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martedì 21 marzo 2023

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


MUTI E SORDI SANATI

565 147. A Città della Pieve c'è un fanciullo, povero e mendicante, sordomuto dalla nascita; ha la lingua tanto corta che tutti la ritengono addirittura mozza. Una sera si reca a casa di un concittadino, di nome Marco, e con gesti, come sogliono fare i muti, gli indica che vorrebbe essere suo ospite: piega il capo da una parte accostando la guancia alla mano, indicando chiaramente che vorrebbe dormire in casa di lui. Quell'uomo è felice di accoglierlo nella sua casa e volentieri lo prende con sé, perché lo sa abile al servizio, di buon carattere e, benché sordo e muto dalla nascita, in grado di comprendere gli ordini dai cenni. Una sera quell'uomo, alla presenza del fanciullo, dice alla moglie: "Questo sì che sarebbe un grande miracolo, se il beato Francesco gli rendesse udito e favella!".


148. E aggiunge: "Prometto a Dio che se il beato Francesco compirà questo miracolo, io, per amor suo, avrò carissimo questo giovinetto e provvederò a mantenerlo per tutto il tempo della sua vita".

Cosa meravigliosa! Appena finita quella preghiera, il fanciullo si mette a parlare, esclamando: "Viva san Francesco!", e con lo sguardo elevato al cielo, soggiunge: "Vedo Francesco qui sopra, che è venuto a donarmi la guarigione!". Ma, aggiunge ancora: "Che cosa dirò io ora alla gente?". E quell'uomo gli risponde: "Loderai Iddio e salverai molti ". Allora si alza e corre pieno di esultanza a gridare a tutti il grande miracolo. Accorrono in massa quelli che avevano veduto prima il piccolo sordomuto e, pieni di ammirazione e di stupore, elevano lodi al Signore e al beato Francesco. Intanto la lingua del fanciullo si snoda e cresce, tornando alla misura normale, e comincia a parlare così speditamente e chiaramente come se avesse da sempre l'uso della parola.


566 149. Un altro fanciullo, chiamato Villa, è muto e incapace di camminare. Sua madre ricorre all'aiuto divino portando sul sepolcro di san Francesco una immagine votiva di cera. Al suo ritorno a casa, trova il figlioletto in perfetta salute, che cammina e parla.


567 Un uomo della diocesi di Perugia, muto e costretto a tenere la bocca sempre spalancata e spaventosamente ansimante, a causa della gola enormemente gonfiata, arriva un giorno alla tomba di san Francesco e, nell'atto di salire i gradini a toccarla, vomita sangue. Ed ecco, subito liberato completamente, comincia a parlare, ed apre e chiude la bocca in maniera normale: è guarito!


568 150. Anche una donna, colpita da gravissimo dolore alla gola, così da avere la lingua inaridita e attaccata al palato per l'arsura, non è in grado di parlare, né di bere, né di mangiare, e qualsiasi medicamento si rivela perfettamente inutile. Allora, dall'intimo del suo cuore, poiché non può parlare, si vota fiduciosa a san Francesco. Immediatamente l'apparato palatale si spezza e le esce dalla gola un sasso rotondo, che mostra a tutti, ed è interamente liberata dal suo male.


569 A Greccio, un giovane, avendo perso l'udito, la memoria e la favella insieme, non può intendere né sentire nulla. I genitori, che hanno una grande fiducia in san Francesco, fanno voto a lui con suppliche sincere. Quasi subito il loro figlio, per grazia singolarissima del padre santo, ricupera l'uso di tutti i suoi sensi.

A lode, gloria e onore del Signor nostro Gesù Cristo, il cui regno e l'impero rimane stabile e imperituro nei secoli dei secoli. Amen.


sabato 24 dicembre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


LEBBROSI MONDATI

563 146. A San Severino, nella Marca d'Ancona, abitava un giovane di nome Atto. Era talmente coperto da ulcere che, per giudizio dei medici era ritenuto da tutti un vero lebbroso. Le membra erano tutte tumefatte e ingrossate, e a causa della dilatazione e del rigonfiamento delle vene, tutto gli appariva deformato. Camminare gli era impossibile, e doveva starsene sempre inchiodato nel giaciglio del suo dolore, con disperata afflizione dei genitori. Specialmente il padre suo, straziato da quel diuturno eccessivo dolore, non sapeva più che cosa fare. Ma finalmente gli venne in mente di raccomandarlo e votarlo al beato Francesco, e gli fece questa proposta: "Figlio mio, vuoi fare un voto al glorioso Francesco, che rifulge per molti miracoli, perché voglia liberarti dal tuo male?". Rispose: "Sì, babbo!". Il padre si fece subito portare un foglio di papiro, prese le misure dell'altezza e grossezza del figlio, e poi gli disse: "Alzati, fai voto al beato Francesco che, se guarirai, ogni anno e per tutta la tua vita, andrai pellegrino alla sua tomba, recandogli un cero alto come te". Il giovane obbedì alla richiesta paterna, si alzò come poté e a mani giunte incominciò a invocare la misericordia dei beato Francesco. Presa la misura del papiro, si alzò appena finita la preghiera, ed era completamente guarito dalla lebbra. Cominciò a camminare, dando lode a Dio e al beato Francesco.

Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute .


martedì 29 novembre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


MALATI STRAPPATI ALLA MORTE E ALTRI INFERMI GUARITI


139. Matteo, un bambino di Todi, da otto giorni giaceva in un letto più morto che vivo: bocca ermeticamente chiusa, occhi serrati, volto, mani e piedi anneriti come un paiolo al fuoco. Tutti pensavano che non c'era più nulla da sperare. Vomitava inoltre sangue marcio e con tali convulsioni che sembrava dovesse rovesciare gli intestini. Un giorno la madre si prostra in preghiera, invocando il nome e l'aiuto di san Francesco. Quando si alza, il bambino comincia ad aprire gli occhi, a vederci e a succhiare il latte. Poco dopo, caduta quella pelle nera, la carne ritorna al suo colorito normale e riprende vigore e sanità.

Appena lo vede fuori pericolo, la madre lo interroga: "Chi ti ha guarito, figlio mio?". Il fanciullo balbettando risponde: "Ciccu, Ciccu". Di nuovo lo interrogano: "A chi devi questa grazia?". E il bimbo replica: " Ciccu, Ciccu! " dimezzando in questo modo il nome di Francesco, poiché era ancora piccino e incapace di parlare bene.


557 140. Un giovane, precipitando al suolo da grande altezza, perdette la favella e rimase totalmente paralizzato. Per tre giorni non mangiò né bevve; e poiché non dava più segni di vita, tutti lo credevano morto. Sua madre non ricorse ai medici, ma ne implorò la guarigione dal beato Francesco, facendo anche un voto. Riebbe il figlio guarito. e subito cominciò a innalzare lodi all'onnipotente e misericordioso Salvatore.


558 Mancino, un altro giovane, colpito da malattia mortale e ritenuto inguaribile da tutti, invoca il nome di Francesco, così come può, e istantaneamente guarisce in modo perfetto.

Gualtiero, un fanciullo di Arezzo, sempre febbricitante e tormentato da due ascessi, dichiarato inguaribile dai medici, per un voto fatto a san Francesco dai genitori ricupera l'auspicata salute. Un altro giovane è moribondo. Si decide di fare una figura di cera in onore di san Francesco per impetrare la grazia della vita; non è ancora finito il lavoro, che quel giovanetto viene liberato da ogni male.

141. Una donna, inferma da molti anni e completamente immobilizzata nel suo letto, appena ebbe fatto un voto a Dio e al beato Francesco, si rialzò guarita e in grado di attendere a tutte le sue occupazioni.

Nella città di Narni viveva una donna che da otto anni aveva una mano inaridita, del tutto inutilizzabile. Un giorno le apparve il beato padre e, toccandole la mano malata, gliela rese atta al lavoro come l'altra.

Un giovane della stessa città, infermo da dieci anni, s'era talmente gonfiato che era ormai inutile qualsiasi farmaco. La madre fece un voto al beato Francesco, e subito riacquistò piena salute.

Analogamente un idropico di Fano, col corpo paurosamente tumefatto, fu guarito in maniera perfetta per i meriti del glorioso servo di Dio.

Un abitante di Todi soffriva di gotta artritica talmente brutta, che non poteva neppure sedersi né starsene disteso su di un letto. La veemenza della malattia lo gettava in preda a continui brividi, così da sembrare prossimo alla morte. Chiamò medici, moltiplicò bagni e farmaci; ma tutto era inutile. Un giorno però, alla presenza di un sacerdote, fece un voto a san Francesco implorando la grazia della guarigione. E subito si vide guarito.


