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domenica 17 marzo 2024

La vita dell’uomo è anche dalla vita rispettata della creazione. Se l’uomo non rispetta la vita della creazione all’istante è la sua vita che non viene rispettata.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


La vita dell’uomo è anche dalla vita rispettata della creazione. Se l’uomo non rispetta la vita della creazione all’istante è la sua vita che non viene rispettata. 

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: 

«Chi è mai costui che oscura il mio piano con discorsi da ignorante? Cingiti i fianchi come un prode: io t’interrogherò e tu mi istruirai! Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri? Dimmelo, se sei tanto intelligente! Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la corda per misurare? Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e acclamavano tutti i figli di Dio? 

Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, e gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?  

Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all’aurora, perché afferri la terra per i lembi e ne scuota via i malvagi, ed essa prenda forma come creta premuta da sigillo e si tinga come un vestito, e sia negata ai malvagi la loro luce e sia spezzato il braccio che si alza a colpire? 

Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell’abisso hai tu passeggiato? Ti sono state svelate le porte della morte e hai visto le porte dell’ombra tenebrosa? Hai tu considerato quanto si estende la terra? Dillo, se sai tutto questo! 

Qual è la strada dove abita la luce e dove dimorano le tenebre, perché tu le possa ricondurre dentro i loro confini e sappia insegnare loro la via di casa? Certo, tu lo sai, perché allora eri già nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande! 

Sei mai giunto fino ai depositi della neve, hai mai visto i serbatoi della grandine, che io riserbo per l’ora della sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia? 

Per quali vie si diffonde la luce, da dove il vento d’oriente invade la terra? 

Chi ha scavato canali agli acquazzoni e una via al lampo tonante, per far piovere anche sopra una terra spopolata, su un deserto dove non abita nessuno, per dissetare regioni desolate e squallide e far sbocciare germogli verdeggianti? 

Ha forse un padre la pioggia? O chi fa nascere le gocce della rugiada? Dal qual grembo esce il ghiaccio e la brina del cielo chi la genera, quando come pietra le acque si induriscono e la faccia dell’abisso si raggela? 

Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi o sciogliere i vincoli di Orione? Puoi tu far spuntare a suo tempo le costellazioni o guidare l’Orsa insieme con i suoi figli? 

Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla terra? Puoi tu alzare la voce fino alle nubi per farti inondare da una massa d’acqua? Scagli tu i fulmini ed essi partono dicendoti: “Eccoci!”?  

Chi mai ha elargito all’ibis la sapienza o chi ha dato al gallo intelligenza? 

Chi mai è in grado di contare con esattezza le nubi e chi può riversare gli otri del cielo, quando la polvere del suolo diventa fango e le zolle si attaccano insieme? 

Sei forse tu che vai a caccia di preda per la leonessa e sazi la fame dei leoncelli, quando sono accovacciati nelle tane o stanno in agguato nei nascondigli? 

Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i suoi piccoli gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo? (Gb 38,1-41).  

Sai tu quando figliano i camosci o assisti alle doglie delle cerve? 

Conti tu i mesi della loro gravidanza e sai tu quando devono partorire? Si curvano e si sgravano dei loro parti, espellono i loro feti. Robusti sono i loro figli, crescono all’aperto, se ne vanno e non tornano più da esse. 

Chi lascia libero l’asino selvatico e chi ne scioglie i legami? Io gli ho dato come casa il deserto e per dimora la terra salmastra. Dei rumori della città se ne ride e non ode le urla dei guardiani. Gira per le montagne, sua pastura, e va in cerca di quanto è verde. 

Forse il bufalo acconsente a servirti o a passare la notte presso la tua greppia? Puoi forse legare il bufalo al solco con le corde, o fargli arare le valli dietro a te? Ti puoi fidare di lui, perché la sua forza è grande, e puoi scaricare su di lui le tue fatiche? Conteresti su di lui, perché torni e raduni la tua messe sull’aia? 

