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10. La visione di satana forma il tormento dell'inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Ritorna qui - soprattutto nella visione della Emmerick - il confronto col cielo: i beati sono felici nella visione di Dio che è la fonte e la radice di tutti i loro beni; i dannati sono tormentati incredibilmente nella loro visione del loro massimo nemico e artefice in parte della loro dannazione. 11. L'inferno è il luogo della giustizia: "Mira e guarda bene questo luogo - dice il Signore a S. Veronica Giuliani - che non avrà mai fine. Lì sta per tormento la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno". E tuttavia, anche nell’inferno, secondo S. Caterina da Genova, splende in qualche modo la misericordia di Dio, perché: "La pena dei dannati non è già infinita in quantità, imperciocché la dolce bontà di Dio spande il raggio della sua misericordia anche nell'inferno. Perché l'uomo morto in peccato mortale, merita pena infinita, e tempo infinito di essa pena. Ma la misericordia di Dio ha fatto solo il tempo della pena infinito, e la pena terminata in quantità: imperciocché giustamente gli avrebbe potuto dar molto maggior pena che non gli ha dato. Oh quanto è pericoloso il peccato fatto con malizia! Perché l'uomo con difficoltà se ne pente, e non pentendosi esso, sempre sta la colpa, la quale tanto persevera, quanto l'uomo sta nella volontà del peccato commesso, o di commetterlo" (n.9). 12. L'inferno è eterno soprattutto perché nessun dannato chiederà mai perdono a Dio. La Madonna dice ai veggenti di Medjugorje: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere (siamo noi a sottolineare) ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre!". L'inferno è una scelta libera dei dannati. Ancora la Madonna di Medjugorie dice ai veggenti: "Dio ha donato a ciascuno la libertà. Sulla terra ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio, contro la sua volontà, pienamente consapevoli: cominciano così l'inferno nel loro cuore; quando viene il momento della morte, se non si pentono, è lo stesso inferno che continua". 13. I dannati, appena morti, si precipitano da se stessi nell' inferno, vi si gettano come se desiderassero sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. Anche qui si trova riscontro in S. Caterina da Genova che così scrive: "Siccome lo spirito netto e purificato non trova luogo, eccetto Dio, per suo riposo, per essere stato a questo fine creato, così l'anima in peccato non ha altro luogo se non l'inferno, avendole ordinato Dio quel luogo per fin suo. Però, in quell'istante che lo spirito vien separato dal corpo, l'anima va all'ordinato luogo suo senz'altra guida, eccetto quella che ha la natura del peccato; partendosi però l'anima dal corpo in peccato mortale. E se l'anima non trovasse in quel punto quella ordinazione, procedente dalla giustizia di Dio, rimarrebbe in maggiore inferno che non è quello, per ritrovarsi fuori di essa ordinazione, la quale partecipa della divina misericordia, perché non dà all'anime condannate tanta pena, quanta esse meritano. Perciò, non trovando luogo più conveniente, né di minor male per loro, spinte dall'ordinazione di Dio, vi si gettan dentro, come nel suo proprio luogo" (n.12). Di fronte alla luce possente di Dio e alla sua Maestà il dannato si vede tanto abietto e miserabile da non poterne assolutamente sopportare la vista e la presenza, e perciò fugge, si inabissa. Succede un po' la stessa cosa tra gli uomini. Chi, invitato a un gran banchetto, si accorgesse all'ultimo momento di aver la faccia sporca, scapperebbe via dalla vergogna. Si potrebbe dire, quindi, che non è Dio prima di tutto a scacciare il dannato, ma lui stesso: "Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?" (2 Cor 6,14). Tenebra e luce, deformità e santità, disordine e ordine perfettissimo non possono coesistere o convivere. Il dannato fugge dalla vista