Profezie Allegoriche e miste
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Dice che non stiano a confidare nella protezione del
Tempio di Dio, perchè egli distruggerà anche questo
quando sarà profanato; ma che la distruzione del Tempio porterà seco quella della città e di tutto il popolo. Tanta sarà la strage, che non vi sarà chi sepelisca i cadaveri, e questi saranno divorati dagli augelli rapaci e dalle fiere. Farà cessare per tutte le città, ma singolarmente nella Santa, ogni canto di letizia
e di gioia, e i dolci nomi di sposo e di sposa (1).
Aggiunge che in quel tempo si profaneranno i sepolcri, e le ceneri saranno sparse ai venti, e tanti saranno e tali i flagelli, che quelli che resteranno vivi invidieranno ai morti ; tra i quali annovera quello
della deficienza e dell' infermità delle viti (2).
Quindi con bella, ma terribile poesia apostrofa le donne, e grida. Ascoltate dunque, o donne, la parola di Dio, ascolti il vostro orecchio il comando della mia bocca. – In
segnate alle vostre figlie il lamento e il pianto ; perocchè è ascesa la morte per le nostre finestre ed è
entrata nelle nostre case, a disperdere i fanciulli di fuori, e i giovani dalle piazze. – Parla, o profeta, queste cose dice il Signore. Cadranno i cadaveri, come
letame, per tutta la Nazione, come il fieno di dietro a falciatori, e non vi sarà chi li raccolga. Queste
cose dice il Signore: Non insuperbisca il dotto della
sua dottrina, il forte della sua fortezza, il ricco del
le sue ricchezze (3). Ma quanto è terribile là dove
dice, che quando grideranno a lui, egli non li esaudirà più, e quando digiuneranno non li ascolterà, e
quello che è peggio ancora, che vieta ai Santi di pregare per questo popolo abbandonato ! (4). Ma tralasciando altre molte profezie, veniamo un poco a quelle lamentazioni, le quali se siamo soliti noi a cantare ne'
nostri templi sopra quella sciagurata Città , verrà tempo che dovranno essere cantate sopra altra città ed altra Nazione. E un fatto che queste lamentazioni furono scritte sopra le ruine di Gerusalemme, ed è un fatto pure che queste entrano nel novero delle profezie. D'altronde quando anche questo non fosse, ripetiamo con Paolo e con i primi Santi Padri, che tuttocciò che accadde agli Ebrei in istoria, era figura e
profezia per noi. A ciò credere ci possono fare testimonianza molte espressioni di questo lamentoso canto,
le quali meglio assai convengono a noi che agli Ebrei, ad Italia più che a Palestina, a Roma più che a Gerusalemme.
» O come siede abbandonata e sola la Città un
giorno piena di popolo: ridotta è come vedovella la
dominatrice delle genti, la metropoli delle provincie è
caduta sotto tributo. Piange di notte, e le lacrime le
scorrono per le meste gote: non vi ha chi la consoli
tra suoi cari: tutti i suoi amici la disprezzano e si sono fatti suoi avversari. Emigrò Giuda, non potendo
più reggere all'afflizione ed alla dura schiavitù: errò fra le genti, ma non vi trovò requie e riposo. Tutti
i suoi persecutori la serrarono fra le angustie.
Piangono le vie di Sionne, perchè non v'ha più chi venga alle solennità. Tutte le sue porte sono atterrate: i
suoi Sacerdoti gementi; squallide le sue verginelle;
ed essa è oppressa dall' amarezza. I suoi nemici salirono al potere, si arricchirono delle sue ricchezze,
perchè il Signore parlò a causa delle sue molte iniquità. I suoi fanciulletti furono trascinati nella schiavitù, dinanzi al persecutore. Sparì ogni bellezza e decoro dalla Figlia di Sionne: i suoi principi divennero
come i capretti che non ritrovan pascolo, d'innanzi al tiranno caddero d'ogni fortezza snervati. Gerusalemme si ricordò, nei giorni della sua afflizione, della
sua prevaricazione e di tutte le sue antiche delizie...
