: è uno spirito purissimo, cioè solo atto, solo vita, solo bellezza, solo perfezione e quindi perfettissimo. In Lui si assommano tutte le perfezioni, in grado sommo.  

Se Dio è purissimo spirito, senza corpo, perché allora diciamo che la mano di Dio ci guida, che il suo occhio vigila sopra di noi, che il suo cuore ci ama? Perché i pittori rappresentano il Padre eterno come un vecchio venerando con la  barba antica, e lo Spirito Santo in forma di colomba?  

Questo linguaggio e queste raffigurazioni tentano in qualche modo di far Dio, presente al nostro pensiero e alla nostra immaginazione, servendosi di simboli, senza avere la pretesa di darci la vera immagine di Dio. Noi sappiamo benissimo che lo spirito non può essere rappresentato con mezzi materiali.  

Se Dio è purissimo spirito, ne consegue che è semplicissimo, perché solo i corpi sono, composti di parti. Il nostro corpo è infatti composto del capo, del tronco e delle estremità. Il capo a sua volta comprende diverse parti, come il cranio, la faccia... La faccia poi comprende gli occhi, la bocca, le guance... Tutto quello che è composto di parti si può accrescere e si può diminuire, può mutare da uno stato a un altro. Dio, invece, è immutabile perché infinito e perciò perfettissimo e semplicissimo.  

Il Concilio Vaticano ci dice che Dio è «sostanza spirituale» (Dz.1782), basandosi sulla parola di Gesù C.: «Dio è spirito» (Gv.4, 24). «Non si deve credere che Dio abbia un corpo o sia un corpo, ma è una natura intellettuale semplice» (ORIGENE, De Princip. I, I, 6). 


 Riflessione . - Gesù Cristo dice: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,48). Questo comporta innanzitutto che facciamo servire il corpo all'anima, cercando di distaccarci il più possibile dalla materialità cui ci trascina la nostra natura corrotta. Il corpo deve servire all'anima, non l'anima al corpo.  

 ESEMPI. - 1. Dio non ha corpo: analogie. - Un fanciullo domandava al suo catechista: «Se Dio non ha corpo, né mani come noi, come può operare nel mondo esteriore?» E il catechista: «Dio e gli Angeli possono comunicare con il mondo materiale senza l'aiuto dei sensi. Ecco un fatto che può dare un'idea del modo di agire degli esseri spirituali: il vento, che ti spinge qualche volta, quando cammini, ha forse le braccia? ... Il calore che  ti fa indietreggiare quando ti avvicini al fuoco, ha forse le mani per spingerti indietro? ... Così è Dio; noi viviamo in Lui e non lo vediamo, non Io tocchiamo, non lo sentiamo». Questi paragoni non spiegano perfettamente l'immaterialità di Dio, ma possono darcene un'idea, sia pure imperfetta e approssimativa. 


2. Il discorso di S. Paolo all'Areopago di Atene (At 17, 22-30).  


Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

giovedì 3 agosto 2023

CHE SIGNIFICA SIGNORE? Signore significa che Dio è padrone assoluto di tutte le cose.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X


Il vento e il mare obbediscono al comando di Gesù Cristo, perché Egli è il Signore e il padrone di tutte le cose (cfr. Mt 8, 23-27).  

 I. Che cosa significa Signore. - La parola «signore» significa «padrone». Padrone, secondo San Tommaso (C. C. III, 120) è colui che comanda e che non riceve ordini da nessuno. L'artigiano e l'artista sono padroni delle opere delle loro mani. Dio, che ha creato tutto, è padrone di ogni cosa. Che cosa può sottrarsi al dominio e alla sovranità di Dio? Non è soggetto a Lui soltanto ciò che non è opera delle sue mani. Ma dov'è quell'essere che può dire a Dio: «Io non sono opera tua?» Dio è il creatore di tutte le cose: perciò è anche il padrone o signore di tutto.  

 II. Dio è Signore assoluto di tutte le cose. - Dio è signore assoluto di tutte le cose, perché tutte le ha create, tutte le conserva nel loro essere, e senza la sua provvidenza conservatrice, nessuna cosa, potrebbe continuare ad esistere.  

