sabato 5 luglio 2025

IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

 


§. V. 

159. Spirito di grandi penitenze esteriori può esser dubbioso. È certo che lo spirito di penitenza è spirito di Dio perché ha sempre allignato nel cuore de' santi, e de' gran servi del Signore. Ma è certo ancora, che questo spirito è soggetto ad essere adulterato dal demonio e dallo spirito della vanità. Dice Cristo, che alcuni estenuano la propria faccia con i digiuni per comparir penitenti su gli occhi degli uomini: “E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa” (Mt 6,16): e S. Gregorio soggiunse, che molti affliggono con astinenza il proprio corpo, col fine vano di riportare approvazione e lode da tali asprezze (S. Greg. Homil. 12. in. Evangel). 

160. Altri fini ha ancora il demonio in persuadere smoderate austerità. Di aggravare tanto la persona che soccomba sotto il peso esorbitante delle fatiche o delle penalità, onde sia costretta a fermarsi o a retrocedere dalla strada della perfezione: e però S. Girolamo disapprova questi eccessi, specialmente nella età giovanile (S. Ieron. Eput. 101 ad Laetam). 

Di indebolire il cervello con la soverchia sottrazione del cibo, onde la persona divenga inabile all’orazione, allo studio ed alle funzioni proprie del suo stato. A questo proposito racconta lo stesso S. Girolamo di aver conosciute persone dell'uno e dell’altro sesso per la soverchia astinenza tanto debilitate nella mente, che stavano come attonite ed insensate, senza saper ciò che avessero a fare o a dire, rese affatto inette al servizio di Dio (S. Hieron. Epist 156 ad Demetriadem.). 

161. Giovanni Gersone parlando delle tentazioni del demonio, pone tra le altre i digiuni smoderati, i pellegrinaggi troppo lunghi e faticosi, le applicazioni indiscrete; ed oltre gli effetti pessimi, che abbiamo ora accennati, altri ne numera non meno cattivi che sono il fine per cui stimola il nemico a tali esorbitanze (Gers. tract. de divers. tent. diabol.). Sicché non può dubitarsi, che sebbene lo spirito della penitenza sia ispirato da Dio quando è moderata, possa anche essere istillato dal demonio quando e indiscreta; non perché 

ami il nemico la virtù della penitenza, ma perché ama gli abusi e i danni corporali e spirituali che dalle smoderatezze risultano, come dice S. Bernardo, parlando dei digiuni praticati imprudentemente (S. Ben. Serm. de multlpl. utilit. verbi Dei.). Non voglio lasciar di riferire a questo proposito ciò che racconta il padre Michele Godinez nella sua mistica teologia, cioè di aver trovato una persona, quanto austera altrettanto libidinosa, che univa insieme somma penitenza e somma incontinenza (Godinez Praxis theol. myst. lib. 8, al. 9, cap. 11.). Ognun vede che uno spirito di penitenza sì guasto non poteva essere da altri ingerito che dal demonio, forse acciocché appagato da quelle corporali penalità, s'immergesse con più coraggio nelle sue laidezze. 

 162. Venendo ora alla pratica, osservi il direttore nelle persone che si sentono spinte alla macerazione del proprio corpo, se con la penitenza del corpo sia congiunta la penitenza del cuore; e se con i digiuni, con le vigilie, con i cilici e con le flagellazioni sia unito un pentimento sincero delle proprie colpe, e conseguentemente una umiliazione proporzionata a chi si riconosce reo e si punisce come colpevole. Noti, se il suo discepolo ama più quelle penitenze che si fanno in segreto e possono nascondersi agli occhi di tutti, o quelle che si fanno in palese e non possono celarsi agli occhi di ognuno: se manifesti ad altri (eccetto il suo padre spirituale) le austerità in cui si va esercitando: se nello uso delle sue penitenze proceda senza riflessione, indiscretamente ed alla cieca, o pure con qualche lume di discrezione: se le austerità corporali gli siano di aiuto e di sprone per avvantaggiarsi nelle virtù interne. Quindi potrà arguire da quale spirito sia egli mosso alla penitenza, se dallo spirito della compunzione o dalla vanità, se dal santo odio di sé o da un soverchio amore alla propria riputazione; in una parola, se da Dio o dal demonio. 

