Visualizzazione post con etichetta LETTERE D'UN EREMITA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta LETTERE D'UN EREMITA. Mostra tutti i post

domenica 20 ottobre 2024

LETTERE D' UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

***

« Il sesto stato della Chiesa (qui io lascio parlare il venerabile) esordisce da quel mo narca forte e pontefice santo, e perdurerà fino alla nascita dell'Anticristo. Questo è lo stato, della consolazione. ... perchè se nel quinto stato vediamo segnare dovunque grandissime calamità, mentre ogni cosa vie ne dalla guerra sovvertita, mentre sono op pressi i cattolici dagli eretici e scellerati cristiani, mentre è costretta la Chiesa ed i suoi ministri a pagar tributo, vengono i prin cipati rovesciati, uccisi i monarchi, e tutti cospirano ad erigere repubbliche; tuttavia succederà una mirabile mutazione, operata dalla destra onnipotente di Dio, la quale niuno può mai umanamente immaginarsi. Peroc chè quel monarca, che sarà per venire man dato da Dio, distuggerà radicalmente le re pubbliche, tutto si assoggetterà, e proteggerà la vera Chiesa di Cristo; tutte le eresie ver ranno cacciate nell'inferno, sarà distrutto l'Impero dei Turchi, ed egli regnerà nel l'Oriente e nell'Occidente; verranno le genti tutte, e adoreranno il loro Signore Iddio nella vera fede cattolica ed ortodossa. Fio riranno moltissimi personaggi giusti e dotti sulla terra, e gli uomini ameranno il giudicio e la giustizia, e regnerà la pace nell'universo mondo, perchè la potestà divina legherà Sa tanasso per molti anni.... Si convertiranno anche gli eretici, scismatici ed altri erranti della vera fede, e si farà la riunione della chiesa greca colla latina.... Finchè venga co lui che debbe venire, il figlio della perdizio ne; allora verrà da capo disciolto Satanasso. » Holzhauser ci fa una magnifica e lunga descrizione di questa pace universale; lo stesso fanno più d'uno fra gli autori che ho citati poc'anzi; ma io tralascio tutte queste cose, perchè non avete che a prem der in mano le profezie di Ezechiello, e troverete al Capo XXXIV, dal vers. 24 al 31, il quadro preciso di cotesta epoca, tale quale ce la dipingono i veggenti dell'era nostra. C'è tra loro una coincidenza mera vigliosa, ed anzi bene spesso si riscontrano le stesse espressioni.

***

di J. E. DE CAMILLE

sabato 6 gennaio 2024

LETTERE D' UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

***

Giacchè ho tra le mani il libro De magnis tribulationibus, non voglio chiuderlo senza averne tratto prima alcuni altri cenni interessanti. Teolosforo ci avverte che quattro hanno da essere i pastori angelici, il primo dei quali, che è pur quello di cui ora si tratta, regnerà per lo spazio di sei anni e mezzo; egli sarà di Galizia (se quella di Polonia, o quella di Spagna, non si sa); il secondo sarà di nazione francese ed avrà quattro anni e mezzo di pontificato; il terzo, che sarà italiano, verrà eletto dopo sei mesi di sede vacante; la durata del suo pontificato è incerta, ma ci vien data come breve; il quarto, coronato dagli angeli al pari de' suoi predecessori, è destinato a rendere l'anima a Dio il quinto anno del suo pontificato, e sarà sotto il medesimo che Satana verrà di nuovo scatenato, ed apparirà il figlio di perdizione. 

Teolosforo, in molti punti di queste predizioni si trova d'accordo con San Giovacchino abate. Quest'ultimo ci dice egli pure, nella sua opera De flore, che il vero Anticristo farà la sua comparsa sotto il quarto pastore angelico. 

Nei libri che trattano di queste cose, e che ho qui sul mio tavolino, si parla spesso di codesto antipapa e di codesto imperatore tedesco, il quale deve correre la Francia e l'Italia, e secondo taluni anche impadro nirsi di Roma, e vi si parla eziandio della liberazione di Terra Santa, che deve aver luogo all'epoca del rinnovamento della Chiesa. 

San Nicolò di Spagna così s'esprime a questo riguardo: « Saranno cacciati i Turchi ed i Mori e si tratterà della conquista dei Luoghi Santi. Vedendo gli Spagnuoli la santità della causa, s'infiammeranno di tale ardore di devozione che s'incammineranno colà senza nemmen dare un addio a suoi e' accomodare i fatti loro. La schiera maggiore di quell'esercito si comporrà di frati e chierici. Nel qual tempo si susciterà nella Chiesa lo spirito di un nuovo Davidde (il novello Davide d'Ezecchiello, non è vero, signore?) e sarà un Pontefice scelto dalla mano di Dio, il quale riedificherà la sua Chiesa nel tempo in cui si troverà in gran pressura, che appena saran cattolici e fedeli la terza parte di quelli che tengono il nome di cristiani. Questo nuovo Pontefice restituirà la Chiesa al suo primiero stato e ridurrà alla vera fede gli eretici. Dopo si unirà al Re protetto dalla grazia, e preso i tesori della Chiesa, ne batteranno moneta, e leveranno gente dalla cristianità, e con poderoso esercito partiranno alla volta di Gerusalemme. » 

La stessa cosa ci viene annunziata dal padre Rusticiano nel suo libro De tribulationi bus ecclesiae: « Il pastore angelico, egli dice, dietro un segno celeste vedutosi nell'aria, in un col Re dei Franchi da esso incoronato imperatore, spiegato il vessillo di Cristo, passerà in Gerusalemme, e convertirà la maggior parte dei debellati Turchi alla fede di Cristo. Sarà quello l'ultimo passaggio fatto dai cristiani, poichè essi possederanno i Luoghi Santi sino alla venuta dell'Anticristo. » . Finalmente volendo porre un termine a queste citazioni, il cui numero io potrei di gran lunga accrescere, mi terrò pago di recarvi ancora innanzi un breve passo d'uno scrittore ben conosciuto, voglio dire il venerabile Holzhauser. Ne'suoi commenti sull'Apocalisse, ch'egli scriveva verso l'anno 1650, questo servo di Dio, che è generalmente tenuto come dotato di spirito profetico, divide la storia della Chiesa in sette stati, figurati nei setti vescovi dell'Asia. Secondo lui, il quinto stato cominciò verso l'anno 1520, sotto Leone X, e deve durare fino alla venuta del pontefice santo e del monarca forte. È questo lo stato dell' afflizione, della desolazione, dell'umiliazione e della povertà della Chiesa.

***

di J. E. DE CAMILLE

domenica 2 luglio 2023

LETTERE D' UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

***

Secondo le cronache degli ordini fondati da San Francesco d'Assisi (Cap. XIII del Lib. II), un demonio sforzato in nome di Dio a dire la verità per bocca d'un ossesso, dopo aver annunziato la decadenza dei Francescani, e lo sprezzo in cui sarebbero caduti presso gli uomini, avrebbe predetto che il Santo Papa di cui parliamo sarebbe uscito da cotesto ordine: « Finalmente sorgerà da quest'ordine stesso un religioso, il quale non sarà inferiore a Francesco per le virtù, e giungerà a tanta altezza di santità, che convertirà una terza parte degli uomini co'suoi buoni esempi e colla predicazione della parola di Dio. » Questa predizione si trova avvalorata anche dalla Ruota profetica di Sant'Anselmo vescovo di Marsico in Sicilia che viveva nel XII secolo. Questo santo vescovo ci lasciò una profezia sopra i Papi espressa per via di figure che li rappresentano, in sieme con altre immagini simboliche. E nella serie di ritratti dei Papi si vede che quello che risponde al nostro Papa santo, è vestito del saio di San Francesco. Il venerabile Bartolomeo da Saluzzo, morto a Roma nel 1605, descrivendoci in un lungo componimento in cattivi versi e brutta lingua i mali che debbono affliggere il mondo e la Chiesa, s'eleva ad un tratto a contemplare la bella pace che dee visitare il mondo ed esclama: 

- « Ma ecco che viene una bella compagnia, Che ben venuta sia º Nel nome di Gesù, Croce e Maria. Oh quando sia quel tempo felice! Oh che bella radice ! Oh che sarà tanta e Gente martirizzata! Quando sarà spianata O che sarà distrutta Quasi l'Italia tutta; O che sarà ridutta La Chiesa in Oriente. O fortunata gente - Che la vedrete piantata e rinnovata! A te saran le porte Del Cielo spalancate, O benedetto frate Dell'ordine minore. Oh! che gloria e splendore Daratti il tuo Signore Quando sia che fuore Di tal male uscirai. Non temere che avrai Coraggio assai, assai. Non temer che gran vigore Ti darà il tuo Signore, Se tu soffri per suo amore, Ma non dei ritrarti indietro Quando contro di San Pietro Udirai che il Gallo canta AContro la fede santa.

Un pio eremita per nome Teolosforo raccoglieva le diverse profezie che corre vano al suo tempo, cioè verso l'anno 1380, e le riuniva in un libro che si stampò a Venezia nel 1527. Questo libro ha per ti ſtolo: Demagnistribulationibus et statuecclesiae. Ivi si parla a lungo e con abbondanza di particolari di quanto si riferisce al pastore angelico. Non potendo io riprodurre il tutto ne recherò alcuni passi: « Dopo la strage del falso pontefice e de' suoi complici, e dopo la morte dell'ultimo imperatore tedesco, dopo aver sanati i mali della “Chiesa occidentale, e fatte cessare le guerre in Italia, per opera d'un pastore angelico e del nuovo imperatore, si radunerà un concilio generale, per muover guerra agli in fedeli e liberare i Luoghi Santi. Si metterà in piedi gran nerbo di forze terrestri e marittime sotto il nome di Santa Unione della Chiesa.... in cotesto tempo del rinnovamento della Chiesa accadrà di nuovo ciò che accadde al tempo della nascita di Gesù Cristo (Vi rammentate, signore, che egli è appunto di questa nascita che parlava Ezechiele in quel primo senso della profezia ch'io vi citava; è questa una coincidenza cui non aveva ancora posto mente nel cominciare la mia lettera), imperocchè vi sarà un altro Zaccaria, un altro Giovanni Battista ed un altro Cristo, cioè un pastore angelico che avrà dodici apostoli scelti in fra il nuovo ordine religioso i quali predicheranno di nuovo il vangelo; ed i pagani saranno battezzati. Tutti, eccetto gli ebrei, si convertiranno a Dio uno in tre persone per virtù di questa predicazione. Tutte queste cose devono accadere prima della venuta del vero Anticristo, e dopo che saranno già venuti molti Anticristi precursori di lui, i quali sorgeranno sia dal corpo della Chiesa, sia dal popolo cristiano. »

di J. E. DE CAMILLE

***

domenica 4 dicembre 2022

LETTERE D'UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

***

Dopo crua de cruce San Malachia ci segnala ancora undici pontefici ; tra questi viene quinto per ordine il pastor angelicus; e se noi teniamo conto che questo santo non esclude dal suo quadro profetico gli antipapi, e che - non è impossibile che prima dell'epoca del rinnovamento della Chiesa qualche pontefice abbia ad incontrare il martirio, non ci sarà difficile il trovare che queste date coincidono. Si noti che prima d'arrivare al pastor angelicus, noi dobbiamo passare per una serie d'altri quattro pontefici, il terzo dei quali è designato colle parole religio depopulata (religione devastata). Intorno al più scellerato degli uomini accennato più sopra, che deve precedere il rinnovamento della Chiesa, ecco ciò che ne dice la Santa medesima in una predizione autentica che possedevano, e non so se posseggano ancora i Padri Benedettini di Napoli. - -

 « Finalmente comparirà l'uomo scelleratissimo che si unirà ai Giudei per combattere contro tutti. Regnerà tre anni (sarà probabilmente ancora uno dei tanti precursori dell'Anticristo) e comanderà al mondo intiero; farà tutti i suoi sforzi per cancellare dalla terra il nome dei cristiani. Molti uomini saranno uccisi. Questa guerra avrà fine quando verrà eletto un imperatore della stirpe di Spagna. Questi farà dei prodigi per virtù della Croce; distruggerà i Giudei e la setta di Maometto, restituendo la Chiesa di S. Sofia al vero culto. Tutta la terra godrà pace ed abbondanza. Nuove città sorgeranno in vari siti. »

