LETTERA 56
A Fr. Paolo Moratti, Roma G.M.G.Fr.
Zakopane 26 I 19211
Carissimo Confratello
Non ripeto questo che già ho scritto nel foglio per il Fr. Girolamo perché la salute non me lo permette. Domandi dunque a lui e faccia sapere lui delle cose di M.I., che metto qua come risposta alla Sua lettera.
Io non posso dire niente di ufficiale, perché (come ho detto nel foglio al Fr. Girolamo) sono adesso, per la Volontà della nostra carissima e benignissima Mamma Immacolata, un semplice membro.
Riguardo dunque alla condizione del consenso del confessore posso comunicare soltanto il fatto che dai secolari in Polonia questa condizione non si esige. Neppure la mettevamo quando si trattava dei Padri.
Bisogna anche concedere che, stampata la pagella, tutti coloro che compiscono le condizioni ivi indicate appartengono alla M.I. Dunque strettamente parlando è la consacrazione alla Madonna Immacolata (anche con atto interno) secondo lo spirito di M.I. cioè come strumento incondizionato e totale in vita, morte ed eternità, come la Sua proprietà, che costituisce l'essenza di M.I. La Sua medaglia è il segno esterno della consacrazione e fonte di tante grazie da Essa promesse. È dunque una parte integrante, non però essenziale, così che se mancano le medaglie, si fa a meno, senza però troncare subito M.I.
Anche l'inscrizione nel libro non figura come condizione, dunque strettamente parlando non è assolutamente necessario, ma però si deve fare per avere evidenza e comodo nel reggere l'associazione. La giaculatoria e in genere i mezzi non sono la condizione «sine qua non». Questo è finora; se poi nel concedere le indulgenze la Congregazione vorrà richiedere come condizione anche l'inscrizione o qualche altra cosa, p.e. la giaculatoria, allora chi non la osserverebbe non avrebbe parte nelle indulgenze.
Dunque anche i Chierici come gli altri fedeli possono (dicendo strettamente) appartenere alla M.I. senza il consenso del Confessore, ma saranno allora incapaci di vincere le avversità, le contraddizioni e diverse burrasche alle quali ogni opera di Dio era stata esposta. Se si troveranno degli uomini del resto molto savii e santi, che però non saranno per loro i Superiori nel rispettivo foro (interno o esterno secondo i diversi atti) e questi uomini metteranno fuori le ragioni molto savie e sante in contrario così che loro si persuaderanno; di più se troveranno difficoltà in ogni passo e continui fiaschi, quando ci perderanno voglia per tutto questo, allora non potranno resistere. Ci ho io anche degli esempi. Perché dove potrebbero allora trovare l'appoggio? Sola certezza che non si appartiene alla M.I. per la propria volontà (volubile) e secondo la propria ragione (fallibile), ma secondo e per l'ubbidienza cieca, è un fondamento incrollabile. Tutte le obiezioni e avversità potranno affliggere, ma non mai rompere. Solo l'ubbidienza contraria potrà cambiarci, ma anche allora non diremo mai di aver sbagliato facendo prima «sì» e adesso «no», ma che prima era bene «sì» perché così voleva Iddio e la Mamma e adesso è buono «no» per questa stessa ragione. Siamo strumenti nella mano dell'Immacolata, Essa dunque deve chiamarci. E la certezza possiamo avere solamente nella santa ubbidienza. Perciò dico che senza questa condizione si può appartenere alla M.I., ma quelli che così appartengono non avranno tanta forza e pace quanto gli altri, che piuttosto entrano nel 3° grado di M.I. cioè in modo eroico.
Potrà dire al P. Rettore [P. Stefano Ignudi], che io mi misi a piantare la M.I. nei nostri collegii perché R.mo P. Generale [P. Domenico Tavani] privatamente ha detto a me quando ero a Roma di fondare M.I. (secondo il programma che benedisse) nei nostri Collegii (si parlava di tutto l'Ordine, perché in generale). Dunque io Gli comunico questo desiderio del R.mo P. Generale.
