I RIMEDI
Il mio lavoro volge al suo termine. Nel
porvi mano, io mi proposi di rintracciare,
in mezzo alla confusione ed alle tenebre
che regnano d'intorno a noi, il carattere
dei tempi in cui viviamo. Era questo, signore,
il mio scopo, e non già di presentarvi una
nuova interpretazione dell'Apocalisse, nè
d'indicarvi l'ora od il giorno preciso della
venuta del figlio del peccato e della fine
del mondo. Io lessi la Bibbia, i Padri ed
i Dottori, e mi convinsi che questi tempi
strani, pericolosi, erano da lunga mano
stati annunziati e dipinti con estrema cura.
Ed allora ho pensato di rendermivi utile, cercando di far penetrare nel vostro spirito la mia profonda convinzione; imperocchè se egli è vero, come è annunziato, che
ha da venire un'epoca in cui gli eletti stessi
correranno gran rischio di perdersi, pare
a me che questo rischio abbia ad essere
anche assai maggiore per coloro a cui essa
giungerà inaspettata.
Ora siamo noi propriamente all' aprirsi
dell'epoca anticristiana? Il rapido esame
che abbiamo fatto delle istituzioni e delle
tendenze del secolo mi pare che lo provi più che a sufficienza. L'Impero romano, di
fatto, è caduto; esso non esiste più che di
nome e di diritto, e noi sappiamo dalla
storia del popolo ebreo che il lavoro di disorganizzazione sociale, che doveva andar a
finire colla distruzione di Gerusalemme, cominciò appunto quando il regno di Giuda
si trovò in simili condizioni.
Sta scritto in pagine venerabilissime che
il mondo ha da durare sei mila anni, ma
che l'ultimo periodo della sua esistenza sarà
abbreviato per riguardo degli eletti. Alcuni
Padri, indotti in errore da false cronologie,
o guardando solo alcuni segni precorritori senza badare agli altri, fecero assai più vicina la fine del mondo di quello che non
fosse. Ma anche ai di nostri, la credenza
più comune e seguita dai migliori continua
ad essere tuttavia che il mondo ha da durare sei mila anni. Inoltre a segno degli
ultimi tempi noi abbiamo che, oltre la comparsa d'un gran numero di falsi profeti, ci
saranno questi due avvenimenti, la caduta
dell'impero ottomano, la ricostruzione di
Gerusalemme ed il risorgimento della nazione ebrea. E questi due avvenimenti non
mi paiono ben lontani, se considero la
fiacchezza in cui sono caduti i successori
di Baiazette, e la potenza che gli ebrei
hanno ai di nostri acquistata in Europa.
Ma io temerei d'aver speso invano il mio
tempo se, dopo avere a tanti segni ricononosciuti i pericoli che ne circondano io non avessi qualche cosa altro da dirvi.
A me pare che in epoca così straordinaria quale è la nostra, ai fedeli più non
bastino i mezzi ordinari. E di fatto, anche
le opere di pietà da qualche tempo hanno
ricevuto dal cielo un più grande impulso.
Si direbbe che quanto più il numero dei credenti si va diradando, tanto più quelli
che si tengono uniti alla Chiesa sentono
quasi per istinto il dovere di raddoppiare
lo zelo, moltiplicare le pratiche di pietà,
mandare a Dio per così dire una somma di
preghiere che tenga luogo delle proprie, e
di quelle di coloro che disgraziatamente se
ne sono separati.
Pio IX ci schiuse un asilo; cerchiamovi
innanzi tutto il nostro rifugio. Si estenda
dovunque il culto della SS. Vergine sotto
l'invocazione speciale dell'Immacolata Concezione; portiamo questo dolce nome scolpito nei nostri cuori. La regina del cielo,
che può dare ancora al mondo la pace universale, e che, siccome io spero vivamente,
ce la darà, può frattanto far nascere questa
pace nelle anime di tutti quelli che gliela
domandano umilmente e sinceramente in
mezzo alle tempeste della vita.
-
Stringiamoci intorno al Vicario di Cristo.
Difendendo le verità eterne, i Papi difendono eziandio l'ordine sociale. Tutti i nostri più cari interessi, non esclusi quelli
materiali, e quelli delle nostre famiglie, dipendono dalla conservazione della libertà
ed indipendenza del papato.