 163. Ma quando ancora trovi nel suo discepolo lo spirito retto e santo, procuri che proceda con la debita moderazione; perché, come dice San Gregorio, dobbiamo nella penitenza esterna portarci in modo, che dando morte ai vizi non uccidiamo il corpo e non lo rendiamo inabile all'orazione ed all'esercizio delle altre opere buone, e per brama di perseguitare un nemico, non veniamo a trucidarne un concittadino, anzi un compagno inseparabile che abbiamo sempre con noi, voglio dire il nostro corpo (S. Greg. Moral. lib. 30, cap. 14).). Perciò dovrà egli stesso prescrivergli una giusta tassa di mortificazioni corporali, che servono ad invigorire lo Spirito senza notabile pregiudizio del corpo. Si eccettui però anche qui il caso straordinario di qualche persona da cui voglia Iddio una penitenza superiore alle forze dell'umana natura. Potrà però molto ben conoscere il direttore, dai segni che abbiamo dati, se una tal persona sia mossa dalla divina grazia a simili eccessi, e specialmente dalla veemenza e dall'ardore e dalla rettitudine degl'impul6i che riceverà da Dio; e sopra tutto dal vedere, se Iddio le darà forze corporali per reggere a tali rigori eccessivi, senza notabile lesione della sua salute. 

 164. Spirito di consolazioni spirituali sensibili è dubbioso. Se il diletto spirituale sensibile sia prodotto dalla grazia, altro non è che una dolce impressione che fanno nell'appetito sensitivo gli atti soprannaturali e devoti della volontà nostra; né una tal consolazione è da disprezzarsi o da rigettarsi, perché è santa e profittevole; mentre presa col debito distaccamento molto conferisce all'esercizio delle virtù, alla perseveranza nelle orazioni ed ai progressi nella cristiana perfezione. 

Ma il male è, che il nostro senso interiore può da sé stesso, indipendentemente dalla grazia, commuoversi alla presenza di un oggetto santo, ed allora la consolazione ha una certa apparenza di spiritualità ma in sostanza è un effetto della natura, che non reca alcun pro. Ed il peggio si è, che anche il demonio con la commozione degli spiriti e degli umori, può eccitare nel senso questi affetti teneri e dolci, con grave pregiudizio, o almeno con pericolo dell'anima che credendosi piena di divozione in realtà è piena d'illusione. Questa è dottrina del mistico e sperimentato Riccardo di S. Vittore il quale ci avverte, esser proprietà del nemico svegliare nelle orazioni un dolce affetto ed una apparente divozione che ci faccia anche prorompere in lagrime ed in sospiri, ma alfine di levarci in vanità ed in superbia, o d'indurci in qualche errore; o almeno a fine che pascendoci lungamente di quelle interne dilettevoli commozioni, consumiamo a poco a poco le forze corporali, e cadiamo in debolezze (Richard. cap. 17. in Cantic.). 

165. Deve dunque il direttore osservare, se con la consolazione tenera del senso si unisce nell'intelletto una seria cognizione delle verità divine, e nella volontà un affetto sodo agli oggetti santi ed alle virtù sode: se la persona devota dopo le sue dolci orazioni stia più sopra di sé, sia più cauta a non cadere nei mancamenti e più sollecita in operare gli atti virtuosi. Se questo accade, può egli fondatamente credere che la consolazione sia un effetto vero della grazia ed un vero dono di Dio. Ma se poi, terminate le orazioni fatte con consolazioni e dolcezze, svanisca tutto, e la persona sia come prima facile ad incorrere negli stessi difetti, come prima indisposta e lenta nell'esercizio delle virtù, e la cosa succeda sempre così, le consolazioni spirituali restano molto sospette, e si può giustamente temere che siano o un effetto fatuo della natura, o un'illusione del nemico che dolcemente le vada pascendo con quell'esca fallace. In questo caso deve il padre spirituale far sì, che ella dispregi tutti gli affetti sensibili, e si applichi a meditare le massime e gli oggetti devoti al lume della fede per concepirne con la volontà affetti sodi di compunzione, di umiliazione, di emendazione, di preghiera, di suppliche, ed altri simili che sono sempre utili e profittevoli. Sopraggiungendo poi le dette consolazioni, se ne stia senza farne alcun conto, fissa con la mente e col cuore in Dio, o in altre sode e profittevoli verità. 

G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS 

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