martedì 8 settembre 2020

Sacramento e Sacrificio



PANE DI VITA ETERNA E  CALICE DELL’ETERNA SALVEZZA


«La comunione riguarda il sacramento l’oblazione il sacrificio»[41].
San Tommaso

In questo capitolo vedremo che S. Tommaso intende l’Eucaristia come sacramento e  come sacrificio. Lo faremo leggendo e commentando alcuni passi della Somma Teologica in  modo tale che, addentrandoci in essi, siamo man mano più illuminati. 

Nel trattato «De Eucharistia» egli usa la parola sacrificio una cinquantina di volte.

I passi da me scelti si possono dividere in tre gruppi:

1–      Che cosa distingue il sacramento dal sacrificio eucaristico?;

2–   Passi nei quali si vede come si chiariscono reciprocamente: perché nella mente di S. Tommaso non sono compartimenti separati, ma la realtà stessa dell’Eucaristia è  sacramento ed è sacrificio;

3–     In terzo luogo, ed è importante sottolinearlo, in quale momento – secondo  S. Tommaso – si realizza il sacramento in cui si realizza il sacrificio.


1. Che cosa li distingue?

Iniziamo con uno dei passi della Somma Teologica in cui San Tommaso fa questa  distinzione fondamentale per la comprensione di ciò che segue: «[L’Eucaristia] è  simultaneamente sacrificio e sacramento: [spiega subito il motivo per cui è l’una e l’altra  cosa] ha natura di sacrificio in quanto si offre, e natura di sacramento invece in quanto si  riceve»[42]. Questo è un testo cruciale per l’intero trattato e per la comprensione di una  realtà così misteriosa come è l’Eucaristia. La quale è sacramento perché l’essenziale del  sacramento è la santificazione dell’uomo, ma è anche sacrificio perché l’essenziale del  sacrificio è la glorificazione di Dio. Come sacramento l’Eucaristia è una realtà permanente,  come sacrificio è una actio transeuns, come dicono i teologi.

Più avanti insiste, ricordando quanto ha già detto: «L’Eucaristia, si è detto sopra, non è soltanto sacramento, ma è anche sacrificio»[43].

Nella risposta a una difficoltà nella quale fa un confronto con gli altri sacramenti, S.  Tommaso risponde molto brevemente riguardo all’Eucaristia: «Questo sacramento a differenza degli altri è anche sacrificio»[44]. Per conseguenza è più eccellente degli altri.

Un poco più avanti S. Tommaso tratta una questione molto interessante, e anche molto  attuale oggi: si domanda se il sacerdote sia tenuto a comunicarsi durante la S. Messa. Come  argomento d’autorità egli cita il Concilio di Toledo. Ma, quando inizia il corpo dell’articolo,  riprende di nuovo l’idea che segnalavamo prima: «L’Eucaristia, come si è detto sopra, non è  soltanto sacramento, ma è anche sacrificio»[45]. E allora presenta i motivi per cui il sacerdote deve sempre comunicarsi durante la Messa: «Ora, chiunque offre un sacrificio deve  farsene partecipe. Perché il sacrificio offerto esternamente è il segno del sacrificio interiore  con il quale uno offre se stesso a Dio, come nota S. Agostino. Partecipando quindi al  sacrificio uno mostra che il sacrificio lo impegna interiormente. Inoltre, anche dispensando  al popolo il sacrificio il sacerdote mostra di essere dispensatore delle cose divine. […] 
Quindi egli stesso deve comunicarsi prima di comunicare gli altri. […] “Che sacrificio  sarebbe quello di cui non si facesse partecipe nemmeno lo stesso sacrificante?”»[46].  Dunque la comunione è parte integrante del sacrificio; non è essenziale, come ritengono  alcuni, ma è parte realmente integrante. Non può esserci sacrificio integro se non c’è comunione: deve esserci perché ci sia un segno pieno: «Se ne fa partecipe, in quanto si  comunica, secondo il passo dell’Apostolo: “Quelli che mangiano le vittime, non sono forse  partecipi dell’altare?” (1Cor 10,18). Perciò è necessario che il sacerdote ogni volta che  consacra riceva questo sacramento nella sua integrità»[47].

È bello vedere com’è la mente di S. Tommaso: è qualcosa del tutto particolare. Non lo  scopriamo solo a partire dall’ordine che si può osservare nelle questioni che egli va trattando,  o nell’ordine degli articoli d’ogni questione; ma vediamo il suo genio da come porta il filo del  pensiero attraverso le diverse questioni o articoli, nel quale mai si contraddice, stabilendo anzi  un’armonia perfetta, e in un tema difficilissimo come quello dell’Eucaristia. San Bonaventura  dirà: inter sacramenta cetera est difficillimum ad credendum, immo inter credibilia  («tra gli  altri sacramenti è la cosa più difficile di essere creduta, e perfino tra tutte le cose che si  devono credere») [48].

Nella prima difficoltà dello stesso articolo San Tommaso affronta il tema del  rapporto con il crisma, e quindi con qualunque altra materia degli altri sacramenti. E  risponde: «La consacrazione del crisma e di qualunque altra materia non è un sacrificio,  come lo è la consacrazione dell’Eucaristia»[49]. 

Nella questione successiva San Tommaso fa una sorta di catechesi sulla celebrazione  dell’Eucaristia e afferma nel corpus dell’articolo: «Preparato e istruito così il popolo, [e  dopo la preparazione dei doni all’Offertorio], si passa alla celebrazione del mistero. Esso  viene offerto come sacrificio e viene consacrato e consumato come sacramento; [e lo spiega  splendidamente] infatti prima c’è l’oblazione; secondo, la consacrazione della materia oblata; terzo, la sua consumazione. Nell’oblazione ci sono due momenti: la lode da parte  del popolo […], e l’orazione da parte del sacerdote che prega perché l’oblazione del popolo sia accetta a Dio […]. In relazione poi alla consacrazione, che si compie per virtù  soprannaturale, prima viene eccitato il popolo alla devozione con il prefazio: per questo lo  si invita ad “avere il cuore in alto al Signore”»[50], perché solo con i cuori innalzati a Dio  si può comprendere quell’azione divina per eccellenza che è il sacrificio della croce. Nella  risposta alla 3ª difficoltà cita S. Cipriano: «Prima del prefazio, il sacerdote, prepara  l’anima dei fratelli dicendo: “In alto i cuori”, affinché il popolo, rispondendo “sono rivolti al Signore”, sappia che non deve più pensare ad altro che a Dio»[51].


2. Come si chiariscono reciprocamente 

Ho scelto soltanto due testi che dimostrano come si chiariscono reciprocamente il  sacramento con il sacrificio e il sacrificio con il sacramento, perché sono legati indissolubilmente.

Nella q. 79, articolo 7, la risposta alla 5ª difficoltà è davvero molto bella: «La  comunione riguarda il sacramento, l’oblazione il sacrificio. Perciò dalla comunione del  Corpo di Cristo per parte di uno o di molti non viene agli altri alcun giovamento. Parimente,  per il fatto che un sacerdote consacra più ostie in una medesima Messa, non viene  accresciuto l’effetto di questo sacramento, perché non si tratta che di un solo sacrificio; e in  molte ostie consacrate non c’è più efficacia che in una sola, essendo in tutte e in ciascuna lo  stesso Cristo per intero. Perciò sumendo nella stessa Messa più ostie consacrate, non si  partecipa in più larga misura l’effetto del sacramento. – Invece in più Messe si moltiplica  l’oblazione del sacrificio. E quindi si moltiplica l’effetto del sacrificio e del sacramento»[52]. 
È un tema che si potrebbe sviluppare ulteriormente, sono tutti insegnamenti che valgono  intere meditazioni.

Rispondendo alla prima difficoltà del primo articolo della q. 83, S. Tommaso cita S.  Ambrogio, in un passo molto noto a tutti: «Come dice S. Ambrogio, “unica è la vittima”, offerta da Cristo e da noi, “e non molte, essendosi il Cristo immolato un’unica volta; ma il  sacrificio attuale è l’immagine del suo sacrificio. Come infatti è un solo Corpo quello che si  offre dovunque e non molti corpi, così unico è anche il sacrificio”»[53].

Paolo VI insegna: «facendo parte Sacrificio e Sacramento dello stesso mistero sicché  non è possibile separare l’uno dall’altro. Il Signore s’immola in modo incruento nel Sacrificio della Messa, che rappresenta il Sacrificio della Croce, applicandone la virtù  salutifera, nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia a essere sacramentalmente presente, come spirituale alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e  del vino»[54].

Perciò nel Catechismo della Chiesa Cattolica ci viene insegnato: «La Messa è ad un  tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della  croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e Sangue del Signore»[55].

Il Compendio lo vede nel simbolo dell’altare: «L’altare è il simbolo di Cristo stesso,  presente come vittima sacrificale (altare-sacrificio della croce) e come alimento celeste che si dona a noi (altare-mensa eucaristica)»[56].


3. Il momento in cui si realizza

L’oblazione del sacrificio si realizza al momento della consacrazione  eucaristica, come abbiamo appena visto nel testo citato di Paolo VI[57].

È il momento della pienezza della realizzazione del verbo essere, re dei verbi: «È il  mio Corpo… sarà offerto. È il calice del mio Sangue... sarà sparso... È il mistero della  fede». In quel momento, come dice Sant’Agostino: «la parola si unisce all’elemento e si  produce il sacramento»[58]. E «le parole […] non producono se non ciò che  significano»[59].

È il momento dei verbi a fiotti: lì, in quel preciso momento, si fa presente una cascata  di verbi: consacrare, transostanziare (il pane e il vino), potere (da parte di Dio), immolare (la  Vittima), sacrificare, oblare, offrire, perpetuare (il memoriale del sacrificio della Croce), operare (nella Persona di Cristo), presenzializzare, attualizzare, rimembrare, rinnovare,  dimostrare, profetizzare, offrire, versare, propiziare, impetrare, rappresentare, ricordare,  applicare, consumare, accettare..., il re dei verbi come per mano ci porta dal Verbo Re, che è  il “Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19,16), dal Ipsum esse subsistens[60]. Perché è verbo  dello stesso Verbo: «La consacrazione si realizza con le parole e le frasi del Signor Gesù…  la parola di Cristo realizza il Sacramento»[61].

«Ora, l’opportunità di offrire il sacrificio non va considerata solo in rapporto ai  fedeli cristiani,[…] ma principalmente in rapporto a Dio, cui si offre il sacrificio con la  consacrazione di questo sacramento»[62]. È uno dei temi oggi in discussione: «Non si  celebri l’Eucaristia, se non c’è popolo». Stolti! La Messa che si offre, si offre a Dio, e il popolo ne approfitta. Se il popolo è presente certo che ne approfitta di più. Ma se il popolo è  assente, ne approfitta comunque, perché viene offerta per tutto il popolo; perciò in senso  stretto, non c’è Messa senza popolo. Il popolo c’è sempre, anche se non è fisicamente  presente. Inoltre la Messa offerta a Dio ha un valore infinito, perché si offre sempre a Dio,  essendo un sacrificio. Chi ha perduto il valore della Messa come sacrificio non celebra la  Messa se non c’è popolo, perché pensa che è importante solo se c’è il popolo, come se fosse  il popolo a dare valore alla Messa! La Messa invece è importante principalmente per il suo  rapporto con Dio, cui è offerto il sacrificio nel consacrare.

In un altro punto l’Angelico ci ricorda: «Gli altri sacramenti si compiono mentre si  amministrano ai fedeli. E quindi gli altri sacramenti non è tenuto ad amministrarli se non  chi assume la cura dei fedeli. L’Eucaristia invece si compie nella consacrazione in cui si  offre il sacrificio a Dio: e a ciò il sacerdote è obbligato in forza dell’ordine sacro già  ricevuto»[63]. E cita quel passo della Scrittura, dal libro dei Macabei (2Mac 4,14), riferito a  noi sacerdoti e oggi applicabile e tanti di essi: «Ecco perché la Scrittura lamenta che  alcuni sacerdoti “non si dedicavano più agli uffici dell’altare, disprezzando il tempio e  trascurando i sacrifici”»[64].

Padre Carlos Miguel Buela,

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