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mercoledì 23 ottobre 2024

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Nulla poi dico del disprezzo, e dello sdegno, da cui sono compresi oramai tutti i popoli contro le legittime podestà della terra. Siate soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio, dice San Pietro (1. Petr. 2. 15. e seg.): al re, come alla persona più eccellente; ai ministri, come mandati da lui in vendetta dei malfattori, e in esaltazione dei buoni : perchè questa è la volon tà di Dio... Onorate il re; e voi state soggetti con tutto il timore ai padroni, e non solo ai buoni, e ai modesti, ma anche ai discoli. Per tanto, ripiglia San Paolo (ad fioman. 15. 2. ) chi resiste alle podestà, resiste all'ordine di Dio: e coloro che resistono, procacciano a se stessi la dannazione. Non sono queste leggi santissime, che oggimai non si conoscono più tra i cristiani? Dirò ben piuttosto alcuna cosa del comune odio de laici contro gli ecclesiastici, e in ispecie contro i claustrali. Temi il Signore con tutta l'anima tua, e onora i suoi sacerdoti. Con tutte le tue forze ama colui che ti ha creato; e non abbandonare i suoi ministri. Onora il Signore con tutta l'anima tua, e rispetta i sacerdoti (1). Ecco l'avviso dello Spirito Santo. Ma v'è cosa al dì d'oggi tanto dispregevole, quanto gli ecclesiastici? e non dico già solo presso gl'increduli, e gli eretici, ma anche presso gli stessi cattolici? E pure questo peccato è uno di quelli, che più facilmente può accelerare sopra di noi la vendetta di Dio. Chi disprezza voi, disprezza me, ha detto Gesù Cristo, parlando de suoi ministri (2). E qual castigo non merita un popolo, che disprezza Gesù Cristo? Certo è che a questo disprezzo de servi di Dio attribuiva Salviano almeno in parte l'irruzione dei Vandali nel P Africa. Ma bisogna udire, com'egli si spiega, per riscontrare il peccato degli Africani col nostro. ( De Gubern. Dei l. 6. c. 5). – Sono forse, dicº egli, più leg gieri i delitti, che si son resi comuni ai nobili, ed agl'ignobili, voglio dire l'odio, e l'abborrimento di tutti i santi? Poichè egli è una specie di sacrilegio l'odiare i servi di Dio. Come se alcuno battesse i nostri servi, noi ci terremmo per ingiuriati, e come se un figlio altrui fosse percosso, l'amor paterno nel supplizio del figlio sarebbe tormentato; così allorquando si offende da taluno un servo di Dio, la maestà divina resta oltraggiata, dicendo il Signore a suoi Apostoli: Chi voi disprezza, disprezza me (1). Perseguitavano dunque gli Africani, e odiavano i servi di Dio, e Dio in essi. Ma, domanderete forse, come si prova quest'odio º In quel modo, rispondo, che si prova l'odio de'Giudei contro Gesù Cristo, quando il chiamavano indemoniato, quando il deridevano, quando gli soffiavano in faccia, e fremevan coi denti sopra di lui... Così dunque si prova l'odio degli Africani contro i monaci, che sono i santi di Dio, perchè gli deridevano, gli maledivano, gli perseguitavano, gli abborrivano, e perchè in somma facevano contro di loro quasi tutto ciò, che fece l'empietà de'Giudei contro il Salvatore prima di venire al l'effusione del sangue. Ecco la fede degli Africani, e specialmente de'Cartaginesi. Entravano una volta più sicuri gli Apostoli nelle città pagane, e quei barbari, e sacrileghi meno abborrivano il loro aspetto.... Là dove nelle piazze, e nelle strade di Cartagine non potevano quasi comparire i servi di Dio senza ingiurie, e strapazzi... E ci maravigliamo adesso, se i Cartaginesi sono in mano dei barbari, dopo che essi furon si barbari contro i servi di Dio? Giusto è dunque il Signore, e giusto il suo giudizio. Imperocchè mietono quello che han seminato, " e pare che il Signore dicesse per costoro: Rendete a lei secondo le opere sue: fate a lei secondo tutto quello ch'ella ha fatto: perocchè ella si è inalberata contro il Signore (1). Sin qui, ma più diffusamente, Salviano. Ora domando io, che cosa non possono aspettarsi le città dell'Europa dove il nome e l'abito, e l'aspetto dei servi di Dio è divenuto lo scherzo delle penne degli scrittori e delle lingue del volgo? Quarantadue fanciulli, che derisero Eliseo per la sua calvizie, furono maledetti dal profeta, e sbranati da due orsi (4. Reg. 2. 25) . Qual dunque dev'essere la fine dei derisori, e dei nemici dei ministri di Dio? - Ma gli ecclesiastici e i claustrali avrebbero forse anch'essi parte nell'affrettare la vendetta del cielo? Io lascio ad essi il rispondere a questa domanda. Prego soltanto i claustrali ad esaminare nel loro ritiro un'antica predizione del loro stato, perchè mai non avesse ad avverarsi a nostri giorni (Vite de' ss. Padri l. 5. c. 25). Alquanti santi Padri si congregarono insieme, e profetarono dell'ultima generazione, e fra quelli un principale disse: noi osserviamo i comandamenti di Dio, ma quelli, che verranno dopo noi, non li osserveranno così perfettamente, ma pure cercheranno Dio, e lo ameranno. E quelli, che saranno dopo loro, non si cureranno di Dio nè de suoi comandamenti, e sarà quello, che dice l'apostolo, che abbonderà l'iniquità, e si raffredderà la carità di molti, e verrà sopra loro gran tentazione, ma quelli, che in quella tentazione saranno provati, saranno migliori di noi, e più beati, e più accetti a Dio.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI


domenica 5 novembre 2023

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 



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Peccano i genitori nella educazione per debolezza, come peccò Eli, benchè sommo sacerdote per soverchia condiscendenza, Si dice nel primo libro de'Re, che i figliuoli di Eli erano figli del demonio, e che non temevano Iddio (2). Ma Eli era forse un idolatra, un ladro, un bestemmiatore, perchè i figliuoli avessero appresa da lui l'iniquità? No: ma era un padre troppo debole. Sapeva la cattiva vita che menavano i suoi figliuoli, e si contentava di dar loro un qualche piacevole avviso, in vece di raffrenarli, e di ritirarli coll'autorità paterna dai furti sacrilegi, e dall'abboninevole commercio, che avevano nell'istesso santuario. Udite, con che placidezza gli avvertiva: Perchè fate voi queste cose, cose pessime, che io sento sparse per tutto il popolo? Guardatevene, figliuoli miei, perocchè molto cattiva voce è quella che io ho udito, che voi fate prevaricare il popolo del Signore (1). E i figliuoli di questo troppo buon vecchio non ascoltarono la voce del padre loro (2). Colpa loro, direte voi ; ma per altro Eli aveva fatto il suo dovere; gli avea pure avvisati. Eh non bastava avvisarli ; era d'uopo correggerli: bisognava dire ad essi risolutamente: non voglio: e se non ubbidivano, cacciargli dal santuario : e se questo non bastava, punirli in faccia a tutto il popolo. Volete vedere se ciò è vero? Una notte chiama Iddio il giovinetto Samuele, e gli dice: sai tu, che cosa ho stabilito di fare?  voglio giudicare, e rovinare la casa di Eli in eterno per le sue iniquità. Ma perchè, Signore ? che peccati -ha fatto Eli? Che peccati ? Perchè sapeva, che i suoi figli menavano una vita indegna, e non li correggeva, e non li castigava (5). Oimè che questo è il delitto di tanti padri, e di tante madri anche delle più saggie, e costumate de nostri giorni. Hanno per loro sventura un qualche figliuolo discolo, e se ne affliggono, e piangono. Ma quale è il rimedio, che vi si appresta? Nessun altro rimedio, che afflizione, e pianto, o qualche languida parola di sfuggita alla mensa, o qualche avviso per bocca altrui, come si farebbe con uno, di cui si abbia rispetto, e timore. Ahi debolezza! non basta piangere, bisogna dire: non voglio ; e se questo non basta, conviene venire ai fatti. Ma, dicono alcuni, con ciò farà di peggio. Rispondo: forse peggio per lui, ma certo non peggio per voi. Peggio per lui, se ciò non ostante diverrà incorreggibile, ma non peggio per voi, che avrete soddisfatto al debito vostro. Dio non domanda da voi la sua santità, ma vi domanda la vostra cura. E poi se si esaminasse il perchè di questo peggio, si troverebbe che ha la sua origine dalla debolezza mostrata coi figli nella prima loro tenera età. Lo avvisa a tutti i genitori lo Spirito Santo. Piaggia il figliuolo, e ti darà delle angosce: scherza con lui e ti arrecherà grandi dolori Non gli ridere in bocca, affinchè tu non abbi da ultimo a piangere e a digrignare i denti (1). Sicchè da qualunque parte si si volga, pur troppo si trova, che assai volte, i cattivi costumi de figliuoli mostrano la loro prima origine nella debolezza del padri. E questo basta per chiamare la vendetta di Dio sopra i padri, e sopra i figliuoli. I due figli scostumati di Eli restarono finalmente uccisi sul campo nella lor gioventù, e il debole padre alla trista novella cadde all'indietro dalla sua sedia, e si fracassò il capo ( 1. Reg. 4.). - Peccano infine i genitori pel pessimo esempio, che danno a lor figliuoli. Rende gran maraviglia il leggere, che i figlinoli di Samuele profeta sì santo eran per altro troppo dissimili dai costumi del padre loro. E i suoi figliuoli non batteron la strada ch'egli batteva (1). Ma sarebbe poi anche maggiore stravaganza, se si vedessero divenir buoni cristiani i figli di cattivi genitori. Come volete, che sieno modesti di lingua que figliuolini, che sin dalle fasce accostumarono in casa le orecchie a parole immodeste, e fors'anche a maledizioni, e bestemmie? Oh quanti di loro potrebbero dire con Isaia: Misero me! che vivo in casa di un popolo, che ha sempre le labbra immonde (2). Come volete che non sieno vane quelle fanciulle, se osservano continuamente la madre, che ad onta ancor dell'età, coltiva il crine oramai canuto per ore intiere dinanzi ad uno specchio, e si affanna dietro a tutte le mode, e intorno a tutte le femminili vanità? Come volete che imparino ad esser costumati que giovani, se in casa loro non trovano oramai più un buon libro di massime eterne, ma qua un romanzo, là una commedia, e fors'anche un qualche impuro librettino? Come volete che sieno cauti, e prudenti quegli altri, se i discorsi che odono d' ordinario alla mensa paterna, sono racconti di tutte le novelle che corrono per la città contro la fama, e l'onestà del pros simo? Come volete che sieno divoti quegli altri, se non veggono mai il padre a piegar le ginocchia colla sua famiglia dinanzi a Dio ; se non sanno, che ascolti almeno una messa ogni giorno; se sanno anzi, che non si accosta, che tre o quattro volte fra l'anno ai sacramenti, e quando è buon cristiano, una sola volta il mese ? Come volete che resti innocente quella fanciulla, se vede spesso la madre amoreg giare sotto i suoi occhi medesimi, e da lei impara lo scaltro linguaggio "occhi, delle mani e persin dei ventagli? Ci vuol altro poi che uscire una o un'altra volta in qualche languido avviso paterno, o con una fredda massima cristiana. Ci vuol i. che la predica di un giorno a distruggere l'impressione, che fa la predica quotidiana del cattivo esempio. Ma intanto dopo una educazione si poco cristiana che frutto può racccogliere Iddio dalle piante giovanili de nostri giorni? Non è egli quasi necessario, che il mondo si corrompa ogni giorno più, e che affretti sopra di se la vendetta di Dio?