la vide il nemico e schernì le sue feste. Peccò, peccò Gerusalemme, e perciò è divenuta instabile: tutti coloro che l'applaudivano e la corteggiavano, ora nella sua ignominia la disprezzano: ma essa gemendo rivolta mestamente la fronte. Macchiata a piedi, non si ricordò la stolta della sua fine: cadde grandemente dell'animo, non ritrovando consolatore. Vedi, o Signore, e considera come si gloria il nemico. Egli mise la sua mano rapace sopra tutte le sue cose preziose:
e si vide entrare nel santuario gente profana a dar di piglio a suoi tesori. Tutto il popolo geme e chiede
invano del pane: diede le cose più preziose per isbra mar la fame. Oh ! vedi o Signore, e considera come
sono umiliata! O voi tutti che passate per via, fermate il passo, considerate se v'è dolore eguale al mio: conciossiachè Dio m'ha vendemmiata, come minacciò
nel giorno dell'ira sua. Dall'alto fece cadere le fiamme
nelle ossa mie; mi castigò : distese a miei piedi i suoi lacci, e mi fece rovesciare a terra: mi rese desolata,
e in tutto il giorno ripiena di pianto. I miei delitti gridarono a lui vendetta, il loro giogo mi schiacciò
le spalle: svanì la mia virtù: il Signore mi consegnò
in mani, da cui giammai mi potrò liberare.
. . . Sei giusto, o Signore, perchè ho provocato di troppo l'ira
tua. O popoli, per pietà, udite e vedete il mio pianto: le mie verginelle, i miei figli andarono in ischiavitù.
Chiamai gli amici miei, ed essi m'ingannarono con false promesse: i miei Sacerdoti, i miei vegliardi perirono nella città, chiedendo invano del pane. Vedi, o Signore, come io sono tribulata, come è convulso
il mio seno, come trafitto il cuore, come piena sono
d'amaritudine: di fuori la spada, di dentro tristezza
di morte. Udirono i miei gemiti, e non furono mossi a pietà: anzi tutti i miei nemici gioirono del mio affanno, perchè mi viddero da te umiliata... (1). O come Dio nel suo furore cinse di tenebre la, figliuola di Sionne; rovesciò a terra l'inclita d'Israele, e non si ricordò, nell' ira sua, dello scabello del
suoi piedi. Precipitò, senza misericordia, tutte le preziose cose di Giacobbe, diroccò le munizioni della
vergine di Giuda, conculcò il regno e i principi suoi.
Franse la fortezza d'Israele, gli tolse ogni difesa, e
cinse Giacobbe d'una fiamma divoratrice. Tese l'arco suo, distese la sua mano come inimico, finì quanto
di bello vi era nei tabernacoli di Sionne, versò l'ira sua a guisa di fiamma ardente. Il Signore divenne come
avversario; precipitò Israele, precipitò tutte le sue rocche, e riempì d'amarezza l'umiliato e l'umiliata. Disfece le sue tende, demolì il suo tabernacolo, cancellò la memoria delle sue feste, coprì di vergogna,
nell' ira sua, i re e i sacerdoti. Ripudiò il suo altare, maledisse alle cerimonie, diede le torri in mano de'
nemici; i quali riempirono di grida profane quelle volte sacre. Decretò il Signore di distruggere la santa
città, pose le mani all' opera, e non le ritrasse finchè non la vide compita. Screpolarono gli antemurali, e
le mura: furono preda delle genti il suo re e i principi suoi; non v'è più legge, e i profeti non veggono
più le celesti visioni. Si ravvolsero nella polvere i venerandi vecchi di Sionne, aspersero il bianco crine di cenere, si cinsero di cilicio, e le belle vergini di
Gerusalemme si prostrarono con la fronte a terra. Inaridirono gli occhi miei dal lungo pianto, si agitarono le mie viscere, mi cadde il cuore quando vidi perire di fame per le piazze i fanciulletti e i lattanti. Dicevano alle loro madri: dov'è il pane, dove è il
vino ? mentre cadevano svenuti per le piazze o morivano nel loro seno. Cui ti eguaglierò? cui ti assomiglierò, o figlia di Gerusalemme º come ti potrò consolare, o vergine di Sionne ? mentre è eguale all'immensità de mari il tuo dolore; chi ti darà un refrigerio?
