CAPITOLO XVI
EUROPA.
I.
I privilegi di cui godevano i Druidi, attiravano loro una infinità di discepoli che venivano da tutte parti. Gli uni erano mandati da9 genitori; gli altri venivano da per loro stessi. Tutti, durante i loro studii, menavano una vita separata dal mondo; perchè i Druidi tenevano le loro scuole, e dimoravano nelle foreste di quercie, e qualche volta negli antri.
IL
II loro insegnamento religioso .consisteva in quattro punti principali: l'adorazione degli dèi, l'immortalità dell'anima, il divieto di far male ad alcuno, e l'obbligo d'essere coraggiosi. Quanto alle dottrine umane, insegnavano la medicina, l'astronomia, il corso della luna, e insegnavano a conoscere dal moto degli astri la volontà degli dèi.
La dottrina dell' immortalità dell' anima faceva che i Galli, in bruciare i loro morti, mettessero nel rogo o nell'urna funerea, un conto esatto degli affari del defunto, affinchè sen potesse servire per essere più felice nel cielo, o meno infelice nell'inferno. Era anche una costumanza assai ordinaria fra essi quella di prestarsi l'argento in questo mondo, con obbligazione di restituirlo nell'altro. Di più scriveano lettere ai morti, convinti che i defunti le avrebbero lette nei loro ozii.
III.
Le loro lezioni, come quelle de'Germani, consistevano principalmente nel fare imparare a memoria ai loro discepoli una gran quantità di versi senza scriverli. Ciò richiedeva molto tempo, e non si permetteva di mettere in iscritto alcuna cosa. Cosi alcuni de'loro discepoli passavano sino a venti anni, occupati unicamente in questo genere di studii.
« Io credo, dice Cesare, che essi proibiscano di scrivere per due ragioni; la prima, affinchè la loro dottrina non fosse conosciuta da nessuno, e sembrasse più misteriosa. La seconda, affinchè coloro che sono obbligati ad apprendere questi versi, non avendo l'aiuto dei libri, siano più solleciti nel coltivare la loro memoria. »
IV.
Oltre alcune verità apprese dalla tradizione, i Druidi insegnavano delle superstizioni, che avea comunicato loro il padre della menzogna. Ne riferiamo qui due ridicole e celebri si l'una che l'altra. I Galli si servivano della verbena per trarre le sorti e formare i responsi. I Druidi erano pressoché pazzi per quest'erba. Pretendevano che stropicciandosela addosso, si ottenesse tutto ciò che si voleva, che fugasse le febbri, riconciliasse i nemici, e guarisse ogni sorta di malattie.
Ma bisogna coglierla nel momento della canicola, avanti il levar del sole e della luna, e dopo aver offerto alla terra fave e miele in sacrificio espiatorio. Bisognava nel coglierla scavar la terra all'intorno con un coltello nella mano sinistra, facendo saltare la terra per aria; quindi far seccare all'ombra stelo, foglie e radica, separatamente.
V.
Questo relativamente alle guarigioni. Quanto poi al successo degli affari, i Druidi vantavano soprattutto una specie d'uovo, conosciuto da essi soli e da'loro iniziati. Quest'uovo, dicevano, era formato da una quantità prodigiosa di serpenti, i quali vi deponevan sopra della bava e della schiuma che usciva loro dal corpo. Gli si dava perciò il nome d'anguinum.
Al sibilo dei serpenti, l'uovo si sollevava in aria, e bisognava raccoglierlo per aria, per timore che non cadesse a terra. Quegli che aveva avuto il bene di raccoglierlo, dovea prender tosto un cavallo e fuggire, perciocché i serpenti correvano tutti dietro a lui, fino a che fossero arrestati da una fiumana che loro impedisse il cammino.
VI.
Per farlo valere sempre più, i Druidi dicevano che bisognava raccoglierlo in un dato giorno della luna. Colui che avea la gran fortuna di soddisfare a tutte queste condizioni, era sicuro di vincere in tutte le liti, e d'aver sempre libero l'accesso ai re.
Il demonio, sempre geloso di farsi onorare nel serpente, avea, pare incredibile, messo in voga questa superstizione, e le aveva conciliato credenza. « L'è una superstizione sì grande, dice Plinio il naturalista, che l'imperatore Claudio fe' morire un cavaliere romano del Delfinato, solo perchè portava uno di questi uovi in seno per vincere una causa. »
VII.
Ogni anno i Druidi tenevano un' assemblea generale in un luogo sacro del paese di Chartres, il qual luogo era un'immensa ed oscura foresta di quercie. I Galli vi si portavano da tutte le provincie, per sottometter le loro liti ai Druidi che le giudicavano senza appello. Siccome Dio ha lasciato sempre qualche testimonianza di se, i Druidi furono alcune volte quel che eran le Sibille dell'Oriente: annunziarono cioè alcuni dei grandi misteri dell'avvenire. È più che probabile aver essi in una di queste riunioni generali in mezzo alle oscure foreste di Chartres, che fu come il lor quartier generale, annunziato il divin parto della santissima Vergine. E infatti tra que' boschi famosi, fu trovata la celebre iscrizione: « Virginiparittirae, Druides: Alla Vergine che dee partorire, i Druidi. »
Vili.
