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venerdì 18 luglio 2025

Mentre nel mio letto stavo osservando le visioni che mi passavano per la mente, ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE


10Mentre nel mio letto stavo osservando le visioni che mi passavano per la mente, ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo 

Mentre Nabucodònosor contempla la stupenda magnificenza dell’albero, un elemento estraneo alla terra si introduce nella visione. 

Mentre nel mio letto stavo osservando le visioni che mi passavano per la mente, ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo… 

È questo elemento estraneo alla terra, alla storia la sola variante che cambia ogni grandezza, ogni altezza, ogni magnificenza.  

Il vigilante, il santo che scende dal cielo non è solo per Nabucodònosor, ma è per ogni uomo. È questo vigilante e questo santo l’elemento determinante. 

Quando il vigilante, il santo scende nella storia, è allora che la storia prende una nuova piega.  Dio è sceso in Egitto. La storia terminò nelle acque del Mare. 


Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. 

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte». 

Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. 

Va’! Riunisci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. E ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo, dell’Ittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso una terra dove scorrono latte e miele”. Essi ascolteranno la tua voce, e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto, a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio”. 

Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte. 

Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo di che egli vi lascerà andare. Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti; li farete portare ai vostri figli e alle vostre figlie e spoglierete l’Egitto» (Es 3,1-22).  

Il Signore disse a Mosè: «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achiròt, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Sefòn; di fronte a quel luogo vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: “Vanno errando nella regione; il deserto li ha bloccati!”. Io renderò ostinato il cuore del faraone, ed egli li inseguirà; io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!». Ed essi fecero così. 

Quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re d’Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt, davanti a Baal-Sefòn. 

Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli». 

Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». 

L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. 

Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. 

Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». 

Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. 

In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo (Es 14,1-42).  

Ora Gerico era sbarrata e sprangata davanti agli Israeliti; nessuno usciva né entrava. Disse il Signore a Giosuè: «Vedi, consegno in mano tua Gerico e il suo re, pur essendo essi prodi guerrieri. Voi tutti idonei alla guerra, girerete intorno alla città, percorrendo una volta il perimetro della città. Farete così per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno, poi, girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno d’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo salirà, ciascuno diritto davanti a sé». 

Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: «Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore». E al popolo disse: «Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca del Signore». Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di corno d’ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca 

dell’alleanza del Signore li seguiva. Il gruppo armato marciava davanti ai sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva al suono delle trombe. Giosuè aveva dato quest’ordine al popolo: «Non lanciate il grido di guerra, non alzate la voce e non esca parola dalla vostra bocca fino al giorno in cui vi dirò di gridare. Allora griderete». L’arca del Signore girò intorno alla città, percorrendone il perimetro una volta. Poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento. 

Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di corno d'ariete davanti all’arca del Signore, procedevano suonando 

le trombe. Il gruppo armato marciava davanti a loro e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si procedeva al suono delle trombe. Il secondo giorno girarono intorno alla città una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. 

Il settimo giorno si alzarono allo spuntare dell’alba e girarono intorno alla città sette volte, secondo questo cerimoniale; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. 

Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra, perché il Signore vi consegna la città. Questa città, con quanto vi è in essa, sarà votata allo sterminio per il Signore. Rimarrà in vita soltanto la prostituta Raab e chiunque è in casa con lei, perché ha nascosto i messaggeri inviati da noi. Quanto a voi, guardatevi da ciò che è votato allo sterminio: mentre operate la distruzione, non prendete nulla di ciò che è votato 

allo sterminio, altrimenti rendereste votato allo sterminio l’accampamento d’Israele e gli arrechereste una disgrazia. Tutto l’argento e l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro sono consacrati al Signore: devono entrare nel tesoro del Signore». 

Il popolo lanciò il grido di guerra e suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba e lanciò un grande grido di guerra, le mura della città crollarono su se stesse; il popolo 

salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e si impadronirono della città. Votarono allo sterminio tutto quanto c’era in città: uomini e donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini, tutto passarono a fil di spada. 

Giosuè aveva detto ai due uomini che avevano esplorato la terra: «Entrate nella casa della prostituta, conducetela fuori con quanto le appartiene, come le avete giurato». Quei giovani 

esploratori entrarono e condussero fuori Raab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e quanto le apparteneva. Fecero uscire tutti quelli della sua famiglia e li posero fuori dell’accampamento 

d’Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era dentro. Destinarono però l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro al tesoro del tempio del Signore. Giosuè lasciò in vita la prostituta Raab, la casa di suo padre e quanto le apparteneva. Ella è rimasta in mezzo a Israele fino ad oggi, per aver nascosto gli inviati che Giosuè aveva mandato a esplorare Gerico. 

In quella circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si metterà a ricostruire questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!». 

Il Signore fu con Giosuè, la cui fama si sparse in tutta la regione (Gs 6,1-27).  