Il potere temporale che la provvidenza ha
dato ai papi ha un doppio scopo: garentire il libero esercizio del potere spirituale,
e presentare all'umanità il tipo del vero e
savio governo dei popoli. Il giorno in cui
i papi fossero obbligati a lasciar Roma ed
abbandonare il potere temporale, sarebbe
un giorno nefasto per il mondo: la più
sfrenata tirannia si vedrebbe tosto dominare su tutte le nazioni. So bene che la
Chiesa, giusta le promesse di Dio, non può
perire, e veramente non perirà: essa è destinata a sopravvivere al mondo, passando
dallo stato militante allo stato trionfante.
Ma se Cristo fece alla Chiesa, sua sposa,
questa grande promessa, ei non la fece però
alla società. Le nazioni Dio le può ben sempre guarire, ma a patto che conservino
taluni principii cristiani. Le nazioni cristiane
possono risanare, allo stesso modo che il
credente, il quale abbia abusato del libero
arbitrio, può col pentimento ridiventar mondo. Ma quando le basi della società crollano, quando l'apostasia invade tutte le nazioni, allora l'Onnipotente mette mano a
rimedi radicali; e il diluvio ne fa testimonianza.
Se le nazioni dell'èra cristiana sono sanabili (come si suole da molti sostenere)
non così il mondo intero quando s'ostina
a rigettare i principii del cristianesimo. Già
fin d'ora possiamo vedere che si prepara
un grande cataclisma, e le stesse apprensioni di coloro che più si danno attorno ad
affrettarlo ce ne fanno avvertiti. Tutti i governi, tranne quello del Papa, sono entrati
in una via che mena all'abisso.
Ma in tutte le nazioni v'hanno dei cattolici; tocca a loro a non esitare più a lungo
ad unirsi di cuore e di mente al Santo Padre, a riconoscere non solo l'autorità spirituale di lui, ma ascoltare e seguire gl'insegnamenti che egli stima di dare per la
salvezza della società.
L'Onnipotente pare che rivolga lo sguardo
dalla umanità. Ei lascia libero il campo a
questi disgraziati uomini di Stato, che presumono nel loro orgoglio di ordinare una
società senza di lui o contro di lui. Ma la
Chiesa, Dio la guarda e l'ascolta ancora.
Egli è per mezzo di lei che noi possiamo
far giungere al cielo le nostre umili supplicazioni. Se sono sincere, se sono fervide, Dio può ritardare il giorno dell'espiazione,
può renderla meno severa, ed al postutto
ei saprà dare ai fedeli le grazie speciali onde
hanno bisogno.
I cattolici sparsi in tutte le nazioni, ed
in talune di esse costituenti la maggioranza,
non figurano più alla testa del potere. Sebbene
non siano ancora trattati come i vinti, sebbene i nemici si mostrino ancora generosi
con loro, essi li tengono per poveri idioti
incapaci di comprendere tutto lo sfolgorante
splendore dell'Era novella.
Che rispondere a questo ?
Tu desisti, deve rispondere il cattolico
seguendo le traccie del suo Divin Maestro.
Si, l'Era novella è tale che un cattolico
non la può comprendere. Essa però ci era
stata annunziata, ed eravamo avvertiti che
noi non dovevamo prender parte a tutti i
suoi falsi splendori. Noi stiamo contenti alla
nostra sorte, e rendendo a Cesare quello
che è di Cesare, ci teniamo uniti di cuore
a questa Chiesa, che ci fa pur essa sperare
un'Era novella nell'eternità. Se il potere civile abbandona il Papa e si separa apertamente da lui, noi non cessiamo per questo di fissare sul Papa i nostri sguardi, di accordare il nostro al suo volere, di ubbidire
a suoi santi precetti. Egli è così che deve
rispondere il cattolico.
Ubbidienza alle autorità costituite, ed amore cristiano verso il paese che lo vide
nascere; ma, allo stesso modo che la rivoluzione si fa cosmopolita per tutto rovesciare, bisogna che tutti i cattolici d'ogni
nazione s'uniscano sotto l'egida del Papa
per difendere le verità religiose e sociali.
Questo vogliono le necessità del nostro tempo, questo è il dovere più imperioso per
ogni credente. Ma non basta.
