Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini
L’USURA
A questo punto, furono i banchieri a rendersi conto di un
singolare fenomeno, al quale occorre prestare la massima
attenzione, perché costituisce il punto di partenza della
“grande usura”. Poiché, dunque, per loro comodità, i cittadini preferivano pagare ed essere pagati con le ricevute
bancarie (banconote), invece che con le monete metalliche
depositate in banca, i banchieri, essendosi perciò accorti
che i depositi erano ritirati in una percentuale molto bassa
(diciamo il dieci per cento), escogitarono un “trucco”
tanto semplice quanto ingegnoso: emisero un numero di
“ricevute”, di gran lunga superiore a quello dei depositi, le quali, sebbene prive della copertura delle monete
metalliche, e quindi di ogni garanzia, circolarono con le
prime ricevute, funzionando anch’esse da moneta, in
quanto accettate dai cittadini.
È chiaro che, mentre le prime ricevute rappresentavano il controvalore di monete metalliche depositate, le altre, invece, non rappresentavano nulla. I banchieri così, cominciarono a creare moneta dal nulla, senza alcun costo se non quello meramente tipografico, ma, ciononostante, pretendevano ed ottenevano i relativi interessi.
Ancora oggi succede, mutatis mutandis, la stessa cosa in
un duplice ordine di livelli:
a) ad un livello più basso, avviene che le banche, confidando nel fatto che la massa di moneta depositata da clienti non verrà mai ritirata tutta contemporaneamente, prestano, a chi ha bisogno, denaro per un valore enormemente superiore al valore dei depositi; prestano, cioè, denaro
che non hanno e, dal nulla, percepiscono interessi;
b) ancor più grave è quanto succede ad un livello più alto,
vale a dire a quello delle Banche Centrali, le quali prestano allo Stato (per i suoi bisogni istituzionali) ed al sistema bancario (e quindi, attraverso questo, al sistema
economico nazionale) la moneta che esse stesse creano
dal nulla, richiedendo non solo i relativi interessi, ma
anche un importo pari alla moneta prestata, perché
questa, al momento della restituzione, acquista valore nel
corso della circolazione; quel valore che, invece, non aveva al momento della emissione, cioè del prestito (essendo
l’unica passività di tutta l’operazione rappresentata dal costo di fabbricazione della moneta).
Ognuno può facilmente rendersi conto che, in entrambi i
casi, si fa esercizio di “usura”.
Mentre nel primo caso, le vittime sono soltanto quei cittadini costretti a ricorrere alle banche per ottenere i finanziamenti necessari alle loro imprese e, qualche volta, alle loro
stesse esigenze personali, nel secondo caso, la vittima è
l’intera struttura economica dello Stato, costretto a indebitarsi, per ottenere le necessarie risorse finanziarie,
con un Ente privato (qual è la Banca d’Italia), al quale
ha trasferito la propria sovranità monetaria e, con essa, il potere di controllare tutta la politica economicosociale della Nazione. “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014
a cura del dott. Franco Adessa
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