Poi Oloferne ordinò che la conducessero dove erano riposte le sue argenterie e prescrisse pure che le dessero da mangiare dei suoi cibi e le dessero da bere del suo vino. Ma disse Giuditta: 

«Io non toccherò questi cibi, perché non me ne derivi un’occasione di caduta, ma mi saranno serviti quelli che ho portato con me». Oloferne le disse: «Quando verrà a mancare quello che hai con te, dove ci riforniremo di cibi simili per darteli? In mezzo a noi non c’è nessuno della tua gente». Giuditta gli rispose: «Per la tua vita, mio signore, ti assicuro che io, tua serva, non finirò le riserve che ho con me, prima che il Signore abbia compiuto per mano mia quello che ha stabilito». Poi gli ufficiali di Oloferne la condussero alla tenda ed ella dormì fino a mezzanotte; poi si alzò all’alba, al cambio della guardia del mattino. Mandò a dire a Oloferne: «Comandi il mio signore che lascino uscire la tua serva per la preghiera». Oloferne ordinò alle guardie del corpo di non impedirla.  

Rimase così al campo tre giorni: usciva di notte nella valle di Betùlia e si lavava nella zona dell’accampamento alla sorgente d’acqua. Quando risaliva, pregava il Signore, Dio d’Israele, di dirigere la sua impresa per rialzare le sorti dei figli del suo popolo. Rientrando purificata, rimaneva nella sua tenda, finché verso sera non le si portava il cibo. 

Ed ecco, al quarto giorno, Oloferne fece preparare un banchetto riservato ai suoi servi, senza invitare nessuno dei suoi funzionari. Disse a Bagoa, l’eunuco sovrintendente a tutti i suoi affari: 

«Va’ e persuadi la donna ebrea che è presso di te a venire con noi, per mangiare e bere con noi. Sarebbe disonorevole per la nostra reputazione trascurare una donna simile senza godere della sua compagnia; perché se non la corteggiamo, si farà beffe di noi». Bagoa, uscito dalla presenza di Oloferne, andò da lei e disse: «Non esiti questa bella fanciulla a venire dal mio signore, per essere onorata alla sua presenza e bere con noi il vino in allegria e diventare oggi come una delle donne assire, che stanno nel palazzo di Nabucodònosor». Giuditta gli rispose: «Chi sono io per contraddire il mio signore? Quanto sarà gradito ai suoi occhi, mi affretterò a compierlo e sarà per me motivo di gioia fino al giorno della mia morte».  

Subito si alzò e si adornò delle vesti e d’ogni altro ornamento femminile; la sua ancella l’aveva preceduta e aveva steso a terra per lei davanti ad Oloferne le pellicce che aveva avuto da Bagoa per suo uso quotidiano, per adagiarvisi sopra e prendere cibo. Giuditta entrò e si distese. 

Il cuore di Oloferne ne rimase incantato, si turbò il suo spirito e molto intenso era il suo desiderio di unirsi a lei: dal giorno in cui l’aveva vista, cercava l’occasione di sedurla. Le disse pertanto Oloferne: «Bevi e divertiti con noi». Giuditta rispose: «Sì, signore, berrò perché sento che la mia vita è oggi onorata come non mai dal giorno della mia nascita». Incominciò quindi a mangiare e a bere davanti a lui ciò che le aveva preparato l’ancella. Oloferne si deliziò della presenza di lei e bevve abbondantemente tanto vino quanto non ne aveva mai bevuto in un solo giorno da quando era al mondo (Gdt 12,1-20).  

Quando si fece buio, i suoi servi si affrettarono a ritirarsi. Bagoa chiuse la tenda dall’esterno e allontanò le guardie dalla vista del suo signore e ognuno andò a dormire; in realtà erano tutti estenuati, perché avevano bevuto troppo. Giuditta fu lasciata nella tenda e Oloferne era sprofondato sul suo letto, ubriaco fradicio. Allora Giuditta ordinò all’ancella di stare fuori della camera da letto e di aspettare che uscisse, come aveva fatto ogni giorno; aveva detto infatti che sarebbe uscita per la sua preghiera, e anche con Bagoa aveva parlato in questi termini. Si erano allontanati tutti dalla loro presenza e nessuno, dal più piccolo al più grande, era rimasto nella camera da letto. Giuditta, fermatasi presso il letto di lui, disse in cuor suo: «Signore, Dio d’ogni potenza, guarda propizio in quest’ora all’opera delle mie mani per l’esaltazione di Gerusalemme. È venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far riuscire il mio progetto per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi». 

Avvicinatasi alla sponda del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, staccò la scimitarra di lui; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: «Dammi forza, Signore, Dio d’Israele, in questo giorno». E con tutta la sua forza lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa. Indi fece rotolare il corpo giù dal giaciglio e strappò via la cortina dai sostegni. Poco dopo uscì e consegnò la testa di Oloferne alla sua ancella, la quale la mise nella bisaccia dei viveri e uscirono tutt’e due, secondo il loro uso, per la preghiera. Attraversato l’accampamento, fecero il giro della valle, salirono il monte di Betùlia e arrivarono alle sue porte. 

Giuditta gridò da lontano al corpo di guardia delle porte: «Aprite, aprite subito la porta: è con noi Dio, il nostro Dio, per esercitare ancora la sua forza in Israele e la sua potenza contro i nemici, come ha fatto oggi». 