Gli scrittori che parlarono di questo grande monarca lo fanno ora di stirpe spagnuola ed ora lo fanno di stirpe francese. Può darsi che il fatto metta d'accordo queste due versioni mediante un'alleanza di famiglia tra Francia e Spagna. Lasciamo star questo e seguitiamo le nostre ricerche. Una cronaca trovata a Magdeburgo, e pubblicata in una raccolta di profezie venute in luce a Torino prima del 1860, parla di questo grande monarca nei termini seguenti: « Dal sangue di Carlo Cesare e dalla casa reale di Francia nascerà un imperatore il quale signoreggerà tutta l'Europa e riformerà (d'accordo i col Papa) il caduto Stato della Chiesa, e l'Impero dei Romani quasi disciolto ritornerà all'antica sua gloria. Verrà antecedentemente una gente, che si dirà popolo senza capo, ed allora guai a voi o sacerdoti! La navicella di Pietro patirà gran tempesta; ma infine il mare diverrà tranquillo, ed essa riporterà una grande vittoria. Sovrasteranno orribili mutazioni a tutti i regni, ed il pregio del monachismo vedrà il suo fine. »

Nella raccolta di profezie del signor Bricon, pubblicata nel 1834, si trova una profezia estratta dal Liber mirabilis, stampato nel 1524, ove si parla a lungo del gran monarca e del santo Papa. « Ma dopo tante diverse calamità che avranno afflitto il mondo intiero, acciocchè le creature non perdano ogni speranza in Dio, un Papa, scelto tra quelli che saranno sfuggiti alla persecuzione della Chiesa, sarà eletto per volere di Dio. Quest'uomo santissimo e dotato di tutte le perfezioni sarà incoronato dagli angioli, e posto sulla Santa Sede da suoi colleghi i quali, come lui, saranno sopravvissuti alle persecuzioni della Chiesa ed all'esilio. Questo Papa colla sua santità riformerà il mondo, e ricondurrà tutti gli ecclesiastici alla vita primitiva dei discepoli di Gesù Cristo. Tutti lo rispetteranno per le sue santissime virtù; egli andrà predicando a piedi nudi, e non avrà paura del potere dei prencipi. In questo modo egli ne farà ritornare un gran numero, alla santa fede, dopo averli sciolti dai loro errori, e ritrattili dalla vita colpevole in cui si trovavano. Egli convertirà quasi tutti gl'infedeli, ma sopratutto gli e brei. Questo pontefice avrà l'aiuto d'un imperatore virtuosissimo del sangue santissimo dei re di Francia. Questo principe lo aiuterà e lo seconderà in ogni cosa per rimettere in sesto il mondo. Sotto il loro dominio il mondo sarà riformato, ed in questo modo potrà placare lo sdegno di Dio. Non vi sarà più altro che una sola legge, una sola fede, un solo battesimo, una sola vita. Tutti gli uomini uniti negli stessi sentimenti s'ameranno l'un l'altro, e la pace durerà per lunghi anni. Ma quando il secolo sarà riformato, molti segni appariranno di nuovo in cielo; la scelleratezza degli uomini si ridesterà. Essi torneranno ai loro errori, alla loro detestabile empietà; i loro delitti copriranno la terra e saranno peggio degli antichi. Per questi motivi Dio accelererà la fine del mondo. » Questa profezia è attribuita a San Cesario, vescovo di Arles.

***

di J. E. DE CAMILLE


martedì 30 agosto 2022

LETTERE D'UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

I libri antichi e moderni che parlano della pace universale, di quella pace che deve non solo stabilirsi in seno alla Chiesa, ma spandere i suoi benefizi su tutte le nazioni, sono così numerosi che io non posso di spensarmi di fermarmivi sopra un istante e considerare quel che essi dicono. Codeste predizioni possono avere più o meno d'autorità, e quanto a me non pretendo punto di darne loro più che non meritino; però debbo confessarvi, signore, che nel percorrerli, io restai colpito da un fatto, ed è l'accordo maraviglioso che si scorge in tutti questi scrittori di diversi secoli nel descrivere questa pace, e nel determinarne l'epoca approssimativa. - - E se io non dicessi una parola di questa pace così desiderabile, avreste tanto più ragione di darmene carico, in quanto che gli autori che io ho da citarvi non avevano, come noi, la fortuna di poter rimontare alla causa di questo grande avvenimento e non potevano rendersene ragione. Per noi che abbiamo assistito alla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione, e possiamo già valutarne i benefici effetti sui fedeli, codesta ora di tregua accordata al mondo, codesta subita fortunata trasformazione della società non deve avere alcun mistero. - - Maria Vergine è stata costituita da Dio regina del cielo e della terra. Essa dal suo Figlio può ottenere ogni cosa, può ottenere persino che egli sospenda l'ora della giustizia, per non ascoltare altro che la voce della misericordia. Ben temerario colui che credesse di conoscere i limiti della misericordia di Dio, e della tenerezza infinita della SS. Vergine per l'umanità, la quale in persona dell'apostolo Giovanni, l'uomo Dio le raccomandò dalla croce.

Avrete notato, signore, che io mi sono quasi intieramente astenuto dal far menzione dell'Apocalisse, di Ezechiele e di Daniele, l'autorità dei quali è però generalmente invocata da tutti quelli che si occupano delle ultime vicende del mondo. Lo feci per una buona ragione: ed è che avendo dinanzi le interpretazioni che ci diedero su quelle profezie i Santi Padri, i dottori ed i commentatori della Chiesa, sarebbe stata troppa audacia la mia il venir a metter bocca tra loro. Continuerò, anche in questa questione della pace universale, che deve solo formare un incidente degli ultimi secoli, e di cui le venerabili e sante autorità che ho menzionate non si sono guari occupate, continuerò ad aver ricorso ad altre autorità, riproducendo puramente ciò che esse hanno detto, e sottomettendomi rigorosissimamente ed umilissimamente alle decisioni della Chiesa, mia sola gloria in questa vita, mia sola speranza nell'altra. Questa dichiarazione di sottomettermi alle decisioni della Chiesa, che del resto risulta implicitamente da tutto questo lavoro, è mio dovere di farla esplicitamente in questo punto, perchè ora mi tocca di mettervi sott'occhio alcune osservazioni che non ho ancora in contrate in verun autore, e le quali forse non avranno alcun fondamento. Però, siccome, quand'anche le medesime non avessero alcun valore, non ne verrebbe perciò scapito alcuno alla verità della tesi che io sostengo, questo mi fa animo a vincere la mia titubanza ed a presentarvele. i Certo, nessuno può senza un profondo sentimento di trepidanza accostarsi ad Ezechiele. Nelle sinagoghe era proibito di leggerlo prima dell'età sacerdotale, ed anche in questo caso non se ne permetteva la lettura che con molte restrizioni. San Gerolamo lo chiama l'oceano della Scrittura, ed il labirinto dei misteri di Dio. Immaginate, signore, se mi avventuro di buona voglia nelle profondità del pensiero di lui. Ma comunque sia io l'ho letto, ed ecco ciò che credo d'averci itrovato: a - - - - - Nel capitolo XXXIV questo profeta ci fa una lugubre pittura dello stato della società ebraica. Egli si volge specialmente ai pastori, cioè a quelli che esercitano il potere civile, per chieder conto delle pecorelle affidate alla loro cura. « Le mie pecorelle sono state divorate dalle fiere» (Vers. 5), egli dice; le quali parole significano, al dire dei commentatori, che i popoli sono stati lasciati in balia dei falsi profeti, dei malvagi padroni, e dei demoni che li hanno divorati. « Esse andarono errando per tutti i monti e per tutte le alte colline » (Vers. 6); vale a dire che queste pecore hanno abbandonato il vero culto di Dio per andar a cercare nel loro orgoglio le false divinità Ezechiele minaccia il castigo del cielo a questi custodi di greggie che fecero sì mal uso del loro potere, ed egli aggiunge a nome di Dio: « Io stesso andrò in cerca delle mie pecorelle » (Vers. 11). E continuando egli esclama, sempre in nome del Dio che lo ispira, al vers. 23: « Susciterò ad esse l'unico Pastore che le governi, Davidde, mio servo: egli le pascerà, ed ei sarà il loro pastore. » Viene di poi una descrizione dell'epoca della pace contenuta nei vers. 24 e seguenti fino al 31. Non v'ha dubbio che questa profezia si riferisce alla venuta di Gesù Cristo; ma egli è anche vero, e la Chiesa lo ammette, che bene spesso questo profeta, al pari di molti altri, indirizzandosi al popolo eletto dell'Antico Testamento, accennava nello stesso tempo anche ad altri popoli e ad altre epoche. Basta studiare un poco le sue parole ispirate, per averne subito una profonda convinzione. - Al capo XXXVI, il profeta, il quale vivea sin ischiavitù a Babilonia, annunzia che Dio, non già pei meriti del suo popolo, ma per la propria bontà, e per l'onore del suo nome, ricondurrà il popolo d'Israello nella sua terra, e lo farà camminare secondo i suoi comandamenti dandogli un cuor nuovo ed un nuovo spirito. Eccone il testo: « Figliuolo del l'uomo, la casa d'Israele abitò nella sua terra, e la contaminò colle opere sue e coi suoi costumi: la loro vita era dinanzi a me simile all'immondezza di donna impura. Ed io scaricai la mia indegnazione sopra di essi a motivo del sangue che aveano sparso sopra la terra, e del loro idoli, coi quali l'aveano contaminata. Ed io li dispersi tra le genti, e li trasportai qua e là a tutti i venti: li giudicai secondo le vie loro, e secondo i loro ritrovamenti. E andarono tra le nazioni, in mezzo alle quali ebbero luogo, e disonorarono il nome mio santo, mentre di lor si diceva: Questo è il popolo del Signore, e dalla terra di lui sono andati fuora. Ed io ebbi riguardo al nome mio santo, cui la casa d'Israele disonorava presso le genti tra le quali era andata. Per questo tu dirai alla casa d'Israele: queste cose dice il signore Dio: Non per amor di voi io farò, o casa d'Israele, ma per amor del nome mio santo, cui disonoraste voi presso le genti tra le quali eravate andati. E glorificherò il nome mio grande, che è in disdoro presso le genti, ed è profanato da voi sugli occhi loro: affinchè conoscano le genti che io sono il Signore, quando sopra di voi avrò fatto conoscere la mia santità in faccia ad esse, ecc.» Quindi il profeta, nel capo XXXVII ci presenta quella magnifica visione della campagna piena d'ossa fatte rivivere al suono della sua voce, visione che è stata opportunamente ricordata dalla Civiltà Cattolica di Roma (Lib. 441, serie VI, vol. III), a proposito della convocazione del Concilio ecumenico, il quale, secondo l'avviso della dotta effemeride, può, esso solo ridonare la vita alla società moderna fatta anch'essa una campagna coperta d'ossa scarnite. (*) Quindi Ezechiele, nei cap. XXXVIII e XXXIX, ci parla dell'invasione degli eserciti di Gog e di Magog, delle stragi che faranno, e poi del loro esterminio, tutte cose che evidentemente non si riferiscono alla venuta del Messia. Ebbene, signore, non vi pare egli cosa naturalissima che il mondo intiero, benchè pervertito, si unisca ancora per poco, per volere di Dio, ai cori dei serafini, dei cherubini, di tutta la corte celeste per celebrare le lodi della SS. Vergine Maria concepita senza peccato? Non può l'Onnipotente permettere che la Madre di Cristo dia ancora all'universo un segno visibile, anche agli occhi dei più ciechi, della missione a lei data di schiacciare la testa del serpente sotto il suo piede verginale? La misericordia di Dio verso l'uomo, fin tanto che questi è di passaggio sulla terra, non ha alcun limite, e pare bene spesso che gli faccia obliare la giustizia. Dio può sforzare una società che s'ostina a volgergli le spalle ed a correre verso il precipizio, a fermarsi un istante per guardare in faccia il suo creatore e riconoscerlo. Ei può farlo, ed il farà, io m'ho la ferma speranza, per la gloria del suo santo nome, come dice Ezechiello, ma non per cagion nostra, perchè la società moderna è dinanzi a lui simile ad una veste lordata, come pur troppo mi venne fatto di provarlo nelle mie lettere precedenti. - Ciò non impedirà l'invasione di Gog e di Magog, della quale il profeta credette opportuno di parlare dopo averci descritto questo momento di respiro. Ciò non cam bia per nulla il carattere dei secoli XIX e XX dell'era di grazia. I secoli dell'era della legge scritta, corrispondenti ai due sopra detti, furono anch'essi secoli di distruzione, malgrado le tregue, di cui la storia sacra fa memoria (). Questi due secoli di lotte, di turbolenze, di disordini e d'anarchia sono un vasto deserto di opere buone rallegrato a quando a quando di qualche oasi; ed essi finirono colla distruzione di Gerusalemme. Il carattere del nostro e del seguente secolo, se guardo alla storia del popolo ebreo e fo il confronto, mi pare che debba esser tale da poterglisi applicare quella sentenza terribile di Dio, di non voler più far nulla per amore del suo popolo. E veramente, stando alla giustizia, che potrebbe egli fare per una società che lo ripudia, lo rinnega, e spinge l'audacia al punto di voler trascinare nell'apostasia, se fosse mai possibile, il suo vicario, il capo visibile della Chiesa cattolica? Ciò che ei farà, lo farà per la gloria del suo santo nome, e per i suoi eletti che mai non dimentica, ma non già per una società che va errando su tutti i monti e le alte colline dell'orgoglio umano. E per la gloria del suo santo nome soltanto susciterà forse presto quel pastore unico di Ezechiele, mandandoci un uomo che riunirà in sè tutte le virtù cristiane e sarà per così dire un altro Davide. Ma intorno a questo mi riservo di presentarvi altri autori più moderni. Intanto ciò che mi sembra poter ammirare in Ezechiele, quanto al fatto che ci occupa, si è l'ordine degli avvenimenti. Dapprima si descrive la società corrotta e ribelle a Dio tale quale la vediamo al presente; Dio promette di mandare un buon pastore; poi dichiara volere che il suo nome sia di nuovo santificato tra le genti per amore della sua gloria, e non del suo popolo. Poi viene la visione di tutte quelle ossa aride, sulle quali egli si degna di alitare ancora la vita. Ed infine gli eserciti di Gog e di Magog, e la battaglia finale degli empi contro Dio, il quale estermina i suoi nemici. - - Dai confronti tra l'era della legge scritta e l'era della legge di grazia io sarei tratto a credere che questa grande epoca della pace universale abbia da trovar luogo verso la fine del nostro secolo, poichè egli è appunto suppergiù nell'epoca corrispondente dell'antica legge che Ircano figlio di Simone, coll'aiuto dei Romani, potè scuotere il giogo dell'Assiria e riconquistare tutte le provincie perdute. Fu quello l'ultimo trionfo del popolo eletto (Mac., L. IV, e Gius.; Ant. Giud.). Questa data s'accorderebbe a cappello con una perdizione attribuita a Santa Brigida (An. 1360), la quale ci designa le epoche memorabili degli ultimi secoli nel modo seguente: «1791. L'ira di Dio sopra tutta la terra. 1800. Dio sarà riconosciuto da pochi. 1829. Cadrà una parte della Spagna. Proverà timori l'Italia. 1830. Moltissimi combatteranno. 1846. Non vi sarà il Pastore. 1848. Sorgerà gente contra gente. 1849. Roma sarà lordata di sangue. 1860. Sorgerà il più scellerato degli uomini. 1866. Sorgerà l'uomo grande. 1890. Gli uomini riconosceranno il Dio uno e trino, e vi sarà un sol pastore ed un solo ovile. » Poi la Santa continua: « 1900. Vi sarà un grande segno nel cielo. 1980. Gli empi prevarranno. 1999. I luminari si estingueranno. » . L'uomo grande che la Santa ci annunzia per l'anno 1886 può essere il pastor angelicus di San Malachia, oppure il re dei Franchi, il quale, al dire di parecchi autori, dovrà aiutare il Papa futuro nella grande opera del rinnovamento della Chiesa. Io so che la predizione di San Malachia sopra la serie dei papi è stata oggetto di molte contestazioni, ma so del pari che oggi di ella è ammessa generalmente come autentica; del resto egli è un fatto che questa predizione risale a parecchi secoli. Questo Santo Vescovo di Armagh, nell'Irlanda, designò Pio IX con queste parole: Crua de cruce; titolo che è così bene applicato al l'attuale Sommo Pontefice, sia perchè tutte le afflizioni gli vengono dalla sua intrepidezza a difendere la religione della Croce, sia perchè il suo più diretto avversario, quegli che lo minaccia nella sua Roma, porta una croce bianca nello scudo.

