giovedì 15 giugno 2023

"Non c'è amore più grande che dare la propria vita per quelli che amiamo".

 


13 giugno 1946, S. Antonio da Padova

Gesù ha supplicato invano suo Padre di allontanare da Lui il calice amaro che lo attende. E suo Padre non l'ha ascoltato.  Tutt'al più lo ha fortificato  contro il dolore.  Questo dolore, l'esame medico  del Santo Sudario lo rivela, ha dovuto essere fuori  da ogni misura.  Dio ha dunque voluto che il suo  Figlio amato, nel quale aveva messo tutte le sue  compiacenze, fosse, più degli altri, immerso nella  sofferenza.  Cosa significa? se non che la sofferenza è necessaria per riparare il peccato; e che  Dio la riserva a quelli che ama di più. 

Certo, vi sono due tipi di persone che soffrono gli  stessi dolori: c'è il buon ladrone e quello cattivo.   Il dolore è dunque la parte universale dopo la caduta.  E vi sono due maniere di soffrire, l'una, che  non serve a niente per chi la patisce, che anzi aggrava il suo caso per la rivolta; l'altra, che aggiunge all'espiazione personale, quando ha luogo, la riparazione effettiva, la ricostruzione morale, l'elevazione spirituale. Questa si ispira  allo spirito di giustizia, di umiltà, di fiducia, di amor di Dio; essa unisce il paziente al  suo Salvatore, ne fa non più un buon ladrone soltanto, ma un altro Cristo; eleva l'uomo,  lo soprannaturalizza e gli insegna a dominare la natura, gli fa trovare nella sofferenza  delle consolazioni, delle dolcezze, delle compensazioni, delle certezze, della gioia anche.  Veramente essa porta l'uomo al massimo grado di ascesa morale che può raggiungere la sua natura; lo prepara, purificandolo, a unirsi alla natura stessa di Dio.  

Per quanto sia opposto alle aspirazioni naturali dell'uomo che non era stato creato per  soffrire, il dolore è il suo più grande bene; è un invenzione dell'Amore Divino per riconciliare il peccatore con la Giustizia divina.  E questa invenzione, Dio avrebbe potuto  limitarsi ad applicarcela giustamente; ma ha voluto farne Lui stesso l'esperienza, Lui,  l'offeso: ha voluto che essa prendesse in Lui tutto il suo valore e il suo profondo significato oltre che la sua totale efficacia.  Così Gesù ha potuto dire: "Non c'è amore più grande che dare la propria vita per quelli che amiamo". Dio non poteva farlo prima. L'Autore della Vita si è sottomesso alla morte per strappare il colpevole alla morte. Avrebbe potuto riprendere alla  base il piano dell'Incarnazione con una nuova creazione rigettando tutta l'umanità colpevole per l'eternità.  Ha preferito, il Medico Divino, guarire che punire.  Ha preso su di  sé le nostre infermità.  Aveva deciso di unirsi all'umanità; non rinnega il suo pensiero;  anche colpevole, prende la sua creatura.  Di quali slanci d'amore umile, riconoscente,  devoto, assoluto non gli è essa debitrice!  Come si comprende la predilezione di Gesù  per le vere Maddalene, piuttosto che per i giusti che non credono di aver bisogno di penitenza!  Maddalena, dacci il tuo cuore per Gesù. 

meditazioni, ritrovate tra i suoi scritti Fernand Crombette 

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