Appena gli uomini della sua città sentirono la sua voce, corsero giù in fretta alla porta della città e chiamarono gli anziani. Corsero tutti, dal più piccolo al più grande, perché non si aspettavano il suo arrivo; aprirono dunque la porta, le accolsero dentro e, acceso il fuoco per fare luce, si strinsero attorno a loro. Giuditta disse loro a gran voce: «Lodate Dio, lodatelo; lodate Dio, perché non ha allontanato la sua misericordia dalla casa d’Israele, ma in questa notte per mano mia ha colpito i nostri nemici». 

Allora tirò fuori la testa dalla bisaccia e la mise in mostra dicendo loro: «Ecco la testa di Oloferne, comandante supremo dell’esercito assiro, ed ecco la cortina sotto la quale giaceva ubriaco; il Signore l’ha colpito per mano di una donna. Viva dunque il Signore, che mi ha protetto nella mia impresa, perché costui si è lasciato ingannare dal mio volto a sua rovina, ma non ha commesso peccato con me, a mia contaminazione e vergogna». 

Tutto il popolo si stupì profondamente e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: «Benedetto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo». Ozia a sua volta le disse: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non sarà dimenticato dagli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio compia per te queste cose a tua perenne esaltazione, ricolmandoti di beni, in riconoscimento della prontezza con cui hai esposto la vita di fronte all’umiliazione della nostra stirpe, e ti sei opposta alla nostra rovina, comportandoti rettamente davanti al nostro Dio». E tutto il popolo esclamò: «Amen! Amen!» (Gdt 13,1-20).  


Ogni uomo questo deve sapere. In ogni momento il Signore può scendere dal cielo sulla terra. In un attimo la storia di ogni uomo subisce variazione.

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 30 marzo 2025

Dinanzi al Signore si è tutti come pula che il vento disperde. Non c’è grandezza dinanzi al Signore.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


Io stavo guardando, ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra. 

Nel primo sogno, Nabucodònosor vide una statua di eccezionale grandezza. 

Ora invece vede un albero di grande altezza in mezzo alla terra. 

Io stavo guardando, ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra. Fin da subito appare con chiara evidenza che l’altezza riguarda il suo regno. 

La terra è il suo regno. In questo regno vi è un grande albero. Si tratta di un grande re e questo re è senz’altro la sua persona. Nessuno è più alto di lui. 

8Quell’albero divenne alto, robusto, la sua cima giungeva al cielo ed era visibile fino all’estremità della terra. 

Il sogno rivela la grandezza, la magnificenza, la bellezza del regno di Nabucodònosor. Tutta la terra era ammirata di una tale altezza. 

Quell’albero divenne alto, robusto, la sua cima giungeva al cielo ed era visibile fino all’estremità della terra. Si pensi che siamo nell’anno 585.  

Tutto il medio oriente era in mano di Nabucodònosor. Non vi era regno pari al suo. Il suo esercito passava, conquistava, annetteva.  

La fama di Nabucodònosor allora riempiva la terra. Non vi erano potenze capaci di opporsi alla sua schiacciante superiorità. Era un re senza rivali. 

9Le sue foglie erano belle e i suoi frutti abbondanti e vi era in esso da mangiare per tutti. Le bestie del campo si riparavano alla sua ombra e gli uccelli del cielo dimoravano fra i suoi rami; di esso si nutriva ogni vivente. 

Ora l’albero viene descritto in ogni sua bellezza ed anche in ogni suo frutto. Era un albero capace di nutrire con i suoi frutti ogni essere vivente. 

Le sue foglie erano belle e i suoi frutti abbondanti e vi era in esso da mangiare per tutti. Le bestie del campo si riparavano alla sua ombra e gli uccelli del cielo dimoravano fra i suoi rami; di esso si nutriva ogni vivente. 

Tutte le bestie del campo si riparavano alla sua ombra e tutti gli uccelli del cielo dimoravano tra i suoi rami. La vita è dall’albero, sotto l’albero, sull’albero. 

Questa immagine serve a mostrare tutta la magnificenza, la grandezza, l’efficienza, l’invincibilità del re Nabucodònosor. Umanamente è inattaccabile.  

Un albero così alto non può essere conquistato da alcun uomo che vive sulla nostra terra. Non vi sono regni che possano infastidirlo. 

A questo serve la descrizione della maestosità dell’albero. Nessuno gli potrà arrecare del male. Neanche potrà provarci a toccarlo.  

Ma ciò che è impossibile ad ogni uomo, è possibile a Dio. Dinanzi al Signore si è tutti come pula che il vento disperde. Non c’è grandezza dinanzi al Signore. 

Neanche consigli vi sono dinanzi al Signore. Se fai questo “il vento divino” non ti disperderà. Il vento viene e anche le alte montagne si sgretolano. 

Non c’è sapienza, non c’è prudenza, non c’è consiglio di fronte al Signore. Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma al Signore appartiene la vittoria (Pr 21,30-31).  

Nulla è più fragile di un uomo. La sua grandezza necessita sempre di un respiro che non è suo e che deve chiedere in prestito al Signore.

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

lunedì 10 febbraio 2025

Oggi l’uomo si è volutamente distaccato, dissociato dallo Spirito Santo. Ha perso tutta la verità del suo essere e del suo operare. È uno stolto.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


7Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a letto, erano queste:

Ora il re narra a Daniele quali erano le visioni e le immaginazioni passate per la sua mente. Questa volta il Signore vuole che lui ricordi ogni cosa. 

Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a letto, erano queste… 

Lo Spirito Santo non ripete sempre lo stesso schema di rivelazione. 

La prima volta era difficile per maghi, indovini, Caldei, astrologi dare la spiegazione del sogno, perché il re nulla ricordava del sogno. 

Questa volta lo Spirito Santo attesta la vanità della scienza di maghi, indovini, Caldei, astrologici, nonostante conoscano il sogno. 

Uno può avere tutta la scienza umana e ogni suo segreto, ma dinanzi alle cose di Dio con la scienza umana si resta muti. Occorre la scienza dello Spirito. 

La Scrittura Santa, Antico e Nuovo Testamento, non è il “sogno” di Dio narrato ad ogni uomo? Quale uomo potrà mai interpretarlo senza lo Spirito Santo? 

Cristo Gesù non è il “sogno” di salvezza e redenzione universale di Dio? Tutta la sapienza di questo mondo può forse leggerlo e comprenderlo? 

San Paolo non ci rivela forse che le cose di Dio si possono conoscere solo con lo Spirito del Signore? La scienza umana è tagliata fuori.

 

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! 

Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro! 

Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo». 

È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? Ringrazio Dio di non avere battezzato nessuno di voi, eccetto Crispo e Gaio, perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome. Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefanàs, ma degli altri non so se io abbia battezzato qualcuno. Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. 

La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. 

Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. 

Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore (1Cor 1,1-31).  

Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. 

Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. 

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,1-16).  


La Chiesa non è anch’essa il grande “sogno” di salvezza di Cristo Signore? Possiamo noi conoscere la verità della Chiesa senza lo Spirito Santo? 

La creazione non è il “sogno” eterno di Dio nella quale Lui, ponendola in essere, ha manifestato tutta la sua onnipotenza? Senza lo Spirito si può conoscere? 

L’uomo non è lui stesso “sogno” di Dio? Tutta la sapienza dei sapienti e la scienza degli scienziati comprende qualcosa del suo mistero? 

Chi vuole comprendere il mistero di sé stesso e di ogni cosa che lo circonda deve chiedere la sapienza allo Spirito Santo, altrimenti nulla comprende. 

Oggi l’uomo si è volutamente distaccato, dissociato dallo Spirito Santo. Ha perso tutta la verità del suo essere e del suo operare. È uno stolto. 


MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 15 dicembre 2024

Il discepolo di Gesù deve essere superiore agli altri nella scienza e nella sapienza perché lui attinge ogni scienza e ogni sapienza nel suo Dio.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


6dicendo: «Baltassàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in te e che nessun mistero ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione. 

Nabucodònosor si rivolge a Daniele, chiamandolo principe dei maghi, ma non attribuisce alla sua scienza la capacità di interpretare i sogni.   

Dicendo: «Baltassàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in te e che nessun mistero ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione. Daniele non è capace da se stesso. 

Daniele è capace perché lo spirito degli dèi santi è in lui. Lo spirito di Dio è Dio stesso. Dio è in Daniele e per questo conosce ogni cosa. 

Essendo Dio in lui, nessun mistero è difficile per lui, perché nessun mistero è difficile per il Dio che è in lui. È questa professione di vera fede. 

Il re fa la differenza tra Daniele e ogni altro uomo sulla terra, non sul fondamento di scienza immanente, ma su un principio di scienza trascendente. 

In altre parole, Daniele non è più sapiente degli altri, perché la scuola da lui frequentata era più valida e più specializzata nelle cose occulte e misteriose. 

Se così fosse, la differenza sarebbe solo di scienza immanente. Lui è più degli altri, perché la sua scienza si fonda su un altissimo principio di trascendenza. 

Per questo motivo il re a lui si rivolge. Nabucodònosor è certo che Daniele saprà spiegare il suo sogno. Dio manda il sogno e Dio per lui lo spiega. 

Questa verità la troviamo affermata in Cristo Gesù. Lui non parla per scienza immanente, per frequentazioni di scuole alte, di chiara fama. 

Lui parla per scienza trascendente. Tutto quello che Lui dice e insegna viene dal Padre suo. La sua dottrina è dottrina non sua, perché dottrina del Padre. 


Dopo questi fatti, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. 

Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. I suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va’ nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!». Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto». Dopo aver detto queste cose, restò nella Galilea.  

Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: «Dov’è quel tale?». E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, inganna la gente!». Nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei. 

Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». Gesù rispose loro: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Chi vuol fare la sua volontà, riconoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso. Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia. Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?». Rispose la folla: «Sei indemoniato! Chi cerca di ucciderti?». Disse loro Gesù: «Un’opera sola ho compiuto, e tutti ne siete meravigliati. 

Per questo Mosè vi ha dato la circoncisione – non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi – e voi circoncidete un uomo anche di sabato. Ora, se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito interamente un uomo? Non giudicate secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio!». 

Intanto alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».  

Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora. Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando verrà, compirà forse segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». 

