venerdì 3 settembre 2021

Un Maestro di umiltà

 


La Stolta Superbia Soave Umiltà


Un Maestro di umiltà

“Nel mio completo crollo lebbroso, scese una ricchezza nuova che non avevo mai posseduta prima, la ricchezza della persuasione che Dio esiste. Prima, ero un credente, un fedele, ma la mia era fede formalistica. Mi pareva che il premio fosse sempre inferiore ai miei meriti. Mi permettevo di discutere con Dio, perché mi sentivo ancora qualcosa sulla Terra. Costruivo una Torre di Babele con le soddisfazioni del mio io, (autocompiacimenti). Quando tutto mi crollò addosso e fui un verme schiacciato dal peso di tutto me stesso, del pazzo mio “io”, finì di demolirlo. Più lo facevo, e più raggiungevo una forza e ricchezza nuova: la certezza che non ero solo e che Dio vegliava sull’uomo vinto dalle disgrazie e dal male. Facevo strada per andare a Lui che dimora in noi. Non importa apparire vermi agli uomini, se Dio ci giudica angeli” (Poema 3°, p. 261). Così la sofferenza scava in noi l’umiltà che ci attira la sua grazia, come la fortuna troppo spesso ci gonfia di superbia, fonte di disgrazie.

Elifaz, Bildad e Sofar, (amici di Giobbe) l’accusavano colpevole, perché sofferente. Quanti sanno fare la voce grossa verso i poveri Giobbe. Ma se fossero in simili condizioni sarebbero più spauriti e impietriti di pulcini dinnanzi al serpente! Quanti vogliono sostituirsi a Dio (per giudicare e condannare gli altri)”! (Quad. ‘44, p. 738).

René Vuilleumier


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