***

di J. E. DE CAMILLE

martedì 19 aprile 2022

LETTERE D'UN EREMITA

 


I  RIMEDI

Il mio lavoro volge al suo termine. Nel porvi mano, io mi proposi di rintracciare, in mezzo alla confusione ed alle tenebre che regnano d'intorno a noi, il carattere dei tempi in cui viviamo. Era questo, signore, il mio scopo, e non già di presentarvi una nuova interpretazione dell'Apocalisse, nè d'indicarvi l'ora od il giorno preciso della venuta del figlio del peccato e della fine del mondo. Io lessi la Bibbia, i Padri ed i Dottori, e mi convinsi che questi tempi strani, pericolosi, erano da lunga mano stati annunziati e dipinti con estrema cura. Ed allora ho pensato di rendermivi utile, cercando di far penetrare nel vostro spirito la mia profonda convinzione; imperocchè se egli è vero, come è annunziato, che ha da venire un'epoca in cui gli eletti stessi correranno gran rischio di perdersi, pare a me che questo rischio abbia ad essere anche assai maggiore per coloro a cui essa giungerà inaspettata. 

Ora siamo noi propriamente all' aprirsi dell'epoca anticristiana? Il rapido esame che abbiamo fatto delle istituzioni e delle tendenze del secolo mi pare che lo provi più che a sufficienza. L'Impero romano, di fatto, è caduto; esso non esiste più che di nome e di diritto, e noi sappiamo dalla storia del popolo ebreo che il lavoro di disorganizzazione sociale, che doveva andar a finire colla distruzione di Gerusalemme, cominciò appunto quando il regno di Giuda si trovò in simili condizioni.

 Sta scritto in pagine venerabilissime che il mondo ha da durare sei mila anni, ma che l'ultimo periodo della sua esistenza sarà abbreviato per riguardo degli eletti. Alcuni Padri, indotti in errore da false cronologie, o guardando solo alcuni segni precorritori senza badare agli altri, fecero assai più vicina la fine del mondo di quello che non fosse. Ma anche ai di nostri, la credenza più comune e seguita dai migliori continua ad essere tuttavia che il mondo ha da durare sei mila anni. Inoltre a segno degli ultimi tempi noi abbiamo che, oltre la comparsa d'un gran numero di falsi profeti, ci saranno questi due avvenimenti, la caduta dell'impero ottomano, la ricostruzione di Gerusalemme ed il risorgimento della nazione ebrea. E questi due avvenimenti non mi paiono ben lontani, se considero la fiacchezza in cui sono caduti i successori di Baiazette, e la potenza che gli ebrei hanno ai di nostri acquistata in Europa. 

Ma io temerei d'aver speso invano il mio tempo se, dopo avere a tanti segni ricononosciuti i pericoli che ne circondano io non avessi qualche cosa altro da dirvi. 

A me pare che in epoca così straordinaria quale è la nostra, ai fedeli più non bastino i mezzi ordinari. E di fatto, anche le opere di pietà da qualche tempo hanno ricevuto dal cielo un più grande impulso. Si direbbe che quanto più il numero dei credenti si va diradando, tanto più quelli che si tengono uniti alla Chiesa sentono quasi per istinto il dovere di raddoppiare lo zelo, moltiplicare le pratiche di pietà, mandare a Dio per così dire una somma di preghiere che tenga luogo delle proprie, e di quelle di coloro che disgraziatamente se ne sono separati. 

Pio IX ci schiuse un asilo; cerchiamovi innanzi tutto il nostro rifugio. Si estenda dovunque il culto della SS. Vergine sotto l'invocazione speciale dell'Immacolata Concezione; portiamo questo dolce nome scolpito nei nostri cuori. La regina del cielo, che può dare ancora al mondo la pace universale, e che, siccome io spero vivamente, ce la darà, può frattanto far nascere questa pace nelle anime di tutti quelli che gliela domandano umilmente e sinceramente in mezzo alle tempeste della vita. 

- Stringiamoci intorno al Vicario di Cristo. Difendendo le verità eterne, i Papi difendono eziandio l'ordine sociale. Tutti i nostri più cari interessi, non esclusi quelli materiali, e quelli delle nostre famiglie, dipendono dalla conservazione della libertà ed indipendenza del papato.

Il potere temporale che la provvidenza ha dato ai papi ha un doppio scopo: garentire il libero esercizio del potere spirituale, e presentare all'umanità il tipo del vero e savio governo dei popoli. Il giorno in cui i papi fossero obbligati a lasciar Roma ed abbandonare il potere temporale, sarebbe un giorno nefasto per il mondo: la più sfrenata tirannia si vedrebbe tosto dominare su tutte le nazioni. So bene che la Chiesa, giusta le promesse di Dio, non può perire, e veramente non perirà: essa è destinata a sopravvivere al mondo, passando dallo stato militante allo stato trionfante. 

Ma se Cristo fece alla Chiesa, sua sposa, questa grande promessa, ei non la fece però alla società. Le nazioni Dio le può ben sempre guarire, ma a patto che conservino taluni principii cristiani. Le nazioni cristiane possono risanare, allo stesso modo che il credente, il quale abbia abusato del libero arbitrio, può col pentimento ridiventar mondo. Ma quando le basi della società crollano, quando l'apostasia invade tutte le nazioni, allora l'Onnipotente mette mano a rimedi radicali; e il diluvio ne fa testimonianza.

Se le nazioni dell'èra cristiana sono sanabili (come si suole da molti sostenere) non così il mondo intero quando s'ostina a rigettare i principii del cristianesimo. Già fin d'ora possiamo vedere che si prepara un grande cataclisma, e le stesse apprensioni di coloro che più si danno attorno ad affrettarlo ce ne fanno avvertiti. Tutti i governi, tranne quello del Papa, sono entrati in una via che mena all'abisso. 

Ma in tutte le nazioni v'hanno dei cattolici; tocca a loro a non esitare più a lungo ad unirsi di cuore e di mente al Santo Padre, a riconoscere non solo l'autorità spirituale di lui, ma ascoltare e seguire gl'insegnamenti che egli stima di dare per la salvezza della società. 

L'Onnipotente pare che rivolga lo sguardo dalla umanità. Ei lascia libero il campo a questi disgraziati uomini di Stato, che presumono nel loro orgoglio di ordinare una società senza di lui o contro di lui. Ma la Chiesa, Dio la guarda e l'ascolta ancora. Egli è per mezzo di lei che noi possiamo far giungere al cielo le nostre umili supplicazioni. Se sono sincere, se sono fervide, Dio può ritardare il giorno dell'espiazione, può renderla meno severa, ed al postutto ei saprà dare ai fedeli le grazie speciali onde hanno bisogno.

 I cattolici sparsi in tutte le nazioni, ed in talune di esse costituenti la maggioranza, non figurano più alla testa del potere. Sebbene non siano ancora trattati come i vinti, sebbene i nemici si mostrino ancora generosi con loro, essi li tengono per poveri idioti incapaci di comprendere tutto lo sfolgorante splendore dell'Era novella. 

Che rispondere a questo ? 

