venerdì 15 marzo 2019

GESU’ OSTIA



LA «PRESENZA» IN MEZZO A NOI


Dio diventa visibile e tangibile

"Dio nessuno l'ha mai visto" (Gv 1,18). I nostri occhi corporei non sono capaci di cogliere la dimensione dell'invisibile. Anche se lo fossero, non potrebbero mai sostenere, a causa della loro debolezza, la Sorgente della Luce.
Come può un essere impuro, quale l'uomo è, pretendere di volgere lo sguardo verso quel Trono dove persino i Serafini, la gerarchia più alta dei Cori angelici, si coprono la faccia con le ali (Cfr. Is 6,2)?
Iddio, però, dall'alto della sua misericordia si manifesta agli uomini in Gesù, suo Figlio. Ed è Gesù stesso che ci rivela: "chi vede me, vede colui che mi ha mandato" (Gv 12,45).
Anche quando il suo cammino terreno si è concluso, non ci ha abbandonati. Il Risorto, infatti, continua ad abitare con noi, sotto il segno che lui stesso ci ha dato: la Chiesa, che è il suo Corpo Mistico.
In quanto capo di questo Corpo, Cristo esercita un'influenza fondamentale su tutte le membra che lo compongono, e comunica loro la sua presenza in vario modo e con un diverso grado di intensità.
Nel suo stato glorioso, infatti, Cristo è dotato anche dell'onnipresenza, per cui può, senza spostarsi, stare simultaneamente in diversi luoghi.
Agli apostoli, i primi Pastori, e con essi ai successori che governeranno la Chiesa, prima di salire al Cielo, promette: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
Garantisce la sua presenza a chi prega insieme, alla comunità ecclesiale: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).
Cristo, oltre alla sua presenza, trasmette anche quella del Padre e dello Spirito Santo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
Dopo aver designato altri settantadue discepoli, il Signore li invia a due a due nei luoghi da evangelizzare, dicendo loro:
"Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Lc 10,16). L'amore fraterno è il segno vivo della sua presenza; a chi si muove in soccorso degli affamati, assetati, forestieri, ignudi, ammalati e carcerati, assicura: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).
La presenza di Cristo non si esaurisce con queste forme, ma va oltre.
Come il sole proietta i suoi raggi sulla terra, così il Cristo, col suo corpo glorioso assiso alla mensa divina nel tabernacolo della Gerusalemme celeste, prolunga la sua presenza su tutti gli altari e in tutti i tabernacoli del mondo.
Cristo, con l'Eucaristia, completa l'irradiazione della sua presenza nella Chiesa e nei singoli membri, perché ne diventa il cuore che pulsa e che dà vita.
La presenza eucaristica è Cristo vivente con tutta la sua persona: con la sua divinità, ma anche con la sua umanità. L'Eucaristia, quindi, supera tutti i vari modi di Cristo di farsi a noi presente, raggiunge il più alto grado di intensità.
È il mistero, infatti, che conduce all'unità. "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30) afferma Gesù, e prega il Padre "perché tutti siano una cosa sola" (Gv 17,21), come lo sono lui e il Padre.
In virtù di questa verità, unendoci a lui nell'Eucaristia, ci uniamo al Padre. Amando lui nell'Eucaristia, amiamo il Padre. Contemplando lui nell'Eucaristia, contempliamo il Padre. Adorando lui nell'Eucaristia, adoriamo il Padre.
Adoratore del Padre, egli è la strada per far diventare anche noi veri adoratori. Divenire adoratori per mezzo di lui ed in lui, è perciò far propri la lode, il ringraziamento, la preghiera di Gesù, far propria la comunione del Figlio con il Padre nello Spirito Santo.
Madre Maria Costanza Zauli, fondatrice delle Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento, nel "Diario intimo" scrive: «L'adorazione è la perfezione dell'amore che spontaneamente tende a donarsi, fino a perdersi nell'Amato».

Nessun commento:

Posta un commento