martedì 14 settembre 2021

LA MISSIONE DELLA VERGINE SANTISSIMA. LA SUA PERPETUA, PERFETTA, DIVINA VERGINITÀ

 


Nel parlare della Missione della nostra Mamma è necessario tracciare un quadro  complessivo di chi è la SS. Vergine. La Chiesa esprime la sua testimonianza su Maria nei  dogmi e nelle altre verità relative alla sua Missione e che esprimono il suo rapporto con  Dio, e quelle relative all’ufficio che deriva dalla Missione di Madre del Redentore e che  esprimono il suo rapporto con tutti gli uomini, con  tutti  i  popoli. 

Le verità su Maria che riguardano la sua Missione ed esprimono il suo rapporto con  Dio  sono quattro dogmi di Fede:  

1°, La sua MATERNITÀ DIVINA verso il Verbo Incarnato: “Maria, Madre di Dio”.  Questa verità fu evidenziata come conseguenza della consapevolezza di Chi è Gesù Cristo:  vero Dio (natura Divina) e vero uomo (natura umana) in una medesima ed unica Persona  Divina. Non è una maternità qualunque, per il fatto che Lei è un essere umano: è Maternità  Divina perché il frutto del suo grembo è il Figlio di Dio fattosi Uomo, che è Persona  Divina, allo stesso modo che, se per esempio “Antonio è ingegnere”, la madre di Antonio  è “la madre dell’ingegnere”. Quindi, se Gesù Cristo è Dio, sua Madre è pertanto “la  Madre di Dio”. 

E poi, che Gli ha dato? L’anima, forse? No, soltanto il necessario per incarnarsi, per  avere un corpo: Gli ha dato il sangue. Il Sangue di Gesù, Egli lo ha ricevuto al 100% da sua  Madre, non la metà, come avviene in noi, perché Maria è sua Madre e al tempo stesso è la  sempre Vergine.  

Questa prima verità fu proclamata dogma ufficiale della Chiesa nel Concilio di Efeso,  nell’anno 431, nel V secolo, ma la coscienza dei fedeli la sentiva vera fin dall’inizio. È la  sapienza del cuore dei fedeli, nei quali è presente lo Spirito Santo, come ha ricordato il  Concilio. 

2°, La sua VERGINITÀ PERPETUA, perfetta, divina, prima del parto, nel parto e  dopo il parto (dichiarata nel Concilio Lateranense, nell’anno 649). È la conseguenza della  sua Missione di essere la Madre di Dio.  

3°, La sua IMMACOLATA CONCEZIONE (Anno 1854 – Dogma preceduto e  preparato dalle apparizioni della Medaglia Miracolosa nella Rue du Bac, a Parigi, nel 1830,  e confermato da quelle di Lourdes, nel 1858). È la condizione necessaria per la Maternità  Divina; è come il suo prologo.  

4°, La sua ASSUNZIONE in Cielo, in Anima e Corpo glorificato (Anno 1950 –  Dogma preceduto e annunciato dalle apparizioni alle Tre Fontane, a Roma, nel 1947): è la conseguenza di essere l’Immacolata e di essere quindi esente dalle conseguenze del  peccato, quindi dal castigo della morte, dovuto al peccato originale.   

E ci sono altre verità che riguardano il suo ufficio di Madre del Redentore nel suo  rapporto con gli uomini redenti, cioè, in che consiste essere la nostra Madre nell’ordine  della Grazia. Esse costituiscono ciò che un giorno sarà il quinto ed ultimo dogma, che  completerà la figura di Maria agli occhi della Chiesa:  

5°,  Maria  CORREDENTRICE,  MEDIATRICE  e  AVVOCATA   

Questa triplice verità, che riguarda la Maternità di Maria verso tutti gli uomini redenti,  non è ancora proclamata ufficialmente nella Chiesa. Questo dogma futuro è stato preceduto  e annunciato dalle apparizioni della Signora di tutti i Popoli, ad Amsterdam, dal 1945 al  1959, e la sua proclamazione sarà l’essenza del Trionfo del Cuore Immacolato di Maria,  annunciato fin dalle apparizioni di Fatima, nel 1917.   