I tuoi profeti ti vendevano delle favole e delle stoltezze; non ti mostravano il tuo stato infelice e la tua
iniquità, per provocarti a penitenza: ma invece ti blandivano e ti promettevano onoranze e glorie. Tutti
coloro che passavano per via t'insultavano, zuffolando, crollando il capo, e dicendo: E ella cotesta quella
città di perfetta bellezza, gaudio di tutta la terra ? E con
sarcasmo proseguivano: l'abbiamo divorata ! ecco il
giorno che abbiamo sospirato cotanto: l' abbiam ritrovato: l' abbiam veduto (1). . . Chiamasti come ad una solennità i miei nemici, per tutto attorno, e non vi fu luogo alla fuga nel giorno dell' ira di Dio. Quelli
che educai, che nutrii con tanta cura, vennero consumati dall'inimico (1).
O come si è oscurato l'oro, come è illanguidito il
bel colore! le lapidi del Santuario furono disperse ai capi di tutte le piazze. Gli incliti figli di Sionne, adorni
d'oro, come sono stati reputati a guisa di cocci vili. Le
lammie crudeli allattaron i loro figli, ma la figlia del
mio popolo, ahi più crudele! li divorò: Inaridì sul palato per la sete la lingua del lattante, i fanciulli chiesero
pane, e non vi fù chi loro lo porgesse. Quelli che convitavano voluttuosamente, perirono di fame nel trivi; e
coloro che erano nutriti nelle delicatezze finirono ne'
mondezzai... I Nazareni, candidi più della neve, più puri del latte, rubicondi come l'ebore antico, più risplendenti del zaffiro, oh come sono divenuti neri come carboni, e confusi colla feccia del volgo! non sono più che pelle ed ossa. Ebbero miglior sorte i trucidati dalle spade che quei che sfinirono lentamente di fame. Le mani
pietose delle madri cossero i loro figli, e se ne fecero
orrendo pasto (2).
Dopo altri flebili lamenti, chiude Geremia con
quella bellissima orazione che faceva piangere, ogni volta
che la leggeva, il grande Gregorio di Nazianzo. » Ti ricorda, o Signore, di ciò che ci è accaduto:
guarda e considera la nostra vergogna. La nostra eredità è passata in potere degli stranieri, e le case nostre sono da loro abitate. Siamo divenuti pupilli, e le madri nostre come le vedovelle, dopo che tu nostro padre ci hai abbandonati. Compriamo l'acqua nostra, e la nostra legna dagli usurpatori: Siamo minacciati continuamente,
e non ci danno un momento di riposo. Distendemmo la
mano agli Egiziani ed agli Assiri, chiedendo un pane. I
padri nostri peccarono, e non sono più, e noi portiamo il peso della loro iniquità. I nostri servi sono di venuti nostri padroni, e non vi fu chi ci liberasse dalle loro mani. Sotto il lampo delle spade, nelle angustie traemmo la vita. La pelle nostra è divenuta attaccata al
l'ossa, e nera per la gran fame. Le nostre spose furono disonorate in Sionne, e le vergini violate nelle città di
Giuda. I principi nostri furono sospesi, e non si perdonò a vecchi cadenti. Svennero i giovinetti nelle nefande
violenze; i vecchi mancarono nelle porte, e i cantori nei cori. Finì il gaudio del nostro canto, si convertirono in lutto le nostre armonie. Caddero sfrondate le corone
dal nostro capo: guai a noi perchè abbiamo peccato. Perciò è mesto il nostro cuore; perciò dal pianto illanguidirono le pupille. Per cagione che disparve il monte di Sionne e delle volpi è fatto nido. Ma tu, o Signore,
vivi in eterno, e il tuo soglio non s'infrange per volgere di secoli. Perchè non ti risovvieni di noi? perchè ci