142. A Gubbio, una donna paralitica ripete per tre volte il nome del beato Francesco, e subito è guarita.

Un certo Bonifacio, colpito alle mani e ai piedi da strazianti dolori, non può muoversi né camminare, e perde del tutto sonno e appetito. Viene un giorno da lui una donna e lo consiglia ed esorta a votarsi al beato Francesco, se vuole essere subito liberato. Quell'uomo, dapprima quasi impazzito a causa degli spasimi, si rifiuta dicendo: "Non lo credo un Santo". Poi cedendo all'insistenza della donna, formula un voto così: "Mi affido all'intercessione di Francesco e lo considero Santo, se entro tre giorni mi libererà dalla mia malattia". E viene subito esaudito, ricuperando la possibilità di camminare, l'appetito e il sonno, e rende gloria a Dio onnipotente.


560 143. I sanitari si dichiaravano impotenti davanti ad un uomo che era stato trafitto al capo da una freccia la cui punta di ferro era penetrata nel cranio attraverso la cavità dell'occhio. L'infelice con umile devozione si vota al santo di Dio, Francesco, con viva speranza d'essere liberato per sua intercessione. Mentre dorme per un poco, viene Francesco nel sonno e gli dice di farsi strappare quella punta di ferro dalla nuca. All'indomani, operando nella maniera indicata dal Santo, si riesce a liberarlo con facilità.


561 144. A Spello, un uomo, di nome Imperatore, è affetto da un'ernia così grave che gli escono gli intestini dal ventre e, nell'impossibilità di farli rientrare, l'infelice è costretto per molto tempo a sostenerli con un guanciale. Ricorre ai medici, ma di fronte al prezzo richiesto, lui che aveva denaro appena sufficiente per il vitto di un solo giorno, perde ogni fiducia nel loro aiuto. Finalmente ricorre all'aiuto celeste, e incomincia a supplicare per strada, in casa e ovunque il beato Francesco. In brevissimo tempo, per grazia di Dio e per i meriti del beato Francesco, guarisce pienamente.


562 145. Un frate del nostro Ordine, della Marca di Ancona, aveva una fistola al bacino e ai fianchi. Per la gravità della situazione non c'era più speranza che potesse guarire ad opera di nessun medico. Allora egli domandò il permesso di recarsi a visitare la tomba del beato padre, con filiale fiducia che, per i meriti di lui, avrebbe ottenuto la guarigione. Ma il ministro provinciale non gli permise di partire, temendo che lo strapazzo del viaggio, a causa della neve e della pioggia caduta abbondantemente in quella regione, gli portasse maggior danno. L'infermo ne rimase angosciato. Ma ecco che una notte gli apparve lo stesso santo padre Francesco, che gli disse: " Figliuolo, non rattristarti; togliti la pelliccia che indossi, butta via l'impiastro e le fasciature, osserva la tua Regola e sarai sanato!". Il frate, appena si levò al mattino, eseguì tutto questo; e poté ringraziare Iddio per l'immediata guarigione ottenuta.


martedì 15 novembre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


I MIRACOLI DI SAN FRANCESCO


I CIECHI RICUPERANO LA VISTA

553 136. Una donna di nome Sibilla, da molti anni cieca, viene un giorno condotta, cieca e triste, sulla tomba del Santo. Ricupera istantaneamente la vista e se ne torna a casa lieta e giuliva. Così anche un uomo di Spello ricupera la vista, da tempo perduta, davanti al sepolcro del Santo. C'è a Camerino, una donna cieca all'occhio destro. I parenti le applicano sull'occhio leso un panno toccato dal beato Francesco, facendo un voto; subito esauditi, cantano a Dio e al Santo il loro gioioso ringraziamento.

Un caso analogo capita ad una donna di Gubbio, che non finisce di rallegrarsi per avere riavuta la vista in seguito a un voto fatto.

Un assisano cieco da cinque anni, che era stato amico di Francesco in vita, e continuava a pregarlo, ricordandogli la passata amicizia, si ritrovò guarito al solo contatto col sepolcro di lui. Un certo Albertino di Narni aveva perduto completamente la vista e le palpebre gli scendevano fino agli zigomi. Appena fece voto al beato Francesco, fu prontamente guarito; allora fece i suoi preparativi e venne a visitare il sepolcro di lui.


GLI INDEMONIATI LIBERATI

554 137. Viveva a Foligno un uomo di nome Pietro. Postosi in cammino per visitare il santuario di San Michele arcangelo, non si sa se per adempiere un voto o per soddisfare una penitenza impostagli,--arrivato ad una fonte, stanco e assetato, prese a bere dell'acqua; e gli sembrò d'avere ingoiato dei demoni. Ed effettivamente da quell'istante rimase ossesso per tre anni, dicendo e compiendo cose orrende. Si portò alla tomba del santissimo padre Francesco, e vi giunse ancora strapazzato dai demoni, più che mai furiosi contro di lui; appena toccò il sepolcro, fu, con evidente e chiaro miracolo, liberato del tutto e per sempre.

555 138. Una volta il Santo apparve a una donna di Narni che era furiosa e talmente fuori di sé che faceva e diceva cose spaventose e sconce, e le disse: "Fatti un segno di croce". Quella rispose di esserne impedita. Allora Francesco stesso glielo impresse sulla fronte, e all'istante fu liberata dalla pazzia e da ogni influsso demoniaco.

Innumerevoli sono stati gli infelici, uomini e donne che, tormentati in vari modi e con molteplici inganni dai demoni, furono liberati in virtù dei meriti del glorioso padre. Ma siccome tali persone possono essere sovente vittime piuttosto di illusioni, ne abbiano fatto soltanto un rapido accenno, per passare al racconto di fatti più importanti e mirabili.


giovedì 20 ottobre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


I MIRACOLI DI SAN FRANCESCO


PARALITICI GUARITI

544 Il giorno medesimo in cui il santo corpo di Francesco, come un preziosissimo tesoro, fu sepolto cosparso di aromi celesti più che terrestri, venne condotta sulla sua tomba una fanciulla, che già da un anno aveva il collo orribilmente piegato da una parte e il capo aderente alla spalla, così che non poteva guardare in alto se non di traverso e a gran fatica. Le misero per qualche istante il capo sotto l'urna in cui riposava il corpo del Santo, immediatamente, per i meriti di lui, la fanciulla eresse il collo e il capo riprese la sua posizione normale, tanto che essa, colta da spavento per l'improvvisa trasformazione, cominciò a fuggire e a piangere. Sulla spalla si vedeva come una fossa dovuta evidentemente alla posizione innaturale del capo durante la lunga infermità

545 128. Nel territorio di Narni viveva un fanciullo con una tibia talmente deformata che non poteva muoversi se non appoggiandosi su due stampelle. Era povero e viveva di elemosine, poiché era ammalato da molti anni e non conosceva neppure suo padre e sua madre. Per i meriti del beatissimo padre nostro Francesco riacquistò piena salute, e camminava liberamente, senza bastone, lodando e benedicendo Iddio e il suo servo fedele.

546 129. Un abitante di Foligno, di nome Nicolò, era paralizzato alla gamba sinistra. Straziato dal dolore, aveva speso più di quanto potesse in medici, fino a indebitarsi, nella speranza di ricuperare la salute. Vedendo che tutte le cure non approdavano a nulla e rincrudendosi il dolore al punto che con i suoi ripetuti urli nella notte impediva il sonno anche ai vicini, decise finalmente di votarsi a Dio e a san Francesco, e si fece condurre sul sepolcro di lui. Vi rimase una notte intera in preghiera. Ed ecco, poté tornare a casa con le proprie gambe, senza bastone, il cuore pieno di gioia.

547 130. Un altro fanciullo aveva una gamba contorta in maniera tale che il ginocchio aderiva al petto e il calcagno alla coscia. I genitori lo portarono al sepolcro del Santo, e intanto il padre si era rivestito di un aspro cilicio, mentre la madre si impegnava in una dolorosa penitenza per lui. Guarì così rapidamente e completamente, che poteva correre tutto sano e lieto per la piazza, rendendo grazie a Dio e al beato Francesco.

548 131. Nella città di Fano c'era un rattrappito, che aveva le tibie ulcerate, ripiegate all'indietro e appiccicate al corpo e talmente maleodoranti che nessuno si sentiva disposto ad accoglierlo in ospedale. Egli implorò la misericordia del beatissimo padre Francesco, e poco dopo ebbe la gioia di vedersi completamente ristabilito.

549 132. Una bambina di Gubbio dalle mani rattrappite, già da un anno aveva perduto l'uso di tutte le membra. La balia, fiduciosa di ottenerne la guarigione, la porta alla tomba di san Francesco, recando con sé anche una figura di cera della misura della bimba. Dopo otto giorni di attesa, ecco avverarsi il miracolo: la piccola inferma ricupera l'uso delle sue membra, così da essere ritenuta idonea alle faccende di prima.