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI


venerdì 2 giugno 2023

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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...Peccano i genitori nell'educazione per massima. Pretendono che i fanciulli debbano essere ammaestrati nella virtù senza verga e senza rigore. Massima falsa nella sua universalità. Perchè siccome v'ha dei fanciulli docili, che si arrendono a qualunque insinuazione; così ve n'ha di quelli, che per la loro durezza non si piegano, che alla verga. E come? credete voi, che i fanciulli sieno da più degli adulti? No certamente. Ora rispondetemi: vi debbon pur essere leggi, minaccie e castighi per i cittadini di una repubblica, e non ve ne saranno per i fanciulli d'una famiglia? Ma, direte, Loche, Rousseau, e quasi tutti i filosofi, e gli uomini illuminati sono di contrario sentimento. Ah cristiano, il nostro filosofo non è Locke, nè Rousseau, ma lo Spirito Santo; nè Locke, nè Rousseau vi puniranno, se non avrete seguite le loro lezioni, ma vi punirà bene lo Spirito Santo, se non avrete seguite lè sue. Ora lo Spirito Santo " cosa dice? Hai tuoi figliuoli? istruiscili e domali dalla loro puerizia. Hai tu figliuole ? custodisci la loro verginità, e non mostrar ad esse il viso ridente (1). La stoltezza sta legata al cuore del fanciullo: la verga della disciplina ne la scaccerà (2). Non privare il fanciullo della correzione: perciocchè se tu lo percuoterai colla verga, egli non morrà. Tu lo percuoterai colla verga, e libererai l'anima di lui dall'inferno (5). Chi risparmia la verga, odia il suo figliuolo : ma chi lo ama, lo corregge di buon'ora (4). Chi ama il suo figliuolo, adopra sovente con esso la sferza, affin di averne consolazione nel fine (5). Piega a lui il collo nella giovinezza, e battigli i fianchi mentregli è fanciullo, affinchè non s'induri, e ti nieghi obbedienza, lo che sarà dolore all'anima tua (1). Allevateli nella disciplina, e i istruzioni del Signore (2) Oh andate adesso coi vostri filosofi a rispondere, se vi dà l'animo, allo Spirito Santo. - Si lasciano i figliuoli in libertà nell'età più perigliosa si permette ad essi il frequentare i ridotti, e le piazze, i teatri e gli spettacoli: e non si vieta loro il leggere tanti libri, se non empii, ed osceni, certo pericolosi. E il peggio si è, che ciò si fa per massima. Dicono, che certe cose le debbono un giorno sapere, vedere e imparare, e che è meglio presentarle ad essi per tempo, affinchè non ne abbiano poi a ricevere una troppa violenta e subitanea impressione. E io rispondo, che sarebbe meglio, che non le imparassero mai, ma che certamente è un gran male, che le apprendano nell'età più lubrica, più inesperta, più stolta, e col consenso, se non anche col consiglio de'lor genitori, per cui hanno da credere innocente ogni pericolo. » Credo, scriveva san Girolamo (l. 2. ep. select. 15), esser più cauto pella continenza il non sapere nemmeno ciò che si cerchi. Ho letto da fanciullo nelle scuole: difficilmente si può correggere ciò che si è preso in dimestichezza ». Padri stolti, qual fu il primo inciampo alla vostra innocenza, quando eravate ancor giovinetti? Fu un libro, un compagno, un ballo, uno spettacolo. E non avete ancor imparato dalla vostra esperienza ad educare i vostri figliuoli? Madri stolte, tanta gelosia, e tanti occhi per un cagnolino, che non si scosti dal vostro fianco; e poi tanta indifferenza nel cercar dove vadano, e con chi conversino i vostri figli? Tanta cura di chiuder ben anche le porte, perchè una bestiuola non fugga di casa, e tanta incuria nel lasciar aperte le visite di tutti i lupi alle vostre figlie? Chi vi ha insegnato ad apprezzar una bestia più di un'anima? Si allevano i figli con massime tutte di mondo; si vestono, e si adornano con mille vanità, e si si scusa col dire, che non si vuole, che i proprii figliuoli facciano minor comparsa di quel, che usano gli altri del loro stato. Ma quando tutti han sorpassato i confini del proprio stato, e quando la vanità si traveste col nome di decenza, domando io: chi può discernere lo stato proprio di un cristiano, se non tornando al Vangelo, il quale condanna tutti questi vani e superflui ornamenti? Intanto si verdrà questa enorme stravaganza; un padre, o una madre dimessamente vestiti, un figlio, ed una figlia, che muovono appena i passi mal sicuri, adornati bizzaramente di veli, e di fascie straniere. Immaginate quindi quali idee di mondo si devono imprimere in quelle tenere menti, quale rovina si prepara a tante famiglie per queste lezioni di mondo; e quali saranno i nepoti, se i figliuoli di padri costumati sono tali. E il peggio si è, che al fatto concorre il detto: perchè quali sono le massime, che d'ordiinario s'istillano a figliuoli ? Massime di onore, d'interesse, di decoro, di civiltà, e quasi nessuna di salute eterna, e di timor di Dio, e ciò anche nelle famiglie edificanti. Fatti conoscere dal mondo (1), congiurano a predicargli tutti i domestici e tutti i congiunti. O buon Gesù! esclamerebbe qui San Bernardo, quanti mezzi mai si studiano, per perdere quella picciola anima!

Peccano i genitori nella educazione per interesse, e, quel che è peggio, per un interesse da stolti. Si profonderanno, come abbiam detto, intorno ad un figliuolo mille spese di superflui ornamenti di delizie, e di teatri, e poi se si tratta di provvedergli un buon maestro, o un fedel custode, non si vuol incomodare la casa, ovvero si procura di spender si poco, che forse starebbe men male senza custode, o senza maestro. I padri occupati negl'interessi della famiglia, o negl' impieghi al di fuori, trascurano gl'interessi dell'anima del lor figliuoli, ed essendo così solleciti del loro benessere temporale, dimenticano quasi affatto l'eterma loro salute, come se il regno di Dio non dovesse essere il primo pensiero dell'uomo. Cercate adunque in primo luogo il regno di Dio, e la sua giustizia: e avrete di soprappiù tutte queste cose (1).

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

giovedì 17 novembre 2022

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


Che direm poi del rispetto dovuto dai figli ai lor genitori, dai sudditi ai lor principi, e da tutti i cristiani ai ministri di Dio? Sta scritto nel deuteronomio: Onora il padre tuo e la madre, come ti ordinò il Signore Dio tuo, affinchè tu viva lungamente, e sii felice sopra la terra, di cui il Signore Dio tuo ti darà il dominio (1); dove sotto il nome di padre si comprende qualunque legittimo nostro superiore. Ora egli è un lamento comune di tutti i padri l'inobbedienza, il disamore, e il disprezzo de loro figliuoli, i quali prevenendo al di d' oggi colla malizia l'età, odiano la verga che gli regola e gli corregge. In conseguenza che può ella aspettarsi la gioventù " nostri tempi, se non la maledizione, che tante volte si chiama sul capo da suoi genitori, e da Dio? Maledetto chi non onora il padre suo (2). Maledetto da Dio chi muove ad ira la madre (3). La maledizione della madre sradica i fondamenti (4). A colui che schernisce il proprio padre, e disprezza i dolori della madre nel partorirlo, gli cavin l'occhio i corvi, che stan lungo i torrenti, e sel divorino i figliuoli dell'aquila (5). L'eredità dei figliuoli dei peccatori, va in perdizione, e l'obbrobrio accompagnerà di continuo i loro posteri (1). In somma aspettino pure i figli ribelli la maledizione, che diede Noè al proservo Canaan, che divenne servo dei servi de' suoi stessi fratelli. Maladetto Canaam, ei sarà servo de servi a' suoi fratelli (2). Ma non può negarsi per altro, che un egual castigo chiamino sulle loro famiglie i negligenti genitori, i quali hanno oggi mai dimenticata ogni regola di cristiana educazione. Male a proposito essi si lagnano, che mancano i mezzi d'educare i figliuoli, per rifondere così in altri la loro colpa. E questi mezzi forse ha permesso Iddio, che sieno tolti dal mondo appunto perchè i genitori attendano essi al debito loro, e non isgravino tutto il peso della educazione sulle spalle altrui, a fine di servire più libera mente all'ozio e ai piaceri, mentre questo è ciò, che universalmente essi pretendono ne'lor lamenti. Per altro dovrebbero essi, e potrebbero essi portare il giogo, che presero forse per capriccio sul collo, e vorrebbero ora infiorare soltanto di morbide rose e d'altri fiori. Ahi che questi son forse i maggiori nemici della società e aliasi Padri molli, infingardi e pregiudicati, che poco curano l'anima delor figliuoli, e tutta la sollecitudine consacrano al loro ben essere temporale ! Perciò, diceva il Grisostomo (in Matth. hom. 5o sub finem)» tutte le cose confuse sono e perturbate, perchè si tratta l'anima come una cosa superflua, e si attende con grande impegno a quelle cose che sono non necessarie e caduche ».