abbandoni per tanto tempo? Ritorna a noi, o Signore, e noi ritorneremo fra le tue braccia: ritorna i nostri antichi giorni. Ma tu ci hai ripudiati, e sei grandemente
contro di noi sdegnato (1). »
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Se il Cristianesimo, se Italia, se Roma imiteranno
adunque nella incredulità, nella ingratitudine, nell'apostasia, e negli altri delitti l'Ebraismo, Palestina, Gerusalemme; ecco la sorte che loro aspetta. Queste sono
profezie miste, allegoriche; e verificata la causa, si verrificherà pure l'effetto. Ma che sia possibile che ciò sia
per succedere l'abbiamo di fede nel Vangelo, nell'Apostolo Paolo, come vedremo in appresso; che già oggimai sia un fatto storico questa apostasia, d'Italia singolarmente, e questa ingratitudine e corruzione, questa imitazione insomma degli ebrei per parte nostra, in tutti i delitti qui rimproverati, non lo può negare se non chi non ha occhi, non ha intelletto, od è ostinato a negare la verità conosciuta e compianta da tutti: dunque?.. Oh! è presto ancora a dedurre le conseguenze, e troppo
lungo cammino ci resta ancora a percorrere prima di giungere alla meta. Il leggitore cortese e sagace, si faccia intanto prezioso tesoro di queste profezie, mentre noi andremo consultando altri profeti.
Parla Iddio ad Ezechiele profeta, e nell'affidargli l'ardua missione, gli descrive quale sia quel popolo, al quale è mandato. Questa è una gente apostata che ha abbandonato il suo culto, la sua religione, calpestata la sua legge; una gente sfrontata orgogliosa, ostinata (1).
Ma perchè alle apparenze sembrava anzi un popolo religioso, buono e santo (2); Iddio a togliere il profeta da questo inganno, lo introduce in ispirito di notte tempo in Gerusalemme e dentro il Tempio, e sotto simboli d'idolatria, gli fa vedere tutte le iniquità che si
commettevano da quel popolo singolarmente nella santa
Città. Vide nell'atrio del Tempio inalzato un Idolo, che provocava lo sdegno di Dio. Quest' Idolo era Baal, che noi abbiam veduto essere il Dio della Setta, cioè
il Demonio; quel popolo dunque, o gran parte di quel popolo, era caduto nella Demonolatria (3). Osservò nelle camere Sacerdotali (4), attorno alle pareti, dipinti molti idoletti, e tutto il Sinedrio di quella Nazione col sommo Sacerdote, che li stavano incensando.
Ma quale non fu il suo orrore, quando ascoltò quegli sciagurati assicurarsi a vicenda, che Dio non li vedeva, che si era ritirato ne' cieli, ne' si prendeva cura
de mortali. Erano dunque perfino i Sacerdoti e i Magistrati ruinati nella incredulità, nell'ateismo; mentre esternamente sembravano zelanti della religione (5). Entrò per la porta aquilonare, e udì molte femmine che piangevano la morte di Adone. Erano dunque tante adoratrici di Venere, lascive, impudiche,
e comunque di giorno sembrassero castissime, nelle tenebre notturne entravano nelle orgie settarie, e commettevano ogni fatta d'abominazione (6). Giunto finalmente l'attonito Profeta presso l'Arca Santa, vide
fra il vestibolo e l'altare molti uomini, i quali avevano
rivoltate le spalle all'Arca, ed adoravano verso l' Oriente i loro idoletti. Ecco la formale apostasia, (1)
ecco l'avversione a Dio, ecco la fonte di tutti i delitti ! (2).
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P. B. N. B.