In questa conferenza consideriamo specialmente il dogma della VERGINITÀ perpetua,  perfetta, divina di Maria, come lo è la sua MATERNITÀ, della quale si è parlato in questo  ritiro.  

Tutte le azioni di Gesù, Uomo-Dio, sono umano-divine; e così anche la Maternità di  Maria e la sua Verginità. Sono due verità che si richiamano a vicenda, perché la Maternità  di Maria è (mi sia permesso dirlo) il “trapianto”, lo “sdoppiamento” in una creatura della  Fecondità verginale del Padre, la sua Divina Paternità. Così lo esprime il Signore in un  brano del 14 Aprile 1923: 

“Per poter elevare una creatura a concepire un Uomo e Dio, dovetti accentrare in  Lei tutti i beni possibili ed immaginabili, dovetti elevarla tanto da mettere in Lei il  germe della stessa Fecondità Paterna, e come il mio Celeste Padre mi generò vergine  nel suo seno col germe verginale della sua Fecondità eterna, senza opera di donna,  ed in questo stesso germe procedette lo Spirito Santo, così la mia Celeste Mamma,  con questo germe eterno, tutto verginale, della Fecondità Paterna, mi concepì nel suo  seno vergine, senza opera di uomo. La Trinità Sacrosanta dovette dare del suo a  questa Vergine divina, per poter concepire Me, Figlio di Dio. Mai la mia Santa  Mamma avrebbe potuto concepirmi, non avendo Lei nessun germe. Ora, siccome Lei  era della razza umana, questo germe della Fecondità eterna le diede virtù di  concepirlo uomo e, siccome il germe era divino, nel medesimo tempo mi concepì Dio.  E siccome, nel generarmi il Padre, nel medesimo tempo procedette lo Spirito Santo,  così, nel medesimo tempo che fui generato nel seno della mia Mamma, procedette la  generazione delle anime. Sicché tutto ciò che ab eterno successe alla SS. Trinità in  Cielo, si ripete nel seno della cara Mamma mia”. 

Questo brano è “da vertigine”. Dobbiamo ricordare ancora il passo di Lc 11,27-28: 

“Beato il grembo che Ti ha portato e il seno che Ti ha allattato!” Ma Gesù disse: “Beati  piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano”. Vuol dire che, in fin dei conti, concepire e dare alla luce in modo verginale lo avrebbe potuto fare qualsiasi donna,  per un intervento straordinario di Dio; non era questo ciò che caratterizza la SS. Vergine e  la rende unica agli occhi di suo Figlio. Doveva avere la stessa Vita di Dio, la sorgente della  sua Vita, che è la Divina Volontà, e la sua caratteristica, la Fecondità verginale del Padre,  perché il Figlio suo doveva essere il Figlio di Dio. 

Già questo ci porta ad una differenza immensa tra la Verginità di Maria e la verginità di  una qualsiasi creatura, ragazza o donna che sia.  

Per questo Gesù dice nel brano del 20 Aprile 1923:  

“Figlia carissima al mio supremo Volere, è mio solito di fare le mie opere più  grandi in anime vergini e sconosciute; e non solo vergini di natura, ma vergini di  affetti, di cuore, di pensieri, perché la vera verginità è l’ombra divina, ed Io solo alla  mia ombra posso fecondare le mie opere più grandi. Anche ai tempi in cui venni a  redimere c’erano i pontefici, le autorità, ma non andai da loro, perché l’ombra mia  non c’era. Perciò elessi una Vergine sconosciuta a tutti, ma ben nota a Me; e se la  vera verginità è l’ombra mia, l’eleggerla sconosciuta era la gelosia divina, che,  volendola tutta per Me, la rendeva sconosciuta a tutti gli altri. Ma con tutto ciò, che  questa Vergine celestiale fosse sconosciuta, Io mi feci conoscere, facendomi strada  per far conoscere a tutti la Redenzione. Quanto più grande è l’opera che voglio fare,  tanto più vado coprendo l’anima con la superficie delle cose più ordinarie”.   