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

domenica 21 agosto 2022

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


Passo ora ad un altro vizio, in cui pur anche si distingue il nostro secolo, e che chiama sopra di sè il castigo di Dio. Non prenderai invano il nome del Signore Iddio, sta scritto nella legge di Mosè, perchè non andrà impunito colui, che usurperà il suo nome in cosa inutile (1). Ora che si usa in gran parte dell'Italia ? Quello, che deplorava ne' suoi tempi Salviano, e che avea chiamato sopra l'Africa l'ira di Dio, e la spada dei Vandali. Per tacer degli altri peccati, dice Salviano (de Gubern. Dei l. 4. c. 15), chi vi è mai fra tutti gli uomini secolari, da pochi in fuori, che non abbia sempre in bocca il nome di Cristo a fine di spergiurare? Onde è una maniera di affermare usitata e presso i nobili, e presso il volgo : Per Cristo dirò questo; Per Cristo non dirò altro che questo; Per Cristo non farò altro che questo. Che più? La cosa è ridotta a segno, che il nome di Cristo non è più tra noi un giuramento, ma un modo comune di parlare. Imperocche tanto poco si rispetta da moltissimi questo nome, che mai non pensano meno a far qualche cosa, che quando appunto giuran di farla nel  nome di Cristo. Ed essendo scritto: Non prendere invano il nome del Signore Dio tuo (1); a tal segno è mancato il rispetto per Cristo, che fra le altre vanità del secolo sembra, che non v'abbia cosa più vana di questo nome. Infine molti non solo giurano cose frivole ed oziose, ma giurano ancora pel nome di Cristo di commettere alcune scelleratezze. Poichè ecco il modo di parlar di costoro: Per Cristo, che io porto via quella cosa; Per Cristo, che io percuoto colui : Per Cristo, che io l'uccido. E siamo giunti a termine, che costoro quando giuran per Cristo, pensano,  commettendo un peccato, di farsino un atto di religione. E poi ci addonteremo, soggiugne Salviano, (ibid cap. 16) se i barbari commettono qualche spergiuro? Quanto minor delitto è il prendersi scherzo del nome di Giove, che non di quello di Cristo? Giove, per cui giurano, è un uomo morto. Cristo, per cui noi spergiuriamo, è un Dio vivo. Anzi Giove non è nè pur uomo, e Cristo è il sommo Iddio. Dunque di qual delitto sieno rei i cristiani, anche da questo solo si può comprendere, cioè dall'infamia, con cui trattano il nome di Dio. Ed essendo scritto, che tutto si faccia a gloria di Dio, noi per opposto facciamo di tutto per disonorarlo. Che però (ibid. cap. 17) osservate, se possiamo mai millantarci del nome di cristiani, mentre così operiamo e viviamo, che appunto per essere noi chiamati cristiani, diventiamo l'obbrobrio di Gesù Cristo. Sin qui Salviano; e a Dio piacesse, che la sua eloquenza non condannasse troppo giustamente anche i cristiani de' nostri giorni!

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI


martedì 25 gennaio 2022

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


Ecco poi alcuni dei gran mali, che nascono dalle conversazioni: (par. 6. e 7. ) » Per conto della conversazione si lascia la briglia sul collo alla servitù. Si abbando nano in casa le serve sole, e non tutte at tempate. Gli staffieri nel tempo, che giuocano i padroni, che hanno a fare? giuocheranno anch'essi, e con la continuazione di "sera non potranno a meno di non pigliare il vizio... Di vantaggio facendosi tanto notte, non di rado la cena della famiglia arriva ad attaccare il digiuno del di seguente. Poi i santissimi Sacramenti per questo medesimo restano impediti alla servitù molto più, che a voi, perchè essa in quelle angustie di tempo del mezzo di non trova così facilmente comodità di confessore come la trovate voi, e trovandola, non può comunicarsi, a cagione della cena ti rata oltre la mezzanotte. Tutto questo be ne impedito, tutto questo mal fatto fare, uditori miei, al tribunale divino ha da vernire sopra di voi. Più rei dinanzi a Dio vi costituisce ancora la rovina dei figliuoli, e per l'abbandonamento, che ne fate, e pel cattivo esempio, che loro date. Prima che venisse l'usanza della conversazione, il padre passava la sera con tutti i figliuoli d'intorno nella camera dello studio, e la madre con le figliuole tutte al lavoro sotto i suoi occhi. La maggiore di esse a una cert'ora leggeva alle altre le vite de San ti, e poi si terminava ogni cosa con recitarsi in comune il Rosario della Beata Vergine. Talchè chi su le due, o tre di notte andava per città, da tutte le case sentiva risonare le lodi della Vergine Santissima. Ora non è rimasta più orma di sì bel governo delle famiglie: si lasciano i figliuoli in mano di un maestro, che sono pochi mesi che si conosce, e le figliuole in custodia delle cameriere, che avrebbero bi sogno di essere custodite molto più esse. » Compita poi più a lungo la descrizione di questi mali, soggiugne cosi:(par. 16) » Ed ecco, dilettissimi, stando sempre sul fatto, tutta la traccia di quelle conversazioni moderne, che si sostengono a spada tratta per si innocenti. Per verità non hanno questo sentimento tante anime sante, cioè non persone scrupolose, o balorde, ma anime veramente illuminate, anime, che con la sobrietà della vita, e col lume dell'orazione hanno acquistato un miglior occhio di noi. Queste anime sapete voi che giudizio formano delle conversazioni i" di nuovo? Stimano, che esse sieno un maggior flagello di quanti altri Iddio ha cominciato a scaricare sopra l'Europa, nel tempo medesimo, che si è incominciata la nuova moda di conversare. Peggiori le conversazioni, che la guerra presente; peggiori, che le tante altre calamità che patiamo. Oh se le poteste sentire, quanto sono in consolabili per questo quelle anime di paradiso! oh se poteste vedere quante lagrime spargon per questo a piedi del Crocifisso! e voi medesimi crediate pure, che quando sarete fuori di passione, conoscere te, che la maggior rovina dell' anima vostra è proceduta dalla conversazione ». Ma osservate in fine una seria predizione di mali verificata a nostri giorni, con quanto danno del cristianesimo, ognuno il vede, che abbia in cuore zelo di cristiano. (par. 21) » Per ultimo voglio mettervi in considerazione un punto, che certamente deve a tutti passarci il cuore. Cristiani miei, se non estirpiamo questo abuso delle moderne conversazioni, noi, che lo abbia mo introdotto: non vi sarà rimedio mai più: resterà in piedi, finchè durerà il mondo. E manifesto; perchè se noi, che abbiamo veduto co propri occhi, quanto meglio si governavano le case, prima che s'introdu CeSSe questo mal costume; quanto più ap plicava la gioventù, quanto più si frequentavano gli oratorii, quanto più si regolava no bene i tribunali, i magistrati, la città tutta, ogni cosa ad ore proprie, quanto pro cedevano più guardinghe le dame, quanto si addimesticavano meno i cavalieri; se noi, dico, che abbiamo veduto tutto ciò, e che poi dopo ci siamo ritrovati a veder ancora la miserabile mutazione di scena, seguita subito che sono venute fuori le conversazioni, tanto e tanto non vi rimediamo; no, di lettissimi miei, non vi si rimedierà mai più, Passeranno le conversazioni in eredità perpetua da noi a nostri posteri fino all'ultima generazione: potranno zelare predicatori apostolici: potranno stendere tutto il loro braccio principi santi: potran far quanto vogliono quei, che verranno dopo di noi; non vi sarà più riparo al male. Il Signore resterà offeso per questo conto, più di quanto forse c'immaginiamo, finchè durerà il mondo, perchè questo è un costume, che venendo protetto dal genio, dalla passione, e conseguentemente dall'universale degli uomini , piglierà sempre più piede, se non si butta a terra ora che nasce, ed ora, che noi siamo testimoni di veduta dei mali effetti, coi quali ogni giorno più va sconcer tando le case e le coscienze. Onde la nobiltà, da cui tanto dipende il costume del rimanente del popolo, siccome si può giudicare fondatamente, che dal tempo, in cui incominciarono le conversazioni, abbia peggiorato nell'anima (mentre al moltiplicarsi delle occasioni cattive han da moltiplicarsi del pari i peccati); così si può credere, che andrà sempre di male in peggio». Chi non s'accorge ora, che quello, che già si temeva è finalmente accaduto: che si son rese comuni nel cristianesimo le conversazioni, e con esse comuni ancora tanti disordini e peccati? E se quando questo gran male poteva facilmente emendarsi, ciò non si è fatto; come se ne può sperare al presente l'emenda, dopo che coll'andar innanzi ha preso fermezza e stabilità, e col farsi comune ha già perduto persino ogni sospetto di male? Non rimane dunque altro, che un qualche flagello di Dio, il quale ne costringa ad una non pensata, ma seria emendazione.

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

mercoledì 17 novembre 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


Basta sol leggere ciò, che diceva su tal proposito l'apostolico predicatore il P. Segneri juniore, allorchè le conversazioni erano ancora nascenti, e sol tra le dame ei cavalieri. Io ne trascrivo alcuni tratti, che sono vere pitture del nostri costumi, e pur troppo lagrimevoli, ma vere produzioni. (Istruz, sopra le Conversaz. moderne. Firenze, e Parma per Giuseppe Rosati an. 1751:) » Per conto della Conversazione, egli dice in un luogo (par. 4.) voi parimenti tralasciate tutte le divozioni private, e pubbliche. Quanto alle private, qual bene potete mai fare prima di coricarvi, dopo la stanchezza di una veglia sì lunga? La mattina seguente non siete a tempo alla predica, mentre appena arrivate all'ultima messa, tanto che chi volesse pigliar nota dei cavalieri, e delle dame, che sono state alla conversazione la sera innanzi, basterebbe che osservasse per le chiese, chi sta ascoltando l'ultima messa. Circa la frequenza dei SS. Sacramenti, o voi vi comunicate con tutta la conversazione della notte innanzi, e qui vedete, che indecenza è questa: accozzare insieme conversazioni, e comunione. Ol trecchè alzandovi tardi di letto, per necessità avete da spedire in fretta la preparazione per la confessione, e poi appena comunicati desinare, passeggio, e di nuovo conversazione. O voi per comunicarvi vi assenterete la sera innanzi dalla conversazione, e in tal caso io non ho tanto buon concetto di voi, che mi persuada, che vogliate vincere così frequentemente i rispetti umani di quello, che si dirà dalla brigata su la vostra sedia vacante. Voi non avrete tanto animo di far sapere a tutti, che vi comunicate si spesso. Onde temo, che abbiate già fatto un gran diradare di comunioni, e che abbiate a diradarle tuttavia di più. Cosa purtroppo avvenuta oramai in ogni città. - - - Guanto alle divozioni pubbliche, già tutete le confraternite, tutti gli oratorii degentiluomini sono per terra; e oggi si può aggiungere ancora di tutti i cittadini, e di tutti i mercatanti. Perchè facendosi di notte giorno, ne viene, che si abbia poi a fare di giorno notte; onde appena resta tempo la mattina per udir messa. In tutte le città, dove ha allignato questo mal costume, da quel tempo, che il demonio ve lo portò, si è notata la desolazione, e la rovina totale di tutte le sacre adunanze di cavalieri. Per tutto piangono i nostri vecchi compagnie così fiorite di nobiltà a tempi loro, ora composte di puri artigiani; oratorii, in cui prima si penava ad aver luogo, ora chiusi per mancanza di numero sufficiente a cantare gli ufficii. In somma per questi abusi sono scadute affatto tante belle divozioni della città, tante lodi, che riceveva la vergine, tanti suffragi, che riportavano le anime sante del Purgatorio. Ora levate ad un'anima la frequenza del Sacramenti, fate, che non senta più prediche, che non abbia più altre divozioni che quell' unica messa di precetto, e sappiatemi poi dire, a che misero stato si ridurrà. Ah ! che il demonio ha trovata la maniera di spogliare in un colpo la nobiltà, e oggi mai tutti i cristiani, di tutti gli aiuti al bene ».