550 133. Un ragazzo di Montenero, incapace di camminare e di star seduto perché paralizzato dalla cintola in giù, giaceva da più giorni privo di forze davanti alla chiesa che custodiva il corpo del Santo. Ma un giorno riuscì ad entrare in chiesa e si trascinò fino a toccare il sepolcro, e subito si sentì guarito e uscì fuori sano e salvo. Raccontava questo ragazzo che, mentre se ne stava presso la tomba del glorioso Santo, gli si parò innanzi, proprio sopra il sepolcro, un giovane vestito da frate, con delle pere in mano, il quale offrendogli una pera, lo incoraggiò ad alzarsi. Lui, prendendo la pera, aveva risposto: "Come vedi, sono rattrappito e non posso alzarmi ". Intanto mangiò la pera e stese la mano per prendere una seconda pera che il giovane gli offriva incoraggiandolo ancora una volta ad alzarsi. Ma l'infermo, ancora appesantito dal male non riusciva a mettersi in piedi. Mentre però stendeva la mano, il giovane frate gli lasciò prendere la pera, intanto gli prese la mano, lo condusse fuori e sparì. Ed egli, vedendosi sano e guarito aveva incominciato subito a gridare con tutta la voce, raccontando a tutti quello che gli era accaduto.

551 134. Una donna di Coccorano che era priva dell'uso di tutte le membra, ad eccezione della lingua, venne trasportata su barella di stuoie al sepolcro del Santo. Dopo una breve sosta, si rialzò completamente guarita. Anche un altro cittadino di Gubbio portò, dentro una cesta, un suo figlioletto davanti al sepolcro del Santo. Era talmente deformato, che aveva le tibie del tutto atrofizzate e ripiegate sui femori. Lo riebbe completamente guarito.

552 135. C'era a Narni un povero mendicante, di nome Bartolomeo. Una volta si era addormentato sotto un noce; al risveglio ebbe la dolorosa sorpresa di trovarsi paralizzato e di non poter più camminare. Crescendo il male di giorno in giorno, la gamba e il piede colpiti si assottigliarono, si piegarono e si inaridirono in modo tale, che il poveretto non avvertiva più né tagli né ustioni. Ma una notte gli appare in sogno il beato Francesco, vero amico dei poveri e padre dei miseri, invitandolo a recarsi a un bagno campestre, perché, commosso da tanta miseria, aveva deciso di guarirlo. L'infermo, destatosi, non sapendo cosa fare racconta per filo e per segno la visione al vescovo della città, il quale lo consiglia di fare come gli era stato detto in sogno e lo benedice. Così, aiutandosi col suo bastone, si avvia barcollante, come meglio può verso il luogo indicato dal Santo. Mentre se ne va, triste e stremato per lo sforzo, ode una voce: "La pace del Signore sia con te! Coraggio, io sono colui al quale ti sei votato!". Il bagno è ormai vicino, ma è notte ed egli sbaglia strada; e la solita voce lo avverte e gli indica la direzione giusta. Ed ecco appena arriva e si immerge nel bagno, una mano gli tocca il piede e un'altra mano la gamba riportandoli dolcemente alla posizione normale. Sentendosi guarito, balza fuori dall'acqua lodando e benedicendo l'onnipotenza del Creatore e il beatissimo suo servo Francesco, che gli aveva fatto una grazia così grande. Infatti erano sei anni che viveva in quello stato miserando, ed era molto anziano.


martedì 4 ottobre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


Tratta della canonizzazione del beato padre Francesco e dei suoi miracoli


527 119. Il gloriosissimo padre Francesco, dunque, nel ventesimo anno della sua conversione, concluse degnamente quella vita che aveva così felicemente cominciato, e rese beatamente la sua anima a Dio. Nel cielo, coronato di gloria e di onore e assiso tra i Cherubini, intercede con amorosa premura davanti al trono di Dio per coloro che ha lasciato quaggiù. E come potrebbe restare senza risposta la preghiera di questo eletto? Nelle sue stimmate è raffigurato Cristo che, uguale al Padre, siede alla destra della divina Maestà, ed è splendore della sua gloria e figura della sostanza di Dio, dopo aver espiati i nostri peccati(Eb 1,3). Non sarà esaudito colui che, reso simile a Cristo Gesù nella condivisione della sua passione e morte, porta nelle mani, nei piedi e nel costato le stesse ferite di Lui?

E veramente egli già allieta di nuovo gaudio il mondo e offre a tutti i mezzi della vera salvezza. Irradia la terra con la luce fulgidissima dei miracoli, la illumina come astro fulgente. Il mondo compiangeva se stesso quando fu privato della sua presenza e per la sua morte gli pareva d'essere precipitato in un abisso di tenebre. Ma ora, al sorgere di questa luce nuova, investito da raggi più fulgenti, come nel meriggio, il mondo sente che tutta la tenebra si è dileguata. Il pianto è cessato, rinasce la gioia, e le virtù tornano a fiorire per suo merito. Sia ringraziato Iddio! Dai quattro punti cardinali stanno arrivando coloro che, beneficati dal suo patrocinio, testimonieranno la verità di questa affermazione.

Proprio per questo, Francesco, singolare amatore delle realtà celesti, finché visse quaggiù non volle mai possedere nulla di proprio, per poter possedere totalmente e più gioiosamente il sommo Bene; ed ora è divenuto partecipe del tutto, lui che non volle attaccarsi ad alcuna parte, ed ha scambiato il tempo con l'eternità. Ovunque e a tutti viene in aiuto, e a tutti è presente e, da vero amante dell'unità, ignora i danni della parzialità.

528 120. Quando viveva ancora tra i peccatori, percorreva predicando il mondo intero; ora che regna tra gli angeli in cielo, vola più rapidamente del pensiero, come araldo dell'Altissimo, a portare benefici salutari ai popoli. Perciò l'umanità intera lo onora, lo venera, lo glorifica e lo loda, perché davvero tutti hanno parte a questo bene che è per tutti.

529 Chi potrebbe narrare quanti e quali miracoli il Signore si è degnato operare per mezzo suo in ogni parte del mondo? Innumerevoli, per esempio, sono quelli compiuti nella sola Francia, dove il sovrano, la regina e tutti gli altri magnati accorrono a baciare con riverenza il guanciale usato da Francesco nella sua infermità. Là, anche i sapienti e i maggiori letterati del mondo, più numerosi in Parigi che altrove, venerano, ammirano e onorano con umiltà e devozione Francesco, l'illetterato, l'amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di "Francesco", a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro!

E che dire delle altre parti del mondo, dove, in virtù dei suoi poveri indumenti, guariscono malattie e infermità, e moltitudini di uomini e di donne sono liberati dai loro malanni alla sola invocazione del suo nome ?

530 121. Anche alla sua tomba è un continuo fiorire di nuovi miracoli e con la preghiera insistente si ottengono meravigliosi benefici spirituali e corporali: i ciechi ricuperano la vista, i sordi l'udito, i muti la favella, gli storpi riprendono a camminare speditamente, il gottoso ritorna agile, il lebbroso è mondato, l'idropico torna normale e altri sofferenti di vari acciacchi riacquistano la salute desiderata Così quel corpo che è morto risana i corpi vivi, come da vivo risuscitava le anime morte!

531 Queste meraviglie giungono all'orecchio del romano Pontefice, primo di tutti i vescovi, guida dei cristiani capo del mondo, pastore della Chiesa, Unto del Signore e Vicario di Cristo. Se ne rallegra sommamente, tripudia ed esulta perché vede la Chiesa di Dio rinnovarsi nel suo tempo mediante gli antichi miracoli in modi nuovi e proprio per opera del figlio suo, che si era portato nel seno, riscaldato nel grembo, allattato con la sua parola, educato con il cibo della salvezza. Le odono anche gli altri prelati e pastori del gregge cristiano, difensori della fede, amici dello Sposo, suoi collaboratori, sostegni del mondo i venerandi cardinali, e ne godono con la Chiesa e con il sommo Pontefice e ne lodano il Signore, che nella sua ineffabile provvidenza e divina grazia e bontà infinita, ha scelto proprio le cose stolte e vili secondo il mondo (1Cor 1,26) per attirare i grandi. Ascolta e applaude tutta la terra e l'intera cristianità sovrabbonda di esultanza ed è pervasa di santa consolazione.

532 122. Ma all'improvviso l'orizzonte si oscura, esplodono nuove perturbazioni sociali e religiose. Violente discordie e gelosie lacerano la serenità e la pace e riaccendono la lotta all'interno della Chiesa. Il popolo romano, solitamente sedizioso e altero, infuria contro la gente confinante e osa pure profanare le cose sacre. Il magnanimo papa Gregorio si adopera con tutte le forze per arginare il male, frenare l'odio e la violenza e difendere la Chiesa, come una torre ben salda. Ma i pericoli aumentano, le stragi si fanno più frequenti; anche nel resto del mondo i perversi insorgono superbamente contro Dio. Che fare? Il Pontefice, ponderate saggiamente le circostanze presenti e le possibilità future, decide di abbandonare Roma ai rivoltosi, per liberare e difendere almeno le altre regioni.

533 Si reca, dunque, a Rieti, dove è accolto con grande onore, quindi a Spoleto, sempre riverito e onorato da tutti. Qui si trattiene alcuni giorni, e pur vigilando sempre su gli interessi della Chiesa, si reca, in compagnia dei venerandi cardinali, a far visita amichevole a certe ancelle di Cristo, sepolte per il mondo. La santa vita, l'altissima povertà e la gloriosa istituzione di quelle sante vergini suscitano in lui e nei suoi accompagnatori profonda commozione, li provocano al disprezzo del mondo e li stimolano ad una vita più coerente con le esigenze del loro stato.

