LIBRO DEL PROFETA DANIELE
Ecco la potente azione dell’Agente principale della storia e in modo del tutto Agente speciale nella vita e nella storia di Daniele: il Signore.
Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. Il capo dei funzionari vede Daniele con gli stessi occhi di Dio.
È come se il Signore gli avesse dato i suoi occhi per qualche istante. Vedere gli uomini con gli occhi della carne e vederli con gli occhi di Dio, tutto cambia.
Daniele incontra la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. Non per suo merito, ma per grazia del suo Dio e Signore.
Il capo dei funzionari vede Daniele così come Dio vuole che lui lo veda: persona sulla quale riversare tutta la sua benevolenza, il suo amore, la sua bontà.
Lo vede anche come persona con la quale può condividere la vita. La simpatia è vera capacità di condividere gioie e dolori, benefici e sacrifici.
Simpatia è fare della vita dell’altro la propria vita. Si sente con l’altro, si vive con l’altro, si ama con l’altro, si soffre con l’altro. Tutto si mette in comune.
Simpatia e benevolenza è il Signore che li ha messi nel cuore del capo dei funzionari. È il Signore che gli ha dato occhi e cuore di amore e di bontà.
10 Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re».
Il capo dei funzionari è ben disposto ad esaudire le richieste di Daniele. Teme però che mangiando solo legumi o altro le loro facce diventino magre.
Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re».
Si è già detto che l’aspetto, il portamento, il fisico è importante in una corte così eccelsa quale quella del re di Babilonia, l’eccelso Nabucodònosor.
Che figura farebbe lui dinanzi al suo re, se le loro facce sarebbero “smunte e magre”? Sarebbe accusato di irresponsabilità e tolto dal suo incarico.
Il capo dei funzionari introduce un elemento che mai va sottovalutato nelle richieste: “Il bene tuo mai dovrà nuocere al bene mio”.
La saggezza questa verità sempre la deve prendere in considerazione. Ognuno è obbligato a rinunciare al suo bene pur di non distruggere il bene dell’altro.
Ma è proprio della saggezza trovare la soluzione che possa favorire tutti e due i beni: il bene della singola persona e il bene di ogni altra persona.
Nessuna persona dovrà subire un danno dal bene chiesto dal singolo per se stesso. La sapienza vede sempre in prospettiva di universalità.
Questo principio di sapienza oggi è fortemente sfasato, anzi inesistente. Tutti chiedono per sé, nessuno pensa al bene di tutti.
Altra regola di morale vuole che si distingua tra carità e diritto. Per carità posso chiedere qualsiasi cosa. Per diritto solo ciò che mi è dovuto per giustizia.
La giustizia non è soggettiva, è invece sempre oggettiva. Il diritto è un dovere maturato in un frutto di bene per me. Il salario deve essere dato per giustizia.
Ma quando il salario è giusto? Quando il lavoro è giusto. Se il lavoro è stato ingiusto, anche il salario è ingiusto. Questa ingiustizia è vera piaga.
Resta sempre la verità: mai una mia richiesta deve nuocere al bene dell’altro. Se nuoce, mi devo astenere dal chiedere. Il bene dell’altro è il mio bene.
Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria:
Ora Daniele introduce un altro principio di verità nella questione tra giusto e ingiusto, tra richieste da fare e richieste da non fare.
Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: È Daniele che offre la soluzione.
La saggezza non solo chiede, dona anche la soluzione di bene perché la richiesta possa essere esaudita. È una soluzione di saggezza.
Spesso noi diamo anche soluzioni per le nostre richieste, ma non sono per nulla soluzioni di saggezza. Quasi sempre sono soluzioni di ingiustizia.
Il bene per me deve essere bene per tutti. È principio universale di santa e giusta morale. Se non è bene per tutti, devo io rinunciare al mio bene.
La soluzione per essere esaudito spetta a me offrirla, donarla. Deve essere una soluzione di saggezza. Non deve recare danno ad alcuna persona.
Tutti questi principi li può osservare solo chi è nella più grande saggezza del suo Dio. Noi quasi sempre parliamo dal peccato e dalla stoltezza.
Chi è nel peccato è sempre stolto. Non ha ascoltato la prima elementare saggezza del suo Dio che è l’obbedienza ai suoi Comandamenti.
Senza questa primaria sapienza, nessun’altra sapienza potrà essere data all’uomo. La sapienza inizia con l’obbedienza alla Legge del Signore.
Dove l’obbedienza è assente, manca il fondamento sul quale il Signore possa innestare la successiva sapienza. Sul vuoto non si può costruire.
MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI
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