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

sabato 16 ottobre 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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E in fine ordinato il tempo del giorno, e il tempo della notte. E fece Dio due luminari grandi: il luminar maggiore, che presedesse al giorno; e il luminar minore, che presedesse alla notte (1). Ma questi due tempi si sono al presente disordinati: il giorno è divenuto tenebre, e la notte ha occupato il luogo del giorno. Dio divise la luce dalle tenebre (2); e i cristiani han tornato a confonderle insieme. Entrate, quando il sole ha già avanzato la sua carriera sul nostro orizzonte, entrate, dico, nella casa non solo di un nobile, ma anche di un mezzano cittadino: che cosa vi trovate voi? tenebre, e silenzio; tutti riposano, e vi scontrate al più in un servo, che non osando nè pur parlare, vi accenna col dito, che i suoi padroni sono ancora immersi nel sonno, e che sin presso al mezzo giorno non usciranno dalle pigre piume. Dio chiamò la luce col nome di giorno, e le tenebre col nome di notte (1) : ma di presente si ponno cangiar nome vicendevolmente la notte, ed il giorno, perchè l'una ha usurpato le azioni dell'altro. Di notte le visite, di notte i passeggi, di notte i banchetti, di notte le danze, di notte persino i congressi de'letterati, de commercianti, de curiali, del giudici: e di giorno il riposo. Davidde ha detto: Se ne va l'uomo alle sue faccende, e a suoi lavori insino alla sera (2). Ma adesso si può dire: Se ne va l'uomo alle sue faccende, e a suoi lavori insino al giorno. Osservate in fatti presso al cader del sole uscir quell'uomo da quella casa; dove pensate che vada? Prima a un passeggio, poi a un caffè, indi ad una conversazione di prima sera, di là al teatro, dal teatro finalmente a casa, a cena e sull'alba al riposo. E quel cocchio, che esce con tanto strepito da quel palagio sull'imbrunir della sera, dove va, e chi porta? Porta una donna, che in quest'ora esce anch'essa alla sua occupazione sino a giorno: prima a correre su e giù una contrada, poi a mettere conversazione dinanzi ad un caffè, indi al teatro, alla danza, alla veglia sin presso giorno. E quell'artigiano, che con tanta fretta chiude la sua bottega appena caduto il sole dove va? Anch'egli al caffè, poi a un passeggio, indi ad una bettola, e Dio sa con chi, e Dio sa perchè; io solamente so, che questa è la fatica che prolunga sino a giorno. Quindi chi può ridire i disordini, che da questa inversione di ore diurne, e notturne sono nati nel cristianesimo? Mi pare che i demoni dell'inferno abbiano congiurato contro i cristiani, come gli Assirii contro Gerusalemme, e che siensi eccitati anch'essi l'un l'altro, dicendo: Surgite, et ascenda mus in nocte, etdissipemus domos ejus (1). Sorgete e diamo la scalata di notte, ero viniamo i suoi casamenti. 

Ascenderunt in nocte, contro quelle famiglie, che vivendo una volta senza lusso, e con decenza, erano l'esempio e il decoro del lor paese; fecero, che tra loro s'introducesse lo splendore delle conversazioni notturne, la frequenza del teatro, l'amore del giuoco, lo strepito delle danze, et dissipaverunt do mos ejus; ed ecco dissipate le sostanze di quelle case in ispese superflue, a cui non possono sovvenire colle loro entrate, e per cui aggravate di debiti cadranno improvvisamente in una totale rovina. 

Ascenderunt in nocte contro quelle famiglie, che erano una volta il decoro della patria, e lo splendore del tribunali, e v'introdussero l'ozio delle piume nelle ore più opportune della mattina; et dissipaverunt domos ejus; ed ecco trascurati gli affari, e dati in mano agli stranieri, ecco dimenticate, e rovinate le cause de clienti; ed ecco il popolo oppresso dalle mani del vigilanti usurai, e de rapaci avoltoi. 

Ascenderunt in nocte contro quelle famiglie, che educavano una volta i lor figliuoli nel santo timor di Dio, e vivevano cristianamente; et dissipaverunt domos ejus; ed ecco cancellato ogni vestigio di cristianesimo in quelle case. Tardi la sera al riposo: dunque breve, e infrequente l'orazione a Dio, perchè le membra aggravate dal sonno non lo consentono: dunque rara, e frettolosa l'assistenza all'augusto divin sacrifizio, perchè fa d'uopo col sonno delle ore diurne ricompensar la perdita della notte, e i pochi momenti del tardo mattino se gli portan seco gli affari della famiglia: e per la stessa ragione non più frequenza di sacramenti, non più parola di Dio, non più vigilanza sui figli, e sulle figlie. Tardi sorgono dalle piume: dunque tardi al pranzo: dunque non riman tempo per un quarto d'ora di lezione spirituale, per la visita ad una chiesa, o per intervenire ad una benedizione.

Ascenderunt in nocte contro quelle famiglie, nelle quali insieme colla temperanza, e colla vigilanza fioriva la sanità, e v'intro dussero l'amore ai banchetti notturni, alle danze, ai teatri; et dissipaverunt domos ejus; ed ecco da quelle case non si vedono più uscire se non faccie scolorite, e portarsi al sepolcro i giovani più freschi, e più fiorenti; perchè nel disordine dei cibi e del le pozioni, nell'affanno delle danze, nel l'ardore e nel fumo de'teatri, nell'ozio del le piume, nelle lente ed umide arie notturne si stempera la sanità dei mariti, delle mogli e dei figliuoli. 

Ascenderunt in nocte contro quelle famiglie, in cui regnava l'onestà delle donne, delle figlie e dei servi; e indussero i capi di casa a passar la notte in un caffè, ed in una conversazione: e consigliarono alle madri di permettere alle figlie i passeggi notturni: et dissipaverunt domos ejus; ed ecco sbandita da loro la santa pudicizia. Che cosa fanno, di che cosa parlano, con chi sorridono quelle fanciulle e quelle mogli in quelle conversazioni e in quei teatri º Che cosa accade in quelle case tra quelle serve e que figliuoli, tra que servi, e quelle figlie, mentre il padre e la madre ne sono assenti gran parte della notte? Che case frequentano que giovani, che nel silenzio e nelle tenebre notturne godono tutta la sicurezza di non esser veduti, nè conosciuti? Che cosa si disegna, che cosa si tenta, quali sono i discorsi, e che si eseguisce in quei freschi notturni, e in quelle compagnie di giovani dissoluti, e di donzelle abbigliate? Io non so quello che accada; so ben quello che deve accadere tra il fuoco inosservato, e la paglia che gli è troppo vicina. 

Ascenderunt in nocte sino in quelle povere case, in cui una volta dopo una breve rifezione si chiude vano nel silenzio e nel sonno le porte sino all'alba, e allora poi si riaprivano, e vede vasi uscirne il vigile e faticoso artigiano alla sua bottega: e v'introdussero il piacere di certe cene geniali, e di certe unioni di bettola; et dissipaverunt domos ejus. Non si ode più altro che lamenti e pianti del la moglie abbandonata alla solitudine del letto maritale, e dei figliuoli pasciuti dai padri di percosse, di maledizioni e di bestemmie, Tardi la sera al riposo, tardi la mattina alla bottega; affaticate dalla crapula le membra la notte, e inabili la mattima al travaglio; accorciato il tempo allavoro, ma cresciute le spese dei piaceri; e in conseguenza esigere mercedi esorbitanti, angariare i dipendenti, mancar di fede anche con ispergiuri, affrettare senza attenzione i lavori affidati, e ritenere, dove si può occultamente, la roba altrui, Mon sono questi tutti disordini pubblici, comuni, e inemendabili di tutta la Europa; disordini, che fomentando il piacere, e la mollezza, hanno spento a poco a poco nel cuor degli uomini quasi ogni affetto per Dio; disordini, che sconvolgono tutte le famiglie, e rendono stabile, e quasi eterna la corruttela? Queste perniciose conseguenze delle conversazioni notturne furono già prevedute, e pronosticate all'Italia dai ministri del Signore. Ma che pro? noi raccogliamo i frutti velenosi dei nostri maggiori, e quelli, che ci seguono, ne resteranno finalmente uccisi.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