E ancora più chiaro in questi altri due brani: “Figlia mia, tu devi sapere che la mia  Mamma Celeste potette concepire Me, Verbo Eterno, nel suo seno purissimo, perché  fece la Volontà di Dio come la faceva Dio. Tutte le altre prerogative che possedeva,  cioè, verginità, concepimento senza macchia originale, santità, mari di grazia che  possedeva, non erano mezzi sufficienti per poter concepire un Dio, perché tutte  queste prerogative non le davano né l’immensità, né l’onniveggenza per poter  concepire un Dio immenso e che tutto vede, e molto meno la fecondità per poterlo  concepire; insomma, sarebbe mancato il germe per la fecondità divina. Invece, col  possedere il Supremo Volere come vita propria e col fare la Volontà di Dio come la  faceva Dio, ricevette il germe della fecondità divina, e con esso l’immensità, l’onniveggenza. Perciò in modo connaturale potetti essere concepito in Lei; non mi mancava né l’immensità, né tutto ciò che all’Essere mio appartiene. (…) Questo fare la  Volontà di Dio come la fa Dio fu il punto più alto, più sostanzioso, più necessario per  la Mamma mia, per ottenere il sospirato Redentore. Tutte le altre prerogative furono  la parte superficiale, la decenza, il decoro che a Lei conveniva”. (31 Marzo 1926) 

“Dovendo Io, Verbo del Padre, scendere dal Cielo per incarnarmi nel seno di una  Vergine, non era sufficiente alla santità della mia Divinità la sola verginità e l’averla  fatta esente dalla macchia d’origine; perciò fu necessario al nostro amore e alla  nostra santità che questa Vergine prima fosse concepita in Me, con tutte quelle  prerogative, virtù e bellezza che doveva possedere la vita del Verbo Incarnato; perciò  poi potetti incarnarmi in chi era stata concepita in Me e trovai in Essa il mio Cielo, la  santità della mia vita, il mio stesso sangue che l’aveva generata ed innaffiata tante  volte, trovai la mia stessa Volontà che, comunicandole la sua fecondità divina, formò  la vita al Figlio suo e di Dio”. (8 Dicembre 1936) 

Perciò, lungi da noi immaginare –come purtroppo molti adesso fanno– Maria come “una ragazza”, simile a tutte le altre ragazze del suo popolo e del suo tempo, con gli stessi  sogni di tutte le ragazze (trovare un buon partito, formarsi una famiglia, ecc.), sogni  frantumati e sconvolti da un intervento di Dio, al quale Maria si sarebbe sottomessa  (...quasi quasi rassegnata). Lungi da noi! 

Per prima cosa, “una ragazza” non vuol dire necessariamente “una vergine”... E poi,  quale vergine! Vergine, come ha detto il Signore, di natura, di affetti, di cuore e di  pensieri (“non conosco uomo”, anche seera  già sposa di San Giuseppe!). E se Giuseppe  non fosse stato al corrente e non avesse condiviso in pieno, sarebbe stato un inganno, un  matrimonio invalido.  

Questo implica una decisione pienamente responsabile, un impegno di vita davanti a  Dio, quindi suggerito dallo stesso Dio. E lo implica in entrambi. Controcorrente, contro la  mentalità e il costume del loro popolo e del loro tempo. Loro non furono mai “una sola  carne”, ma “un solo spirito”. L’Angelo disse a Giuseppe di non temere di ricevere Maria, “sua Sposa”. Notiamo: “sposa”, non “moglie”. È evidente che vi era una chiamata “forte  e chiara” da parte di Dio. 

E da quando? Già sappiamo che Maria, essendo l’Immacolata, concepita senza ereditare il peccato originale come tutti gli altri e senza le sue conseguenze, anzi, concepita la  sua anima nel seno dell’Augusta Trinità, fu cosciente e responsabile fin dal primo istante  nel seno materno. E l’Amore Divino la inondò e Lei non conobbe altro Amore né seppe  amare con un diverso amore: 

 “La piccola Regina nell’atto di essere concepita incominciò la sua vita insieme  con la Divina Volontà e quindi insieme col suo Creatore, onde sentiva tutta la forza,  l’immensità, la foga dell’Amor divino, ed era tanta che si sentiva sperduta, affogata  d’amore, che non sapeva fare altro che amare Colui che tanto l’amava. Si sentiva  amata, ma tanto, fino a darle Dio la sua Volontà in suo potere, da tenerla come vita  propria, il che si può chiamare il più grande amor di Dio, l’amore più eroico, l’amore  che solo può dire: «non ho più che darti, tutto ti ho dato». E la piccola Regina si  serviva di questa vita per amarlo per quanto era amata, non perdeva un istante  senza amarlo e cercava di pareggiarlo nell’amarlo”. (12 Aprile 1935) 

È per questo Amore Divino che Maria non volle mai conoscere la sua volontà e fin dal  primo istante la consegnò definitivamente a Dio. Come avrebbe potuto “conoscere uomo”  se nemmeno conobbe se stessa? 

“Oh, come compresi bene l’offesa grave che si fa a Dio e i mali che piovono sulla  creatura! Ebbi tale orrore e paura di fare la mia volontà, e giustamente temevo,  perché anche Adamo fu creato da Dio innocente, eppure col fare la sua volontà, in  quanti mali non piombò lui e tutte le generazioni? Perciò Io, la Mamma tua, presa da  terrore, e più dall’amore verso il mio Creatore, giurai di non fare mai la mia volontà  e, per essere più sicura ed attestare maggiormente il mio sacrificio a Colui che tanti  mari mi aveva dato di grazie e privilegi, presi questa mia volontà umana e la legai ai  piedi del trono divino, in omaggio continuo d’amore e di sacrificio, giurando di non  servirmi mai, anche per un istante solo della mia vita, della mia volontà, ma sempre  di Quella di Dio”.  (La Vergine Maria nel Regno della D. Volontà, 5° giorno) 

Ma questo amore assoluto a Dio, che era l’Amore stesso di Dio in Maria, abbracciava  con Dio tutte le creature (la Volontà Divina la rendeva immensa, consapevole e ardente  nell’amore); perciò fin da quel primo istante Lei incominciò ad amare ognuno di noi con  cuore di Madre:  

“Ora, figlia mia carissima, tu devi sapere che  come il FIAT Divino mi fece prendere   possesso di tutto, mi sentii posseditrice di tutto e di tutti. La Divina Volontà, con la  sua potenza, immensità ed onniveggenza, racchiudeva nell’anima mia tutte le  creature, ed Io sentivo un posticino nel mio Cuore materno per ciascuna di esse. Da  che fui concepita Io ti portai nel mio Cuore, ed oh, quanto ti amai e ti amo! Ti amai  tanto che ti feci da Madre presso Dio”. (ibid, 6° giorno) 

“…A te, che possiedi il nostro FIAT, è dato di poter comprendere [il Nostro dolore e il  gran male dell’uomo] e perciò, come a Segretaria nostra, vogliamo svelarti i nostri  segreti e mettere nelle tue mani lo scettro del comando, affinché domini ed imperi su  tutto, ed il tuo dominio vinca Dio e l’uomo e Ce li porti come figli rigenerati nel tuo  materno Cuore”. Chi può dirti, figlia cara, che sentì il mio Cuore da questo parlare  divino? S’aprì in me una vena d’intenso dolore e mi proposi, anche a costo della mia  vita, vincere Dio e la creatura e unirli insieme”.  (ibid, 7° giorno) 

Questo è il vero e reale motivo della decisione di Maria: impegnare tutta la sua vita per  ottenere la riconciliazione tra Dio e le creature. La sua Verginità coincide per tanto con la  sua Maternità, con il suo Amore umano-divino di Madre. Non un motivo negativo (non  voler “conoscere uomo”), ma immensamente positivo (l’amore a Dio e a tutte le creature  con l’Amore stesso di Dio). L’unica cosa che la Vergine ignorava è che proprio Lei   doveva essere la Madre del Messia: 

“E senza sapere allora che Io dovevo essere la Madre del Verbo Divino, Io sentivo  in me la doppia maternità, maternità per Dio, per difendere i suoi giusti diritti;  maternità per le creature, per metterle in salvo. Mi sentivo Madre di tutti. Il Volere  Divino che regnava in me, che non sa fare opere isolate, mi portava in me Dio e tutte  le creature, di tutti i secoli. Nel mio materno Cuore sentivo il mio Dio offeso, che  voleva essere soddisfatto, e sentivo le creature sotto l’impero della Giustizia divina.  Oh, quante lacrime versai! Volevo far scendere le lacrime mie in ogni cuore, per far  sentire a tutti la mia maternità tutta d’amore. Piansi per te e per tutti, figlia mia”. (ibid, 8° giorno) 

“Io continuavo la mia vita nel Tempio e le mie scappatine lassù nella mia Patria  Celeste. Io avevo i miei diritti di figlia, di fare le mie visitine alla mia Famiglia Divina,  che più che padre mi apparteneva; ma quale non fu la mia sorpresa, quando in una  di queste mie visite mi fecero conoscere che era loro Volontà che uscissi dal Tempio,  con unirmi prima con vincolo di sposalizio, secondo l’uso esterno di quei tempi, con  un uomo santo chiamato Giuseppe, e ritirarmi insieme con lui a vivere nella casa di  Nazaret?  

Figlia mia, in questo passo della mia vita, apparentemente parve che Dio voleva  mettermi in cimento. Io non avevo amato mai nessuno al mondo,1 e siccome la  Volontà Divina teneva la sua estensione in tutto l’essere mio, la mia volontà umana  non ebbe mai un atto di vita, quindi in me mancava il germe dell’amore umano: come  potevo amare un uomo per quanto gran santo fosse, nell’ordine umano? È vero che  Io amavo tutti, ed era tanto l’amore verso tutti, che il mio amore di Madre me li aveva  scritto con caratteri di fuoco incancellabili, uno per uno, nel mio materno Cuore, ma ciò era tutto nell’ordine d’amore divino, perché l’amore umano paragonato al divino  si può chiamare ombra, sfumatura, atomi d’amore. Eppure, figlia cara, di ciò che  apparentemente parve cimento e come strano alla santità della mia vita, Dio se ne  servì mirabilmente per compiere i suoi disegni e concedermi la grazia che Io tanto  sospiravo, cioè che scendesse il Verbo sulla terra. Dio mi dava la salvaguardia, la  difesa, l’aiuto, affinché nessuno potesse parlare sul conto mio, sulla mia onestà. San  Giuseppe doveva essere il cooperatore, il tutore che doveva prendere interesse di  quel poco d’umano che bisognava e l’ombra della Paternità Celeste, in cui doveva  essere formata la nostra piccola famiglia celeste sulla terra. Onde, ad onta della mia  sorpresa, dissi subito FIAT, sapendo che la Divina Volontà non mi avrebbe fatto male,  né pregiudicato alla mia santità. Oh, se avessi voluto mettere un atto di mia volontà  umana, anche sotto l’aspetto di non voler conoscere uomo, avrei mandato in rovina i  piani della venuta del Verbo sulla terra! Quindi, non è la diversità degli stati [di vita] che pregiudica la santità, ma la mancanza della Divina Volontà e il non compimento  dei propri doveri nello stato in cui Dio chiama la creatura. Tutti gli stati sono santi,  anche il matrimonio, purché dentro ci sia la Divina Volontà e il sacrificio esatto dei  propri doveri, ma la maggior parte sono indolenti e pigri e, non solo non si fanno  santi, ma formano dello stato di ciascuno, chi un purgatorio e chi un inferno. Onde,  come conobbi che dovevo uscire dal Tempio, Io non feci motto a nessuno, aspettando  che Dio stesso movesse le circostanze esterne per farmi compiere la sua adorabile  Volontà, come difatti avvenne. I superiori del Tempio mi chiamarono e mi dissero che  era volontà loro e anche l’uso di quei tempi, che Io dovessi prepararmi allo  sposalizio; Io accettai. Miracolosamente, la scelta fra tanti cadde su San Giuseppe e  così si formò lo sposalizio e uscii dal Tempio” . (ibid, 17° giorno) 