O umiltà, amabile nutrice di ogni virtù! Il principe del mondo cattolico, successore di san Pietro apostolo, si degna far visita alle Donne Povere, si reca da quelle umili e nascoste prigioniere! Un gesto di degnazione papale indubbiamente conforme al carattere cristiano, ma senza precedenti nella storia.

534 123. Poi papa Gregorio si affretta a raggiungere Assisi, dove è custodito per lui l'inclito tesoro che spazzerà via la dolorosa tribolazione. Al suo arrivo tutta la regione è in giubilo, la città è pervasa di gioia, una grande folla accorre festante, e quel giorno luminoso si riempie di letizia sincera. Tutti vengono ad incontrare il Pastore supremo con solenne corteo. Anche il pio gruppo dei poveri frati gli si fa incontro, e ciascuno canta inni all'Unto del Signore.

Appena arrivato al convento, il Vicario di Cristo subito si porta a salutare e a rendere omaggio riverente al sepolcro di san Francesco. Sospira, si batte il petto, piange e, in atto di grande devozione, piega il venerando capo su quella tomba.

535 Quindi dà apertura al solenne processo per la canonizzazione, convocando a tale scopo spesse volte i venerandi cardinali. Or ecco, da ogni parte accorrono molti che erano stati liberati dai loro mali per intercessione di Francesco. Si testimoniano i suoi miracoli, si discutono si verificano e si approvano! Per un breve intervallo il Papa deve correre a Perugia per impegni d'ufficio improrogabili; poi con maggiore e speciale benevolenza torna ad Assisi per continuare l'importantissima causa. Di nuovo a Perugia, finalmente, il Papa convoca il sacro collegio dei cardinali nelle sue camere e celebra il sacro concistoro. Sono tutti d'accordo e unanimi; leggono i miracoli con venerazione e lodano con grandissimi elogi la vita e la santità del beato padre.

536 124. "La santità di questo uomo -- essi affermano -- non ha bisogno della verifica dei miracoli, noi stessi l'abbiamo vista con i nostri occhi (Cfr 1Gv 1,1) e toccata con le nostre mani e vagliata alla luce della verità". Tutti tripudiano, gioiscono e piangono insieme, e quelle lacrime sono per loro pienezza di benedizione. E senza più indugio si fissa il giorno di grazia che riempirà il mondo di gaudio salutare.

537 È già spuntato quel giorno solenne che rimarrà venerando in ogni tempo, e avvolse di allegrezza la terra e il cielo. Vescovi, abati, prelati accorrono e si riuniscono giungendo dalle regioni più lontane della terra; è presente anche un re e grande moltitudine di conti e magnati. Si forma allora un pomposo corteo, e tutti, al seguito del Signore del mondo, entrano solennemente nella città di Assisi.

Arrivati nel luogo preparato per quella solenne celebrazione, i cardinali, i vescovi e gli abati si dispongono accanto al Papa, e dietro a loro un folto stuolo di sacerdoti e di chierici, la sacra e gioiosa assemblea dei religiosi e la schiera delle religiose avvolte di umiltà, e poi la folla immensa dei fedeli. Accorrono da ogni parte persone di tutte le età, felici di essere presenti a così grande raduno: il bimbo vicino all'uomo fatto, il servo vicino al padrone (Gb 3,19).

538 125. Domina al centro il sommo Pontefice, lo sposo della Chiesa di Cristo, attorniato da tanta varietà di figli, con la corona sul capo in segno di gloria e di santità. Adorno delle infule papali e dei paramenti sacri allacciati con fibbie d'oro scintillanti di pietre preziose, l'Unto del Signore appare nello splendore della sua gloria, rilucente di oro e di gemme istoriate, e attira gli sguardi di tutti. Lo circondano cardinali e vescovi, similmente ornati di splendidi monili sulle vesti candide, tanto da presentare quasi lo spettacolo celestiale e gioioso degli eletti.

539 Tutto il popolo attende una parola di gioia e di letizia nuova (Ger 25,10), dolce e inneggiante, di perenne conforto e benedizione. Parla per primo papa Gregorio, rivolto a tutta l'assemblea e annuncia con voce vibrante e affettuosa commozione le meraviglie di Dio. Poi tesse un nobilissimo elogio del padre Francesco, commovendosi fino alle lacrime mentre rievoca la purità della sua vita. Tema del suo discorso è il passo del Siracide: Come la stella del mattino tra le nubi e come splende la luna nel plenilunio, e come sole raggiante, così egli rifulse nel tempio di Dio(Sir 50,6-7).

Terminato quell'elogio, fedele e degno di fede, uno dei suddiaconi del Pontefice, di nome Ottaviano, dà lettura davanti a tutti i fedeli dei miracoli del Santo, e il cardinale diacono Ranieri, noto per ingegno e virtù, ne fa il commento con eloquenza e viva emozione. Il Papa esulta e traendo dal petto profondi sospiri e singhiozzi, lascia libero corso alle lacrime; e così tutti i prelati presenti, tanto da bagnare di lacrime i sacri paramenti. E tutto il popolo piange, in amorosa e impaziente attesa del grande annuncio.

540 126. Ed ecco: le mani levate verso il cielo, il beato Pontefice con voce tonante grida e dice: "A lode e gloria dell'onnipotente Iddio, Padre e Figlio e Spirito Santo, e ad onore della Chiesa romana, mentre veneriamo sulla terra il beatissimo padre Francesco che il Signore ha glorificato nei cieli, dopo aver raccolto il parere dei nostri fratelli (i cardinali) e degli altri prelati, decretiamo che il suo nome sia iscritto nel Catalogo dei Santi e se ne celebri la festa il giorno della sua morte ".

541 Appena terminato il solenne annuncio, i cardinali insieme col papa intonano ad alta voce il "Te Deum ". La folla risponde cantando in coro le lodi del Signore. La terra echeggia di voci immense, l'aria si riempie di inni di gioia, il suolo si bagna di lacrime. Si elevano cantici nuovi, e nella melodia dello spirito esultano tutti i servi di Dio. Si cantano con voci modulate inni spirituali, sostenuti dal dolce suono degli strumenti. L'atmosfera è pregna di soavi profumi e la melodia rimbalza più festosa, penetrando i cuori col suo incanto. Il giorno è radioso, illuminato da più splendidi colori. Ondeggiano verdeggianti rami d'ulivo misti a fresche chiome d'altri alberi; l'apparato di festa riverbera luminosità su tutti, e la benedizione di pace inonda di gioia tutti i cuori.

542 Finalmente il beato papa Gregorio lascia il trono e attraverso gradini più umili discende nel santuario per offrire doni e sacrifici, e bacia con gioioso trasporto la tomba del Santo e consacrato a Dio; innalza molteplici preghiere e celebra i sacri misteri. Lo circondano i frati, lodando, adorando e benedicendo Iddio che ha fatto cose grandi sulla terra. Alle divine lodi si unisce il popolo che, in onore della altissima Trinità, canta il suo ringraziamento a san Francesco. Amen.

Queste cose avvennero in Assisi, nel secondo anno del pontificato di Gregorio IX, il 16 luglio (1228).


lunedì 19 settembre 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


IL PIANTO DELLE POVERE DAME Dl SAN DAMIANO

E LA GLORIOSA SEPOLTURA Dl FRANCESCO


523 116. I suoi frati e figli insieme alle folle accorse dai paesi vicini per avere la gioia di partecipare ai solenni funerali, passarono l'intera notte in cui Francesco morì, pregando e salmodiando; ed era tale la dolcezza dei canti e lo splendore delle luci da far pensare ad una veglia di angeli. All'indomani all'alba arrivarono i cittadini di Assisi con tutto il clero e, prelevando il sacro corpo, lo trasportarono onorevolmente in città tra inni e canti e squilli di trombe. Celebrando insieme la solennità di quelle esequie, tutti si erano muniti di rami d'ulivo e di altri alberi e procedevano cantando a piena voce preghiere e lodi al Signore nello splendore di innumerevoli ceri. I figli portavano il loro Padre, il gregge seguiva il suo pastore, che li aveva preceduti incontro al Pastore universale.

524 Quando giunsero al luogo dove egli aveva fondato l'Ordine religioso delle sacre vergini e Donne Povere, deposero il sacro corpo nella chiesa di San Damiano, dove dimoravano quelle sue figlie dilette ch'egli aveva conquistate al Signore e fu aperta la piccola grata attraverso la quale le ancelle di Cristo sogliono ricevere nei tempi stabiliti l'Eucarestia. Fu aperto anche il feretro, che conteneva quel tesoro di celesti virtù, portato ora da pochi, lui che era solito portare molti durante la sua vita . Ed ecco, donna Chiara, che era veramente chiara per ricchezza di meriti, prima madre di tutte le altre, perché era stata la prima pianticella di quella religiosa famiglia, viene con le figlie a vedere il Padre che più non parla con loro e non ritornerà più tra loro, perché se ne va altrove.