domenica 12 settembre 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Nulla, o quasi nulla, in una parola, si è voluto fare per edificare la città di Dio; e qual cosa mai non si è fatta per la città caduca del mondo? Quante ricerche, quante combinazioni e sistemi, quanti scritti, quanti saggi sull'agricoltura, sul commercio, o interno, o esterno, sulle manifatture e le arti, sulla legislazione, sui mezzi di assicurare ciò, che appellasi la felicità del cittadini, coll'assicurare, e coll'accrescere le loro comodità, sui mezzi altresi di aumentare le ricchezze dello stato, sul suo credito, e sulle sue risorse, sulle sue relazioni, e i suoi interessi, sulla sua popolazione, sul suo governo, sulla sua forza militare, sulle sue alleanze ! Se v'è stato su tutto ciò molta sagacità ne disegni, molta connessione, e destrezza nelle discussioni e nelle operazioni, non domandate ad un vescovo: ma ciò, che ei non potrebbe abbastanza ripetervisi è, che uomini cristiani non doveano tutto riferire a sollecitudini profane ». Quantunque sono forse anche più quelli, i quali danno quasi tutto al riposo, e nulla, o quasi nulla alla fatica. Vedrete un cristiano impigrir sulle piume sino al tardo mattino; crederete, che il giorno innanzi abbia travagliato, come un fabbro, o come un agricoltore, e pure non ha alzata una mano, non ha dato un passo. Vedrete una donna, che ha sempre aperta l'anticamera a visite, e crederete che si prenda un onesto trattenimento dopo i continui pensieri della famiglia, della educazion delle figlie, o dopo il lavoro delle mani. Niente di questo; ma la conversazione è la sua sola occupazione, e l'unica sua fatica. Vedrete un uomo passeggiar su e giù la piazza, o assidersi immobile in un caffè: penserete forse, che aspetti compagni e dipendenti per trattar di affari, ma v'ingannate; l'unico suo affare è passeggiare, sedere, e parlar di novelle, e mormorare d'altrui. Ora do mando io: v'è segno in questi, che pur son tanti, v'è segno nessuno di creature di Dio, che amano il Dio lor Creatore; v'è in questi indizio nessuno, ovver principio di veri cattolici? - º È poi ordinato in secondo luogo il tempo dell'uomo e il tempo di Dio. Tempo dell'uomo sono i sei giorni della settimana; tempo di Dio è il giorno della domenica. Tempo dell'uomo è il carnevale, tempo di Dio è la quaresima. E pure anche questi due tempi s'invertono oggidi dai cristiani. Anche del giorno di festa si vuol fare un giorno dell'uomo, anzi dirò piuttosto un giorno del demonio. Il difestivo è appunto quello, che più degli altri, è dedicato al letto, al divertimento, alla crapula e al peccato. Non basta correre alla messa più spedita e più tarda; si va ad udirla in quella chiesa, dove capita quel l'amico, quella persona, quel corrispondente: vi si va nel tempo di quella musica, in cui le risa, le ciarle, e la scompostezza delle persone sono la minor irriverenza, che si commetta in faccia agli altari. Si corre a ricevere in fretta una benedizione di Gesù Sacramentato, e poi si parte a comprare la sua maledizione per una contrada, dove si procura di adescare gli occhi della gioventù più debole, e più incauta. Il difestivo è il giorno del banchetto, è il giorno del teatro, è il giorno della danza. E non è un rossore de cristiani l'aver trovato per sin le sottigliezze delle scuole a fine di accorciare il giorno di Dio? Imperocchè il difestivo dovrebbe aver principio da una mezzanotte all'altra secondo lo stile ecclesiastico e ragionevole; ma se n'è fatto un giorno mezzo naturale, e mezzo ecclesiastico: si sono tolte alla domenica almeno sei ore di tempo, e si fa terminare il difestivo al tramonto del sole, per aver campo di andare al teatro, e per coonestare la libertà delle danze e degli spettacoli. Del tempo poi della quaresima, che dovrebbe esser tempo di penitenza, si è procurato di fare un ecclesiastico carnevale. Si assiste alla predica come al teatro per partito e per curiosità; e un gran predicatore è divenuto al di d'oggi simile ad " parassito, che ha i suoi partigiani, ei suoi antagonisti. Si rinnovano in certi di festivi della quaresima i banchetti e le crapule del carnevale. L'opera si traveste sotto il titolo di accademia; per altro vi sono gli stessi divertimenti della musica, e quasi gli stessi scandali delle persone. I disordini del carnevale servono a far dispensare dal digiuno della quaresima, e in questo modo tutti i disegni di Dio, e della Chiesa si pervertono, disordinando il tempo assegnato alla penitenza. Ora domando io: in questi cristiani, che così pervertono il tempo, v'è luogo all'osservanza del primo precetto di Dio? V'è pensiero di Dio? v'è anore di Dio? v'è culto di Dio?

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

lunedì 9 agosto 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Vengo agli eretici. L'uniforme di cattolici, che hanno portato sino ad ora i Giansenisti, e la debolezza di certi spiriti, che credettero questa eresia un fantasma e una chimera, hanno moltiplicato per modo la loro setta, che molti son divenuti Giansenisti senza nè pur saperlo. Questi lupi trasvestiti da agnelli, molte volte con una verste talare, e con una faccia dimessa, hanno penetrato a notte oscura ne' licei, e nei chiostri, e sino nei gabinetti delle dame. Una massima severa ha loro servito di ve lo, e una protezione comprata con lettere di cambio è stata ad essi di scudo. Hanno immerso il dente nella greggia di Gesù Cristo, affidati nel silenzio delle tenebre, ed ora solo incomincia un'alba nemica a scuoprir co'raggi suoi le loro labbra rosse di sangue. Chi è dunque, che possa discer nere questi lupi, enumerar le pecore da loro scannate nelle città cattoliche, dove per anche le tenebre cuoprono il lor macello? Verrà poi anche in queste parti il celeste agricoltore col vaglio a mondar l'aja, e a separare la paglia dal grano, e allora si apriranno i secreti dei cuori, e si vedrà in mezzo a quanti eretici vivono tuttora i buoni cattolici. - Ma i buoni cattolici sono poi molti? Ahi che se tornasse un Michea profeta, e cominciasse a scorrere le città cattoliche, per la desolazione della vigna di Gesù Cristo s'udrebbe gridare un'altra volta: Misero me, che son divenuto simile a chi raccoglie nell'autunno gli avanzi della vendemmia: non trovo alla mia fame un sol grappolo, e indarno l'anima mia si strugge pel desiderio di frutta mature (1). Non si trova più un santo sulla terra, e non v'ha più tra li uomini un giusto (2). Chiamano il male col nome di bene: e l'ottimo tra loro è come un cardo pungente, e il giusto è come una spina di siepe (5). Ma ecco che arriva il giorno, in cui Dio esplora, e visita la sua vigna: ora sarà devastata (4). Non voglia Iddio, che siccone si avvera il lamento di Michea, cosi pur anche abbia ad effettuarsi la sua predizione. Molti seducon se stessi, perchè hanno la fede di Gesù Cristo, ma poi non ne mo strano nell'opere loro gli effetti. Ora la fede senza l'opere è una fede morta (1). Non basta la fede a giustificare il cristiano, ma sono di più necessarie le opere (2). Come l'uomo è composto di anima e di corpo, e senza l'anima il corpo è morto; così il cristiano è un composto di opere, e di fede, e senza l'opere la fede è morta (5). Dunque mostrate, o Cristiano, le vostre opere per conoscere se siete vivo o morto. Voi credete, che Gesù Cristo è Dio. Anche i demonii lo credono, e tremano (4) . Ma questo non basta. Mostratemi di più, che voi praticate la sua legge; e non vi domando conto de suoi consigli, ma dei suoi precetti; e non di precetti nuovi, ma degli antichi, di quelli soltanto, che sono comuni e agli ebrei, e ai turchi, e a tutte le genti - - - a Ascolta Israele, diceva Mosè agli ebrei, il Signore Dio nostro è il solo Signore. Amerai dunque il tuo Signore Iddio con tutto il cuore, con tutta l'anima, e con tutte le forze (1). E bene quanti sono tra i cristiani che diano prova di amar Dio di questa maniera? Il metodo della vita introdotto comunemente nelle nostre contrade non permette quasi di pensare a Dio, e molto meno di amarlo. Dio diede un certo ordine, e una certa misura al tempo, affinchè servisse insieme ai bisogni dell'uomo, e insieme al culto del creatore. Ogni cosa ha il suo tempo, e dentro lo spazio ad essa assegnato passano tutte le cose sotto del cielo. Tutte le cose ch'egli ha fatte, ciascuna a suo tempo sono buone (2). Ma quest'ordine è stato totalmente inverso dai cristiani. Fu ordinato da Dio il tempo del riposo, e della fatica. Egli medesimo benchè instancabile ne ha lasciato l'esempio nella creazione del mondo; sei giorni di lavoro intorno a questa gran fabbrica, e un giorno di riposo: E Dio ebbe compiuta nel settimo giorno l'opera ch'egli avea fatta: e riposò il settimo giorno dati l' opere che avea compite (1). Dunque non bisognerebbe invertir quest'ordine o dando tutto alla fatica, o tutto al riposo. Danno tutto alla fatica tanti avidi e interessati, i quali non si prendono mai un momento di riposo dagli affari mondani, e dalle sollecitudini della vita. In consequenza non cercano mai, o quasi mai Iddio; e come se tutto dipendesse dalla loro industria, non lascian quasi luogo alla di vina provvidenza. Appena si vede un segno di cristiano mal delineato sulla lor fronte; e i di festivi sono anch'essi dedicati o a raccogliere i guadagni dei giorni antecedenti, o a disporne dei nuovi. Io credo, che dell'Italia, e di tutta l'Europa possa ripetersi ciò, che dice della Francia l'arcive scovo di Vienna (Testim. delle Chiese di Franc. ec. tom. 4. pag. 165.) » A che mai sembra che quivi si attenda dopo non so quanti anni? Ahimè! ben poco agli oggetti della religione, e alla religione stessa: ben poco ad incoraggiare, e a favorire la virtù, ben poco a ciò, che contribuirebbe per ciascun di noi al felice esito del grande affare, dell'affare, le cui conseguenze saranno eterne.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