di Dio e poi lo odia pure. Demoni e dannati, tutti si scagliano contro di Lui, odiandolo e maledicendolo. "La montagna viva - afferma tra gli altri S. Veronica Giuliani - era un clamore di maledizioni orribili ". Un odio spaventoso, inestinguibile e senza ragione. Il dannato mai potrà accusare Dio di essere Lui, sia pure in qualche modo, la causa della sua dannazione. L'odio allora si spiega perché strutturalmente la luce non è la tenebra, e la grazia non è il peccato. L'una nega l'altro, l'una si oppone radicalmente all'altro. Ma i dannati non possono non odiare e non maledire chi è in uno stato felice del tutto opposto al loro. Da aggiungere pure che il dannato si sente condannato e svergognato anche dalla semplice presenza di Dio, anche senza parlare. Così come un'anima santa, pur senza dire niente, accusa e condanna i cattivi. 14. I demoni dispensano pene e sofferenze inaudite nel loro odio .... Incapaci ormai di poter amare, essi non hanno altra gioia - se di gioia si può parlare - che di far soffrire al massimo tutti gli altri. Per lo più si rischia di andare all'inferno perché si vuol fare quello che si vuole, si pecca, si trasgredisce la legge con l'illusione di essere liberi e non esseri sottomessi a nessuno. Tragica illusione, l'uomo non può essere assolutamente libero. O se si è schiavi della giustizia, schiavitù che in effetti è splendida affermazione di vita e di dominio di sé e quindi di vera libertà; o si è schiavi dell'empietà che è vera e tremenda schiavitù che porta alla morte: "Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia?" (Rom 6,16). "E’ sempre accaduto secondo l'eterna e giusta legge di Dio che chi non ha voluto essere governato secondo dolcezza, si governa da sé quasi come castigo, e chi di propria volontà ha respinto il giogo soave e il lieve peso della carità, ha dovuto reggere di mala voglia il peso insopportabile della propria volontà. Perciò con un criterio mirabile e giusto la legge eterna ha messo in posizione contraria a sé ed ha conservato sottoposto a sé chi l'aveva fuggita, dato che egli non ha potuto sottrarsi per le sue colpe alla severità della giustizia e, soggetto al suo potere, ma escluso dalla felicità, non è riuscito a rimanere a Dio nella sua luce, nella sua pace, nella sua gloria". E Dio fa di tutto perché le anime siano preservate da sì spaventosa sorte. Ci sono mille argomenti che provano come il Signore ricorra a tutti i mezzi per salvare gli uomini. Egli li vuole salvi e felici con Lui. Per questo egli insiste, spinge, esorta, corregge, spaventa affinché l'anima capisca ed operi secondo il suo vero vantaggio spirituale. Di questa volontà salvifica di Dio è prova anche questa stessa molteplicità di visioni. Ma, in proposito ascoltiamo anche un messaggio dato a Suor Menendez. Il 10 giugno del 1923 le apparve Gesù: aveva una bellezza celestiale improntata a sovrana maestà. La sua potenza si manifestava nel tono della voce. Queste le sue parole: "Josepha, scrivi per le anime". Voglio che il mondo conosca il mio Cuore. Voglio che gli uomini conoscano il mio amore. Lo sanno ciò che ho fatto per loro? Gli uomini cercano la felicità lontano da me, ma inutilmente: non la troveranno. A Suor Benigna Consolata Ferrero, Gesù confiderà un giorno, dopo averle mostrato l'inferno: "Vedi, Benigna, quel fuoco!... Sopra a quell'abisso io ho steso, come un reticolato, i figli della mia misericordia, perché le anime non vi cadano dentro. Quelle però che si vogliono dannare, vanno lì per aprire con le proprie mani quei fili e cadere dentro e una volta che vi sono dentro neppure la mia bontà le può salvare. Queste anime sono inseguite dalla mia misericordia molto più di quanto sia inseguito un malfattore dalla polizia, ma esse sfuggono alla mia misericordia". Sr Faustina dice: "Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato".
Padre Antonio Maria Di Monda
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