I farisei udirono che la gente andava dicendo sottovoce queste cose di lui. Perciò i capi dei sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. Gesù disse: «Ancora per poco tempo sono con voi; poi vado da colui che mi ha mandato. Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire». Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e insegnerà ai Greci? Che discorso è quello che ha fatto: “Voi mi cercherete e non mi troverete”, e: “Dove sono io, voi non potete venire”?». 

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato. 

All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui.  

Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua (Gv 7,1-53).  


Ogni uomo di Dio è obbligato a non fondare la sua scienza su un principio di pura immanenza. La sua scienza sempre deve essere dalla trascendenza. 

Se la sua scienza viene dall’immanenza, la sua superiorità sulle altre scienze è umana, non divina. La superiorità umana non serve. A nulla giova. 

Il discepolo di Gesù deve essere superiore agli altri nella scienza e nella sapienza perché lui attinge ogni scienza e ogni sapienza nel suo Dio.  

Questa differenza va fatta da ogni uomo. Se la fa Nabucodònosor con Daniele ogni uomo dovrebbe farla con ogni discepolo di Gesù Signore.  

Se questa differenza non è fatta – tra scienza immanente e scienza e sapienza trascendente – è segno che il discepolo di Gesù ne è privo. 

Nabucodònosor con Daniele opera questa duplice distinzione: Dio e dèi, Dio superiore ad ogni altro Dio, scienza immanente e scienza trascendente. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 17 ottobre 2024

Tra il pensiero di Dio e i pensieri degli uomini vi è una linea invalicabile. L’uomo dovrebbe passare dal finito all’infinito e questo è impossibile.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


Nabucodònosor racconta il suo sogno 


Nabucodònosor, ero tranquillo nella mia casa e felice nel mio palazzo, 

Questa introduzione presenta Nabucodònosor felice e sereno nel suo palazzo. La sua mente è libera da ogni turbamento e i suoi pensieri non sono agitati. 

Io, Nabucodònosor, ero tranquillo nella mia casa e felice nel mio palazzo… Questa introduzione serve per dirci che il sogno non è frutto di turbamenti. 

Quanto avviene durante la notte non è causato da pensieri inquietanti. Il sogno viene dall’Onnipotente ed è giusto che lui si preoccupi. 

Il Siracide insegna che ai sogni non si deve prestare alcuna attenzione, a meno che non vengano da Dio, allora ci si deve occupare e preoccupare. 

Speranze vane e fallaci sono quelle dello stolto, e i sogni danno le ali a chi è privo di senno. Come uno che afferra le ombre e insegue il vento, così è per chi si appoggia sui sogni. Una cosa di fronte all’altra: tale è la visione dei sogni,  di fronte a un volto l’immagine di un volto. Dall’impuro che cosa potrà uscire di puro? E dal falso che cosa potrà uscire di vero? Oracoli, presagi e sogni sono cose fatue, come vaneggia la mente di una donna che ha le doglie. Se non sono una visione inviata dall’Altissimo, non permettere che se ne occupi la tua mente. I sogni hanno indotto molti in errore, e andarono in rovina quelli che vi avevano sperato. La legge deve compiersi senza inganno, e la sapienza è perfetta sulla bocca di chi è fedele (Sir 34,1-8).  

È l’introduzione sullo stato della mente e del cuore di Nabucodònosor che ci rivela che il sogno viene da Dio. La Scrittura è sempre perfetta in ogni cosa. 

2quando ebbi un sogno che mi spaventò. Mentre ero nel mio letto, le immaginazioni e le visioni della mia mente mi turbarono. 

Nabucodònosor ha un sogno che lo spaventa. Lui è nel suo letto e viene turbato da immaginazioni e visioni della sua mente. Di certo sono immagini forti.  

Quando ebbi un sogno che mi spaventò. Mentre ero nel mio letto, le immaginazioni e le visioni della mia mente mi turbarono. 

Mentre è nel suo letto viene visitato da immaginazioni e visioni. Lui dorme, ma è come se fosse sveglio. Le immagini scorrono dinanzi al suo spirito. 

3Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno. 

Nel primo sogno, quello della statua, il re non ricordava ciò che aveva sognato, e chiedeva la narrazione del sogno ed anche la spiegazione. 

Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno. 

Ora invece fa un decreto nel quale si ordina che tutti i saggi vengano condotti dinanzi a lui al fine di fargli conoscere la spiegazione del sogno. 

Questa volta il lavoro dei saggi è molto più semplice. Essi conoscono il sogno e possono offrire al re la spiegazione di quanto lui ha visto nel suo spirito.  

4Allora vennero i maghi, gli indovini, i Caldei e gli astrologi, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione. 

Nonostante il re abbia loro esposto il sogno, raccontandolo in ogni suo particolare, né maghi, né indovini, né astrologi sanno offrire una spiegazione. 

Allora vennero i maghi, gli indovini, i Caldei e gli astrologi, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione. 

Neanche i Caldei che erano esperti conoscitori delle scienze occulte e misteriose, sono riusciti ad offrire al re una spiegazione.  

Dinanzi ai sogni mandati da Dio, tutta la terra tace, fa silenzio. Solo Dio può spiegare all’uomo i sogni che lui manda. L’uomo non conosce le cose di Dio. 

Tra il pensiero di Dio e i pensieri degli uomini vi è una linea invalicabile. L’uomo dovrebbe passare dal finito all’infinito e questo è impossibile. 