mercoledì 5 maggio 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Ed eccovi intanto, torno a dire, alcuni dei motivi delle presenti vicende, e disgrazie della Francia. Con questo io mi sono ingegnato di giustificare la divina provvidenza nella permissione dei mali presenti. Ma non pretendo per ciò di essere giunto a penetrare nei profondi abissi de' suoi arcani secreti. Quanti altri fini può avere Iddio in queste calamità, che riserba da scoprirsi a suoi eletti nella patria, o anche a tutto il mondo nel di dell'universal giudizio! Non mi domandate dunque più perchè lddio faccia, o permetta cosi. ” Sonuomo, risponderò con Salviano, (de gubernat. Dei l. 5. c. 2) non l'intendo, non ardisco d'in vestigare i secreti di Dio. Mi basta sapere, ch'egli medesimo protesta nelle scritture, che vede tutto, e che dispone tutto con sapienza, con prudenza, con soavità, e con forza. Perchè siccome vale più Dio, che ogni ragione umana, cosi anche più d'ogni ragione dee valere presso di me il sapere, che tutto si fa da Dio. Non è dunque mestieri il sentir qualche cosa di nuovo su questo fatto: basti per tutte le ragioni il sapere, che Iddio n'è l'autore o col volerlo, o col permetterlo ». Quello piuttosto, che io pretendo, anzi quasi quel tutto, a cui s'indirizza la seconda parte di questo mio libricciuolo, si è una viva lezione negli esempi della Francia di que castighi, che forse si vanno apparecchiando a noi, ma che certamente anche noi abbiam meritato. Le disgrazie di quel popolo sieno una scuola ai suoi imitatori, e le sventure dei maestri di iniquità diventino uno specchio a lor discepoli. Ecco che io comincierò ad affliggere la città che porta il mio nome, e voi quasi foste innocenti, resterete impuniti º voi non sarete impuniti: imperocchè ecco che io spedisco la spada contro tutti gli abitatori della terra, dice il Signor degli eserciti. Impara, o Gerusalemme, affinchè non si alieni da te l'anima mia, affinchè io non ti renda terra deserta e inabitata (1). Questa è la via ordinaria della divina misericordia, la quale non vuol la morte del peccatore, ma bensi, che si converta e viva, di premettere cioè alcuni avvisi prima di metter mano ai severi castighi. Suole Iddio perciò, come riflette San Vincenzo Ferreri (Dom. 5. Advent serm. 7), prima di qualche gran mutazione, o novità, mandare innanzi qualcuno de' suoi ministri, affinchè le genti si preparino. Noi al presente per giusto giudizio di Dio, come abbiam notato, non contiamo più nessuno di quei singolari ministri del Signore, i quali in altra stagione invitavano i popoli non sol colla voce, ma anche coi prodigii a penitenza. Ma la misericordia di Dio non è del tutto estinta per noi. In vece della voce autorevole de' suoi Apostoli mostra Iddio in faccia a tutta l'Europa l'incendio della Francia dissoluta, e ne fa salire sino alle stelle il fumo, perchè tutti il vedano, e si correggano. Così fu di Sodoma, e di Go morra arse eternamente, e distrutte per terrore di tutte le genti. Siccome Sodoma e Gomorra e le città confinanti ree nella stessa maniera d'impurità, e che andavan dietro ad infame libidine, furon fatte esem pio, soffrendo la pena d'un fuoco eterno (1). Ma sono veramente i peccati del resto dell'Europa simili a quelli della Francia? Dio voglia, che non sieno anche maggiori. Al giorno d'oggi tutte le capitali, e le mag giori città dell'Europa, per non dir quasi tutte affatto, racchiudono fra le loro mura tre diverse fazioni: increduli, eretici, cattolici. Mi appello ai libri, alle massime, e ai fatti, che sono sotto l'occhio, e l'orecchio di tutti, se questo non è vero. E se ciò per alcuno non è così evidente, sappiano, che ciò proviene da un male anche peggiore, cioè dalla impunità degli irreligiosi, che son rimasti sino al presente misti e confusi coi cattolici. Ora per cominciare dai primi, gl' increduli non devono essersi pochi, come forse si pensa. Sono sessant'anni, e anche più, che di là dalle Alpi si è lanciata su tutta l'Europa una grandine maledetta di libri velenosi, che ha battuti a terra, e pestati i più bei germogli della fede. Questa è la maledizione uscita su tutta la terra, che ha posto il suo domicilio nel mezzo di essa, e l'ha consunta (1). Questa grandine è di venuta sempre più grossa e sempre più spessa, quanto più si è avvicinata a noi. La pubblicità delle opere dei filosofi, il plauso che ne han fatto le donne di spirito, il credito, che si sono acquistate per viaggio fatto su i monti, e per una legatura straniera, l'impunità dei loro autori, il mele sparso dall'inferno sopra quei libri, il cuor guasto dei lor leggitori, hanno contribuito con tanto esito a questa mission di lucifero, che dove i frutti non si sono staccati dall'albero, restano per altro o tocchi, o appassiti. Molti discredono, altri non credono, non pochi restan dubbiosi, una gran parte è in differente per la vera religione. Se tutti dovessero pubblicare i lor sentimenti, sono pochi pochissimi quelli, che sentano giustamente dei premi e delle pene dell'altra vita. Ma le bestemmie aperte d'alcuni, gli equivoci, i dubbi, le reticenze, e più i pessimi costumi di tanti e tanti, ben manifestano l'occulto veleno, che infetta oramai le vene di tutta l'Europa. Di modo che se l'Inghilterra, e la Francia sono state la culla della miscredenza, l'Italia e il resto del l'Europa è stato il campo de' suoi trionfi.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

domenica 25 aprile 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Dopo il castigo, che Iddio versa al presente sulla Francia, ecco alcuni dei motivi, per cui Iddio flagella quel regno: ecco i primi sorsi del calice dell'ira di Dio, che si appressa oramai al labbro di tutte le genti. A me sembra, che vada anche adesso a compirsi la terribile predizione espressa nel salmo secondo di Davidde. Perchè mai, diceva il santo profeta, perchè mai fremetter le genti, e i popoli macchinarono così vani disegni? Insorsero i re della terra, e si col legarono insieme i principi contro il Signore, e contro il suo Cristo. Rompiamo, dissero, i loro legami, e gettiamo lontano da noi il loro giogo (1). Or bene. Dio si prenderà giuoco di loro, e si burlerà dei loro disegni (2). Ma vedendo poi, che ancor si ostinano nella loro empietà, alzerà contro di essi la sua collera, e lasciando correre il suo sdegno gli riempirà di spavento (5). Fa Iddio a nostro modo d'intendere coi superbi increduli quello, che fa un gigante con un rabbioso fanciullo. Questi non misurando le proprie forze con quelle del suo rivale, lo afferra per una mano, e impiega ambe le braccia per muoverlo dalla sua base, e per tirarlo a se. Sorride da prima il gigante, e volendo prendersi giuoco di quel superbo fanciullo non fa altro, che scuotere una e più volte il braccio; e questi ad ogni tratto si rovescia indietro, e percuote su la nuda terra con impeto il capo. Che se tanto e tanto rialzandosi il fanciullo si avventa con più collera al gigante, allora questi cangia il riso in isdegno, e alzando il piede smisurato lo rispinge con urto impetuoso, e lo lascia semivivo sul suolo. Così Iddio vedendo i fanciulli filosofi, che si accostano per volerlo strascinar giù dal soglio, si fa prima scherzo dei loro insulti, e allargando la mano gli abbandona ai vergognosi loro capricci, per cui divengono la favola, e il i", di tutto il mondo. Colui che ne cieli risiede, si burlerà di costoro, e il Signore gli schernirà (1). Ma poichè questo non basta ad uniliare i superbi, chi sa, che Iddio non si levi in alto, e non disperda per sempre la loro collera, e la loro memoria. Ma pure, dirà taluno, costoro intanto vivono, e menano quasi in trionfo la loro iniquità. Perchè vivono gli empi, e sono innalzati, e son possenti per le loro ricchezze (2)? domandava anche il Santo Giobbe Non è così vero, come abbiam veduto, il loro trionfo; ma è ben più probabile la loro totale rovina. Passano felici i loro giorni e in un istante scendono al sepolcro (1). - Intanto Iddio permette in essi questa apparente prosperità, perchè i cattivi vengano puniti dai peggiori di loro, e questi empii aprano la via a se stessi per cadere nel più profondo degli abissi. Si : Iddio col braccio dei peggiori punisce altri cattivi, riflette S. Bernardino da Siena (tom. 1. oper. serm. 22. art. 2. cap. 5). Come, soggiugne il Santo, un re non punisce i malfattori, nè gli sospende al patibolo per mezzo del suo figliuolo; ma è molto più conveniente, che destini a quest'uffizio al cunivili, crudeli, e austeri manigoldi; cosi avviene nel nostro caso. Non è tanto decente, che Iddio assegni gli angeli, o i santi per punire i cattivi, quanto i vili, crudeli, e sanguinarii filosofi; onde in Ezechiele sta scritto: Darò vigore alle braccia del re di Babilonia, e la mia spada porrò in mano a Lui (2), e in Giobbe: Dà il regno ad un ipocrita a motivo dei peccati del popolo (1). E da quest'ordine di provvidenza tre beni ne seguono. Un bene temporale, perchè il denaro accumulato dagli avari si riparte in molte mani, perchè le vesti vane, e superflue si vendono, e si disperdono, e perchè i poderi, e i giardini deliziosi si distruggono in vendetta del mal uso, che si fece di loro. Un bene corporale, perchè di questa guisa si tolgon dal mondo molti perversi. Finalmente un bene spirituale, perchè per tali disgrazie si danma un minor numero di quel, che si dannerebbe per le prosperità. Ma oltre a ciò Dio punisce sempre più i malvagi colla stessa loro prosperità. Primo erchè (Sanct. Bernard Senens. ibid. art. 5. cap. 1) nella felicità si nutre, e si corrobora la loro iniquità, e si moltiplicano le legna del loro incendio. Chi altrui nuoce, noccia tuttora: e chi è nelle sozzura, di. venti tuttavia più sozzo... Ecco ch'io vengo tosto, e meco porto onde dar la merce de, e rendere a ciascuno secondo il suo operare (2). Secondo, perchè costoro gonfi di superbia, rendano tanto più strepitosa la loro rovina. Io vidi l'empio a grande altezza innalzato, come i cedri del Libano. E passai, ed ei più non era, e ne cercai, e non si trovò il luogo dove egli era (1). Ter zo, perchè gli altri conoscano, che costoro sono abbandonati da Dio, giacchè il prospero successo della iniquità è indizio certissimo di riprovazione. Si satollarono oltre il bisogno, ed egli soddisfece a loro desideri, ed ebbero tutto quel che bramavano. Avean tuttora in bocca le loro vivande, quando l'ira di Dio piombò sopra di essi (2). Anche Nabucco, e le genti feroci dell'Aquilone furono il flagello, con cui punì Id dio il popolo di Giuda per non aver prestato orecchio alle sue parole; e non dubitò Iddio di chiamar Nabucco persin suo servo. Perchè voi non avete ascoltate le mie parole: ecco che io prenderò meco, e spesdirò tutte le famiglie del settentrione, dice il Signore, e Nabucodonosor re di Babilomia mio servo: e li condurrò contro questa terra e contro i suoi abitatori (5). Ma che?