Nelle Gallie, non eranvi solo i Druidi, vi erano anche le Druidesse. Queste vergini o donne ammaestrate dai Druidi, partecipavano alla loro autorità religiosa e civile, e davano de'responsi. Più ancora degli uomini, sottoposte all'influenza del demonio, facevano cose straordinarie, che non si possono negare senza negar la storia.
V'erano tre sorte di Druidesse : le une custodivano sempre la verginità, come quelle dell' isola di Sain sulle coste della Brettagna; altre sebbene maritate, erano obbligate alla continenza ed a restar sempre nei templi, al cui servizio erano addette. Quelle della terza classe non si separavano affatto dai loro mariti, allevavano i loro figliuoli, ed attendevano agli affari della famiglia.
IX.
Secondo che rapporta Tacito,1 i Germani credevano che le giovani della loro nazione fossero dotate di santità e di conoscere l'avvenire. I Galli avevano la stessa opinione rispetto alle loro. Di qui l'immensa autorità, onde godevano le Druidesse. Fuvvi un tempo, anteriore alla conquista ro mana, in cui le Druidesse decidevan della pace e della guerra, e dei più importanti affari dello Stato. Godevano ancora di questo potere sovrano, e rendevano la giustizia, allorché Annibale passò le Alpi, per portar la guerra in Italia.
X.
Uno degli articoli dell'alleanza conchiusa tra lui e i Galli era, che se un Gallo avesse da lagnarsi d'un Cartaginese, il Gallo porterebbe la sua lagnanza davanti ai magistrati che il senato di Cartagine avrebbe stabiliti in Ispagna; ed allorché un Gallo arrecasse qualche torto a un Cartaginese, la causa sarebbe portata davanti al tribunale delle donne dei Galli.
La reputazione delle Druidesse non era punto ristretta ne'confini della Gallia; essa si estendeva dappertutto e facea sì che le Druidesse rappresentassero una grande figura nel mondo. Tutti premurosamente le consultavano, e teneano per oracoli le loro decisioni.
XI.
Sacerdotesse degli idoli, le Druidesse avevano il dritto d'offrire sacrifici, ed oimè! offrivano sacrifi ci i umani. Vestite d'una tunica bianca, che attaccavan con borchie, e stringevan con una cintura di rame, co'pie scalzi accompagnavano gli armati al combattimento. Appena i Galli avevan fatti dei prigionieri, esse attraversavano l'armata, con alla mano una spada snudata, volavano addosso ai prigionieri, li gittavano a terra, li strascinavano a un labrum, che era una vasca della capacità di venti anfore. Vicino al labrum era un rialto, sul quale montava la Druidessa sacrificatrice; immergeva un coltello nella gola di ciascuna vittima, e toglieva i suoi auguri dal sangue che colava nel labrum. A misura che scannava quegl' infelici, altre Druidesse gli afferravano, gli sparavano, frugavano nelle loro viscere, e ne ricavavan predizioni sugli affari della nazione.
XII.
Le Druidesse eran vere maliarde, la cui generazione s'è perpetuala lungo tempo nelle Gallie. Bisogna rimontare ad esse per trovar 1' origine di quelle assemblee notturne, a cielo scoperto, presiedute dal demonio, il cui spirito di lussuria si pasceva di abominazioni tali da far impallidir la luna.
Un dotto canonista del dodicesimo e tredicesimo secolo, Burchard, riferisce i numerosi decreti che eransi fatti sino a'suoi giorni, per condannar queste assemblee notturne. Quindi si leva con energia contro le donne del suo tempo, tratte dai demonii, trasformati in uomini, daemonum turba, in similitudinem hominum transformata, i quali entravano in società con tutte le femmine disposte a seguirli.
« Demonii e donne, die' egli, sen vanno durante la notte a cavallo a far grandi corse neir aria, avendo alla lor testa Diana, da cui bisogna dipendano senza riserva, obbedendole ciecamente. La frotta o società appellasi Olila.
Le donne tuttora coricate al fianco dei mariti, escono à porte chiuse, si sollevali nelle nuvole, attraversano l'aria, uccidono senza arma visibile uomini battezzati e riscattati dal sangue di Gesù Cristo; fan cuocere le lor carni e le mangiano. Queste corse sono alcune volte intraprese per combattere altre donne simili, e ferirsi scambievolmente. Del resto, esse affermano che non possono dispensarsi dal trovarsi a queste assemblee nel modo che è detto: Se affirmant necessario et exprecepto facere debere. »
XIII.
Alcuni statuti manoscritti dell' antico vescovado di Conserans, del tredicesimo o quattordicesimo secolo, fanno anche menzione delle femmine che faceano il mestiere d'andare a cavallo durante la notte con Diana, e facevano iscrivere i loro nomi nel catalogo di tutte quelle del loro sesso, le quali passavano per dee.
XIV.
Ecco l'origine delle Tregende, la cui realtà è messa fuor di dubbio, non solamente dalle co stituzioni dei nostri re, dalle testimonianze dei teologi ; ma ancora dalle recenti opere de' si gnori de Mireville, Des Mousseux, Bizouard, de Lancre, e particolarmente dal fatto giuridicamente provato, che ha avuto luogo in Isvezia alcuni anni sono. Se affermare non è provare, anche negare non è rispondere ; e il negar senza ragione è una stoltezza.1
Monsignor Gaume
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