mercoledì 10 febbraio 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Un altro fatto assai impressionante si legge nelle cronache  domenicane a proposito del fuoco del Purgatorio (v.  Ferdinando di Castiglia, Storia di S. Domenico, 2a parte, libro  I, cap. a3). A Zamora, città del regno di Leon in Spagna, viveva  in un convento di Domenicani un buon religioso, legato in  santa amicizia ad un Francescano, uomo anch'egli di esimia  virtù. Un giorno in cui i due frati s'intrattenevano fra loro di  cose spirituali, si promisero scambievolmente che il primo che  fosse morto sarebbe apparso all'altro, se cosa Dio fosse  piaciuto, per informarlo della sarte toccatagli nell'altro mondo.  Morì per primo il Francescano e, fedele alla sua promessa,  apparve un giorno al religioso Domenicano mentre stava  preparando il refettorio, e dopo averlo salutato con  straordinaria benevolenza, gli disse di essere bensì salvo, ma  che gli rimaneva ancora molto da soffrire per una infinità di  piccoli falli, dei quali non si era emendato durante la vita. Poi  soggiunse: - Niente v'è sulla terra che possa dare un'idea delle  mie pene. - E perché l'amico ne avesse una prova, il defunto  stese la destra sulla tavola del refettorio, dove l'impronta rimase  così profonda, quasi vi avessero applicato sopra un ferro  rovente. Quella tavola si conservò a Zamora fino al termine del  ‘700, epoca nella quale le rivoluzioni politiche la fecero sparire  insieme con tanti altri ricordi di pietà dei quali abbondava  l'Europa.

«Usque ad novissimum quadrantem!»

Ma forse, dirà qualcuno, supplizi così atroci saranno riservati ai grandi peccatori o a coloro che avendo accumulato quaggiù in  terra colpe su colpe, si convertono solo in punto di morte senza  far penitenza dei loro falli. Purtroppo non è così: i fatti sopra  narrati e quelli che stiamo per raccontare dimostrano proprio il  contrario, che saranno cioè puniti anche i falli leggeri, anche le  mancanze che crediamo trascurabili e nelle quali cadiamo tanto  spesso e tanto volentieri, illudendoci di non doverne pagare poi  pena alcuna nell'altra vita.

Sac. Luigi Carnino,

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