Dopo settant'anni visitò Iddio anche Nabucco, e i suoi confederati, e ridusse il lor paese ad una solitudine sempiterna. E passati i settanta anni io visiterò il re di Babilonia, e quella nazione, e la loro iniquità, e la terra dei Caldei, dice il Signore, e la ridurrò a solitudine eterna (1). Resterebbe a dire alcuna cosa della riforma, che Iddio pretende colle presenti calamità della Chiesa gallicana. Ma io mi riserbo a toccar questo punto su la fine della presente operetta, dove parleremo della riforma universale, a cui Dio richiama tutta la Chiesa.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

domenica 28 febbraio 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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San Bernardino da Siena, quel singolare Apostolo dell'Italia, parlando in un suo sermone dei peccati, per cui Dio flagella i popoli, annovera tra questi la vanità, la reziosità, e la superfluità degli ornamenti, i quali, dice il Santo (Tom. 2. edit. Veneta 1745. Serm. 18. art. 2 c. 2.), dopo che si sono moltiplicati in una città, se anche scendesse un Angelo dal cielo, o se anche predicassero contro queste superflue vesti un Paolo, e Cristo, credo, che non la vincerebbero, si a motivo dell'avarizia, perchè gli uomini col disfarle, o col venderle, non ne ritrarrebbero il prezzo desiderato; si perchè troppo duro parrebbe alle femmine vane il lasciarle ; sì perchè questo è un peccato, che accieca, e che chiama sopra di se il giudizio di Dio. Onde per rimuovere il lusso, quando è moltiplicato, non si trova altro rimedio, come io stesso ho sperimentato in molte città, se non se il flagello di Dio che purghi la terra da tanta superfluità di ornamenti. Sin qui San Bernardino da Siena. Ora non è questo un passo, che si può applicare con tutta esattezza ai ricchi della Francia, e specialmente della sua capitale? Dio castiga i mercatanti per le frodi, per le usure, e pel pascolo somministrato al lusso, ed alla impudicizia. Imperocchè molto a quest'ora hanno perduto le arti nella Francia, e per la mancanza degli artefici, e per la fuga degli stessi mercatanti, e anche per l'odio, e pel disprezzo in cui sono caduti presso gli stranieri, e molto più è da credere, che perderanno in appresso. Si verifica oggimai, od è vicino ad avverrarsi sopra la capitale del regno ciò, che sta scritto nell'Apocalisse dell'empia Babilonia. E i mercadanti della terra piangeranno e gemeranno sopra di lei, perchè nessuno comprerà più le loro merci... E quelli che di tali cose faceano negozio, e sono stati da essa arricchiti, se ne staranno alla lontana per tema de suoi tormenti, piagnendo e gemendo, e diranno: ahi, ahi, la città grande che era vestita di bisso e di porpora e di cocco, ed era coperta d'oro, e di pietre preziose e di perle: come in un attimo sono state ridotte al nulla tante ricchezze (1)! - Dio castiga il popolo. Dopo che la setta filosofica, come osserva il sig. Audai nel (ivi pag. 26), avea infettato co suoi principii tutte le classi della società; dopo che il dispregio di tutte le religioni conosciute insidiava il trono stesso, ognuno può ben immaginarsi, che cosa fosse divenuto il volgo. Egli era un popolo attaccato da tutti i vizii della viltà, e della corruzione, e dallo scandalo di una dissolutezza di costumi e d'i dee senza esempio: un popolo, che già si allontanava dai tempii, dove entrava colla più profonda indifferenza pel loro culto, e per la sua fede. Che maraviglia adunque, se questo popolo è precipitato nella rete da se medesimo? Inebbriato dalle false lusinghe di una dannosa libertà, abbandonandosi in un momento a tutti i vizii, dopo aver divorate le sostanze degli altri, è vicino a divorare se stesso. Quale disavventura pel popolo francese, diceva il vescovo di is(Testimon. della Chies. di Fran cia ec. edit. Venet. 1791. tom. 2. pag. 25), se fosse destinato a precipitare da se medesimo nell'abisso, che si nasconde ai suoi occhi, e che si scava da lungo tempo sotto i suoi piedi! A me pare, che questa disavventura sia già cominciata, e vada in fretta a compirsi.

Ecco, dice Isaia, ecco il Signore, che toglie da Gerusalemme, e da Giuda i potenti difensori, ed ogni più necessario sostentamento (1). E il popolo andrà con impeto l'un contro l'altro, e ciascuno contro il suo prossimo: s'alzerà il fanciullo con tumulto contro il vecchio, e l'ignobile contro il no bile (2). Va in rovina Gerusalemme, e Giuda precipita, perchè provocarono gli occhi della maestà di Dio col loro parlare, e colle loro invenzioni (5). L'impudenza del loro volto gli ha condannati; e pubblicarono, e non nascosero il lor peccato, come altrettanti sodomiti. Miseri loro, perchè han riscevuto male per male (1). Il mio popolo fu spogliato da suoi esattori, e signoreggiato dalle femmine. O popol mio, coloro che ti chiaman beato, t'ingannano, e pervertono i tuoi passi (2). - Ma insieme per mezzo di questo popolo Dio castiga i suoi medesimi seduttori. Che ignominia sarà per i filosofi, quando si leggerà nelle storie, che questa schiatta illusa, la quale annunziava da per tutto la pace, e avea sempre sulle labbra, come un favo di mele, l'umanità, in pochi mesi ha fatto del regno più fiorito e più potente uno scheletro scarnato, esangue, e mal stabile sui proprii piedi? Intanto essi medesimi si sono veduti, e si vedono tuttodi perseguitati da quel popolo, di cui si chiamavano i benefattori, vicini a dissetare col proprio sangue l' arsura di quelle tigri, a cui essi hanno sciolte con tanta fretta le catene. Simili a quegli antichi filosofi, che conoscendo Iddio non gli resero la gloria a lui dovuta, hanno ricevuta la stessa pena, e gli ha Dio abbandonati alle ignominose loro passioni. Per la qual cosa abbandono gli Iddio ai desiderii del loro cuore.... riportando in se stessi la condegna mercede del proprio errore (1). E siccome non mostrarono di conoscere Iddio, cosi gli ha Dio dati in mano al loro reprobo senso, lasciandoli correre per tutte le strade dell'iniquità. E siccome non si curarono di riconoscer Dio: abbandono gli Iddio a un reprobo senso, onde facciano cose non convenienti, ricolmi di ogni iniquità, di malizia, di fornicazione, di avarizia, di malvagità, pieni d'invidia, di omicidio, di discordia, di frode, di malignità, susurroni, dettrattori, nemici di Dio, oltraggiatori, superbi, millantatori, inventori di male cose... stolti, disordinati, senza amore, senza legge, senza compassione (2).

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

mercoledì 16 dicembre 2020

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


Dio castiga in questa persecuzione i grandi del secolo. Su, o ricchi, grida San Giacomo, piangete, e urlate su le miserie, da cui sarete sorpresi. (1) La mercede degli operai, che mieterono i vostri campi, e che voi defraudaste, alza la voce, e le loro rida penetrarono nelle orecchie di Dio (2): i"sulla terra, e nelle dissolutez ze nudriste i vostri desiderii pel di della morte (3): Avete proscritto, e ucciso il giusto, che non vi fece resistenza (4). Ecco dunque i giorni della vendetta del Signore. Dio mi guardi dall'approvare il furore di un popolo fanatico, che instigato dalle furie della filosofia ha devastati i campi, arsi i castelli, e scacciati o anche uccisi i legittimi lor signori. Ma avrebbe mai permesso Iddio questo sedizioso eccidio in ri del disprezzo dell'avarizia, e della crudeltà usata per alcuni secoli dai grandi sui poveri? Guai a te che saccheggi: non sarai tu pur saccheggiato? E a te che disprezzi non sarai tu pur disprezzato? Quando avrai finito di saccheggiare, sarai tu saccheggiato: allorchè stanco finirai di disprezzare, sarai disprezzato (1). I parlamenti sono stati distrutti. Ma sarebbe mai ciò avvenuto in castigo degli attentati tante volte da loro usati contro l'ecclesiastica autorità? Nell'anno 1765. profetò ad essi per tali tentativi uno de moderni apostati della Religione (vedi l'Allocuz. di Sua Santità PIO VI. seguita nel Concistoro dei 26. Settembre anno 179 r.) di non poter dissimulare, che quanto dai Parlamenti proponevasi, avrebbe recate disgrazie e più gravi, e più atroci. Che ponno rispondere questi tribunali alla mano del Signore, che gli visita, se non se di avere colla guerra fatta all'ecclesiasti ca autorità erudito un popolo sedizioso a guerreggiare contro l'antica loro podestà ? Che dirai tu quando Dio ti visiterà ? Im perocchè tu ad essi fosti maestro contro di te, e gli istruisti per tua rovina. (2).

Quello certamente, che sembra innegabile, egli è che i nobili della Francia hanno chiamata sopra di se l'umiliazione, l'opressione, e il depredamento, col fasto, col lusso" colla vanità, e colla morbidezza, onde hanno effeminata tutta l'Europa. Dalla Francia sono uscite quelle, che chiamansi mode e di abiti, e di cocchi, e di cibi, e di vivere, e di costumi, per cui hanno appreso dai cristiani sin le nazioni barbare e idolatre le delizie della mensa, e la pompa, e l'immodestia degli ornamenti. Guai a voi, dice Iddio per bocca d'Amos profeta, guai a voi, doviziosi di Sionne, ottimati del popolo, che entrate con tanta pompa nelle adunanze d'Israele (1). Guai a voi, che dormite in superbi e morbidi letti, che scegliete i cibi più delicati, che amate le musiche e i suoni, che bevete preziosi liquori, e ungete il corpo dei migliori unguenti, senza avere pietà de' vostri fratelli. Per ciò sarete i primi tra fuggitivi, e verrà distrutta questa schiatta di gente lasciva. Il Signore iddio ha giurato sull'anima sua, che detesta la superbia di Giacobbe, ed ha in odio i suoi palagi, e che darà la città coi suoi abitanti in mano ai nemici (1).

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

sabato 31 ottobre 2020

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Nella vita della venerabile Margherita Maria Alacoque part. 2, c. 69. ediz. eneta 1784. pag. 163. leggonsi le seguenti parole. – Le fece (il Signore) una volta intendere, ch'essendo stanco d'aspetta re, voleva entrare nel suo granaio per vagliare il frumento, e separare dal cattivo il buon grano: il suo popolo eletto perseguitarlo occultamente; ma che paleserebbe ben'egli le segrete loro iniquità con castighi visibili, e che separandoli da suoi diletti, la sua santità gli terrebbe così imprigionati, che rimarrebbe la loro coscienza priva di rimordimenti, l'intelletto di lumi, ed il cuore di contrizione, morendo finalmente nella loro cecità. Quindi scoprendole l'amoroso suo cuore tutto lacero, e traforato da colpi: Ecco, disse, le ferite che ricevo dal mio popolo eletto; gli altri si contentano di percuotermi il corpo, ma questi se la prendono contro il cuore, contro questo cuore, che non ha mai cessato di amarli. Cederà però al fine alla mia collera l'amor mio, per castigare quelle anime orgogliose attaccate alla terra, che mi dispregiano, ed amano ciò che mi è contrario; che mi lasciano per le creature, che sfuggono l'umiltà, sol per cercare la stima di se medesime; e ch'essendo del tutto ignude di carità ne lor cuori, altro non hanno, che il solo nome di religiose. – E in fatti dice il sig. Enrico Audainel (Mezzi impiegati dall'Assembl. Nazion per distruggere nella Franc. la Relig. Cattolic. Trad. dal Franc. 1791, pag. 94, in una nota ), qual è il primo corpo ecclesiastico, che ha per così dire prevenuto i decreti dell'as semblea, che ha il primo prestato il giuramento? Quello dell'Oratorio, e questo ordine fu, come ognun sa, la culla e il ritiro dei furiosi giansenisti. 

