venerdì 15 maggio 2020

PIO IX



L'ultimo atto della tragedia

La violenta reazione della piazza romana e il giudizio apertamente negativo dei collaboratori più stretti come Corboli-Bussi nei confronti dell'allocuzione del 29 aprile, colpì dolorosamente Pio IX. Per riappacificare gli animi, il 1° maggio, il Pontefice pubblicò un proclama che, come scrive Pelczar, «può dirsi un vero gemito d'un cuore profondamente ferito» 88. Dopo aver ricordato con quanto affanno si era prodigato per esaudire le richieste del popolo, il Papa diceva: «E sarà questo il compenso che si aspettava un pontefice romano ai moltiplicati tratti dell'amor suo verso il popolo? Popule meus, quid feci tibi89.

Le parole accorate del Papa non commossero i rivoluzionari, che insistettero nella loro pretesa di avere un loro ministero, capeggiato dal conte Terenzio Mamiani 90. Il 4 maggio il Papa cedette; ma, prevedendo l'aggravarsi della situazione, domandò fin da allora asilo al governo di Napoli se fosse stato costretto ad abbandonare Roma.

Il governo appena formato non nascose il suo proposito di spingere lo Stato Pontificio alla guerra, alla quale il Papa si opponeva. A dar man forte al governo giunse Gioberti, rientrato in Italia dall'esilio il 29 aprile e quindi eletto deputato piemontese 91. Il 24 maggio l'abate è a Roma: visita tre volte Pio IX e lo esorta addirittura ad andare a Milano per incoronare Carlo Alberto con la Corona di Ferro 92. In agosto il sacerdote torinese riesce ad assumere la presidenza del Consiglio e a governare il Piemonte fino ai primi mesi del 1849, spingendolo verso la guerra. Il 3 agosto, a Torino, l'abate Rosmini è invitato a partecipare a una seduta del Consiglio dei Ministri in cui Gioberti e gli altri ministri premono perché egli si rechi a Roma «per eccitare il Papa alla guerra» 93. Rosmini declina questo incarico, ma accetta la missione di concordare una Lega fra il Papa e gli Stati italiani. Giunto a Roma il 15 agosto, con l'accordo del Pontefice, elabora assieme a mons. Corboli­Bussi il progetto di una Lega Politica che avrebbe dovuto nascere dall'accordo doganale concluso tra lo Stato Pontificio, la Sardegna e la Toscana.

I contrasti col Papa spingono Mamiani alle dimissioni. I governi si succedono rapidamente come i segretari di Stato 94. Mamiani è sostituito dal conte Edoardo Fabbri e quindi, su suggerimento di Rosmini, dal conte Pellegrino Rossi 95. Come Mamiani e Fabbri, anche Rossi è un antico cospiratore, elevato agli onori di ambasciatore e Pari di Francia 96. Nell'autunno di quel tempestoso 1848 egli compie l'ultimo disperato tentativo di salvare la "via cattolica" alla Rivoluzione. La sua morte viene però decretata dalle società segrete come quella di un traditore.

La mattina del 15 novembre i deputati arrivano alla spicciolata alla Cancelleria. Pellegrino Rossi che si reca a pronunciare alla Camera il suo discorso programmatico, appena sceso di carrozza è circondato dalla folla e scannato con un colpo di pugnale all'aorta 97. Fu detto che il colpo fosse stato insegnato al suo uccisore, Luigi Brunetti, figlio di Ciceruacchio, in una sala anatomica dell'ospedale di San Giacomo 98. «Quest'uomo che un tempo era stato coinvolto nelle cospirazioni - scrisse Veuillot - amava veramente l'Italia. Comprendendo finalmente che la causa della libertà italiana era la causa stessa del Papato, ebbe la fortuna di perdere la sua vita per la verità, che a lungo egli aveva misconosciuto. L'assassino lo colpì sulla soglia del senato rivoluzionario, sotto gli occhi di duecento miserabili pretesi rappresentanti del popolo romano, gli uni complici, gli altri atterriti. Nessuno di quei vigliacchi si levò a scuotersi di dosso il sangue che cadeva sopra di loro» 99.

Durante la notte i facinorosi portano in trionfo, allume delle torce, il pugnale omicida, inneggiando a "Bruto secondo" e gridando davanti al palazzo dove piangono la vedova e i figli dell'ucciso: «Benedetta quella mano che il Rossi pugnalò» 100. Pietro Sterbini, mandante dell'assassinio, riunisce la sera del 15 novembre il "Club popolare" per stabilire il piano ulteriore della Rivoluzione. Viene deciso di organizzare, per il giorno seguente, una grande manifestazione per costringere il Papa ad esaudire i "voti del popolo" oppure a proclamare la Repubblica. La città è in preda all'anarchia, ma nessuno ha il coraggio di reagire apertamente. «Purtroppo - osserva Pelczar - si vide allora che i conservatori mancano per lo più di ardimento e son più disposti a soffrire che ad agire» 101.

Il 16 novembre una folla di alcune migliaia di persone, a cui si sono mescolati carabinieri pontifici e soldati della Guardia Civica, muove da Piazza del Popolo verso il Quirinale, capeggiata dallo Sterbini e dal principe di Canino che, brandendo la spada, va gridando: «Tenete duro, giovanotti, oggi è l'ultimo giorno dei preti» 102. Al grido di «Abbasso Pio IX! Viva la Repubblica!» la folla tumultuante giunge davanti al Quirinale, aprendo il fuoco sul cortile e sulle finestre. Mons. Palma, uno dei segretari del Papa, mentre si accosta ad una finestra cade mortalmente ferito alla testa. I dimostranti trascinano due cannoni con l'intenzione di sfondare il portone ed irrompere nel palazzo. In difesa di Pio IX, mestamente calmo, sono solo una settantina di Guardie Svizzere, circa venti carabinieri e sei ufficiali della Guardia Nobile. Ad essi si aggiungono però quasi tutti gli ambasciatori stranieri presenti a Roma (ma non i rappresentanti degli Stati italiani), decisi a far scudo al Papa con il loro corpo. Quando la deputazione del popolo giunge davanti al Pontefice, minacciandolo di morte se egli non avesse ceduto alle loro richieste, l'ambasciatore spagnolo Martinez de la Rosa, esclama indignato: «Signori, dite ai capi della sommossa che se vogliono eseguire i loro infami progetti, non giungeranno al Papa senza passare sul mio cadavere; ma gliene incoglierà male, che la vendetta della Spagna sarà tremenda» 103.

Pio IX, per evitare lo spargimento di sangue, cede alla richiesta di costituire un governo provvisorio, ma aggiunge solennemente rivolto agli ambasciatori: «Sappiano lor signori e sappia l'Europa e il mondo che io non prendo nemmeno di nome parte alcuna agli atti del nuovo governo, al quale mi considero assolutamente estraneo» 104.

Il 16 novembre fu insediato dunque il nuovo ministero rivoluzionario, presieduto dall'avvocato Galletti. Esso pubblicò immediatamente il suo programma in cui, fingendo di agire di accordo con il Papa, annunciava la convocazione di una Costituente per deliberare la Federazione Italiana. Il 18 novembre sul cielo di Roma apparve un'aurora boreale dal colorito rosso sanguigno. La turba che percorreva la città gridava che «anche il cielo di Roma è vestito di sangue e sangue chiede dei traditori della patria» 105

Roberto De Mattei

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