117. E guardandolo, piangendo e gemendo, con voce accorata, espressero così il loro cordoglio trepidante e devoto: "O Padre, che cosa faremo ora noi, misere? Perché ci abbandoni desolate? A chi ci affidi, così desolate? Perché non ci hai dato la gioia di precederti nel Regno dei beati e invece ci lasci qui nel dolore? Come potremo vivere nel nostro monastero, ora che più non verrai, come un tempo a visitarci? Con te se ne va per noi, sepolte al mondo, ogni nostro conforto! Chi ci soccorrerà in questa povertà di beni spirituali e materiali? O padre dei poveri, amante della povertà, chi ci aiuterà nelle tentazioni? Tu lo potevi, perché ne avevi provate e superate tante! Chi ci sosterrà nel momento delle tribolazioni, o tu che sei stato il nostro aiuto nelle molte tribolazioni che già sperimentammo? O amarissimo distacco, tremenda partenza; o morte inesorabile che uccidi migliaia di figli e di figlie, privandoli del loro santissimo padre, mentre ti affretti a strapparci per sempre colui per merito del quale il nostro buon volere, se pure ne abbiamo, raggiunse la sua migliore fioritura! ".

Ma il verginale pudore poneva un freno al pianto, né sembrava conveniente piangere a dirotto su colui, il cui transito aveva richiamato schiere di angeli e allietava tutti gli eletti del cielo! Così, sospese tra l'afflizione e la gioia insieme, baciavano quelle splendide mani, ornate dalle stimmate raggianti come gemme preziose. E dopo che ebbero rimosso il sacro corpo, fu richiusa quella porta che non s'aprirà mai più a sì grande ferita. O quanto più grande il dolore di tutti alla vista dell'accorato e filiale lamento di quelle vergini! Quanti, soprattutto, i gemiti dei figli in pianto! Tutti partecipavano al dolore di ognuno di loro, così che non c'era nessuno che riuscisse a trattenere le lacrime, al vedere quegli angeli di pace piangere così desolatamente (Cfr Is 33,7).

525 118. Giunti finalmente in città, con gioiosa esultanza tumularono il venerabile corpo in un luogo già sacro, ma ora più sacro, perché santificato dalla presenza delle spoglie di Francesco. Qui egli, a gloria dell'onnipotente e sommo Iddio, continua a illuminare il mondo con i miracoli, come prima l'aveva illuminato con la sua santa predicazione. Siano rese grazie a Dio. Amen.

526 Ecco, o padre santissimo e benedetto: ho cercato di accompagnarti, come era doveroso, con lodi che fossero degne di te, benché in una maniera veramente insufficiente, ed ho scritto narrando qualcosa della tua vita.

Ricordati, o pietoso, dei tuoi poveri figli, ai quali non resta quasi più alcun conforto ora che sei scomparso tu, che eri l'unico loro sostegno. Poiché sebbene tu, che di loro sei la parte più nobile e principale, sei ammesso tra i cori angelici e collocato sul trono glorioso degli apostoli, essi invece giacciono ancora nel fango, come chiusi in un carcere oscuro; essi ti supplicano gementi: "Mostra, o padre, al divin Figlio del sommo Padre le venerande stimmate di lui che tu hai sul costato; mostra i segni della croce nelle tue mani e nei tuoi piedi, perché egli stesso, a sua volta, si degni misericordiosamente di mostrare le sue ferite al Padre, il quale certamente a quella vista sarà sempre benigno con noi miseri! Amen. Fiat! Fiat! ".


lunedì 29 agosto 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


PIANTO E GAUDIO DEI FRATI, CHE AMMIRANO IN LUI,

I SEGNI DELLA CROCIFISSIONE.

LE ALI DEL SERAFINO


112. Ed ecco, la gente accorre in massa, e glorifica Dio, dicendo: "Lodato e benedetto sii tu, Signore, nostro Dio, che a noi indegni hai affidato questo prezioso deposito. Lode e gloria a Te, Trinità ineffabile!". A frotte accorre tutto il popolo d'Assisi e dei dintorni, per vedere i prodigi divini, che il Signore di maestà aveva manifestato nel santo suo servo. Ciascuno innalzava un inno di giubilo, come il cuore gli dettava, tutti poi benedicevano l'onnipotenza del Salvatore, che aveva esaudito il loro desiderio. Ma i figli si dolevano d'essere stati privati di un tale padre e sfogavano il loro dolore con lacrime e sospiri .

516 Pure, una gioia misteriosa temperava la loro mestizia e la novità del miracolo riempiva le loro menti di straordinario stupore. Così il lutto si cambiò in cantico e il pianto in giubilo. Infatti mai avevano udito né letto quello che ora vedevano con i loro occhi, e a stento ci avrebbero creduto se non ne avessero avuto davanti una prova così evidente. Veramente in Francesco appariva l'immagine della croce e della Passione dell'Agnello immacolato (1Pt 1,19) che lavò i peccati del mondo: sembrava appena deposto dal patibolo, con le mani e i piedi trafitti dai chiodi e il lato destro ferito dalla lancia (Gv 19,34). Vedevano ancora la sua carne, che prima era bruna, risplendere ora di un bel candore, una bellezza sovrumana, che comprovava in lui il premio della beata resurrezione. Ammiravano infine il suo volto simile a quello di un angelo (At 6,15), quasi fosse vivo e non morto, e le altre sue membra divenute morbide e flessibili come quelle di un bimbo. Niente contrazione dei nervi, indurimento della pelle, irrigidimento del corpo, come suole accadere per chi è morto, ma la stessa mobilità di movimenti degli esseri viventi!

517 113. Mentre risplendeva davanti a tutti per sì meravigliosa bellezza e la sua carne si faceva sempre più diafana, era meraviglioso scorgere al centro delle mani e dei piedi, non i fori dei chiodi, ma i chiodi medesimi formati di carne dal color del ferro e il costato imporporato dal sangue. E quelle stimmate di martirio non incutevano timore a nessuno, bensì conferivano decoro e ornamento, come pietruzze nere in un pavimento candido.

518 I suoi frati e figli accorrevano solleciti e piangendo baciavano le mani e i piedi del padre amoroso che li aveva lasciati, ed anche quel lato destro sanguinante, ricordo di Colui che versando sangue e acqua dal suo petto aveva riconciliato il mondo (Gv 19,34; Rm 5,10) con il Padre. Ognuno dei fedeli stimava grandissimo privilegio se riusciva, non dico a baciare ma anche solo a vedere le sacre stimmate di Cristo che Francesco portava impresse nel suo corpo (Cfr Gal 6,17). Chi a tal vista non avrebbe gioito più che pianto, versato lacrime di gaudio piuttosto che di tristezza? Qual cuore di ferro o di pietra avrebbe resistito all'emozione, non si sarebbe aperto all'amore di Dio, non si sarebbe munito di buona volontà? Chi poteva essere così insensibile o cieco da non comprendere in maniera lampante che quel Santo, che era insignito sulla terra di così eccezionale grazia divina, doveva essere pure in cielo contrassegnato da indicibile gloria?

519 114. O dono davvero speciale e testimonianza di predilezione, che il soldato sia onorato con quelle stesse armi gloriose che si addicono al solo re! O prodigio degno di memoria eterna, o sacramento meraviglioso, degno di perenne e devoto rispetto, poiché esso rappresenta in maniera visibile alla nostra fede l'ineffabile mistero per il quale il sangue dell'Agnello immacolato, sgorgando a fiotti da cinque ferite, lavò i peccati del mondo! O eccelso splendore di quella croce che è fonte di vita e dà la vita ai morti e il suo peso preme così soavemente e punge con tale dolcezza che in essa la carne morta rivive e lo spirito infermo si ristora! Quanto ti ha amato Francesco, se tu l'hai così mirabilmente decorato! Sia benedetto e glorificato Dio, unico e sapiente, che rinnova i suoi miracoli per confortare i deboli e mediante le meraviglie visibili conquistarne gli animi all'amore di quelle invisibili! O meravigliosa e amorosa disposizione divina, che per fugare ogni dubbio sulla novità del prodigio, ha compiuto prima con infinita misericordia in Colui che venne dal cielo quello che poi avrebbe realizzato nell'uomo della terra! E veramente il padre della misericordia (2Cor 1,3) ha voluto mostrare di qual premio sia degno colui che si sarà impegnato ad amarlo con tutto il cuore: essere cioè accolto tra le schiere più elette e vicine a Dio, quelle degli angeli.