 Avendo creato tutte te cose e conservandole nel loro essere, Dio è di tutte e di ciascuna il signore supremo e assoluto. Questo è il dominio di proprietà. Ma se Dio è padrone di tutte le cose, e ne è signore per diritto di proprietà, Egli ha anche il diritto di governarle con la sua Provvidenza, dirigendole, come di fatto le dirige, al fine per il quale le ha create. Egli è quindi padrone o signore per diritto di giurisdizione.  

 Il Concilio Vaticano afferma che Dio è Signore del cielo e della terra (Sess. 3, c. 1; Dz.1782) e la Sacra Scrittura,  ad ogni pagina, attesta che Dio è il padrone assoluto e il Signore di tutte le cose. Tuoi sono i cieli - e tua è la terra; tu hai fondato il mondo e la sua grandezza (Sal.88,12). Dio è Re dei re, e dominatore dei dominanti (1Tm 6,15).  

 Riflessione. - Se Dio è padrone e Signore, noi siamo i suoi servi, e, per servirLo, dobbiamo dipendere dalla sua volontà, osservando la sua legge, che è compendiata nei dieci Comandamenti.  

 ESEMPI. - 1. Branks. - Il grande viaggiatore ed esploratore Branks fu un giorno interrogato dal re d’Inghilterra: - Che cosa avete visto di più bello nei vostri lunghi viaggi e nelle vostre scoperte?  

- Il Padrone dell'universo, Sire!  

 2. S. Canuto e gli adulatori. - San Canuto, re di Danimarca, era nauseato delle smaccate adulazioni dei cortigiani. Un giorno era sulla spiaggia del mare e le onde si spingevano fino a lambirgli i piedi. Allungando la mano con gesto imperioso comandò: «Onde del mare, vi comando di ritirarvi!» Ma le onde continuarono a spingersi ai suoi piedi, bagnandoglieli. «Vedete? - disse allora il Santo re rivolto ai suoi cortigiani - vedete tutta la grande e illimitata potenza che mi attribuite? Non può nemmeno farsi obbedire da una piccola onda del mare! Dio solo è veramente potente, perché è il Signore di tutte le cose, e tutte obbediscono al suo cenno onnipotente». 

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P. 

domenica 30 luglio 2023

CHE SIGNIFICA CREATORE? Creatore significa che Dio ha fatto dal nulla tutte le cose.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


CHE SIGNIFICA CREATORE?  

 Creatore significa che Dio ha fatto dal nulla tutte le cose. 


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> In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso, e io Spirito di Dio si librava sopra le acque (Gn.1, 1-2).  

 L'eroica madre dei sette fratelli Maccabei, dopo che tutti gli altri figli erano stati uccisi dal tiranno Antioco, così esortava il figlio più piccolo, perché non si lasciasse impaurire dalla minaccia di una morte crudele, ma restasse fedele alla legge di Dio, che il re tentava di fargli rinnegare: Figlio mio, abbi pietà di me. Ti prego, figlio, di guardare il cielo e la terra e tutto quello che  è in essi, e comprendi che dal nulla le fece il Signore e anche l'umana stirpe (2Mcc 7, 27-29).  

 I. Dio solo può creare. - Creare significa trarre qualcosa dal nulla, con nulla fare qualcosa. Ora dal nulla all'essere vi è una distanza infinita, che la potenza di nessuna creatura (e nemmeno la potenza di tutte le creature assieme) può colmare. L'uomo infatti può fare molte cose, ma non può creare. Per fare qualcosa di nuovo, l'uomo ha bisogno di qualcosa: i muratori non creano la chiesa, ma hanno bisogno di calce, mattoni; pietre, legname... Se tutti gli uomini e tutti gli angeli faticassero tutta l'eternità per creare, non riuscirebbero nemmeno a creare un microscopico granellino di sabbia. Per creare dal nulla e con il nulla fare qualcosa, si richiede una potenza infinita, che supera il potere di tutte le creature assieme, le quali, appunto perché creature, possiedono un potere limitato.  

 II. Dio ha creato dal nulla tutte le cose, e perciò è Creatore. - Il mondo esiste (non occorre dimostrarlo) e non può essere stato creato da un essere finito.  

1) Il mondo ha avuto principio.  

 a) Non può essere eterno perché non esiste necessariamente. - Dire che il mondo è sempre stato e non è stato creato è una sciocchezza senza senso. Se fosse eterno non potrebbe non esistere.  