Tu desisti, deve rispondere il cattolico seguendo le traccie del suo Divin Maestro. Si, l'Era novella è tale che un cattolico non la può comprendere. Essa però ci era stata annunziata, ed eravamo avvertiti che noi non dovevamo prender parte a tutti i suoi falsi splendori. Noi stiamo contenti alla nostra sorte, e rendendo a Cesare quello che è di Cesare, ci teniamo uniti di cuore a questa Chiesa, che ci fa pur essa sperare un'Era novella nell'eternità. Se il potere civile abbandona il Papa e si separa apertamente da lui, noi non cessiamo per questo di fissare sul Papa i nostri sguardi, di accordare il nostro al suo volere, di ubbidire a suoi santi precetti. Egli è così che deve rispondere il cattolico. 

Ubbidienza alle autorità costituite, ed amore cristiano verso il paese che lo vide nascere; ma, allo stesso modo che la rivoluzione si fa cosmopolita per tutto rovesciare, bisogna che tutti i cattolici d'ogni nazione s'uniscano sotto l'egida del Papa per difendere le verità religiose e sociali. Questo vogliono le necessità del nostro tempo, questo è il dovere più imperioso per ogni credente. Ma non basta. 

Sappiamo dai santi Padri che la fede e la carità, a misura che il mondo si avanza verso la sua distruzione, dovranno sempre più raffreddarsi; ed in fatti noi vediamo che queste due fiaccole del cristiano vanno a poco a poco spegnendosi, quasi senza che il mondo se ne accorga. È venuta di moda una filantropia tutta umana, che tende mano mano a porsi in luogo della carità cristiana, quella carità che muove dalle regioni soprannaturali. 

Cotesta filantropia ci porta talvolta a far opere buone in sè, ma prive di merito agli occhi di Dio, e ci mena talora ad opere cattive, quali sono i balli di beneficenza, le rappresentazioni teatrali, cose che potranno avere un merito agli occhi di Satana, non già a quelli di Dio.

 Non sarebbe niente di troppo, secondo me, se i fedeli, impensieriti dai segni del tempo che tutto intorno appariscono, si avvisassero di stringere una grande e forte alleanza per opporla a quella stretta dalle potenze delle tenebre coi malvagi. Anche noi abbiamo bisogno di allearci con esseri invisibili, e questi siano le anime del purgatorio. L'atto eroico in favore di queste anime sante, approvato e confermato per decreto di Pio IX, in data 30 settembre 1852, a mio parere, fa appunto per le circostanze attuali. 

L'editore dell'opuscoletto intorno a questo atto eroico pubblicato in Roma nel 1857, lo dice anch'egli colle seguenti parole: - « Sono pregate tutte le persone pie a fare questo Atto di carità per suffragare le sante anime del Purgatorio, e a suggerire pure ad altri che lo facciano, anche colla speranza che queste sante anime ci ottengano da Dio le grazie delle quali abbisogniamo, particolarmente in questi tempi tanto pericolosi per la salute delle anime nostre. Il Signore accetterà la nostra carità, ascolterà la voce delle sue spose da noi suffragate, e si muoverà a farci quelle misericordie che troppo demeritiamo pei nostri peccati. » 

Se non si dà esempio che le largizioni in favore della Chiesa militante abbiano mai rovinata alcuna famiglia, possiamo ben fare assegnamento che un'offerta intera, completa, assoluta di tutte le nostre opere satisfattorie in pro di quella parte della Chiesa trionfante che soffre ancora nel terribile luogo di espiazione, non menomerà punto il tesoro di buone opere, di cui il cielo tiene esatto conto a ciascun fedele. «

 Considerate, scrive il conte Emiliano della Motta nelle sue Meditazioni pel mese di Novembre, considerate quale opera sia questa di suffragare e liberare le anime del purgatorio. È opera di fede, perchè dalla sola fede noi possiamo apprendere i patimenti e le cose dell'altra vita. È opera di speranza perchè la sola speranza nelle divine promesse può sollevarci a confidare che noi miseri peccatori tanto addebitati con Dio siamo da tanto da poter ottenere grazia per altri colle nostre preghiere, e soddisfare colle nostre opere ai debiti altrui. È opera di carità, perchè è diretta immediatamente a porre nel numero dei beati glorificatori di Dio, quelle anime sulle quali egli ha confermata la sua grazia, e che ama con amore irrevocabile, cavandole da un orribile stato di pena in cui giacciono per loro colpa sì, ma senza che ormai resti più di tali loro colpe altro che il reato di pena. Oh questo sì che è veramente dare gloria a Dio nel più eccelso dei cieli portandovi quelle anime benedette, e dar pace agli uomini di buona volontà, di volontà tutta assorta in quella di Dio. Tutte l'opere cristiane misurano il loro valore intrinseco dalla loro relazione coll'ultimo fine che è la visione beatifica; ora vi tende nel modo più diretto e immediato, quello di portare anime dal purgatorio in paradiso. « 

Considerate che questa è l'opera stessa della redenzione nell'ultimo suo punto. Tutto ciò che Gesù Cristo in persona ha fatto e patito sulla terra per la salute delle anime, tutto ciò che opera continuamente dal cielo e dall'altare colla sua grazia per santificarle, e che fa operare dai suoi ministri in terra, tutto è poi diretto a niente altro, che a mettere le anime dei suoi eletti nel seno del suo eterno Padre, e farle partecipi della propria sua gloria, come figlie adottive del Padre, e sue spose dilette. Ora tutto quello ancor non raggiunse l'ultimo suo scopo per l'anime ditenute nel purgatorio, e il più vivo dei desiderii di quel divino Cuore amantissimo non avrà pieno appagamento, se non quando quelle anime verranno liberate dalla carcere in cui gemono. E noi possiamo con poche opere buone caritatevolmente adempire a ciò che manca per esse alla passione di Cristo, possiamo ricomprarle a poco prezzo dalle loro pene temporali, come Cristo ricomprò noi dalle pene eterne a costo di tutto il suo sangue, e non lo faremo? » Verissimo quello che ci dice questo pio scrittore. 

Ma riflettiamo un poco; vediamo un po' se lo spirito del secolo, saturo di paganesimo, non abbia agito anche su noi cattolici. Ci ricordiamo talvolta, è vero, dei morti, ma per tessere loro delle ghirlande di fiori. 

- Il giorno dei morti non si tralascia di fare una passeggiata al camposanto; c'è per fino chi innalza ancora dei monumenti funebri; si scrivono pomposi elogi sul marmo in onore dei defunti; ma in generale queste iscrizioni non si chiudono più con un requiescat in pace, pietosa formola che, in secoli veramente cristiani, chiamava sul labbro del passeggero una breve preghiera in favore del defunto. Ora il cenno di cavaliere o d'altro titolo qualunque pare che faccia meglio sopra un epitaffio, ed io non lo contesto, ma quanto se ne giovi l'anima del defunto non saprei vederlo. 

L'uso degli uffizi funebri religiosi si mantiene tuttavia. Non se ne fa uno spreco, ma in fin de'conti si mantiene presso quelli che non hanno fatto compiuto divorzio dal cattolicismo. Ci si invitano i conoscenti più cospicui del defunto, non esclusi gli ebrei, i protestanti e neppur gli atei, massimamente se costoro hanno una bella posizione in società. Ed in generale tutti accettano l'invito, che è diventato un affare di convenienza, in cui pare che le convinzioni religiose non ci abbiano nulla a vedere. Bene spesso a queste funzioni il tempio è gremito di gente. Credete voi che dal seno di questa folla s'innalzino cordiali e fervide preghiere per disarmare la giustizia di Dio? Per parte mia ne ho qualche dubbio, perchè ricordo che Sant'Agostino chiama certe pompe funebri ricreazioni dei vivi anzi che soccorsi ai morti (De verb. Apost., 1 Thess.)

 Anche la pietà inverso i moribondi subisce, come tante altre cose, una trasformazione nel nostro secolo. Le persone che stanno loro attorno stimano conveniente di nascondere ad essi il pericolo in cui versano, e non di rado i medici stessi ci prestano la mano. Il ministro della religione, quegli che deve riconciliare l'anima col creatore, che deve consolarla nelle ultime ore, non vien chiamato che su gli ultimi istanti. 

Ma noi cattolici, non ci rendiamo noi con troppa leggerezza completamente pagani in coteste circostanze? Il nostro zelo per la salute eterna del prossimo, invece di andare innanzi a tutto, non è esso superato di molto dalla nostra sollecitudine per la salute fisica? 

Con questi fatti innanzi agli occhi, che si ripetono così spesso, che entrano nei nostri costumi, io mi domando: Non hanno più forse bisogno le anime del purgatorio che i fedeli s'occupino di loro? O siamo noi certi che i nostri parenti, i nostri amici, quelli che ci furono tanto cari mentre erano in vita siano sfuggiti alla giustizia divina? Quell'abisso di tormenti che si chiama il purgatorio si sarebbe forse cambiato? Ovvero si sarebbe egli ingannato San Gregorio allorquando diceva: Questo fuoco, che non è eterno, è pur non di meno più doloroso di tutte le tribolazioni che possono colpirci in questo mondo? (In. Ps., 3 poemit.) 0 non diceva forse il vero San Francesco di Sales quando affermava che dopo il paradiso non c'è luogo migliore del purgatorio, perchè non vi si sta sempre, ma che questo è ad un tempo il luogo peggiore che vi sia dopo l'inferno, perchè vi si soffre senza paragone con qua lunque pena terrena?

 - Come mai noi, uomini di cuore, cotantosensibili ai mali fisici dei nostri simili, siamo così indifferenti verso quelle anime i cui patimenti debbono vincere in asprezza tutte le tribolazioni, tutti i supplizi, tutti i malori che sia dato all'uomo d'immaginare? Oportet dice San Tommaso, quod poena purgatorii, quantum ad poenam damni et sensus, ea cedat omnem poenam istius vitae » Chi è che ci promette che in questo secolo, più che non fosse nei passati, le persone che ci furono care in vita non abbiano da rendere dei conti a Dio dopo la morte? 

Aimè! che all'opposto tutto tende a persuaderci che in questo secolo non solo il numero degli eletti diminuisce, ma che anche coloro i quali si salvano avranno a pagare de' grandi debiti alla giustizia divina prima di giungere tra i beati. 

Nei tempi in cui viviamo la via della perfezione cristiana è ben difficile a percorrere. Lo spirito del secolo vi semina ostacoli sopra ostacoli; l'atmosfera che respiriamo è pagana od atea. Chi vuol menar vita di perfezione è forzato a nascondersi, ed i raggi benefici e salutari del suo esempio non si spandono che in una cerchia ben ristretta.

La vita pubblica, posta alla faccia del sole, quella che abbaglia e trascina coll'esempio, è diventata uno scandalo permanente. Per ciò anche quel cristiano, che si mantenne saldo nella fede, può aver sofferto in qualche modo da queste influenze perniciose. Egli ha resistito, ha combattuto, si è pentito, e Dio ebbe di lui misericordia; ma questa misericordia deve andare di pari passo colla giustizia, con quella giustizia che in vita loro punì severamente anche dei santi quali furono Mosè, Davide ed Ezechiello, per un peccato d'orgoglio, un atto di poca fede, o di vanità; tutte colpe che a noi paiono leggiere. Vivendo in un secolo vertiginoso, in cui tutto ci trascina al male, chi è di noi che non abbia a rimproverarsi qualche colpa più grave ? 

Permettete, signore, che io ritorni ancora una volta al libro del conte Della Motta per convincervi appieno del quanto importi richiamare in tutto il suo vigore il culto cristiano dei morti, per opporlo a questo invadere del culto pagano.