520 Quel premio anche noi, senza alcun dubbio, potremo raggiungerlo se, come il Serafino, terremo due ali diritte sopra il capo (Ez 1,23), se cioè, sull'esempio del beato Francesco, conserveremo in ogni opera buona purezza d'intenzione e rettitudine d'azione, così da rivolgerle a Dio, impegnandoci senza stanchezza a seguire in tutto il suo volere. É necessario che queste ali siano congiunte, coprendo il capo(Ez 1,23), poiché il Padre dei lumi non gradirebbe l'opera buona, se non fosse unita alla purità d'intenzione. Ha detto infatti il Signore: Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se il tuo occhio è torbido, il tuo corpo sarà nelle tenebre(Mt 6,23). Occhio semplice poi non è quello che non vede ciò che va visto, per mancanza di conoscenza della virtù, e neppure quello che vede ciò che non va veduto, perché non ha intenzione pura. É chiaro infatti che nel primo caso non sarebbe semplice, ma cieco, e nel secondo è malvagio. E le penne di queste ali indicano l'amore di Dio Padre misericordioso che salva e il timore di Cristo, giusto giudice; due disposizioni queste che devono staccare le anime degli eletti dalle cose terrene, reprimendo le cattive tendenze e suscitando casti sentimenti. Il secondo paio di ali simboleggia il duplice precetto della carità verso il prossimo: confortare l'anima con la parola di Dio e aiutare il corpo con i mezzi materiali. Difficilmente esse si congiungono, perché assai di rado un'unica persona può attendere ai due compiti; le loro penne rappresentano le diverse opere per svolgere la funzione di consiglio e soccorso al prossimo. Le ultime due ali devono coprire il corpo ogni volta che questo, denudato a causa del peccato, viene di nuovo rivestito dell'innocenza mediante il pentimento e la confessione. Le loro penne raffigurano tutti i buoni affetti e desideri suscitati nell'anima dalla detestazione delle colpe e dal desiderio di giustizia.

521 115. Tutto questo realizzò a perfezione il beato padre Francesco, che ebbe figura e forma di Serafino e, perseverando a vivere crocifisso, meritò di volare all'altezza degli spiriti celesti. E veramente non si staccò mai dalla croce, perché non si sottrasse mai a nessuna fatica e sofferenza, pur di realizzare in sé e di sé la volontà del Signore.

522 I frati che vissero con lui, inoltre sanno molto bene come ogni giorno, anzi ogni momento affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Cristo; con quanta soavità e dolcezza gli parlava, con quale tenero amore discorreva con Lui. La bocca parlava per l'abbondanza dei santi affetti del cuore, e quella sorgente di illuminato amore che lo riempiva dentro, traboccava anche di fuori. Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra. Quante volte, mentre sedeva a pranzo, sentendo o pronunciando lui il nome di Gesù, dimenticava il cibo temporale e, come si legge di un santo, "guardando, non vedeva e ascoltando non udiva". C'è di più, molte volte, trovandosi in viaggio e meditando o cantando Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava a invitare tutte le creature alla lode di Gesù. Proprio perché portava e conservava sempre nel cuore con mirabile amore Gesù Cristo, e questo crocifisso, perciò fu insignito gloriosamente più di ogni altro della immagine di Lui, che egli aveva la grazia di contemplare, durante l'estasi, nella gloria indicibile e incomprensibile seduto alla "destra del Padre", con il quale l'egualmente altissimo Figlio dell'Altissimo, assieme con lo Spirito Santo vive e regna, vince e impera, Dio eternamente glorioso, per tutti i secoli. Amen!


lunedì 15 agosto 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


ULTIME PAROLE E ATTI PRIMA DELLA MORTE

508 109. Erano ormai trascorsi vent'anni dalla sua conversione e, come gli era stato comunicato per divina rivelazione, la sua ultima ora stava per scadere. Era avvenuto così. Mentre il beato Francesco e frate Elia dimoravano insieme a Foligno, una notte apparve in sogno a frate Elia un sacerdote biancovestito, di aspetto grave e venerando, che gli disse: "Va, fratello, e avverti Francesco che, essendosi compiuti diciott'anni da quando rinunciò al mondo per seguire Cristo, gli rimangono solo due anni e poi il Signore lo chiamerà a sé nell'altra vita ".

509 Così dunque stava per compiersi esattamente quanto la parola di Dio aveva annunciato due anni prima. Da pochi giorni riposava in quel luogo tanto bramato, e sentendo che l'ora della morte era ormai imminente, chiamò a sé due suoi frati e figli prediletti, perché a piena voce cantassero le Lodi al Signore con animo gioioso per l'approssimarsi della morte, anzi della vera vita. Egli poi, come poté intonò il salmo di David: Con la mia voce al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore(Sal 141,1).

510 Uno dei frati che lo assistevano, molto caro al Santo e molto sollecito di tutti i frati, vedendo questo e conoscendo che la fine era vicina, gli disse: "Padre amato, già i tuoi figli stanno per rimanere orfani e privi della luce dei loro occhi! Ricordati dei figli che lasci orfani, perdona tutte le loro colpe e dona ai presenti e agli assenti il conforto della tua benedizione". E Francesco: " Ecco, Dio mi chiama, figlio. Ai miei frati presenti e assenti, perdono tutte le offese e i peccati e tutti li assolvo, per quanto posso, e tu, annunciando questo, benedicili da parte mia ".

511 110. Poi si fece portare il libro dei Vangeli, pregando che gli fosse letto il brano del Vangelo secondo Giovanni, che inizia con le parole: Sei giorni prima della Pasqua, sapendo Gesù ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre(Gv 12,1; 13,1). Questo stesso passo si era proposto di leggergli il ministro, ancora prima di averne l'ordine, e lo stesso si presentò alla prima apertura del libro, sebbene quel volume contenesse tutta intera la Bibbia.

512 E dato che presto sarebbe diventato terra e cenere, volle che gli si mettesse indosso il cilicio e venisse cosparso di cenere. E mentre molti frati, di cui era padre e guida, stavano ivi raccolti con riverenza e attendevano il beato "transito" e la benedetta fine, quell'anima santissima si sciolse dalla carne, per salire nell'eterna luce, e il corpo s'addormentò nel Signore.

513 Uno dei suoi frati e discepoli, molto celebre, del quale non dico il nome, perché essendo tuttora vivente non vuole trarre gloria da un sì grande privilegio, vide l'anima del santissimo padre salire dritta al cielo al di sopra di molte acque; ed era come una stella, grande come la luna, splendente come il sole e trasportata da una candida nuvoletta.

514 111. Mi si lasci, dunque, esclamare così: "Quanto glorioso è questo Santo, di cui un discepolo contemplò l'anima ascendere in cielo. Bella come la luna, splendente come il sole (Ct 6,9), mentre ascendeva raggiava di gloria in mezzo ad una nube candida. O vera luce del mondo, che rifulgi più del sole nella Chiesa di Cristo, già ci hai nascosto i tuoi raggi e, ritirandoti nella splendida patria celeste, hai scambiato la nostra compagnia di miseri mortali con quella degli angeli e dei beati! O insigne specchio della nostra religione, non deporre con la tua carne mortale la cura dei tuoi figli. Tu sai bene in quali pericoli li hai lasciati, ora che nelle innumerevoli fatiche e nelle frequenti prove non ci sei più tu che con la tua benevola presenza in ogni momento li confortavi e li rianimavi. O padre santissimo, veramente misericordioso, sempre pronto alla compassione e al perdono per i tuoi figli erranti! Ti benediciamo, dunque, padre amoroso, unendo la nostra alla benedizione dell'Altissimo, il quale è sempre Dio benedetto su tutte le cose. Amen.


mercoledì 3 agosto 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


RITORNO Dl FRANCESCO DA SIENA AD ASSISI.
LA CHIESA Dl SANTA MARIA DELLA PORZIUNCOLA
E LA BENEDIZIONE AI FRATI


502 105. Sei mesi prima della sua morte, dimorando a Siena per la cura degli occhi, cominciò ad ammalarsi gravemente per tutto il corpo. A seguito di una rottura dei vasi sanguigni dello stomaco, a causa della disfunzione del fegato, ebbe abbondanti sbocchi di sangue, tanto da far temere imminente la fine. Frate Elia, a quella notizia, accorse in fretta da lontano e, al suo arrivo, Francesco migliorò al punto che poté lasciare Siena e recarsi con lui alle Celle presso Cortona. Ma dopo pochi giorni dall'arrivo, il male riprese il sopravvento: gli si gonfiò il ventre, si inturgidirono gambe e piedi, e lo stomaco peggiorò talmente che gli riusciva quasi impossibile ritenere qualsiasi cibo. Chiese allora a frate Elia il favore di farlo riportare ad Assisi. Da buon figliuolo questi eseguì la richiesta del caro padre prendendo tutte le precauzioni necessarie, anzi ve lo accompagnò personalmente. L'intera città esultò alla venuta del Santo e tutti ne lodavano Iddio, poiché tutto il popolo sperava che il Santo finisse i suoi giorni tra le mura della sua città, e questo era il motivo di tale esultanza.