Sappiamo dai santi Padri che la fede e
la carità, a misura che il mondo si avanza
verso la sua distruzione, dovranno sempre
più raffreddarsi; ed in fatti noi vediamo
che queste due fiaccole del cristiano vanno
a poco a poco spegnendosi, quasi senza che il mondo se ne accorga. È venuta di
moda una filantropia tutta umana, che tende mano mano a porsi in luogo della carità
cristiana, quella carità che muove dalle regioni soprannaturali.
Cotesta filantropia ci porta talvolta a far opere buone in sè, ma prive di merito agli
occhi di Dio, e ci mena talora ad opere
cattive, quali sono i balli di beneficenza,
le rappresentazioni teatrali, cose che potranno avere un merito agli occhi di Satana,
non già a quelli di Dio.
Non sarebbe niente di troppo, secondo
me, se i fedeli, impensieriti dai segni del
tempo che tutto intorno appariscono, si
avvisassero di stringere una grande e forte
alleanza per opporla a quella stretta dalle
potenze delle tenebre coi malvagi. Anche
noi abbiamo bisogno di allearci con esseri
invisibili, e questi siano le anime del purgatorio. L'atto eroico in favore di queste anime sante, approvato e confermato per
decreto di Pio IX, in data 30 settembre
1852, a mio parere, fa appunto per le circostanze attuali.
L'editore dell'opuscoletto intorno a questo
atto eroico pubblicato in Roma nel 1857,
lo dice anch'egli colle seguenti parole: -
« Sono pregate tutte le persone pie a
fare questo Atto di carità per suffragare le
sante anime del Purgatorio, e a suggerire
pure ad altri che lo facciano, anche colla speranza che queste sante anime ci ottengano da Dio le grazie delle quali abbisogniamo, particolarmente in questi tempi tanto
pericolosi per la salute delle anime nostre. Il
Signore accetterà la nostra carità, ascolterà
la voce delle sue spose da noi suffragate,
e si muoverà a farci quelle misericordie
che troppo demeritiamo pei nostri peccati. »
Se non si dà esempio che le largizioni
in favore della Chiesa militante abbiano
mai rovinata alcuna famiglia, possiamo ben
fare assegnamento che un'offerta intera,
completa, assoluta di tutte le nostre opere
satisfattorie in pro di quella parte della
Chiesa trionfante che soffre ancora nel terribile luogo di espiazione, non menomerà
punto il tesoro di buone opere, di cui il
cielo tiene esatto conto a ciascun fedele.
«
Considerate, scrive il conte Emiliano
della Motta nelle sue Meditazioni pel mese di Novembre, considerate quale opera sia
questa di suffragare e liberare le anime del purgatorio. È opera di fede, perchè dalla
sola fede noi possiamo apprendere i patimenti e le cose dell'altra vita. È opera di
speranza perchè la sola speranza nelle divine promesse può sollevarci a confidare
che noi miseri peccatori tanto addebitati
con Dio siamo da tanto da poter ottenere
grazia per altri colle nostre preghiere, e
soddisfare colle nostre opere ai debiti altrui. È opera di carità, perchè è diretta immediatamente a porre nel numero dei beati
glorificatori di Dio, quelle anime sulle quali
egli ha confermata la sua grazia, e che
ama con amore irrevocabile, cavandole da
un orribile stato di pena in cui giacciono
per loro colpa sì, ma senza che ormai resti
più di tali loro colpe altro che il reato di
pena. Oh questo sì che è veramente dare
gloria a Dio nel più eccelso dei cieli portandovi quelle anime benedette, e dar pace
agli uomini di buona volontà, di volontà
tutta assorta in quella di Dio. Tutte l'opere
cristiane misurano il loro valore intrinseco
dalla loro relazione coll'ultimo fine che è
la visione beatifica; ora vi tende nel modo
più diretto e immediato, quello di portare
anime dal purgatorio in paradiso.