 - « Gesù Cristo, che venne al dir del s. apostolo Giovanni sulla terra per congregare in uno i figli di Dio dispersi, ora tiene le sue pecorelle divise in tre ovili, in cielo, in terra, in purgatorio; ma egli vuole che queste tre greggie sieno unite tra loro. Per questo adopera il vincolo il più ampio, il più perfetto che Dio s'abbia, la carità; la carità che si spande in tutte le parti del regno di Dio, a tutte le membra del corpo mistico di Cristo, siano sane o inferme, mortali o gloriose. Ed ecco che come fece del purgatorio il luogo più compassionoso dell'universo, così lo ha fatto il centro a cui collima la carità dal cielo e dalla terra. I Santi e gli Angeli del cielo sentono infinita pietà di quelle anime afflitte, e ne desiderano ardentissimamente lo scioglimento, poi chè sono esse loro sorelle ed amiche carissime; noi operiamo a loro sollievo con quelle azioni meritorie che i Santi non possono più fare, ma che possono rendere accette a Dio colle loro preghiere, e l'anime beneficate ricambiano il benefizio con indicibile riconoscenza, che ben sapranno rendere un giorno efficace a nostro profitto. » 

Che vi può essere di meglio per armare il cristiano alle ultime lotte, di quest'opera che abbraccia e riassume la fede, la speranza e la carità ? Non potrebbe essere questa quel mistico thau, che, secondo l'Apocalisse, l'angelo deve segnare in sulle fronti degli eletti degli ultimi giorni ?

di J. E. DE CAMILLE

mercoledì 1 dicembre 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


L'ASIL0

Pio IX non si tenne pago d'erigere il Faro che deve illuminare il mondo; egli edificò l'asilo che deve servire di rifugio ai fedeli in questi tempi procellosi. Egli proclamò il dogma dell'Immacolata Concezione della SS. Madre di Dio. La proclamazione di questo dogma è un avvenimento di un'immensa importanza. Perchè un nuovo dogma, si disse, in un secolo in cui i dogmi antichi trovano già tanti increduli ? A questa domanda rispondo quel che io vi diceva ultimamente a proposito del Sillabo. Nulla ostava che questo dogma ricevesse la sanzione formale della Chiesa in uno dei secoli precedenti; eppure il fatto sta ch'esso fu promulgato soltanto nel 1854. Così ha voluto la Provvidenza, la quale ora, come sempre, aveva le sue buone ragioni. La proclamazione di questo dogma era già stata predetta da alcuni. Qui fa d'uopo ch'io dichiari che non si tratta più di profezie tratte dai libri sacri. Figlio obbediente alla Chiesa, io mi sottometto di tutto cuore alle savie prescrizioni di Urbano VIII intorno alla fede che si può prestare a quelle predizioni, che non ricevettero la sanzione formale dall'unica autorità competente. Tuttavia i libri a cui sto per ricorrere, sebbene non abbiano una sanzione formale, non sono però rifiutati dalla Chiesa, giacchè uscirono alla luce colla licenza dell'autorità ecclesiastica. Ed inoltre io mi attengo strettamente alla regola posta da Sant'Agostino: cerco in queste predizioni quali sono i fatti che si sono avverati, prima di emettere un'ipotesi qualsiasi su quelli che dobbiamo ancora aspettare. Ecco quello che si legge nell'opera Nova Floresta franciscana della venerabile Maria Maddalena della Croce, fondatrice ed abbadessa del monastero di Santa Chiara a Macao: « La concezione purissima della Madre di Dio sarà definita in una settimana che non avrà venerdì; questo fatto sarà preceduto da una vasta rivoluzione in tutta la China, e da grandi guerre tra i principi cristiani. Nella stessa maniera che l'incarnazione del verbo e la redenzione degli uomini avvennero di venerdì, così pure di venerdì avrà luogo la diffinizione del mistero della concezione. Nel mentre che il Sommo Pontefice celebrerà la festa di questa diffinizione, tutti gli idoli della China, del Giappone e del mondo sentiranno una forte scossa; essa sarà seguita da molte conversioni nell'impero Chinese, dalla caduta dell'impero Ottomano, e dalla conquista della casa di Dio in Gerusalemme, conquista che sarà dovuta ad un eroe di casa d'Austria, il quale non avrà altro che la sua spada ed il suo scudo, e ciò non ostante, sarà un nuovo Alessandro per la rapidità della sua marcia trionfale alla testa dei suoi soldati. Verso cotesto tempo una sinagoga di Marocco, ed un'altra dell'Egitto saranno date alla Chiesa. Gli austriaci solleciteranno particolarmente la definizione del dogma che ricondurrà la pace universale tra i principi cristiani, delle ferme alleanze e tutte le felicità ai popoli, ecc. ) - Molti dei fatti qui sopra accennati, i quali non erano che profezie nel 1640, quando la venerabile Maria Maddalena della Croce scriveva la sua Nova Floresta franciscana sono diventati fatti storici nell'anno di grazia 1868. Tutti sanno che la definizione dogmatica della dottrina dell'immacolata concezione ebbe luogo a dì 8 dicembre 1854, in giorno di venerdì. Il Santo Padre, in questa occasione, dispensò i fedeli dall'astinenza delle carni, imitando in ciò uno dei suoi predecessori, il quale in un venerdi nel quale occorreva un'altra simile grande solennità, rispose: Ebbene, si continui a fare il giovedì. Dura tuttavia a Roma il ricordo di questo fatto già antico, e la settimana in cui questo avvenne, la si chiama la settimama dei tre giovedi, essendo che l'indulto del Papa si estendesse ancora al sabbato della medesima. Sono pochi anni che la grande rivoluzione dei Taipings contro il figlio del cielo venne a stupire il mondo, ed all'ora in cui siamo non è per anco terminata. Quanto alle guerre tra i principi cristiani, noi le abbiamo viste, e non è certo che non abbiamo a vederne ancora in un avvenire ben vicino. E finalmente, per motivo delle recenti spedizioni fatte dalla Francia e dall'Inghilterra insieme nelle acque lontane della China e del Giappone, un novello avvenire si è aperto in quei vasti imperi al cristianesimo, il quale non può mancare di finire colla rovina degl'idoli. Ecco tutti i fatti di questa profezia che noi vediamo già compiuti. Che cosa dice inoltre la Venerabile? Che la definizione del dogma sarà seguita dalla caduta dell'impero Ottomano. Questo è il primo avvenimento che noi dobbiamo aspettarci nell'ordine cronologico. Vi sembra egli, o signore, che esso sia molto lontano? Io so che gli uomini di stato, dopo la battaglia di Sadowa, hanno cominciato a parlare della rinuncia dell'Austria al primato in Alemagna, per estendersi in Oriente, ed ivi esercitare una missione d'incivilimento. Questo fa ben altro che rendere inverosimili le previsioni di Maria della Croce intorno alla parte che sarebbe chiamato a rappresentare in Gerusalemme un eroe di casa d'Absburgo. Quanto alle altre rivelazioni contenute nel passo su riferito - io non ho nulla a dire, non essendo io dotato nè di spirito profetico, nè del dono dell'interpretazione delle profezie. Prendo nota soltanto della pace universale che ci è promessa, perchè questo soggetto mi tornerà presto sotto la penna. La diffinizione di questo dogma ha già prodotto un effetto, che si può considerare come un pegno di quella pace universale che deve stabilirsi nella cristianità, e questo effetto è la pace in grembo della Chiesa. Pio IX ha potuto proclamare questo dogma assistito da un numero considerevolissimo di vescovi e di prelati venuti dalle cinque parti del mondo, ed ha potuto proclamarlo come l'espressione del pensiero di tutti. A mala pena, nelle riunioni prepara torie si fecero sentire alcune rispettose osservazioni. Tutte le nazioni ascoltarono la voce del padre dei fedeli, riconobbero la sua autorità, si fecero una tenera sollecitudine di accettare la sua proclamazione, e, cosa straordinaria in un secolo in cui un tale atto poteva parer temerario, il dogma dell'Immacolata Concezione fu ricevuto dappertutto senza proteste e senza discussione. Tutti gli ordini religiosi, sia quelli che per secoli avevano sostenuto questo dogma, sia quelli che lo avevano combattuto, si diedero la mano per inginocchiarsi insieme ai piedi del vicario di Cristo, e chinando la fronte a terra esclamarono con voce unanime: Credo ! credo ! credo ! Qui non sette, non scismi, non dispute: il culto a Maria concepita senza peccato, si trovò acceso d'un tratto, come da scintilla elettrica, nel cuore di tutti i fedeli. E da quel giorno benedetto, dacchè sorse quell'aurora benefica dell'8 dicembre, la pace nel seno della Chiesa si fece qualche cosa di più elevato, di più angelico, per dir così, che tutte le paci di cui parlino fin qui gli annali ecclesiastici. La pace talvolta può essere una pura assenza di contraddizione e non altro, e questa è già una bella fortuna. Questa pace brillava sull'augusto vegliardo quand'egli annunziò questa idefinizione dal Vaticano.

Essa era un primo raggio del cielo che scendeva su lui. Ma in seguito!... Ove pigliar le parole per descrivere la fusione delle anime che si fece in tutta la cattolicità sotto l'influenza di quel primo raggio benefico? Ove trovare un accordo più affettuoso, più unanime, più assoluto, più generale di tutti i pastori col pastore supremo, e di tutti i fedeli coi primi e con quest'ultimo? Quasi quasi a questo sublime spettacolo si potrebbe esclamare: L'unum ovile e l'unus pastor che ci si annunziava, ecco che noi l'abbiamo ! Mirate, signore! Eccoli venire da tutte le parti della terra i vescovi, gli ecclesiastici, i fedeli per celebrare il centenario di San Pietro. Che cosa è che li spinge verso Roma dall'America, dall'Oceania, dall'Affrica, dal l'Asia? Che cosa è che li determina a sfidare le tempeste del mare, gli ostacoli, le fatiche, le privazioni, le spese d'un lungo viaggio, dal quale non sono certi di ritornare? È forse un ordine formale del Sommo Pontefice? Niente affatto. Pio IX non fece che un invito cordiale, non espresse che un semplice desiderio. E questo semplice desiderio di lui commuove l'intero mondo cristiano. In faccia al mondo pagano ed ateo che sprezza o minaccia questo movimento, i cristiani si commuovono in una maniera irresistibile, sprezzando i pericoli della persecuzione e le risa degli scettici; la cattolicità accorre a Roma e viene ad onorare San Pietro baciando il piede del suo glorioso SUICCESSO. Il raggio disceso dal cielo al momento della proclamazione del dogma dell'Imma colata Concezione è dunque stato fecondo. Quando il soffio del serpente attossica il mondo intiero e lo sconvolge, quando Roma è stretta da suoi nemici, e non sa da qual parte le possa venire il soccorso, quando la guerra contro la Chiesa è tale che non ve n'è stata mai una più ostinata, più accanita, quando la sua salvezza, sotto l'aspetto puramente umano, non è mai stata in termini più disperati, ecco, oh prodigio ecco la Madre di Dio che tiene sotto il suo piede verginale la testa del serpente. Mirate: giammai la Chiesa non ha, come ora, goduta una pace così profonda.