5 Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltassàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi, e gli raccontai il sogno 

Dove maghi, indovini, Caldei, astrologi falliscono, lì comincia Daniele, il cui nome per il re era Baltassàr. Daniele non fa parte della schiera degli idolatri.  

Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltassàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi, e gli raccontai il sogno. 

Il re confessa che Daniele, o Baltassàr, è un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi. Dèi santi è uno solo. È solo il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe. 

Solo il Dio di Daniele è il vero Dio. Lo attestano maghi, indovini, Caldei, astrologi, tutti adoratori di dèi falsi. Essi non conoscono i segreti di Dio. 

Non li conoscono perché non sono frutto di mente umana. Come può una mente umana interpretare ciò che viene da mente divina ed eterna? 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

martedì 3 settembre 2024

Chi vuole essere un operatore di fede ora sa cosa fare: deve prestare la più pura obbedienza alla Parola di Cristo, di Dio. Il Vangelo deve divenire vita.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: «Abbondi la vostra pace! 

Ora il re si rivolge a tutti i sudditi del suo regno. Esso è fatto di molti popoli, molte nazioni, molte lingue. Tutto il medio oriente allora da lui governato.  

Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: «Abbondi la vostra pace! 

Per tutti i popoli, nazioni e lingue esprime un desiderio: che la pace di tutti abbondi. Nulla è più utile della pace. Nella pace vi è vita. La guerra è morte.  

99Mi è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me. 

Il re scrive a tutti i popoli perché vuole che essi sappiamo cosa il Dio altissimo ha fatto per lui. Prima gli ha rivelato il sogno e ne ha dato interpretazione.  

Mi è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me. Non ha permesso che per suo ordine morissero degli innocenti. 

Lui ha decretato che fossero gettati nella fornace ardente i tre giovani. Il Dio altissimo ha liberato la sua coscienza da questo ingiusto delitto. 

Un re può infliggere una condanna a morte, ma sempre per giustissima causa, mai per ingiusta causa o per motivi infondati. Ogni pena deve essere meritata. 

Una pena non meritata, rende colpevoli in eterno dinanzi al Dio vivo e vero e ognuno dovrà rendere conto al momento del giudizio. 

Nabucodònosor vuole attestare ad ogni suo suddito che il Dio altissimo a lui non ha fatto nulla di male, anzi gli ha fatto grandissimi beni.  

100Quanto sono grandi i suoi prodigi e quanto potenti le sue meraviglie! Il suo regno è un regno eterno e il suo dominio di generazione in generazione». 

La confessione del re esprime la più pura fede del popolo del Signore. È messa però sulla bocca di un re pagano, del re distruttore di Gerusalemme.  

Quanto sono grandi i suoi prodigi e quanto potenti le sue meraviglie! Il suo regno è un regno eterno e il suo dominio di generazione in generazione». 

Il Dio del cielo fa grandi prodigi e potenti meraviglie. Nessun Dio sulla terra e nei cieli è capace di fare cose come Lui. Lui è sopra ogni altro dio.  

Il suo regno è eterno.  Il suo dominio è di generazione in generazione. È un regno che non passa da un dio ad un altro. Rimane stabile per sempre. 

Questa fede perfetta è il frutto dell’obbedienza di un uomo che non ha voluto ascoltare il decreto del re, preferendo la morte all’idolatria. 

Ora è giusto che ci chiediamo: al di là della verità storica degli eventi, vi è una verità teologica che deve essere sempre trasformata in purissima verità storica. 

L’insegnamento dello Spirito Santo è chiaro, evidente: chi vuole che attorno a sé sorga la vera fede nel Dio Altissimo, deve rimanere saldo nella sua fede. 

Ogni fedele in Dio rimane stabile se mai passa dalla Parola del suo Dio alla Parola degli uomini. Se mai scivola dalla vera fede nell’idolatria. 

È evidente che l’idolatria può chiedere anche il martirio al fedele in Dio. Il fedele in Dio, per amore del suo Dio, deve consegnare il suo corpo alla morte. 

Sadrac e i suoi compagni non adorano la statua. Rimangono fedeli. Il re li fa gettare nella prigione. Dio viene, li libera, li salva. 

Qual è il frutto di questa obbedienza? La nascita della professione della verità di Dio nel cuore di Nabucodònosor. Il Dio di Sadrac è diverso da tutti gli dèi. 

Il Dio di Sadrac è il solo che opera cose portentose, è il Dio dal regno eterno, è anche il Dio il cui dominio rimane di generazione in generazione.  

Tutti i regni passano, tutti i re muoiono, tutti gli dèi scompaiono, tutte le filosofie sfioriscono, tutte le teologie perdono il vigore, Dio rimane in eterno. 

Questa confessione di purissima fede nel Dio dei  Padri è il frutto di una obbedienza fino alla morte. La fede nasce dall’obbedienza alla fede. 

Non vi sono altre vie. La predicazione rivela Dio, la fede in Dio nasce dall’obbedienza a Dio, così come la fede in Cristo nasce dall’obbedienza a Lui.  

Chi vuole essere un operatore di fede ora sa cosa fare: deve prestare la più pura obbedienza alla Parola di Cristo, di Dio. Il Vangelo deve divenire vita. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 9 agosto 2024

La vera fede trasformata in pura obbedienza, anche con l’esposizione della propria vita alla morte, sempre produce ottimi frutti per la terra e per il cielo.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


95Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio. 

Ora Nabucodònosor benedice il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego. Il loro Dio ha mandato il suo Angelo per liberare dalle fiamme i suoi adoratori.  

Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio. 

Il re riconosce anche il motivo per cui il Signore li ha liberati. Perché per obbedire a Lui hanno trasgredito l’ordine del re esponendosi alla morte. 

Essi hanno confidato in Dio. Non hanno voluto adorare alcun altro dio. Si sono consegnati alla morte. Si sono lasciati gettare nella fornace per fede. 

Dio ha premiato la loro obbedienza, la loro fiducia in Lui, pur sapendo che Sadrac e i suoi compagni erano anche pronti a morire per Lui. 

Quella del re è testimonianza perfetta. Nulla manca. Si dice in essa chi libera, per mezzo di chi libera, per quale motivo libera.  

96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, sia fatto a pezzi e la sua casa sia ridotta a letamaio, poiché non c’è nessun altro dio che possa liberare allo stesso modo». 

Ora il re emana un decreto. Ordina a tutti i sudditi del suo regno, di ogni popolo, nazione, lingua, che nessuna offesa sia proferita contro il Dio del cielo. 

Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, sia fatto a pezzi e la sua casa sia ridotta a letamaio, poiché non c’è nessun altro dio che possa liberare allo stesso modo». 

Al decreto viene aggiunta anche la pena per quanti non avrebbero obbedito alla sua decisione. È una pena severissima per il trasgressore e la sua casa. 

Il trasgressore sarebbe stato fatto a pezzi e la sua casa ridotta ad un letamaio. Viene anche rivelato il motivo di un così severo decreto. 

Non c’è nessun dio che possa liberare allo stesso modo. Nessun dio è capace di salvare dalle fiamme i suoi adoratori. Solo il Dio del cielo è capace. 

Nabucodònosor riconosce che il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego è il Dio sopra tutti gli dèi. È il Dio che nessuno potrà eguagliare.  

Nessun Dio è come Lui. Le sue opere lo attestano. Quanto Lui ha fatto rivela la sua vera grandezza. Il re non abolisce l’idolatria, vi aggiunge un altro Dio. 

Il Dio che Lui aggiunge, decretando che nessuna offesa sia a Lui fatta, è però riconosciuto sopra ogni altro dio. Questa verità è essenziale.

Non si tratta di aggiungere un altro Dio uguale a tutti gli altri dèi, ma di un Dio che è sopra ogni altro Dio. Questa è la verità della confessione del re. 

97Da allora il re diede autorità a Sadrac, Mesac e Abdènego nella provincia di Babilonia. 

Ora il re è come se volesse premiare i tre giovani, ma anche trarre dalla sua parte il loro Dio. Avere un Dio potente dalla sua parte è sempre cosa ottima. 

Da allora il re diede autorità a Sadrac, Mesac e Abdènego nella provincia di Babilonia. Viene data ai tre giovani autorità nella provincia di Babilonia.  

Dalla condanna a morte, non solo nasce la retta fede – anche se non perfetta – nel Dio del cielo, ma anche i giovani ne traggono un beneficio. 

La vera fede trasformata in pura obbedienza, anche con l’esposizione della propria vita alla morte, sempre produce ottimi frutti per la terra e per il cielo. 

È verità: la fede negli altri nasce dalla nostra fede trasformata in purissima obbedienza a Dio. Senza la nostra obbedienza, la nostra fede è sterile. 

Nessun frutto viene dalla fede quando rimane fede solamente creduta con la mente, ma non vissuta con il corpo. Il corpo va consegnato all’obbedienza. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 21 luglio 2024

Il Signore, conservando in vita i tre giovani nella fornace, ha attestato al re che è Lui il Signore del cielo e della terra, del fuoco e di tutta la creazione.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. 

Il Signore, conservando in vita i tre giovani nella fornace, ha attestato al re che è Lui il Signore del cielo e della terra, del fuoco e di tutta la creazione. 

Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. 

Tra quanto viene riferito nel versetto e quanto detto precedentemente non vi è alcuna relazione di continuità. Ignoriamo perché il re rimane stupito. 

Non sappiamo dove il re si trovi in questo istante. Non sappiamo se fosse coricato nel letto o fosse seduto sul suo trono.  

Sappiamo però che è rimasto stupito da quanto ha visto. Questo stupore lo spinge a chiedere per avere risposte certe. 

È certo che nella fornace sono stati gettati tre giovani. È certo che le fiamme raggiungevano in altezza fuori della fornace i venticinque metri.  

Questa verità è testimoniata dai servi di Nabucodònosor. Certezza storica e certezza della visione non coincidono. Il re vede altro nella fornace. 

92Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». 

Non solo Nabucodònosor vede quattro uomini sciolti che camminano in mezzo al cuoco, il quarto ha l’aspetto di un figlio di dèi. Ce n’è uno in più.  

Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». I giovani non solo non sono morti. Sono anche liberi. 