«
Considerate che questa è l'opera stessa
della redenzione nell'ultimo suo punto. Tutto
ciò che Gesù Cristo in persona ha fatto e patito sulla terra per la salute delle anime,
tutto ciò che opera continuamente dal cielo
e dall'altare colla sua grazia per santificarle, e che fa operare dai suoi ministri in terra,
tutto è poi diretto a niente altro, che a
mettere le anime dei suoi eletti nel seno
del suo eterno Padre, e farle partecipi della
propria sua gloria, come figlie adottive del
Padre, e sue spose dilette. Ora tutto quello
ancor non raggiunse l'ultimo suo scopo per
l'anime ditenute nel purgatorio, e il più
vivo dei desiderii di quel divino Cuore amantissimo non avrà pieno appagamento, se non
quando quelle anime verranno liberate dalla
carcere in cui gemono. E noi possiamo con
poche opere buone caritatevolmente adempire a ciò che manca per esse alla passione
di Cristo, possiamo ricomprarle a poco prezzo dalle loro pene temporali, come Cristo ricomprò noi dalle pene eterne a costo
di tutto il suo sangue, e non lo faremo? »
Verissimo quello che ci dice questo pio
scrittore.
Ma riflettiamo un poco; vediamo un po'
se lo spirito del secolo, saturo di paganesimo, non abbia agito anche su noi cattolici. Ci ricordiamo talvolta, è vero, dei
morti, ma per tessere loro delle ghirlande
di fiori.
-
Il giorno dei morti non si tralascia di
fare una passeggiata al camposanto; c'è per
fino chi innalza ancora dei monumenti funebri; si scrivono pomposi elogi sul marmo
in onore dei defunti; ma in generale queste
iscrizioni non si chiudono più con un requiescat in pace, pietosa formola che, in
secoli veramente cristiani, chiamava sul
labbro del passeggero una breve preghiera
in favore del defunto. Ora il cenno di cavaliere o d'altro titolo qualunque pare che
faccia meglio sopra un epitaffio, ed io non
lo contesto, ma quanto se ne giovi l'anima
del defunto non saprei vederlo.
L'uso degli uffizi funebri religiosi si mantiene tuttavia. Non se ne fa uno spreco,
ma in fin de'conti si mantiene presso quelli
che non hanno fatto compiuto divorzio dal
cattolicismo. Ci si invitano i conoscenti
più cospicui del defunto, non esclusi gli
ebrei, i protestanti e neppur gli atei, massimamente se costoro hanno una bella posizione in società. Ed in generale tutti accettano l'invito, che è diventato un affare
di convenienza, in cui pare che le convinzioni religiose non ci abbiano nulla a vedere. Bene spesso a queste funzioni il tempio è gremito di gente. Credete voi che dal seno di questa folla s'innalzino cordiali e
fervide preghiere per disarmare la giustizia
di Dio? Per parte mia ne ho qualche dubbio, perchè ricordo che Sant'Agostino chiama certe pompe funebri ricreazioni dei vivi
anzi che soccorsi ai morti (De verb. Apost.,
1 Thess.)
Anche la pietà inverso i moribondi subisce, come tante altre cose, una trasformazione nel nostro secolo. Le persone che
stanno loro attorno stimano conveniente di
nascondere ad essi il pericolo in cui versano,
e non di rado i medici stessi ci prestano
la mano. Il ministro della religione, quegli
che deve riconciliare l'anima col creatore,
che deve consolarla nelle ultime ore, non
vien chiamato che su gli ultimi istanti.
Ma noi cattolici, non ci rendiamo noi con
troppa leggerezza completamente pagani in
coteste circostanze? Il nostro zelo per la
salute eterna del prossimo, invece di andare innanzi a tutto, non è esso superato di molto dalla nostra sollecitudine per la salute
fisica?
Con questi fatti innanzi agli occhi, che
si ripetono così spesso, che entrano nei nostri costumi, io mi domando: Non hanno
più forse bisogno le anime del purgatorio
che i fedeli s'occupino di loro? O siamo noi
certi che i nostri parenti, i nostri amici,
quelli che ci furono tanto cari mentre erano
in vita siano sfuggiti alla giustizia divina?
Quell'abisso di tormenti che si chiama il
purgatorio si sarebbe forse cambiato? Ovvero si sarebbe egli ingannato San Gregorio
allorquando diceva: Questo fuoco, che non
è eterno, è pur non di meno più doloroso di
tutte le tribolazioni che possono colpirci in
questo mondo? (In. Ps., 3 poemit.) 0 non
diceva forse il vero San Francesco di Sales
quando affermava che dopo il paradiso non
c'è luogo migliore del purgatorio, perchè non
vi si sta sempre, ma che questo è ad un tempo
il luogo peggiore che vi sia dopo l'inferno,
perchè vi si soffre senza paragone con qua
lunque pena terrena?