E questa strettissima unione, o signore, questa santa armonia delle anime di tutti i pastori col sommo pastore, questa perfetta comunione di sentimento non è solo tra i fedeli che appartengono all'alta gerarchia. Al di sotto di questa, iscorgete un movimento analogo per tutta la terra: dappertutto una santa agitazione, una direi quasi effervescenza d'amore. Questo amore, quest'agitazione, questo movimento attirano i fedeli verso Roma; è a lei che si fissano tutti gli sguardi, è verso di lei che si tendono tutte le mani. Roma è divenuta il pensiero dominante dell' umanità. Roma strappa ad un secolo avaro dei tesori di elemosina; ad un secolo egoista dei tesori di sacrifizi; ad un secolo ateo dei tesori di fede. Essa svelle i bambini dalle braccia delle tenere madri, i ricchi ai piaceri del l'opulenza, i poveri all'umiliazione della miseria, per elevarli tutti alla più nobile missione che sia dato agli uomini di compiere sulla terra, a quella di metter la vita per la difesa del vero. Esaminate le date, signore, ed osservate da quando è incominciata questa visibile trasformazione del mondo, che va di giorno in giorno estendendosi, e poi dite, se il dogma dell'Immacolata Concezione non è un grande avvenimento. Questi giovani che da tutte le parti del mondo convengono attorno al vecchio Pontefice per fargli scudo dei loro petti, ignorano forse tutta l'importanza del loro sacrifizio, e la tela ammirabile che la provvidenza ha ordito sopra il loro eroismo. Essi offrono la loro vita sull'altare di Dio, senza aver altra mira, e basta. Quanti sono, fra questi generosi figli di Francia, di Olanda, del Belgio, d'Irlanda, del mondo intiero, fra questi soldati della fede, quanti sono coloro che abbiano qualche cognizione delle profezie di San Francesco di Paola? Eppure il loro eroismo è stato esaltato sin da quattro secoli fa da questo Santo nelle lettere che egli scriveva a Simone della Limena signore di Montalto, oriundo spagnuolo. - Queste lettere sono in numero di sette, ed io non le posso qui tutte trascrivere. Mi restringo a tradurre la quarta ed a dar alcuni estratti delle altre, avvertendo eziandio che di queste lettere è fatta menzione nel Tesoro delle opere spirituali di G. G. Courvoi sier, nei Prolegomena in apocalypsim di V. Fussari, ed in Cornelio A Lapide, Commenti sull'apocalisse (c. XVII). « Dal principio della creazione del mondo, dopo fatto il primo uomo, sino a che finirà l'umana generazione, sempre si sono viste e si vedranno cose maravigliose sopra la terra. Non passeranno quattrocento anni che la divina maestà visiterà il mondo con una nuova religione molto necessaria, la quale farà più frutto al mondo che tutte le altre insieme unite. Sarà l'ultima e la migliore di tutte. Procederà con le armi, con le orazioni e con la santa ospitalità. Il Capo e fondatore di tal gente sarà uno della vostra stirpe, e questo sarà il gran riformatore della Chiesa di Dio. « Spezzano, 13 gennaio 1489. « FRANCESCO DI PAOLA. » Eccovi alcuni brani delle altre lettere. Nella quinta il Santo così si esprime: « O ciechi degli occhi dell'anima coloro che pongono il loro fine nelle cose terrene niente pensando alle cose di Dio! Oh sventurati! Peggio assai degli animali bruti che vivono secondo il senso, poichè in loro non può essere ragione; ma gli uomini ragionevoli, per aver dimesso l'uso della ragione, sono divenuti bestiali, vivranno sempre in confusione. Apparecchinsi pertanto i principi del mondo ad aspettare il grandissimo flagello sopra di loro... Ma quando sarà talcosa? Quando si vedranno le croci colle stimmate, e si vedrà sopra lo stendardo il – crocifisso. – » Questa lettera ha la data del 25 marzo 1490. Francesco di Paola parla ancora della visita di Dio al mondo per opera de' suoi crociferi in un'altra lettera indirizzata allo stesso personaggio colla data del 7 marzo 1495. Egli parla di nuovo dello stendardo col crocefisso: « Stendardo meraviglioso agli occhi dei giusti, deriso sul principio dagl'increduli, mali cristiani e pagani. Vedute le meravigliose vittorie contro i tiranni, eretici ed infedeli, il loro riso si convertirà in pianto. » Dopo aver descritta la strage che i santi Crociati faranno dei ribelli alla Divina Maestà, il santo soggiunge: « Tal pena meriteranno tutti coloro che saranno trasgressori dei divini precetti, e con nuove e false dottrine procureranno di corrompere il genere umano contro i ministri del culto di Dio. » Il 13 agosto 1496 il Santo scrive di nuovo al signore di Montalto che dalla sua stirpe deve uscire un uomo, il quale in sua gioventù sarà un gran peccatore, ma che Dio chiamerà al bene come San Paolo. « Egli sarà il fondatore, torna a scrivere, di una nuova religione differente da tutte le altre, quale scompartirà in tre ordini, cioè di cavalieri armigeri, di sacerdoti solitari, e di ospitalieri piissimi. » Egli dichiara ancora una volta che quest'ordine sarà l'ultimo, e seguita in questi termini: «Costui distruggerà la setta maomettana, estirperà tutti gli eretici e tiranni del mondo, piglierà per forza d'armi un gran regno, e sarà un ovile ed un pastore, e ridurrà il mondo ancora ad un vivere santo e regnerà sino alla fine dei secoli. Il mondo tutto non avrà che dodici re (e il veggente di Patmos annunzia la stessa cosa), un Imperatore ed un Papa e pochissimi signori, e questi saranno tutti santi. Viva Gesù Cristo benedetto, poichè a me, indegno e povero peccatore si è degnato darmi spirito profetico con chiarissime profezie non oscure, come agli altri suoi servi ha fatto scrivere oscuramente e dire. So che dagl' increduli e gente prescita sarà fatto beffe delle mie lettere, e non saranno prese per tali, ma si dai fedeli spiriti cattolici che aspirano al paradiso. » Mettendo qui coteste citazioni, io non ho la pretensione d'inferirne che le predizioni di San Francesco di Paola si siano già avverate alla lettéra, o che noi siamo alla vigilia di vederne il compimento. Le sue parole si riferiscono ad un tempo che non è certo lontano, e di cui mi resta a parlarvi, come ho già detto; ma intorno a questo tempo noi non possiamo ancora portare un giudizio, non possiamo che farcene un'idea dai germi che ne vediamo. Uno di questi germi è senza dubbio il formarsi d'un esercito della Chiesa portante il Crocifisso sulla sua bandiera.

di J. E. DE CAMILLE

martedì 26 ottobre 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


IL FARO 

L'Onnipotente ci fece descrivere l'epoca anticristiana dai profeti dell'antica legge, ce la indicò per mezzo del suo Verbo incarnato, ce ne diede il carattere per bocca degli apostoli, ispirò ai Padri ed ai Dottori della Chiesa le maravigliose previsioni che essi lasciarono scritte intorno a questi tempi; ma ciò non bastava ancora ad appagare l'immenso suo amore per l'umanità. Noi siamo entrati nell'epoca solenne. Gli uomini si ammogliano o maritano le loro figliuole come ai tempi di Noè, s'occupano d'un mondo di cose, e per la maggior parte, più specialmente d'accrescere i loro capitali e le loro rendite, fosse pur anche un poco a spese dei fratelli; essi pongono grandissima cura nell'aumentare il loro benessere individuale, e mostrano tanta attività d'intelligenza, che vediamo adempiersi alla lettera ciò che diceva S. Gregorio, cioè, che verso gli ultimi tempi gli uomini saranno dotati d'uno spirito più perspicace, come una fiaccola che manda luce più viva prima di spegnersi (Dialog., Lib. IV). Questa intelligenza essi la volgono a perfezionare i lavori della materia, a dominarla, a farla servire all'aumento di cotesto benessere fisico che sta loro tanto a cuore. Essi ci si confondono talmente con essa, la rimpastano in tante guise, che hanno finito per dichiarare che la loro propria natura sta congiunta con lei; la materia non è più altro che un gran tutto, di cui l'anima umana è una particella soltanto. Taluni sentendo la necessità di avere degli antenati, ebbero ricorso alle scimmie, e ne fanno gli archimandriti dell'umanità. E non pensano, gli sciagurati, che nel sostener questa tesi, fanno una grave ingiuria a quei quadrumani perchè è da dubitar forte che le scimmie, le quali ubbidiscono alle leggi che Dio ha fatte per loro, non rinnegherebbero forse, potendo, una posterità che non vuol riconoscere legge alcuna. Così stando le cose, egli è ben naturale che la gente s'occupi poco di Dio, e meno ancora della fine del mondo. La Provvidenza però non si dà mai per vinta; anzi l'ingratitudine degli uomini è, per dir così, un pungolo al suo amore; siccome ha campo di esercitare il rigore della sua giustizia nell'eternità, essa può bene sovrabbondare in misericordia inverso alle creature fintantochè sono sulla terra. Ed ecco che lo Spirito Santo discende su Pio IX; ecco che questo Pontefice viene ad aggiungere ancora qualchecosa a quello che era stato predetto da tanti secoli: egli innalza il Faro che deve esserci di guida nella notte dei tempi: il Sillabo. Voi temete, o signore, ben me ne accorgo, che io esageri l'importanza del Sillabo. Ma non è desso la pietra di paragone dell'apostasia? Senza di lui l'apostasia avrebbe ancora serpeggiato chi sa quanto tempo tra i fedeli, non solo senza lasciarsi scoprire apertamente, ma fors'anche senza che se ne avesse il sospetto. Imperocchè l'apostasia, per la stessa sua natura, è difficilissima a riconoscere. - Essa è una rinunzia alla verità, che può prendere tutte le apparenze d'un omaggio alla verità stessa. Una simile rinunzia può talora farsi con malizia si raffinata, che gli stessi eletti corrano il rischio di lasciarsi illudere. - Ed infine, essa non è l'iniquità pura e semplice, ma giusta le parole di S. Paolo, è il mistero dell'iniquità. Quest'apostasia degli ultimi tempi è chiamata universale, non solo perchè essa avrà ad essere il delitto comune della gran maggioranza degli uomini, ma perchè dev'essere la demolizione di tutte le verità necessarie alla salute eterna. Il vero, nella sua essenza non è che un , e si chiama Dio; ma infinito è il numero delle sue manifestazioni. Si può negar Dio senza pur nominarlo, in molte circostanze diverse, solo col mettere la menzogna al posto della verità. L'apostasia stringe gli uomini alla vita, 

Non v'ha atto morale nella vita, non operazione dell' intelletto, non sentimento, il quale non possa improntare il proprio carattere dal vero o dal falso. L'apostasia ti segue in tutto ciò che fai, ti tende i suoi lacci; l'errore entra in te senza quasi che tu te ne avveda; è un nulla qualche volta, o pressochè nulla. Che monta? egli è sempre un passo indietro per la strada che mena alla sorgente del vero, al trono di Dio. Come potrebbero le moltitudini sfuggire alle insidie che loro tende lo spirito delle tenebre, se non vi fosse sulla terra un'autorità avente la missione di difenderle contro Satana? La Chiesa non ha mai piegato un solo istante sotto il peso di questo còmpito. Lo spirito delle tenebre l'ha sempre trovata là sulla breccia. Giammai il male non fece una conquista, senza che la Chiesa non protestasse, senza che ella non alzasse la sua voce, senza che accanto alla proclamazione della menzogna, non si trovasse la dichiarazione della verità. Anche allorquando i governi l'abbandonarono, anche allorquando la perseguitarono, essa non cessò mai di mantenersi fedele alla verità; circondata di nemici, essa parlò, difese tutti i diritti, persino quelli del potere civile che cercava di abbatterla. - - La strada percorsa dall'umanità è seminata di monumenti che fanno buona testimonianza della sapienza della Chiesa e della sua sollecitudine per l'umanità. Chi guarda a questi monumenti può dire: fingui è arrivato il tale errore, che inondò la terra in quel tempo! Ma questi monumenti, che lo spirito delle tenebre cerca di nascondere, non sono visibili agli occhi della turba. Ora noi siamo in tempi in cui la turba è fatta immensa. Uomini di stato e di spada, dotti e letterati, tutti coloro che per il passato si innalzavano sopra il comune livello degli uomini, o per grandezza di carattere, o per splendore d'intelligenza, sono tutti diventati una turba, grazie alla tendenza dominante in questo secolo, cioè all'ignobile e bassa cupidigia di piacere al volgo e di ubbidire alla falsa opinione pubblica. Pio IX penetrò con uno sguardo pieno di viva ansietà i recessi della società moderna, ne riconobbe i bisogni ed i pericoli, nello stesso modo che i suoi predecessori avevano compresi quelli delle società che erano chiamati a governare. Come avviene egli che tutti i papi dotati, sotto l'aspetto puramente umano, di così differenti facoltà, abbiano tuttavia avuto egualmente una sì alta e si profonda intuizione dei bisogni sociali? Coloro che non vogliono credere che la Chiesa è retta da un potere soprannaturale, e che il Papa è in materia religiosa infallibile, si facciano innanzi, e mostrino, se il puonno, altro esempio d'una successione d'uomini che si prolunga per diciotto secoli, senza abbandonare pur una volta la causa della verità, combattuta sotto tutte le forme immaginabili e possibili. Pio IX adunque riconobbe che la turba ignorante e sbadata, volgendo ostinatamente le spalle alla verità, era diventata in questo secolo una legione innumerevole; egli si accertò che questa turba era impotente a far ricerca dei monumenti che i suoi predecessori avevano lasciato nella storia, il suo cuore ebbe pietà di questi poveri ciechi; e mise mano all'opera, e raccolti tutti questi monumenti compilò e fece noto al mondo il Sillabo.