503 106. E, certamente per divino volere, avvenne che quell'anima santa, liberata dall'involucro corporale, volasse al cielo proprio nel luogo in cui, mentre era nel corpo, aveva ricevuto la prima rivelazione delle verità soprannaturali ed aveva capito la divina chiamata. Sapeva certamente che il Regno di Dio è in ogni parte della terra e credeva veramente che ovunque i fedeli possono ricevere i suoi doni; ma l'esperienza gli aveva insegnato che quel luogo che conteneva la chiesetta di Santa Maria della Porziuncola era favorito e onorato da grazie celesti più abbondanti e da frequenti visite di spiriti angelici. Pertanto diceva spesso ai frati: "Guardatevi, figli miei, dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne foste scacciati da una parte, rientratevi dall'altra, perché questo luogo è veramente santo e abitazione di Dio. Qui, quando eravamo pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicati qui ha illuminato con la sua sapienza i cuori dei suoi poverelli; qui ha acceso il fuoco del suo amore nelle nostre volontà. Qui, chi pregherà con devozione, otterrà ciò che avrà chiesto, e chi lo profanerà sarà maggiormente punito. Perciò, figli, stimate degno di ogni onore questo luogo, dimora di Dio, e con tutto il vostro cuore, con voce esultante qui inneggiate al Signore".

504 107. Intanto le sue condizioni si aggravavano sempre i più, tutte le forze lo abbandonavano, e Francesco fu costretto all'immobilità. Eppure, quando un frate gli domandò un giorno se preferisse sopportare quella sofferenza grave e incessante o il martirio del carnefice, rispose: "O figlio, e sempre stato ed è per me più caro e dolce e gradito ciò che al Signore mio Dio più piace avvenga in me, e alla sua volontà soltanto voglio costantemente e in tutto trovarmi concorde, obbediente e docile. Ma se dovessi fare un paragone, dovrei dire che sopportare anche solo per tre giorni questa malattia mi sarebbe più doloroso di qualsiasi martirio; non parlo, evidentemente, in riferimento al premio ma solo alla molestia che questa forma di passione arreca ". O uomo due volte martire, che amorosamente e sorridendo di gioia sopportava quello che per gli altri tutti era troppo spaventoso e doloroso a vedersi! Non c'era in lui ormai membro alcuno che non fosse straziato da un solo dolore, e il calore vitale l'abbandonava sempre più, preludio della fine imminente. Medici e frati non riuscivano a capacitarsi come potesse il suo spirito continuare a vivere in una carne ormai morta e tanto consunta che non possedeva più se non la pelle aderente alle ossa.

505 108. Quando sentì che stava per giungere il momento della sua partenza da questa terra,--come gli era stato anche indicato da una rivelazione divina due anni prima,-- convocati attorno a sé i suoi frati che desiderava rivedere, impartì a ciascuno la benedizione, conforme a quanto gli veniva indicato dal cielo, come un tempo il patriarca Giacobbe benedisse i suoi figli, o meglio ancora come un altro Mosé, che accingendosi a salire sul Sinai mostratogli da Dio, elargì copiose benedizioni al popolo d'Israele.

506 Alla sua sinistra stava frate Elia e tutti attorno gli altri suoi figli. Egli allora incrociò le braccia per porre la destre sul capo di frate Elia ed, essendo cieco, domandò: " Su chi tengo la mia mano? ". "Su frate Elia ", gli risposero. "Così voglio anch'io", disse, e aggiunse: "Ti benedico, o figlio, in tutto e per tutto; e come l'Altissimo, sotto la tua direzione, rese numerosi i miei fratelli e figlioli, così su te e in te li benedico tutti. In cielo e in terra ti benedica Iddio, Re di tutte le cose. Ti benedico come posso e più di quanto è in mio potere, e quello che non posso fare io, lo faccia in te Colui che tutto può. Si ricordi Dio del tuo lavoro e della tua opera e ti riservi la tua mercede nel giorno della retribuzione dei giusti. Che tu possa trovare qualunque benedizione desideri e sia esaudita qualsiasi tua giusta domanda". "Addio figli miei tutti, vivete nel timore di Dio e rimanete in Lui sempre, perché sta per sopraggiungere su di voi una prova e tribolazione assai grande e paurosa. Beati quelli che persevereranno nelle sante opere intraprese; non pochi purtroppo si separeranno da loro a causa degli scandali. Quanto a me mi affretto verso il Signore; ho fiducia di giungere al mio Dio cui ho servito devotamente nel mio spirito ".

507 Dimorava allora il Santo nel palazzo del vescovo di Assisi, e pregò i frati di trasportarlo in fretta a Santa Maria della Porziuncola, volendo rendere l'anima a Dio là dove, come abbiamo detto, per la prima volta aveva conosciuto chiaramente la via della verità.


lunedì 18 luglio 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


VIRTÙ DEI FRATI

CHE SERVIVANO SAN FRANCESCO.

QUAL ERA IL SUO PROGETTO Dl VITA


498 102. Il Santo sopportò tutte queste infermità per quasi due anni, con ogni pazienza e umiltà, in tutto rendendo grazie a Dio. Ma per poter attendere con maggior libertà e devozione a Dio, e percorrere le celesti dimore nelle frequenti estasi e potersi finalmente collocare in cielo davanti al dolcissimo e serenissimo Signore dell'universo, ben provvisto di meriti, affidò la cura della sua persona ad alcuni frati, veramente degni della sua predilezione

499 Erano uomini assai virtuosi, devoti a Dio, cari ai santi del cielo e amati dagli uomini sulla terra, e su di essi il beato Francesco si appoggiava come casa su quattro colonne. Ne ometto i nomi per riguardo alla loro modestia, virtù che, da veri religiosi, amano molto cordialmente. La modestia infatti è il decoro di tutte le età, testimone di innocenza, indizio d'un cuore puro, verga di disciplina, gloria particolare della coscienza, garanzia della buona riputazione, pregio e coronamento della perfetta rettitudine. Questa virtù era loro comune e li rendeva graditi e amabili a tutti.

Ciascuno poi aveva una virtù propria: il primo era particolarmente discreto, il secondo mirabilmente paziente, il terzo di encomiabile semplicità, l'ultimo era robusto di corpo e mite di animo. Essi con ogni diligenza, cura e buona volontà difendevano il raccoglimento spirituale del beato padre, curavano la sua malattia senza risparmiarsi pene e fatiche, felici di dedicarsi totalmente al servizio di lui.

500 103. Francesco, sebbene già fosse arricchito di ogni grazia davanti a Dio e risplendesse per le sue sante opere davanti agli uomini, pensava di intraprendere un cammino di più alta perfezione, e suscitare nuove guerre affrontando direttamente da valorosissimo soldato il nemico. Si proponeva, sotto la guida di Cristo, di compiere opere ancora più grandi, e sperava proprio, mentre le sue energie fisiche andavano esaurendosi rapidamente di giorno in giorno, di riportare nel nuovo attacco un pieno trionfo. Il vero coraggio infatti non conosce limiti di tempo, dal momento che aspettava una ricompensa eterna. Perciò bramava ardentemente ritornare alle umili origini del suo itinerario di vita evangelica e, allietato di nuova speranza per la immensità dell'amore, progettava di ricondurre quel suo corpo stremato di forze alla primitiva obbedienza dello spirito. Perciò allontanava da sé tutte le cure e lo strepito delle considerazioni umane che gli potevano essere di ostacolo, e pur dovendo, a causa della malattia, temperare necessariamente l'antico rigore, diceva: "Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto!". Non lo sfiorava neppure il pensiero di aver conquistato il traguardo e, perseverando instancabile nel proposito di un santo rinnovamento, sperava sempre di poter ricominciare daccapo. Voleva rimettersi al servizio dei lebbrosi ed essere vilipeso, come un tempo; si proponeva di evitare la compagnia degli uomini e rifugiarsi negli eremi più lontani, affinché, spogliato di ogni cura e deposta ogni sollecitudine per gli altri, non ci fosse tra lui e Dio che il solo schermo della carne.

501 104. Vedeva molti avidi di onori e di cariche, e detestandone la temerità, cercava di ritrarli da questa peste con il suo esempio. Diceva infatti che è cosa buona e accetta a Dio assumersi il governo degli altri, ma sosteneva che dovevano addossarsi la cura delle anime solo quelli che in quell'ufficio non cercano nulla per sé, ma guardano sempre in tutto al volere divino; coloro cioè che niente antepongono alla propria salute spirituale e non cercano l'applauso dei sudditi ma il loro profitto, non la stima degli uomini, ma unicamente la gloria di Dio; coloro che non aspirano alla prelatura, ma la temono, e se viene loro data non montano in superbia ma si sentono più umili e, quando viene loro revocata, non si avviliscono ma ne godono. Diceva ancora che soprattutto in un'epoca di malvagità e di iniquità come questa, c'è grave pericolo nella prelatura e maggior vantaggio nell'essere governati. Provava grande amarezza nel vedere che alcuni, abbandonato quello che avevano così bene incominciato, dimenticavano la semplicità antica per seguire nuovi indirizzi. Perciò si lamentava di alcuni, che un tempo erano tutti intenti a mete più elevate ed ora si erano abbassati a cose vili e futili, abbandonati i veri gaudi dell'anima, si affannavano a rincorrere frivolezze e realtà prive d'ogni valore nel campo di una malintesa libertà. Per questo implorava la divina clemenza per la liberazione dei suoi figli e la scongiurava con la devozione più grande perché li conservasse fedeli alla loro vocazione.


sabato 28 maggio 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


AL CARDINALE UGOLINO, VESCOVO DI OSTIA,

CHE LO RICEVE BENEVOLMENTE A RIETI,

IL SANTO PREDICE LA NOMINA A SOMMO PONTEFICE


492 99. Si provarono diversi medici con rimedi diversi, ma non se ne fece nulla; allora Francesco si recò a Rieti, dove si diceva dimorasse uno specialista molto esperto per la cura di quel male. A1 suo arrivo fu accolto benevolmente e con amore da tutta la curia romana, che in quel periodo risiedeva in quella città, ma in modo tutto particolare lo ricevette con tanta devozione il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia, famoso allora per rettitudine e santità di vita.