Il mondo continuerebbe ad esserci anche se davanti alla chiesa non ci fosse il piazzale; anche se cadessero i campanili di tutte le chiese; anche se scomparisse il Monte Bianco, se si sprofondasse l'America, se ci fosse qualche decina dii stelle che si spegnessero. Ora, se le singole parti del mondo possono anche non esistere, tutto il mondo assieme può anche non esistere. Perciò il mondo non è eterno.   

 b) Il mondo ha avuto principio perché è mutevole. - Oggi il cielo è sereno e ieri era nuvoloso. Vuol dire che è finito il nuvolo e che è cominciata la serenità. Nel mondo tutto cambia, dal piccolissimo insetto che ha una vita di poche ore, ai monti giganteschi. Dove ora sono le catene montuose un tempo lontano vi erano dei vulcani, o il mare. Dove ora impera il mare che tutto sommerge, un tempo vi erano catene di monti altissimi, praterie sconfinate e pianeggianti, verdi e fiorite. Nel mondo tutto è soggetto al movimento, cioè al cambiamento. Invece quello che è eterno è necessariamente immutabile.  

 c) Il mondo ha avuto principio, perché è limitato - Ciò che è eterno in quanto al principio e in quanto alla fine, deve essere senza limiti. Invece il mondo è assai limitato. Chi infatti oserebbe asserire che il numero delle stelle sia il più grande possibile e che la loro luminosità sia somma, in modo che non possano risplendere maggiormente? Se il mondo non è infinito, non è eterno, e se non è eterno ha avuto un principio.  

 2) Il mondo non si è fatto da sé, né può essere opera del caso. L'universo, che deve avere avuto un principio, si è forse fatto da sé? Ma come può essersi fatto prima ancora di essere? Per fare qualcosa bisogna prima esistere!  

Allora il mondo è opera del caso? Il caso è confusione; nel mondo invece tutto è regolato da leggi, tutto ha un ordine, che è frutto d'intelligenza. Dove è quel paese fortunato dove i fanciulli, tornati da scuola, non buttano alla rinfusa i libri e i quaderni e il calamaio e la penna e la matita sul tavolo e poi vanno a giocare? Fin qui tutto il mondo è paese! Ma dove è quell'altro paese fortunato dove lo studentello che ha gettato alla rinfusa i libri e gli oggetti di scuola ed è andato a giocare per varie ore, tornando a casa trova il compito fatto e corretto dal caso?  

 3) L'universo è tutto opera di Dio. Se il mondo ebbe un principio, e se questo principio non se lo diede da se stesso e non lo ebbe dal caso, bisogna ammettere che il mondo fu creato da Dio, come ci insegnano la parola rivelata della Sacra Scrittura e la Chiesa Cattolica.  

 Dio, con un atto della sua volontà onnipotente, trasse dal nulla tutte le cose e a tutte diede il loro essere, la loro bontà e la loro bellezza. Noi diciamo nel Credo: «Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra» (cioè di tutte le cose), Il Concilio Lateranense quarto (1215) ha definito che «uno solo è il vero Dio ... creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e corporali; il quale, con la sua onnipotente virtù, assieme al principio del tempo fece le creature dell'una e dell'altro ordine, cioè spirituale e corporale, angelico e mondano». E il Concilio Vaticano: «Il mondo e tutte le cose che sono contenute in esso, spirituali e materiali, furono da Dio prodotte dal nulla, secondo tutta la loro sostanza» (Can. 5).  


 Riflessione. - Noi dobbiamo conoscere, amare e servire Colui che ci ha creati, che ha pienissimo diritto alla nostra adorazione, alla nostra obbedienza e al nostro servizio.  

 ESEMPIO. - Un detto di Edison. - Il grande scienziato Edison era salito sulla cima della nuovissima torre Eiffel al tempo dell'Esposizione parigina del 1889. Nello scrivere il suo nome sul «libro d'oro», destinato a raccogliere le firme degli uomini più celebri che visitavano l'Esposizione e salivano sull’altissima torre. Edison fece precedere il suo nome da una considerazione e che volle egli stesso leggere ad alta voce, perché fosse monito agli increduli: «Al coraggioso costruttore di un modello sì gigantesco e cosi originale dell'arte dell'ingegneria moderna, un uomo che ha il più grande rispetto e la più grande ammirazione per tutti gli ingegneri, compreso il più grande di tutti, il buon Dio».  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.