Perchè l'ha egli fatto? Perchè quest'ispirazione è venuta al presente pontefice anzichè a Gregorio XVI, a Leone XII, a Pio VI? Perchè erano giunti i tempi in cui dovevano separarsi i due campi, quello dei fedeli e quello dei malvagi; perchè era necessario che si innalzasse un Faro sul mare tempestoso della società odierna e che gl'ipocriti ed i deboli si scernessero finalmente dai forti e dai predestinati, che gli uomini paressero una volta quel che sono realmente, e che l'apostasia prendesse il suo vero nome, e si mostrasse alla luce del giorno. Ecco, signore, a che serve il Sillabo. Questo mirabile documento, se fosse comparso sotto Gregorio XVI o sotto Leone X, non sarebbe venuto a tempo; e le opere della Chiesa cattolica vengono a tempo, e segnalano i tempi. Pio IX manda il Sillabo urbi et orbi. Ecco, egli dice, ecco ciò che la Chiesa insegna ai popoli perchè ubbidiscano ai prencipi; ecco ciò che insegna ai prencipi per governare i popoli; ecco ciò che insegna a tutti per la salute delle anime, Ora chi ha risposto a quest'appello? Chi accetta queste saggie dottrine ? Chi mostra la sua gratitudine al pontefice, il quale, in vista delle sventure che minacciano il mondo, venne a gettare il suo grido di avvertimento? Non vi fa tremare, o signore, il silenzio che domina tutt'intorno a questa voce venerabile e piena d'autorità? Tra tante nazioni agitate ed in rovina, che cercano invano un momento di respiro, che esperimentano tutti i sistemi senza trovarne pur uno savio e ben fondato, ve ne è egli stata una almeno che abbia sospeso il suo lavoro di demolizione per volgere un istante la sua attenzione al codice di verità che le presentava la Chiesa? Non vi pare che questo abbia un certo significato? Poniamo, per ipotesi, che l'epoca anticristiana sia lungi ancora mille anni, ma intanto, se domandiamo a noi stessi quale sarà il segno più sicuro per riconoscere l'apostasia, non ne troveremo uno che valga questo della indifferenza universale con cui si accolsero dai governi gli ammonimenti del Sommo Pontefice. Ecco perchè il Sillabo è venuto in questo tempo. E ci è venuto per un'altra ragione ancora; perchè i popoli ed i principi non n'ebbero mai tanto bisogno come ai di nostri, ed esso era fatto per servire di guida a tutti sulla via del vero, che lo spirito di menzogna cerca di rendere aspra e difficile. D'ora innanzi niun essere ragionevole potrà più scusarsi col pretesto di non conoscere la dottrina della Chiesa sopra una folla di questioni, di cui non si scorgono a prima giunta le intime relazioni coi dogmi, colla morale e colla disciplina. L'umanità è avvertita: ella sa ora ciò che si nasconde sotto il nome di progresso e libertà, ciò che vogliono dire tolleranza ed indipendenza, ciò che s'intende sotto il nome di spirito del secolo. Tutte queste espressioni furono deviate dal loro senso naturale. I falsari dell'anticristianesimo le fabbricarono sull'altare di Baal e cercano di spanderle nel popolo come monete d'oro puro. Grazie al Sillabo queste fallacie non possono più ingannare nessuno. Il Faro adunque è acceso e fa lume a chiunque ci vede. I ciechi non lo vedono, ed è naturale; con tutto ciò esso raggiunge mirabilmente il suo fine, ed è di separare i buoni dagli apostati. La sua luce penetra nei cuori e li rende trasparenti. Quanti che prima portavano, secondo l'espressione di S. Paolo, la cancrena occulta, ed ora non possono più tenerla celata! Su questo punto permettete che vi faccia una domanda che vi sorprenderà forse un poco. Son sicuro che non ve l'aspettate; ma insomma io la butto là, anche a costo di passare a vostri occhi per uno spirito bizzarl'O. Ditemi, signore, tenete voi proprio per sicuro che coloro i quali rifiutano di sottomettersi alle dottrine del Sillabo credano ancora ai vangeli ? Non iscorgete a primo sguardo, come io me l'aspettava, come c'entri qui la mia domanda; ma riflettete un poco, e considerate donde la Chiesa ha la sua autorità e quanto questa si estenda, e vedrete di leggeri che c'entra benissimo. Dov'è che si possono leggere quelle parole dette da Cristo a S. Pietro: Pasce oves meas? e queste agli apostoli: « M'è stato dato ogni potere sul cielo e sulla terra. Andate adunque, istruite i popoli insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato. » E queste altre: « Percorrete il mondo intiero, predicate il Vangelo a tutti gli uomini. Chi non crederà sarà condannato. » E quest'altre ancora: « Chiunque vi ascolta, mi ascolta, chi vi sprezza, mi sprezza, e chiunque disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato ? » Queste parole io le trovo negli evangeli di S. Matteo, di S. Marco e di S. Luca. Per rispettarle bisogna che diamo loro un significato; chè non si rispetta ciò che non si capisce. Ora qual altro significato si può dare a coteste parole del Vangelo fuori di questo: che il Papa e la Chiesa hanno ricevuta da Cristo la missione d'insegnare al mondo ogni verità che sia necessaria per salvarsi, vale a dire tutte le verità religiose e sociali ? Vedete, adunque, signore, che credere al Vangelo e non far conto del Sillabo sono cose difficili a conciliarsi. Il Sillabo non è altro che la collezione degli errori religiosi e sociali che la Chiesa ha condannato in tutti i tempi. Chi non lo accetta con venerazione, chi non si unisce alla Chiesa per condannare ciò ch'essa condanna, costui esce dal grembo della Chiesa stessa. Le leggi della logica non mi permettono di conchiudere altrimenti.

di J. E. DE CAMILLE

giovedì 2 settembre 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


ROMA E L'ITALIA. 

Qualunque sia il vostro parere intorno al confronto che io ho creduto di poter fare tra il popolo ebreo ed il popolo italiano, confronto da cui ho cominciata la serie di queste lettere, egli è certo, o signore, che Roma è al centro d'Italia, e che il nuovo regno italiano rinserra da ogni banda quella porzione dello stato della Chiesa che resta tuttavia al Papa. Questo semplice fatto dà molta importanza allo studio delle relazioni ora esistenti tra il Vaticano ed il nuovo regno per chi voglia giudicare del tempo più o meno lungo che ancora ci separa dall'ultima persecuzione della Chiesa. Roma al tempo dei pagani aveva una missione provvidenziale, e nell'era cristiana ne ha una anche più grande. Roma pagana, che non potè mai essere conquistata, preparava la gloria di Roma cristiana; era suo destino di conquistare il mondo colla spada per offrirlo ai successori di Pietro, i quali dovevano divenirne padroni per mezzo della croce. Al dileguarsi del mondo pagano, i barbari piombano sull'Italia da tutti i punti della terra; sognano di piantare sulle rovine dell'antico un nuovo impero universale, ma niuno può reggersi; i successori di Pietro soltanto si mantengono nella Città Eterna. Roma appartiene alla croce. È la croce che fa risorgere l'antica città imperiale dalle rovine; è in grazia sua, e per suo vantaggio che ivi si edifica una nuova città degna di quella che era quasi scomparsa. I capi dei barbari, gl'imperatori, i conquistatori, i condottieri possono bensì spingersi fin dentro Roma, non già stabilirvisi; quelli che durano a mantenervisi costante mente sono una serie di vecchi inermi. In mezzo al turbine degli sconvolgimenti, per seguitati, martirizzati bene spesso, esiliati qualche volta, essi sono sempre romani e, si trovino dentro o fuori delle mura di quella città, stanno sempre a capo della cittadinanza romana. Non ci sono altri monarchi romani all'infuori di loro. Dalle invasioni dei barbari fino a Napoleone I, Roma vide assai conquistatori nelle sue mura, ma il padrone di Roma è sempre stato uno di cotesti vecchi che sono i successori degli apostoli. La gloria umana non può più dar nulla a Roma; passate sono per lei le apoteosi guerriere; ella non deve più essere che o la città dei morti o la città dei santi. I successori degli apostoli la resero la città dei santi: è sua missione d'irradiare su tutto il mondo lo spettacolo della santità, e di conservare, finchè sarà la sede del vicario di Cristo, il sacro deposito delle verità che il Creatore ha voluto rivelare agli UIOIm1ml. Vediamo ora, se il popolo italiano non abbia punto da menar legittimo vanto di questo bel privilegio che ha di possedere sul suo territorio la città santa dei veri credenti. Dio, il quale mostrava una così tenera cura per il popolo eletto dell'antico testa mento, non ha dunque fatto nulla per la nazione in mezzo a cui pose il capo visi bile della sua Chiesa? I paesi d'Europa vengono desolati da scismi, perturbati dal l'eresia, scompigliati dalla rivoluzione; in tutti si manifestano di codesti sconvolgi menti dell'ordine morale, tranne l'Italia, cui Dio accorda il tempo necessario per misurarne le orribili conseguenze, e meditarle. Nessuno di quei mali mette radice nella Penisola. Se non che, essendo la rivoluzione il peggiore dei disordini morali, perchè con tiene tutti gli altri, la Provvidenza permise che quella del 93, passate le Alpi, vi facesse una breve apparizione, il che probabilissimamente avvenne acciò che la parte del popolo più ignorante, quella che non tanto facilmente si sarebbe potuta fare un concetto delle orgie sanguinose della Francia in quel tempo, potesse anch'essa sentire la differenza tra il giogo di Dio, rappresentato dalla sua Chiesa, e il giogo del demonio rappresentato dalla rivoluzione. Ma niuna cura, per quanto attenta, della Provvidenza può impedire l'abuso del libero arbitrio, e questo deve aprire la strada al figliuolo della perdizione. Le lezioni della storia, la ricordanza stessa d'un tempo appena trascorso non hanno portato alcun frutto. v - - Quando Isaia con amare parole prediceva agli Ebrei la loro ostinazione a non riconoscere la venuta del Messia, chi sa che non vedesse ancora traverso ai secoli un altro popolo che doveva ostinarsi a non riconoscere i segni precorritori della venuta del l'Anticristo. Già sapete che io sono inclinato a crederlo, sia per il confronto che vi ho fatto tra i due popoli eletti, sia perchè è noto che gli esempi di queste doppie visioni, di queste profezie miste, riferentisi in uno ad avvenimenti dell'antico e del nuovo Testamento, s'incontrano spesso nelle sacre pagine. - Sentiamo Isaia: « Ed egli disse: va, e dirai a questo popolo: Ascoltate, e non vogliate capire; e vedete, e non vogliate in tenderla. Accieca il cuore di questo popolo, e istupidisci le sue orecchie, e chiudi a lui gli occhi; affinchè non avvenga che co' suoi occhi egli vegga, e oda co' suoi orecchi, e col cuore comprenda, e convertasi, ed io lo sani. E dissi: Fino a quando, o Signore? Ed egli disse: Fino a tanto che desolate rimangano le città, senza di chi le abiti, e le case senza uomo, e la terra sarà lasciata deserta. E il Signore manderà lontano gli uomini, e moltiplicheranno gli abbandonati sopra la terra. Ed ancora ella (la nazione eletta come dimostra S. Gerolamo) sarà de cimata, e di nuovo sarà mostrata a dito come un terebinto, od una quercia che spandeva i suoi rami: seme santo sarà quello che di lei resterà in piedi. » Il profeta dice in sostanza agli abitanti della Giudea: Non ostante tutti i segni che io vi predico, non ostante tutto quello che vi ho annunziato e vi annunzio ad alta voce, voi non riconoscerete il tempo in cui il Salvatore verrà, epperciò la vostra nazione sarà dispersa. Ed a me pare che ei voglia anche dire agl'Italiani: Non ostante i segni che avrete innanzi agli occhi, non ostante gli avvertimenti di Dio e della sua Chiesa, l'apostasia vi chiuderà gli occhi e le orecchie; voi v inchinerete dinanzi al falso Messia e la vostra nazione sarà dispersa.