Lo struzzo batte festosamente le ali, come se fossero penne di cicogna e di falco. Depone infatti sulla terra le uova e nella sabbia le lascia riscaldare. Non pensa che un piede può schiacciarle, una bestia selvatica calpestarle. Tratta duramente i figli, come se non fossero suoi, della sua inutile fatica non si preoccupa, perché Dio gli ha negato la saggezza e non gli ha dato in sorte l’intelligenza. Ma quando balza in alto, si beffa del cavallo e del suo cavaliere. 

Puoi dare la forza al cavallo e rivestire di criniera il suo collo? Puoi farlo saltare come una cavalletta, con il suo nitrito maestoso e terrificante? Scalpita nella valle baldanzoso e con impeto va incontro alle armi. Sprezza la paura, non teme, né retrocede davanti alla spada. Su di lui tintinna la faretra, luccica la lancia e il giavellotto. Con eccitazione e furore divora lo spazio e al suono del corno più non si tiene. Al primo suono nitrisce: “Ah!” e da lontano fiuta la battaglia, gli urli dei capi e il grido di guerra. 

È forse per il tuo ingegno che spicca il volo lo sparviero e distende le ali verso il meridione? 

O al tuo comando l’aquila s’innalza e costruisce il suo nido sulle alture? Vive e passa la notte fra le rocce, sugli spuntoni delle rocce o sui picchi. Di lassù spia la preda e da lontano la scorgono i suoi occhi. I suoi piccoli succhiano il sangue e dove sono cadaveri, là essa si trova» (Gb 39,1-30).  

Il Signore prese a dire a Giobbe: 

«Il censore vuole ancora contendere con l’Onnipotente? L’accusatore di Dio risponda!». 

Giobbe prese a dire al Signore: 

«Ecco, non conto niente: che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò, due volte ho parlato, ma non continuerò». 

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: 

«Cingiti i fianchi come un prode: io t’interrogherò e tu mi istruirai! Oseresti tu cancellare il mio giudizio, dare a me il torto per avere tu la ragione? Hai tu un braccio come quello di Dio e puoi tuonare con voce pari alla sua? Su, órnati pure di maestà e di grandezza, rivèstiti di splendore e di gloria! Effondi pure i furori della tua collera, guarda ogni superbo e abbattilo, guarda ogni superbo e umilialo, schiaccia i malvagi ovunque si trovino; sprofondali nella polvere tutti insieme e rinchiudi i loro volti nel buio! Allora anch’io ti loderò,  perché hai trionfato con la tua destra. 

Ecco, l’ippopotamo che io ho creato al pari di te, si nutre di erba come il bue. Guarda, la sua forza è nei fianchi e il suo vigore nel ventre. Rizza la coda come un cedro, i nervi delle sue cosce s’intrecciano saldi, le sue vertebre sono tubi di bronzo, le sue ossa come spranghe di ferro. Esso è la prima delle opere di Dio; solo il suo creatore può minacciarlo con la spada. Gli portano in cibo i prodotti dei monti, mentre tutte le bestie della campagna si trastullano attorno a lui. 

Sotto le piante di loto si sdraia, nel folto del canneto e della palude. Lo ricoprono d’ombra le piante di loto, lo circondano i salici del torrente. Ecco, se il fiume si ingrossa, egli non si agita, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca, resta calmo. Chi mai può afferrarlo per gli occhi, o forargli le narici con un uncino?  

Puoi tu pescare il Leviatàn con l’amo e tenere ferma la sua lingua con una corda, ficcargli un giunco nelle narici e forargli la mascella con un gancio? Ti rivolgerà forse molte suppliche o ti dirà dolci parole? Stipulerà forse con te un’alleanza, perché tu lo assuma come servo per sempre? Scherzerai con lui come un passero, legandolo per le tue bambine? Faranno affari con lui gli addetti alla pesca, e lo spartiranno tra i rivenditori? Crivellerai tu di dardi la sua pelle e con la fiocina la sua testa? Prova a mettere su di lui la tua mano: al solo ricordo della lotta, non ci riproverai! (Gb 40,1-32).  