Quali sono gl'infami, che hanno subito acconsentito ad occupare le prime parrocchie dopo il rifiuto dei preti cattolici, e a contravvenire alla loro religione? I giansenisti, i preti dell'oratorio (*). La parrocchia di San Sulpizio º Parigi, una delle più importanti di quella capitale, è stata data dagli elettori di Parigi al signor Poiret aiutante del generale dell'oratorio, il quale non trovandosi alcuno dei cinquanta vicarii, che servivano questa Chiesa sotto il vero suo parroco, vi ha supplito col farli rimpiazzare dai preti dell'oratorio. Aveano dunque un bel dire questi ipocriti giansenisti, che i loro cattolici avversarii erano un avanzo di pelagiani. Si è scoperto in queste circostanze, cos'erano gli uni e gli altri. Nulla vi è di nascosto che non sia per essere rivelato; e niente di occulto che non s'abbia a sapere (1). 

Dio castiga il clero secolare della Francia. Uno dei mezzi tentati dagl'increduli per rovinare la religione, fu quello di eccitare delle sedizioni nella Chiesa per farla distruggere da se stessa. Voltaire morendo si applaudiva del buon esito de suoi disegni. E in fatti, riflette il signor Audainel (ivi pag. 77), l'autorità dei vescovi nella Francia divenuta un oggetto di perpetua dissensione. I parrochi sottomessi alla Chiesa, e contenti di questa sola dipendenza, lasciavano nel loro cuore un libero accesso alle sedizioni di ogni genere, che tendevano ad allontanarli dal corpo vescovile. Questa era una guerra occulta, ma lunga, e continua; tanto che al principio della presente rivoluzione i curati, riflette lo stesso autore (ivi pag. 57), allontanati dai loro vescovi, co più odiosi maneggi si dedicarono al terzo stato, strascinati dalla tendenza del loro cuore, e dal loro odio contro l'autorità vescovile. Si "a tutto questo l'infezione dell'eresia di Giansenio, che scorreva se non le principali, al meno alcune delle vene di questo corpo al tronde si venerabile. 

Che maraviglia adunque, se collo stesso flagello con cui Dio ha provato i suoi eletti, con quel medesimo ha voluto anche correggere, e punire i delinquenti? - Dirò anche un'altra cosa, della cui verità non si può recar prova certa, ma che eraltro non è fuor de'confini della proba "Non voglia il cielo, che con questa prova e del clero, e del pastori della Francia, abbia voluto Iddio disapprovare al tempo stesso alcune massime, ed usanze di quella Chiesa. Quelle, che chiamansi li bertà gallicane, la dichiarazione del clero dell'anno 1682, i confini, e le condizioni apposte alla giurisdizione, e alla infallibilità del romano Pontefice dalle scuole di Francia, hanno fornito in questo secolo un lagrimoso, benchè falso pretesto agli eretici di ribellione, e di derisione della romana autorità. Quando si è cominciato a negar nelle scuole, che il romano Pontefice possa da se solo decidere con infallibile certezza un domma di nostra fede, o condannare una proposizione, e un libro come eretico: quando si è voluto renderlo troppo soggetto ai canoni, e non troppo elevato (vedi il discorso di mons. d'Aia 29 maggio 179o. fiaccolt. Venet delle Testimonianze ec. tom. 5, pag. 67. e 69) su gli altri pastori; allora il giansenismo si è coperta con un velo la faccia da non nascondersi certo agli occhi penetranti de più illuminati, ma i" ingannare però la vista debole degl'idioti. 

Tutto ciò è avvenuto senza l'intenzione del clero gallicano, e nondimeno come una conseguenza non legittima, ma quasi ine vitabile delle opinioni gallicane. Ora chi può entrar nei giudizi di Dio, o domandargli conto di quello, che ha fatto, e che fa tuttavia è Ma pure chi sa, che nella presente dispersione della Chiesa gallicana non voglia Iddio disperdere anche queste opinioni, e avvicinar sempre più quei pastori al sommo pastor della Chiesa, e colla necessità della sua autorità renderli da esso sempre più dipendenti? Quantunque lasciamo piuttosto queste interpretazioni ai tempi futuri, che dopo l'evento svolgeranno più di leggieri i fini, e i disegni della divina provvidenza.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

domenica 13 settembre 2020

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO



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Dio prova adesso anche i pastori di questa Chiesa. Il buon Pastore, dice Gesù Cristo, sacrifica eziandio la sua vita per le sue pecorelle. Ma il mercenario, che non è pastore, e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, e abbandona le pecore, e fugge, e il lupo rapisce, e disperde la greggia ( Luc. 1 o 1 1. e seg.). A questa prova si sono trovati quei forti pastori o di perdere la robba, e di cimentare la vita, o di tradire la fede, la coscienza, e le loro pecorelle. Ma in faccia a tutto il mondo si è aperto questo gran teatro di pastorale in trepidezza. Di cento e trenta Vescovi, che reggevano quella Chiesa, appena quattro sono stati i prevaricatori. Che se alcuni sono fuggiti dalla loro greggia, ciò non è stato per timor della vita, ma perchè riuscivano inutili a una greggia divenuta anche essa loro nemica, e perchè riserbavano la loro cura a tempi migliori. Hanno anch'essi seguito in queste circostanze il consiglio di Gesù Cristo, il quale diceva a suoi Apostoli: quando vi perseguiteranno in questa città, fuggite ad un'altra (1). In questa prova de' suoi ministri Dio ha glorificato la sua Chiesa, che non aveva forse veduto dall'epoca della sua fondazione in un sol regno un numero si grande di pastori costanti contro il turbine della persecuzione ; ed ha smentito insieme le calunnie degli emuli, che dipingevano i pastori presenti della Chiesa come altrettanti mercenarii. Nel 1561. Brantome contava nella Francia nove Vescovi apostati, e nel 1791. se ne contano cinque di meno. In fine Iddio prova i Cattolici della Fran cia. È necessario, diceva San Paolo, che v'abbiano tra voi dell'eresie, affinchè quelli che sono eletti, si manifestino tra voi. (1. Cor. 1 1. 19) Così anche predisse Simeone, che Gesù Cristo sarebbe stato tra gli Ebrei il segno della contraddizione; ma perchè? affinchè si scoprissero gli occulti pensieri di molti (1). Quanti eretici, e quanti increduli vivevano nella Francia confusi, e nascosti in mezzo a cattolici! quanti calvinisti, luterani, e giansenisti, deisti, materialisti, atei, e mille altri di simile schiatta! Ma ecco, che Iddio ha preso il vaglio per purgare l'aia di quella Chiesa, e in faccia a tutti al soffio della persecuzione si è fatta la separazione della paglia dal grano. Gode adesso il cattolico di riconoscere il cattolico suo fratello, e di poter fuggire l'empio, che si è tolta dal volto la maschera. Cosi anche nella prova degli eletti Iddio esalta la sua sapienza, e la sua misericordia. Narra Vittore Uticense nel secondo libro della Persecuzione Vandalica, come prima, che questi barbari Ariani entrassero a devastare la Chiesa africana, Iddio per mezzo di varii simboli significò a suoi servi l'imminente flagello. Uno di loro fra gli altri vide in un'aia apparecchiata una gran massa di grano, ma confusa ancora colla paglia. E mentre stava contemplando questa visione, udì dietro alle spalle il fischio e lo strepito di un vento, o piuttosto di un turbine, che giunto a quel luogo levò per l'aria in un momento tutte le paglie, e le trasportò fuori dell'aia. Stava il Santo - tra stupefatto, e impaurito, quando vide entrare un personaggio di venerabile aspetto in bianca veste, che si mise con molta diligenza a mondare il grano, che v era - rimasto, e quanto ne ritrovava o di pallido, o di macilento, o di vuoto, tutto lo gittava al di fuori; tanto che quella gran massa si ridusse a un piccol mucchio. Ecco ciò, che è avvenuto fra i cattolici della Francia, e ciò che potrebbe avvenire anche altrove. Nell'aia di quella Chiesa si trovava mescolata col grano la paglia. È sopraggiunto il turbine della persecuzione, e al primo soffio si è veduta tutta la paglia volare quà e là per l'aria. Ma il celeste agricoltore non è ancora contento. Prende adesso in mano tutto il grano che vi è rimasto, e lo va esaminando pugno per pugno. Guai a chi è pallido nell'anima per una lunga infermità di peccati! Guai a chi è macilento per mancanza del nutrimento spirituale! Guai a chi è vuoto di buone opere! Dio non ama nel la sua Chiesa altro che grano eletto, il quale renda cento per uno; non vuol più tanto grano inutile, che non germoglia, e non serve ad altro, che a soffocare la buona semenza. Ecco la prova a cui Dio chiama la Chiesa Gallicana, e a cui sembra, che forse voglia chiamare ancora le altre Chiese. Ma nello stesso tempo Iddio castiga i peccati della Francia. Di là è uscita la miseredenza, di là l'eresia, di là il lusso, l'efieminatezza, e l'impudicizia a contaminare la terra. Era dunque giusto, che anche di là incominciasse il castigo. L'irreligione, dice il sig. Audainel, e l'ateismo, e il dispotismo, e i suoi lunghi oltraggi (Dei mezzi ec. traduz. dal Francese 1791. pag. 59) dovevano scuotere il trono, e tirare sopra la Chiesa la più crudele delle persecuzioni, che tale era senza dubbio la volontà di Dio. Egli dunque punisce con questa persecuzione i claustrali. Io non entro nel dettaglio de loro delitti, che a me son noti; ma dirò bensì quello, che è pubblico e manifesto in tanti scritti, cioè che non pochi tra loro, e da molto tempo aveano bevuto il veleno del Giansenismo, e alzando il calice pestilente fin sopra l'Alpi ei Pirenei, invitavano a berne tutta l'Europa. Ecco dunque che Iddio con un sol colpo e in un istante gli ha separati dal numero de lor confratelli, gli ha scoperti in faccia a tutta la terra, ed ha mostrato, che l'eresia di Giansenio non era un fantasma, ma un'edera tenace, che serpeggiava anche intorno alle piante più belle della vigna di Dio. Questa terribile separazione era già stata predetta da più di un secolo, e solo la divina pazienza ne avea ritardata l'ese cuzione.
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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI