GESU’ OSTIA
All’incredulo perché sia meno scettico, e al sacerdote perché sia meno tiepido.
«La Messa di Padre Pio»
La Messa celebrata da Padre Pio, per i doni soprannaturali che in lui si manifestano quand'è sull'altare, si connota come una vera e propria esperienza mistica, tanto da essere identificata come «la Messa di Padre Pio».
È la «sua» Messa, infatti, che attira folle di fedeli in uno sperduto paesino del Gargano. Si accalcano intorno al suo altare, ne odono: i gemiti del martirio e i sospiri d'amore, il pianto nel leggere l'epistola o il Vangelo oppure nel comunicarsi. A vederlo così, rapito dall'amore e immerso nel dolore, non si può che credere e pregare.
Lo stesso Padre Pio confida quanto prova nel celebrare la Messa: «All'altare alle volte mi sento talmente un accendimento per tutta la persona che non posso descriverglielo - scrive a Padre Benedetto, 1'8 settembre 1911 -. Il viso massimamente mi sembra che voglia andare tutto in fuoco. Che segni sono questi, padre mio, lo ignoro».
Sempre a Padre Benedetto, il 27 luglio del 1918, confida l'esperienza vissuta nel celebrare la Messa del Corpus Domini del 30 maggio dello stesso anno: «Rammento che il mattino di detto giorno all'offertorio della santa Messa mi si porgesse un alito di vita; non saprei dire nemmeno lontanamente ciò che avvenne in quel fugace momento nel mio interno, mi sentii tutto scuotere, fui ripieno di estremo terrore e poco mancò che non venissi a mancar di vita; poi subentrò una calma completa da me non mai esperimentata per l'addietro.
Tutto questo terrore, scuotimento e calma che l'una succedette all'altro fu causato non dalla vista, ma da una cosa che mi sentii toccare dalla parte più segreta ed intima dell'anima. Io non riesco a dire altro di questo avvenimento. Piaccia a Dio farvi intendere la cosa come avvenne nella sua realtà».
In una lettera del 18 aprile 1912, a Padre Agostino racconta: «A stento potei recarmi al divin prigioniero per celebrare. Finita la messa, mi trattenni con Gesù nel rendimento di grazie. Oh quanto fu soave il colloquio tenuto col paradiso in questa mattina!
Fu tale che pur volendomi provare a voler dir tutto non lo potrei; vi furono cose che non possono tradursi in un linguaggio umano, senza perdere il loro senso profondo e celeste. Il cuore di Gesù ed il mio, permettetemi l'espressione, si fusero. Non erano più due i cuori che battevano, ma uno solo. Il mio cuore era scomparso, come una goccia d'acqua che si smarrisce in un mare. Gesù n'era il paradiso, il re. La gioia in me era sì intensa e sì profonda, che più non mi potei contenere; le lacrime più deliziose mi inondarono il volto».
Tutto questo ci fa capire lo stato d'animo di Padre Pio quando non può celebrare la Messa. Durante il servizio militare, ricoverato per la malferma salute, scrive: «Sono estremamente sconfortato per l'unica ragione che qui non si può celebrare, perché manca la cappella e fuori non ci è permesso di uscire. Che desolazione!».
Circa un mese dopo, il 10 settembre 1917, informa: «Sono diversi giorni che ho incominciato a celebrare e spero che Gesù non voglia privarmi di quest'unico conforto che mi resta». Purtroppo per poco, però. Il 15 ottobre dello stesso anno, fa sapere: «Ciò che più mi addolora è il non poter né celebrare, né satollarmi delle carni immacolate del divino agnello».
Nel leggere l'epistolario di Padre Pio, dunque, si scopre che la Messa, per lui, è tutto.
È bello ricordare le sue parole da cui questo amore traspare: «- Che cosa è, Padre, la vostra messa? È stato chiesto a Padre Pio.
- Un sacro miscuglio con la passione di Gesù, è stata la risposta.
- Padre, che cosa dobbiamo leggere nella vostra messa? È stato chiesto ancora.