-
Come mai noi, uomini di cuore, cotantosensibili ai mali fisici dei nostri simili, siamo così indifferenti verso quelle anime i cui
patimenti debbono vincere in asprezza tutte
le tribolazioni, tutti i supplizi, tutti i malori
che sia dato all'uomo d'immaginare? Oportet
dice San Tommaso, quod poena purgatorii,
quantum ad poenam damni et sensus, ea cedat
omnem poenam istius vitae » Chi è che ci promette che in questo secolo, più che non fosse nei passati, le persone che ci furono care
in vita non abbiano da rendere dei conti a
Dio dopo la morte?
Aimè! che all'opposto tutto tende a persuaderci che in questo secolo non solo il
numero degli eletti diminuisce, ma che anche coloro i quali si salvano avranno a pagare de' grandi debiti alla giustizia divina
prima di giungere tra i beati.
Nei tempi in cui viviamo la via della perfezione cristiana è ben difficile a percorrere.
Lo spirito del secolo vi semina ostacoli sopra
ostacoli; l'atmosfera che respiriamo è pagana od atea. Chi vuol menar vita di perfezione è forzato a nascondersi, ed i raggi
benefici e salutari del suo esempio non si
spandono che in una cerchia ben ristretta.
La vita pubblica, posta alla faccia del sole, quella che abbaglia e trascina coll'esempio,
è diventata uno scandalo permanente. Per
ciò anche quel cristiano, che si mantenne
saldo nella fede, può aver sofferto in qualche modo da queste influenze perniciose.
Egli ha resistito, ha combattuto, si è pentito, e Dio ebbe di lui misericordia; ma questa misericordia deve andare di pari passo
colla giustizia, con quella giustizia che in
vita loro punì severamente anche dei santi
quali furono Mosè, Davide ed Ezechiello, per
un peccato d'orgoglio, un atto di poca fede,
o di vanità; tutte colpe che a noi paiono
leggiere. Vivendo in un secolo vertiginoso, in cui tutto ci trascina al male, chi è di
noi che non abbia a rimproverarsi qualche
colpa più grave ?
Permettete, signore, che io ritorni ancora una volta al libro del conte Della Motta per
convincervi appieno del quanto importi richiamare in tutto il suo vigore il culto cristiano dei morti, per opporlo a questo invadere del culto pagano.
-
« Gesù Cristo, che venne al dir del s. apostolo Giovanni sulla terra per congregare in uno i figli di Dio dispersi, ora tiene
le sue pecorelle divise in tre ovili, in cielo,
in terra, in purgatorio; ma egli vuole che
queste tre greggie sieno unite tra loro. Per
questo adopera il vincolo il più ampio, il più
perfetto che Dio s'abbia, la carità; la carità
che si spande in tutte le parti del regno
di Dio, a tutte le membra del corpo mistico di Cristo, siano sane o inferme, mortali o gloriose. Ed ecco che come fece del
purgatorio il luogo più compassionoso dell'universo, così lo ha fatto il centro a cui
collima la carità dal cielo e dalla terra. I
Santi e gli Angeli del cielo sentono infinita
pietà di quelle anime afflitte, e ne desiderano ardentissimamente lo scioglimento, poi
chè sono esse loro sorelle ed amiche carissime; noi operiamo a loro sollievo con
quelle azioni meritorie che i Santi non possono più fare, ma che possono rendere accette a Dio colle loro preghiere, e l'anime
beneficate ricambiano il benefizio con indicibile riconoscenza, che ben sapranno rendere un giorno efficace a nostro profitto. »
Che vi può essere di meglio per armare
il cristiano alle ultime lotte, di quest'opera che abbraccia e riassume la fede, la speranza e la carità ? Non potrebbe essere questa quel mistico thau, che, secondo l'Apocalisse, l'angelo deve segnare in sulle fronti
degli eletti degli ultimi giorni ?
di J. E. DE CAMILLE