Qui prevedo una obbiezione, cui voglio tosto rispondere: Che ci parlate di apostasia? Il popolo italiano, mi si dirà, è il primo a gemere per il giogo che gli pesa sopra, a detestare, a maledire l'opera della rivoluzione; egli non s'inchina punto agli idoli di Baal, e non si appresta per nulla ad erigere altari all'Anticristo. Lo si vede per contro offrire incensi al vero Dio, ricevere colla più profonda venerazione la parola del Vicario di Cristo, e dare al mede simo le più splendide prove d'una divozione sincera. È verissimo, ma importa assai aver bene - in mente che, di quanti parlano del figliuolo del peccato, niuno dice che ei debba regnare per l'affezione del popolo; che anzi ce lo dipingono come uno dei tiranni più esecrabili, destinato ad esercitare contro i buoni una persecuzione sì fiera, che sorpasserà ogni altra che siasi mai veduta. Il numero dei martiri che ei deve fare in po chi anni sarà superiore a quello che diedero al cielo diciotto secoli di persecuzioni d'ogni maniera. Vedete di qui, signore, se al tempo di cui parlo, non vi debbano più es sere, e in Italia e fuori, degli avanzi di quel seme santo! Alla fine del mondo questo seme non si troverà soltanto in copia, ma sarà purgato e fortificato per resistere alla seduzione e col martirio trionfare della persecuzione. Or bene, noi vediamo, tanto in Italia quanto presso le altre nazioni cattoliche, i tepidi, gli uomini di fede malferma farsi di giorno in giorno più rari; essi o passano al nemico, o si fanno saldi nella fede; ed anche questo mi pare che provi qualcosa in favore della mia tesi. Ma ciò che forma un popolo sono le sue istituzioni sociali ed il suo governo; per questo egli è una nazione. E la nazione, qualunque sia il carattere del popolo che la costituisce, viene rappresentata da suoi capi, da suoi ministri, da suoi amministra tori, da tutti quelli che formano il potere e che possono condurla verso il bene o verso il male a loro talento. Ora, ed abbenchè il numero dei fedeli sia ancora ai di nostri assai grande in Italia, v'ha forse alcuno che abbia il coraggio di affermare che Dio è colla nazione italiana? Oh! che resta di cristiano a questo regno infelice? Non la sua origine, certamente. Questa grande agglomerazione si fece ad onta della giustizia e del diritto, nonostante i trattati, in onta degli anatemi della Chiesa. Non le sue istituzioni fondamentali; chè i principii su cui elle riposano sono condannati dall'Enciclica Quanta cura, e nella loro applicazione si trovò modo di renderle an che peggiori a danni della Chiesa. Veramente è proprio l'Italia dei nostri giorni quel popolo, al quale Iddio potrebbe ripetere per bocca d'Osea: « Voi non siete più mio popolo, ed io pure non sono più il vostro Dio » (Cap. I, vers. 9). Noi sappiamo che il carattere distintivo dell'epoca anticristiana dev'essere l'apostasia. Il Governo italiano, probabilmente senza pure avvedersene, eseguisce puntualmente i disegni della Provvidenza. Il partito, che dalla fondazione del nuovo regno tenne costantemente il potere in mano, ha sempre combattuto Pio IX sotto il pretesto di tutelare gl'interessi della religione. Al disopra del partito garibaldino, che colla violenza vuole farla finita coi vampiri di Roma, colla lebbra sacerdotale, colla peste abbominevole dei preti (sono questi i titoli che ei danno agli avversari dell'apostasia) vi hanno i ministri, le camere, la Rivoluzione sedicente moderata, che segue un'altra via: essa manda al Vaticano le sue minacce ed i suoi ultimatum in nome del progresso e dello spirito del secolo. Tutti sono d'accordo per pigliare Roma ai papi: e il partito d'azione e il governo non hanno su questo punto che un solo volere; ma quest'ultimo lo guida con mag gior prudenza, e pretende che il Papa si spogli da se stesso del potere temporale, benedica quelli che la Rivoluzione chiama nuovi principii, presti omaggio allo spirito del tempo e abbandoni le antiche supersti zioni. Neppur uno di questi uomini di stato del partito governativo rammenta il Catechismo; la loro condotta lo dice chiaro. Ma non pare che essi credano gran che necessario il co noscerlo per affibbiarsi il nome di cattolici; infatti essi diconsi cattolici in ogni occa sione, ed ogni volta che si rivolgono al Santo Padre, il fanno sempre in nome dei sacri interessi della religione.

Uno di costoro, il Vacca, ministro di Grazia e Giustizia, presentando al Parla mento una delle tante leggi che si fecero per la spogliazione del clero, esprimeva nella sua relazione il vivo desiderio « di vedere il Papa e il clero tornare alla morale pu rissima dei Fondatori della religione catto lica. » Costui ignora che il cristianesimo è stato fondato dal Figlio di Dio, e non ha altri fondatori che lui; ma ciò non gl'im pedisce di trovare la morale cristiana assai degenerata e corrotta, e di ricordare al Sommo Pontefice che la sola âncora di sa lute rimasta alla Chiesa è di lasciare che il governo italiano s'impadronisca di tutti i suoi beni, e di pensare a ricondursi ad una morale più pura. Il generale La Marmora, uno dei capi del partito moderato, parlando alla Camera nella seduta del 24 febbraio 1866, nel qual tempo egli era presidente del Consiglio, si esprimeva in questi termini sopra la que stione di Roma: «Il Governo imperiale è d'opinione che il potere temporale del Papa sia necessario per l'indipendenza della Chiesa, per il manteni mento della religione cattolica. Il Governo im periale è persuaso, almeno si lusinga, ha speranza che una volta abbandonato a sè stesso, il Governo pontificio faccia suo pro dei suggerimenti che gli vengono d'ogni parte; introduca grandi riforme, cambi sistema di governo, addivenga ad una riconciliazione co'suoi sudditi e col regno d'Italia...... Noi italiani crediamo invece che nell'interesse della religione, nell'interesse del cattolici smo, dell' autorità del Pontefice, gli con venga di sbarazzarsi il più possibile del tem porale. Io vado anche più in là, io credo che questo non sia il solo passo che, nell'in teresse della religione, si debba fare dal Pontefice. Io penso che, se il Pontefice vuole acquistare il prestigio che tutti gli augu riamo, la vera indipendenza, bisogna che respinga quella setta retrogada, quella setta furibonda, quella setta che non ha altro di sacro che il nome, che non ha senti menti di patria, che non rispetta quanto vi è di più generoso, che porta perfin la discordia nelle famiglie, che falsa una re ligione tutta d'amore, di carità e di tolle ranza, e non parla che di vendette e di minaccie. Queste cose, o signori, io le dico nell'interesse della religione, perchè io so che l'Italia è cattolica e vuole stare cattolica... » Le opinioni del La Marmora sono iden tiche a quelle di tutti i presidenti del Com siglio che lo hanno preceduto, o che ven nero dopo di lui, dacchè si parla del regno d'Italia; imperocchè questo regno è giunto a ridurre la questione di Roma in termini semplicissimi: Che il Papa cominci a levarsi dai piedi quell'imbarazzo del potere tem porale, e poi s'occupi egli di restituire alla religione cattolica il lustro di cui ha bi sogno, di spogliarla di tutte le supersti zioni che la macchiano, e di ricercare la fonte della morale purissima dei fondatori di questa religione, che da tanti secoli si è perduta di vista. Io ho dinanzi agli occhi i rendiconti delle Camere e le note diplomatiche. Tutti parlano lo stesso linguaggio: sono sempre le stesse querele, le stesse recriminazioni, gli stessi gemiti, gli stessi consigli. A tutta questa buona e brava gente scoppia il cuore dav vero in vedere Pio IX sì poco sollecito degl'interessi della religione cattolica.

Il catalogo compiuto delle superstizioni che il S. Padre dovrebbe tor via non è ancora fatto; si aspetta a compilarlo in Campidoglio, quando si sia padroni di Roma. Ma, se si guarda alla condotta del Governo italiano, si fa presto a formarsi un'idea di ciò che cotesti nuovi apostoli ammettono o condannano. Per esempio, essi non possono ammet tere che i comandamenti di Dio siano su periori alla volontà del popolo, nè che i concilii abbiano diritto di decretare scomu niche. Tutte superstizioni! Superstizioso chi riconosce nei Papi i vicarii di Gesù Cristo! Gesù Cristo, in primo luogo, non è stato che uno dei fondatori della religione, e poi i Papi hanno sì spesso obbliata la morale purissima, che non sanno più ove la sia. Superstizioso chi crede che gli ecclesiastici debbano ubbidienza al proprio ordinario! I sacerdoti sospesi dai loro vescovi ottengono impieghi dal governo, massimamente nella pubblica istruzione. E qui fo punto, perchè m'avveggo che ad un compiuto catalogo delle superstizioni condannate dagli uomini di stato d'Italia non basterebbe un grosso volume. Temo forte che il dogma, la morale e la disci plina, siano tutt'insieme una grande super stizione agli occhi loro. Ma queste non sono cose nuove, signore. L'ingiurioso epiteto di superstiziose dato alle credenze cristiane lo troviamo in ogni secolo sulle labbra dei nemici della Chiesa. Egli è sotto colore di combattere le super stizioni che si fecero le prime persecuzioni; niuna maraviglia che collo stesso pretesto abbia luogo anche l'ultima. Sappiamo da Svetonio (Ner. 16) e da Tacito (annal. XI, 15; XIII, 32; XIV, 44) che i cristiani erano sotto Nerone chiamati genus hominum super stitionis novae et maleficae. Si ringraziava Nerone, l'idolo del popolo, di aver purgato l'impero dalla superstizione cristiana; come ne fa fede una iscrizione in onore di lui, che si è scoperta in Ispagna: - - - - - Ob provinciam latronibus et his qui no vam generi humano superstitionem inculcabant purgatam. I ladri ed i cristiani erano posti sulla stessa linea nei primi secoli della Chiesa; negli ultimi tempi, i violatori della proprietà saranno (e già lo sono) trattati assai meglio di coloro che vorranno man tenere gli uomini nelle credenze supersti ziose e malefiche, cioè nella fede cattolica. Ma v'è una cosa, cui Nerone non ha pensato, e che altri medita in questo se colo: ed è d'attirare i successori di Pietro all'apostasia. Orrendo a dirsi, e segno gravissimo dei nostri tempi! Non si vuole lasciare in pace la Chiesa. e non le si vuole dare la palma del martirio. Si osa sperare che essa ri nunzi spontaneamente alla missione che Cristo le affidò l Si ha il coraggio di dire al suo vicario che la fede ha bisogno di una trasformazione, che essa deve addat tarsi all'Era novella, ringiovanirsi con isti tuzioni più conformi allo spirito del nostro secolo ! Si spinge l'audacia fino a voler far cre dere che Pio IX sia circondato da una setta che lo fa agire a suo talento, e non si ha ros sore di dipingerci questa setta. Essa pone le verità rivelate dall'Uomo-Dio al disopra dei principii del nuovo diritto, tiene l' occhio alla patria celeste, promessa a tutti i fedeli, pur conservando per quella terrestre un'af fezione che non ha nulla di pagano, ubbidi sce in una parola ai precetti d'una religione destinata a trionfare dei secoli, anzichè alle sfuggevoli e mutabilissime esigenze dell'opi nione pubblica. È di questa setta che bisogna sbarrazzarsi! Donde tanta arroganza? Ch'ispira una tale perversità, una tale malizia? Chi so stiene tanta gente in questa lotta impossibile? Chi infonde in costoro una ostinazione così inaudita, che, battuti e ribattuti, tornano sempre all'assalto, a pretendere che il cu stode e dispensatore d'ogni verità religiosa e sociale si faccia stromento di menzogna? Raccoglietevi per un momento in voi stesso, o signore, e non tarderete guari a saper che cosa rispondere.