- Tutto il calvario, ha risposto Padre Pio»lo.
Viene spontaneo pensare: "Beati coloro che hanno potuto assistere ad una sua Messa!".
Lasciamo, allora, ad autorevoli testimoni oculari il compito non facile di trasmettere a quanti non c'erano, le loro impressioni. Le testimonianze sono tantissime, sparse in diverse fonti. Presentiamo le più significative, tra quelle raccolte da Padre Fernando da Riese", in un accurato volume biografico.
«La messa di Padre Pio - scrive Alberto Del Fante - è diversa da tutte le messe che si celebrano nel mondo, non per il diverso rito liturgico, non per una diversa interpretazione, ma perché egli rinnova la passione del Nazareno, diventando un'Ostia vivente.
La maggior parte dei fedeli va alla messa senza conoscere il vero significato, sa superficialmente che il sacerdote rinnova la passione del Signore, ma non conosce i vari momenti: assistendo alla messa del Padre si intuiscono i vari passaggi e si partecipa ai periodi più salienti di essa...
La sua soprannaturalità si manifesta più di tutto alla elevazione. Qui il Padre non sembra più di questa terra: materialmente è qui, ma spiritualmente è vicino a Gesù, perché sembra che gli parli e che per lui pianga e soffra. Grossi goccioloni rigano le sue gote e dalla sua gola escono singulti soffocati e repressi... È un'anima in pena che prega per le creature in pena».
Per l'avvocato Salvatore Corrìas, «[ ...] quando innalza l'Ostia tra le dita pure, rimane immobile, estatico, rapito nella visione di Chi noi non vediamo...
È sereno nel volto e pare che talora lo sfiori un lievissimo sorriso quasi di sovrumana contenuta gioia, mentre una lacrima scende nel suo viso assorto ... Quando dovrebbe inginocchiarsi, egli non può che accennare l'atto di riverente genuflessione: le piaghe sempre vive ai piedi glielo impediscono. "Ite missa est". Il colloquio con Cristo è finito, o meglio interrotto. Egli lo continuerà nella sua misericorde propiziante preghiera. La sua benedizione, con cui ha fine la messa, dona a tutti serenità, speranza, fede per il cammino che dobbiamo percorrere. Lentamente, sorretto da un premuroso confratello, scompare dalla destra dell'altare.
Nella sacrestia [...] egli si siede dinanzi al Crocifisso ancora in raccoglimento devoto per ringraziare: per se stesso e per noi».
Il sacerdote Alessandro Lingua descrive così una celebrazione del 5 giugno 1950: «Attraversando la chiesa a mani giunte, perché il calice è già sulla sacra mensa, Padre Pio si dirige al solito altare di S. Francesco per la santa messa. Tutti mormorano qualche parola di ammirazione: ma Padre Pio con comando secco stronca ogni gesto, intimando il silenzio. Io che avevo un ginocchio dolente mi sentii con forza gridare: "Inginocchiati anche tu". Tutto l'altare è circondato all'inverosimile di devoti...
Inizia la santa messa che dura esattamente un'ora e tre quarti. È il miracolo quotidiano di Padre Pio per chi vuole e sa comprendere la profonda realtà della croce immensa... Mai ho visto un sacerdote celebrare così devoto.
Le stimmate si vedono chiaramente nelle mani chiazzate di sangue cupo. Fatto il segno di croce, tutto l'insieme denota la partecipazione completa alla passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Talvolta il corpo s'irrigidisce in un'immobilità assoluta, a tratti si notano contrazioni dolorose delle membra, parole mozze, tocchi al capo, dolorante per la coronazione di spine. Sovente col fazzoletto si asciuga le lacrime, e col dito deterge le grosse gocce di sudore in fronte. Nell'offertorio ci innalza a Dio che accetta i suoi patimenti in quel patto d'amore e di dolore. La consacrazione segna il vero martirio di Gesù Cristo e del celebrante. La rottura dell'Ostia per la comunione scuote fortemente il Padre prima quasi titubante e poi risoluto perché così vuole la liturgia. L'Ostia è stretta da quelle povere mani sofferenti, il corpo curvo s'abbatte sotto il peso dei peccati, il Padre quasi si trasfigura. Al "Dominus vobiscum" sembra che abbracci tutti in dolce stretta d'amore per gridare il "Vogliamoci bene" in un mondo di odio e di rancori».
Padre Vincenzo da Casacalenda ricorda: «Sul suo volto nessuna manifestazione di splendore o di una potenza soprannaturale, ma piuttosto una forma di dolore.
Lento nel muoversi, naturale nei gesti, pacato nella lettura; ma in tutto c'era una dignità senza posa, una consapevolezza senza peso, un'austerità senza durezza. A guardarlo non ci si stancava; gli si confaceva il mistero della passione, pareva nato apposta per celebrare.
Mentre venivano alzati la patena e il calice, le maniche scendevano un poco e lasciavano scoperte le piaghe delle mani: su di esse si appuntavano gli sguardi commossi di tutti, e tutti di colpo si ritrovavano poveri e miseri, eppure trasognati di fronte a questo "offertorio" che mani piagate ponevano a contatto con qualcuno oltre l'umano.
E dopo la consacrazione e l'elevazione si vedeva qualcosa d'insolito sul volto di lui. La gente diceva: "Pare proprio Gesù". E tutti erano più desti, più vivi, più leggeri, come evasi da questo mondo e in contemplazione di un mondo che non vedevano. E chi può dimenticare quel grido forte: "Domine, non sum dignus"? Si batteva con la destra il petto, ed erano così forti quei colpi che se ne provava gran meraviglia: non si poteva supporre che quelle mani piagate fossero così gravi, che quel petto ferito potesse resistere a colpi così duri e profondi. La folla teneva il respiro alla comunione: il crocefisso divino si univa al povero frate crocefisso anche lui».
Un altro testimone racconta: «Sono un sacerdote e anni fa sono stato da Padre Pio per accompagnare un malato che cercava la guarigione, felice della buona occasione che mi si offriva per studiare il "mistero" del frate...
Dico sùbito che non ho potuto verificare un bel niente. Il malato che accompagnavo non è guarito, e non ho sentito profumi né intravisto visioni. Di più: quando mi sono confessato, Padre Pio non ha sollevato nessun velo misterioso della mia anima. Per me è stato solo un buon confessore, direi come molti altri... Eppure qualcosa ho visto.
Per molti giorni ho seguito la messa di Padre Pio e per me è stato tutto. Ascoltavo la messa dal loggione, proprio a fianco dell'altare, e non perdevo né un gesto né un'espressione. Io avevo già celebrato migliaia di messe, ma in quei momenti mi sono sentito un povero prete, come in confessione.
Perché Padre Pio parlava veramente con Dio in ogni istante della messa, potrei dire che lottava con Dio, come Abramo. E Dio era presente nella sua messa, ma non della sola presenza eucaristica, non come nella mia messa.
Così a S. Giovanni Rotondo ho trovato un prete che amava Dio veramente ed intensamente nella sofferenza e nella preghiera, fino allo spasimo: un vero santo. Io non so se Padre Pio abbia fatto miracoli, ma so che un uomo così poteva farne a centinaia».
Un altro sacerdote, il salesiano Don Luigi Ripoli, ammette: «Quello che più profondamente colpì il mio spirito fu il modo con cui egli celebrava la santa messa. Anch'io da molti anni offro giornalmente a Dio il divino sacrificio, ma confesso che il mio cuore e la mia mente non erano mai stati così ben penetrati dalla sua meravigliosa grandezza, come quando lo vidi celebrare da Padre Pio. E, mentre egli celebrava ed io ero genuflesso ai piedi dell'altare..., le più intime fibre del mio essere hanno vibrato per sentimenti di commozione e di dolcezza, quali non avevo avuto occasione di provare in passato».
A commento della «famosa messa di Padre Pio», "La civiltà cattolica" riporta: «[ ...] chi ha assistito una volta non l'ha più dimenticata, tanto viva era l'impressione di vedere annullare ogni distanza di tempo e di spazio tra l'altare e il Calvario.
L'Ostia divina, elevata da quelle sue mani, rendeva più sensibile agli occhi dei fedeli la mistica unione del sacerdote offerente col Sacerdote eterno. A quella vista, spesso anche gli intervenuti per curiosità erano profondamente colpiti».
Quale atmosfera regna intorno all'altare?
Testimonia il dottor Giorgio Festa: «[ ...] più volte ho veduto discendere sulle gote dei meno creduli e dei più diffidenti le perle redentrici della commozione, del pentimento, dell'amore».
In un'altra testimonianza, resa con un linguaggio non meno suggestivo dell'ambiente: «[ ...] la folla di S. Giovanni Rotondo riempie la chiesa di un mormorio come di mare in tormento di libeccio... E la folla si accalca a ondate sin quasi sotto l'altare, sino sui tre gradini, dove parecchie volte si sono inginocchiati per servire messa vari vescovi... E la folla assiepa l'altare della mistica messa come un immenso rosaio di sofferenze umane... E questa era la messa che Padre Pio diceva al popolo della sua campagna riarsa dal sole delle Puglie e battuta dal vento dell'Adriatico, e che diceva anche a tutta quella folla venuta da lontano, dalle città d'Europa e d'America... Certo quell'uomo, quando celebra la messa, è con Dio veramente».
Alberto Del Fante scrive: «Nessuno fiatava, non si udiva né il solito stropiccìo dei piedi, né il rumore di sedie mosse, tutti avevano l'animo sospeso... Bisogna vederlo per avere un concetto esatto; descriverlo esattamente è impossibile», com'è impossibile descrivere il martirio sul Golgota, la gloria del Risorto, la luce del Paradiso.
Ma sono realtà che Padre Pio conosce, vissute con maggiore intensità proprio sull'altare.
Padre Fortunato De Marzio, confratello della cella attigua, a S. Giovanni Rotondo dal 1920 al 1931, racconta: «Alle tre del mattino si alzava, faceva in fretta la pulizia personale e si poneva in orazione, in cella, per apparecchiarsi alla santa messa. Alle quattro precise, era sull'altare, sia d'inverno che d'estate. Con l'ora legale e le insistenze dei superiori, pospose l'ora della Messa alle cinque...
Nei primi tempi la celebrazione della santa messa durava tre ore. In seguito l'insistenza dei superiori, le molte confessioni, le sofferenze ed i mali fisici che aumentavano con l'età, l'indussero a ridurre il tempo della celebrazione, specie negli ultimi tempi, ad un'ora ed anche meno».
Preparazione, celebrazione, ringraziamento: sono le fasi che si alternano, senza interruzione, a scandire le ore del giorno e della notte nella sua vita pienamente eucaristica.
Si dice, infatti, che: «L'unione di Padre Pio con Gesù eucaristico non termina con la messa: le specie eucaristiche si conservano incorrotte in lui da un giorno all'altro.
"Mi avete fatto comprendere - insinua una creatura a lui tanto devota - che le sacre specie in voi non si corrompono. Siete un ostensorio vivente?".
"Tu lo dici!" rispose Padre Pio, con una frase di genuino sapore evangelico».
Padre Pio, dunque, all'altare è un'ostia, dall'altare è portatore dell'Ostia, verso l'altare è adoratore dell'Ostia.
Padre Tarcisio da Cervinara riporta: «L'anima eletta di Luigina Sinapi, morta in concetto di santità, e figlia spirituale del Padre, stando in chiesa a S. Giovanni Rotondo, vide un faro di fuoco uscire dal cuore di Padre Pio, che era nel matroneo, e proiettarsi sul tabernacolo.
Luigina chiese al Signore che cosa significasse quella visione. E l'Angelo Custode le disse: "È l'amore di Padre Pio per Gesù sacramentato" ».
Ecco perché alla domanda: "Padre, quando non ci sarete più, come faremo senza di voi?", egli risponde: "Andate innanzi a un tabernacolo: in Gesù troverete anche me".
Nessun commento:
Posta un commento