493 Il beato Francesco lo aveva scelto col consenso e beneplacito del papa Onorio III, come signore e protettore del suo Ordine, proprio perché gli era cara la beata povertà e onorava assai la santa semplicità. Questo prelato imitava la vita dei frati e, desideroso di raggiungere la santità, era semplice con i semplici, umile con gli umili, povero con i poveri. Era un frate tra i frati, tra i minori il più piccolo e, per quanto gli era consentito, si ingegnava a diportarsi sempre come uno di loro nella sua vita e nei suoi costumi. Era sollecito di dilatare ovunque l'Ordine minoritico e, d'altra parte, la fama della sua vita santa contribuiva a diffonderlo maggiormente anche nelle regioni più lontane. Il Signore gli aveva donato sapienza ed eloquenza, ed egli se ne serviva per confutare e confondere i nemici della verità e della Croce di Cristo, ricondurre gli erranti sulla retta via, ricomporre le liti e rinsaldare il vincolo della carità tra i fratelli. Era nella Chiesa di Dio lampada che arde e illumina, saetta scelta, tenuta in serbo per il momento opportuno. Quante volte, deposte le ricche vesti e indossatene altre rozze, lo si vedeva andarsene a piedi scalzi come un frate minore, per portare la pace. Ogni volta che gli si presentava l'occasione, si adoperava con ardore a ristabilire questa pace tra l'uomo e il prossimo e tra l'uomo e Dio. Per questo il Signore lo scelse poco tempo dopo come Pastore di tutta la sua santa Chiesa, conferendogli autorità e potenza su tutti i popoli.

494 100. Perché si riconoscesse che questo avvenne per divina ispirazione e volontà di Cristo, il beato padre Francesco lo profetizzò con le parole e lo significò con i fatti molto tempo prima. Quando infatti l'Ordine e religione dei frati incominciava, sostenuto dalla grazia di Dio, a dilatarsi, a innalzare nel cielo, come cedro del Signore, la cima dei suoi meriti, e ad estendere, come vigna eletta, i suoi santi tralci su tutta la terra, il beato Francesco si recò da papa Onorio III, capo della Chiesa romana in quegli anni, supplicandolo umilmente di concedere a lui e ai suoi frati in qualità di padre e signore, Ugolino, vescovo di Ostia. Il Pontefice esaudì la richiesta del Santo, e ben volentieri delegò la sua giurisdizione sull'Ordine a Ugolino. Questi la ricevette con umile riverenza e, come il servo fedele e prudente costituito sopra la casa del Signore, si impegnò in tutti i modi ad assicurare il cibo della vita a tutti coloro che erano stati affidati alle sue cure.

495 Perciò il beato padre, da parte sua, si studiava di essergli sempre docile e lo venerava con amore e devozione. Poiché si lasciava condurre dallo Spirito di Dio, di cui era ricolmo, il beato Francesco intuiva molto tempo prima ciò che poi si sarebbe realizzato agli occhi di tutti. Ecco perché quando gli scriveva per cose relative all'Ordine di cui condividevano la responsabilità, o più spesso per l'amore che gli portava in Cristo, nelle sue lettere non si limitava mai a chiamarlo Vescovo di Ostia e di Velletri, come usavano gli altri nei saluti di convenienza, ma, non senza ragione, lo salutava: "Ugolino, vescovo di tutto il mondo!". Spesso poi lo salutava con benedizioni mai udite prima e benché gli fosse sottomesso come figlio deferente, talvolta, per ispirazione celeste, lo consolava con fare paterno, quasi a rafforzare su di lui le benedizioni dei padri, fino alla venuta di colui che è il desiderio dei colli eterni(Gen 49,26).

496 101. Il cardinale Ugolino, a sua volta, nutriva profondo affetto per il Santo; gradiva quindi ogni sua parola e atto, anzi spesso si rasserenava tutto al solo vederlo. Egli stesso afferma di non aver mai avuto turbamenti d'animo per quanto grandi, che la vista e le parole di Francesco non bastassero ad eliminare, disperdendo le nubi dello spirito ed ogni tristezza, e riportandovi la serenità e la gioia. Si diportava con Francesco come il servo rispetto al suo padrone; lo ossequiava come un apostolo di Cristo, e sovente, inchinandosi, lo riveriva, baciandogli le mani

497 Con devozione e sollecitudine si preoccupava di trovare un rimedio per far ricuperare al beato padre la sanità degli occhi, perché lo riteneva un uomo santo e giusto e necessario e molto utile alla Chiesa di Dio. Condivideva il timore e la preoccupazione di tutta la famiglia dei frati per lui, e nella persona del Padre aveva pietà dei figli. Perciò esortava il beato padre, a prendersi cura di sé e a non ricusare i mezzi necessari, ricordandogli che questa trascuratezza gli poteva essere imputata a peccato piuttosto che a merito.

In spirito di umile obbedienza a questi autorevoli ammonimenti, san Francesco decise di avere con meno scrupolo un po' di riguardo per il suo male. Ma era ormai troppo tardi. Il male si era tanto aggravato, che per ricavarne anche solo un piccolo beneficio si richiedevano somma perizia medica e strazianti rimedi. Difatti, gli si bruciarono con ferri roventi le parti del capo credute lese, si incisero delle vene, si applicarono impiastri, si iniettarono collirii ma senza alcun miglioramento; anzi, l'infermità parve peggiorare sempre più.


domenica 24 aprile 2022

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


FERVORE DI SAN FRANCESCO

E SUA MALATTIA AGLI OCCHI


488 97. In quello stesso periodo, il suo corpo cominciò ad essere tormentato da mali fisici diversi e più violenti. Soffriva infatti parecchie malattie in conseguenza delle aspre penitenze cui già da anni sottoponeva il suo corpo. Esattamente per diciott'anni, quanti erano passati da quando aveva cominciato le sue peregrinazioni per varie e vaste regioni, impegnato a diffondere la parola evangelica, animato da costante e ardente spirito di fede, quasi mai si era preoccupato di dare un po' di riposo alle sue membra affrante. Aveva riempito la terra del Vangelo di Cristo. Era capace di passare per quattro o cinque città in un sol giorno, annunciando a tutti il Regno di Dio. Edificava gli uditori non meno con l'esempio che con la parola, si potrebbe dire divenuto tutto lingua.

489 L'accordo tra lo spirito e la carne appariva in lui così perfetto, che quest'ultima, invece di costituire un ostacolo al primo, lo precedeva nella corsa verso la santità, come dice la Scrittura: Di Te ha sete la mia anima, e quanto anche la mia carne (Sal 62,2). L'obbedienza assidua aveva finito per rendere volontaria questa sottomissione, e questa docilità di ogni giorno l'aveva reso luogo proprio di una grande virtù; infatti spesso la consuetudine si tramuta in natura.

490 98. Ma poiché è legge di natura ineluttabile che il corpo si consumi ogni giorno, mentre lo spirito si può ringiovanire, avvenne che quell'involucro preziosissimo che racchiudeva quel celeste tesoro, cominciò a cedere da tutte le parti e a indebolirsi notevolmente. Siccome però, come dice la Scrittura:

Quando un uomo ha finito, allora comincia e quando sarà consumato opererà (Sal 18,6), si vide il suo spirito farsi più pronto nella carne inferma. Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, che per conquistarle a Dio, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa ad un asinello. Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo, e troppo debole con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l'invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo(Fil 1,23).

491 Anzi, poiché non aveva ancora completato nella sua carne quanto mancava alla Passione di Cristo (Cof Col 1,24), sebbene ne portasse nel corpo le stimmate, incorse in una gravissima malattia d'occhi, come se Iddio mandasse a lui un nuovo segno della sua misericordia. E siccome quella malattia si aggravava di giorno in giorno e sembrava peggiorare per la mancanza di ogni cura, frate Elia, che Francesco aveva scelto come madre per sé e costituito padre per gli altri frati, lo costrinse a non rifiutare i rimedi della medicina in nome del Figlio di Dio, che la creò, secondo la testimonianza della Scrittura: l'Altissimo ha creato in terra la medicina e il savio non la respingerà (Sir 38,4). A quelle parole Francesco obbedì.