Riguardo alla Confraternita di Parigi2, questa si limita soltanto alla preghiera, M.I. però benché la usi come l'arma principale, ugualmente si mette in azione con tutti i mezzi permessi dalle circostanze come p.e. da noi in Polonia: dunque approfondire la scienza della religione in sé e fra gli altri, libri, stampe, biblioteche, conferenze, discussioni, etc. I Chierici si preparano a questo per mezzo delle collocuzioni apologetico-religiose (in Noviziato da noi si tratta l'ascetica) e i Sacerdoti lavorano secondo la preparazione acquisita nel Chiericato.
Poi, noi ci consacriamo illimitatamente all'Immacolata e questo costituisce l'essenza di M.I.; nell'Associazione di Parigi questo non c'è. - Ogni nostra passione e l'azione, pensieri, parole, atti; vita morte eternità tutti noi siamo sempre la proprietà irrevocabile (che dolcezza) dell'Immacolata Regina del cielo e della terra. Dunque anche se non ci pensiamo (come piace a riflettere) Essa dirige ogni nostro atto e predispone tutte le circostanze, ripara le cadute e ci porta amorevolmente verso il cielo e per mezzo di noi si compiace di seminare buoni pensieri, affetti, esempi, di salvare le anime e ricondurle al buon Gesù. - C'è dunque una bella differenza.
Ma la Volontà della nostra Mamma è lo stesso che la Volontà di Dio? Senza dubbio, ma (se si può dirlo) c'è qualche distinzione cioè che la Mamma è lo strumento della Misericordia di Dio, non però della Giustizia. Il Buon Dio per non punirci ci diede la Mamma per poter restringere quanto più la Sua Giustizia.
Noi dunque, consacrandoci ad Essa, siamo anche, come Essa nella mano di Dio, così noi nella Sua immacolata mano gli strumenti della misericordia di Dio. L'ubbidienza è la Volontà di Dio, e per noi di Dio per mezzo dell'Immacolata cioè di Dio misericordioso.
Lasciamoci dunque guidare, siamo quieti, quieti, non pretendiamo di fare più di quello che vuole Essa, oppure più presto. Lasciamoci portare da Essa. Essa ci penserà a tutto, ci provvederà a tutti i nostri bisogni di anima e di corpo; ogni difficoltà, dispiacere diamo a Lei e confidiamo che ci penserà meglio di noi. Dunque pace, pace, molta pace nell'illimitata confidenza in Lei. Tutta M.I. non la abbiamo fatta noi e neppure noi la sappiamo o possiamo portare avanti. Se è la cosa della Mamma gli ostacoli la faranno più forte, se poi no, cada pure; perché deve impicciare? Se anche la Mamma non volesse che M.I. durasse più, ma si contentasse di quello che si è fatto finora, è Essa la nostra Signora, faccia come Le pare.
Occupiamoci, ma non preoccupiamoci. Bisogna che le tribolazioni esterne ed interne, i fiaschi, la svogliatezza, la stanchezza, le derisioni, i rovesci e altre croci ci purifichino e ritemperino. Ci vuole molta pazienza anche con se stesso e perfino col buon Dio, che per amore ci prova.
Scrivete quanto più presto a fra Garleanu di queste cose che sono scritte in questa lettera e potrebbero servirgli specialmente che non si turbi, lasci tutto alla Mamma, perché noi tutti non facciamo da noi che rovinare. Io non gli scrivo perché ammalato e come vedete per francare una lettera ci vogliono 10 marchi. Salutatemelo tanto tanto.
Preghi alla Mamma che anch'io mi converta. Aff.mo confratello
Massimiliano M. Kolbe M.C. M.I.
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Testo originale in lingua italiana.
(1) Nell'originale vi è l'indicazione «1920»: si tratta, evidentemente, di un errore. Il probabile destinatario è stato identificato in base ad un confronto della presente con la lettera n. 55. - (2) Associazione della Medaglia Miracolosa. cf. SK 34.
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