Assieme a loro il re vede l’Angelo mandato dal Signore perché tenesse lontano dai tre giovani le fiamme perché nessun male fosse loro arrecato. 

Prima verità. Nabucodònosor constata che le fiamme non hanno arrecato alcun danno. Vede anche che nella fornace vi è una persona speciale. 

Questa persona non appartiene al mondo di quaggiù, al mondo visibile. Appartiene al mondo degli dèi, anzi lui stesso è un figlio di dèi. 

Seconda verità. Il re deve ora confessare che le parole dette da Sadrac sul suo Dio sono vere. Il Dio di Sadrac può liberare dalla mano del re. 

93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace di fuoco ardente e prese a dire: «Sadrac, Mesac, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori». Allora Sadrac, Mesac e Abdènego uscirono dal fuoco. 

Ora Nabucodònosor dona l’ordine ai tre giovani di uscire fuori. Vengono chiamati servi del Dio altissimo. I tre giovani escono dal fuoco. 

Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace di fuoco ardente e prese a dire: «Sadrac, Mesac, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori». Allora Sadrac, Mesac e Abdènego uscirono dal fuoco. 

Importante in questo versetto è la confessione fatta dal re: si rivolge ai tre giovani chiamandoli servi del Dio Altissimo.  

Egli riconosce che il Dio Altissimo è vero Dio. Non è una invenzione dei tre giovani. Se fosse una invenzione, essi sarebbero stati ridotti in cenere. 

Volendo fare un paragone, sembra di trovarci dinanzi alla tomba di Lazzaro, quando Gesù grida: “Lazzaro, vieni fuori!”. Si esce dalla fornace con facilità. 

Il re dona l’ordine ed essi vengono fuori. Il testo non si preoccupa delle modalità. Il racconto è finalizzato alla confessione di Nabucodònosor. 

Il re si trova dinanzi a dei servi del Dio altissimo, il solo che ha la potenza di impedire al fuoco di non essere fuoco e alle fiamme di non essere fiamme.  

Il re deve confessare che la sua “onnipotenza” può valere sugli uomini, ma non sul Dio Altissimo. Oggi lui deve confessare la sua sconfitta. 

94Quindi i sàtrapi, i governatori, i prefetti e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere, che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l’odore del fuoco era penetrato in essi. 

Tutti i funzionari del regno devono confessare la stessa verità storica. Il fuoco con i tre giovani non è stato fuoco, le fiamme non sono state fiamme. 

Quindi i sàtrapi, i governatori, i prefetti e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere, che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l’odore del fuoco era penetrato in essi. Essi attestano e parlano come se mai i giovani fossero stati tra le fiamme. 

Il fuoco sui tre giovani non aveva avuto alcun potere. Neppure un capello del capo era stato bruciato. I mantelli non erano stati toccati. Niente di niente. 

Cosa ancora più sorprendente per i funzionari del re è la constatazione che neanche l’odore del fumo è penetrato in essi. Il fuoco non era fuoco. 

È come se i tre giovanni fossero stati altrove. Nessun segno del fuoco e delle fiamme era sui loro corpi o sui loro vestiti. Niente di niente. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 20 giugno 2024

Benedite, sorgenti, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Senza le sorgenti, la vita sarebbe in grande sofferenza. Esse le danno ogni vigore.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


77Benedite, sorgenti, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. 

Benedite, sorgenti, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Senza le sorgenti, la vita sarebbe in grande sofferenza. Esse le danno ogni vigore. 

78Benedite, mari e fiumi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. 

Benedite, mari e fiumi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Vi è qualcosa di più essenziale per la vita sulla terra dei mari e dei fiumi?  

Cosa vi è di più necessario, perché sorgente di ogni vita, per un popolo che vive in una terra la cui acqua viene solo dal cielo?  

I Salmi sempre inneggiano all’acqua che come vero fiume di vita si riversa sulla terra. L’acqua è potente benedizione del Signore.  

Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti. A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti. Beato chi hai 

scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacre del tuo tempio. 

Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, fiducia degli estremi confini della terra e dei mari più lontani. Tu rendi saldi i monti con la tua forza, cinto di potenza. 

Tu plachi il fragore del mare, il fragore dei suoi flutti, il tumulto dei popoli. Gli abitanti degli estremi confini sono presi da timore davanti ai tuoi segni: tu fai gridare di gioia  le soglie dell’oriente e dell’occidente. 

Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l’anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia! (Sal 65 (64) 1-14).  

Il Signore regna, si riveste di maestà: si riveste il Signore, si cinge di forza. È stabile il mondo, non potrà vacillare. Stabile è il tuo trono da sempre, dall’eternità tu sei. Alzarono i fiumi, Signore, alzarono i fiumi la loro voce, alzarono i fiumi il loro fragore. Più del fragore di acque impetuose, più potente dei flutti del mare, potente nell’alto è il Signore. Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti! La santità si addice alla tua casa per la durata dei giorni, Signore (Sal 93 (92) 1-5).  

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni! Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra: giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine (Sal 98 (97) 1-9).  

Nel Giardino dell’Eden vi erano ben quattro fiumi che l’attraversavano. Essi sono simbolo della pienezza della vita che fioriva in esso.  

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