La Verginità di Maria, che è –come abbiamo visto– inseparabile dalla sua missione di  Madre di Dio, non riguarda soltanto il Concepimento del Verbo nel suo seno (perché non  riguarda solo la sua condizione fisica), ma è gloria di Maria nella Nascita di Gesù. Vergine  lo concepì, vergine lo diede alla luce. “Luce da luce”. Questa affermazione della Chiesa  nel Credo realmente si deve applicare a Cristo non solo nella sua Divinità, ma anche nella  sua Umanità. Basta pensare alla sua Trasfigurazione. Ebbene, il mistero della sua Nascita  avvenne in una trasfigurazione della Madre in luce purissima, dalla quale “scaturì” un’altra  Luce ancora più potente, tornando poi allo stato naturale...  

Lo leggiamo nel brano del 25 Dicembre 1900:  

“Trovandomi nel solito mio stato, mi sono sentita fuori di me stessa e dopo aver  girato mi sono trovata dentro di una spelonca e ho visto la Regina Mamma, che stava  nell’atto di dare alla luce il Bambinello Gesù. Che stupendo prodigio! Mi pareva che  tanto la Madre quanto il Figlio fossero trasmutati in luce purissima, ma in quella luce  si scorgeva benissimo la natura umana di Gesù che conteneva in sé la Divinità, che  gli serviva come di velo per coprire la Divinità, in modo che squarciando il velo della  natura umana era Dio, e coperto con quel velo era uomo; ed ecco il prodigio dei  prodigi: Dio e uomo, uomo e Dio, che senza lasciare il Padre e lo Spirito Santo viene  ad abitare con noi e prende carne umana, perché il vero amore non si disunisce  giammai.  

Ora, mi è parso che la Madre e il Figlio in quel felicissimo istante sono rimasti  come spiritualizzati, e senza il minimo intoppo Gesù è uscito dal seno materno,  traboccando entrambi in un eccesso d’amore, ossia, trasformati in Luce quei  santissimi corpi, senza il minimo impedimento Gesù Luce è uscito da dentro la luce della Madre, restando sano e intatto sia l’Uno che l’Altra, ritornando poi allo stato  naturale 2.  

Ma chi può dire la bellezza del Bambinello, che in quel momento dal suo nascere  trasfondeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della  Madre, che ne restava tutta assorbita in quei raggi divini?  

E San Giuseppe? Mi pareva che non fosse presente nell’atto del parto, ma che se  ne stava in un altro cantone della spelonca, tutto assorto in quel profondo Mistero, e  se non vide con gli occhi del corpo, vide benissimo con gli occhi dell’anima, perché se  ne stava rapito in estasi sublime…”  

Che dire allora di certi film dove nella scena della Nascita di Gesù presentano la  Vergine nei contorcimenti e nelle doglie del parto, come qualsiasi parto? Che ignorano la  verità dogmatica proclamata dalla Chiesa: “Maria Vergine, prima del parto, nel parto e  dopo il parto”.  

Come l’Immacolata esperimentò tutta l’amarezza e il dolore della morte, non alla fine  della sua vita, ma stando in piedi sotto la Croce del Figlio, così la Vergine esperimentò  tutta l’angoscia e le doglie del parto quando diede alla luce noi, la Chiesa, il Corpo  Mistico di suo Figlio, stando sotto la Croce. A questo si riferiva Gesù nell’ultima Cena,  quando disse: “La Donna (occorrerebbe scrivere questo titolo con maiuscolo!) quando  partorisce, è nel dolore, perché è giunta la sua ora (che era la stessa “ora” di suo Figlio!);  ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che  è venuto al mondo un uomo”  (Gv 16,21). 

Noi ci avviciniamo con infinito rispetto al Mistero della Maternità Divina e verginale  della Donna unica, che solo per amore è diventata la Madre di Dio e la Mamma nostra, per  dare gloria a Dio per così immenso prodigio, per ringraziarlo e ringraziare la Vergine della  sua fedeltà ed eroismo, per chiedere che ci rivesta della sua purezza e ci inondi del suo  amore, e se occorre, per difendere il suo onore, la verità e il diritto di Dio in Lei.  

P. Pablo Martín 

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