Ecco, davanti a lui ogni sicurezza viene meno, al solo vederlo si resta abbattuti. Nessuno è tanto audace da poterlo sfidare: chi mai può resistergli? Chi mai lo ha assalito e ne è uscito illeso? Nessuno sotto ogni cielo. Non passerò sotto silenzio la forza delle sue membra, né la sua potenza né la sua imponente struttura. Chi mai ha aperto il suo manto di pelle e nella sua doppia corazza chi è penetrato? Chi mai ha aperto i battenti della sua bocca, attorno ai suoi denti terrificanti? Il suo dorso è formato da file di squame, saldate con tenace suggello: l’una è così unita con l’altra che l’aria fra di esse non passa; ciascuna aderisce a quella vicina, sono compatte e non possono staccarsi. 

Il suo starnuto irradia luce, i suoi occhi sono come le palpebre dell’aurora. Dalla sua bocca erompono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici esce fumo come da caldaia infuocata e bollente. Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli escono fiamme. Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre il terrore. Compatta è la massa della sua carne, ben salda su di lui e non si muove. Il suo cuore è duro come pietra, duro come la macina inferiore. 

Quando si alza si spaventano gli dèi e per il terrore restano smarriti. La spada che lo affronta non penetra, né lancia né freccia né dardo. Il ferro per lui è come paglia, il bronzo come legno tarlato. Non lo mette in fuga la freccia, per lui le pietre della fionda sono come stoppia. Come stoppia è la mazza per lui e si fa beffe del sibilo del giavellotto.  

La sua pancia è fatta di cocci aguzzi e striscia sul fango come trebbia. Fa ribollire come pentola il fondo marino, fa gorgogliare il mare come un vaso caldo di unguenti. Dietro di sé produce una scia lucente e l’abisso appare canuto. Nessuno sulla terra è pari a lui, creato per non aver paura. Egli domina tutto ciò che superbo s’innalza, è sovrano su tutte le bestie feroci» (Gb 41,1-26).  

Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.  

Ascoltami e io parlerò, io t’interrogherò e tu mi istruirai! Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere» (Gb 42,1-6).  

Sadrac invita ogni elemento di questa stupenda creazione di Dio, portatore di un grande mistero di vita, a riconoscere il suo Creatore e a benedirlo.  

Ogni elemento della creazione vicino e lontano, visibile e invisibile, noto e ignoto è opera di Dio. È giusto che riconosca il suo Signore. È giusto che lo lodi.  

Il primo invito a lodare il Signore è rivolto agli Angeli di Dio. Essi sono creature incorporee, spirituali, ma sono sue creature. A Dio va la loro benedizione. 

Poi nell’ordine seguono tutte le altre creature, a cominciare da quelle che stanno in alto, giungendo fino a quelle che stanno negli abissi delle acque. 

Nei cieli, sulla terra, negli abissi del mare, sopra i cieli, tutto è opera di Dio. Ogni essere creato deve rivestirsi di umiltà e benedire il suo Signore. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 4 febbraio 2024

L’uomo deve porre ogni attenzione a non mettersi mai fuori della sapienza, luce, verità che vengono da Dio. Senza Dio il governo è non governo.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE


57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.

 Finora Sadrac ha contemplato Dio in ogni sua manifestazione, sulla terra e nei cieli, e lo ha dichiarato degno di ogni benedizione, gloria, lode, onore. 

Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Ora invita tutte le opere del Signore a lodare e a benedire il Signore. 

Possiamo affermare che quanto Sadrac rivela nella fornace ardente dona compimento alla rivelazione precedente contenuta nel Libro di Giobbe. 

In Giobbe è il Signore che invita l’uomo a riflettere, meditare, osservare tutta la creazione visibile. Essa è portatrice di un mistero che solo Dio conosce. 

Ogni creatura, dalla più piccola alla più grande, dalla più comune e quella più singolare e unica, è carica di un fine sconosciuto all’uomo. 

Nella creazione di Dio non vi è nessuna creatura che non sai stata voluta dal Signore per dare completezza a ciò che manca alle altre. 

Tutte attestano la grandezza, la sapienza, la scienza, la potenza del Signore. All’uomo è stato dato il governo della terra, ma nel rispetto di ogni cosa.

L’uomo deve porre ogni attenzione a non mettersi mai fuori della sapienza, luce, verità che vengono da Dio. Senza Dio il governo è non governo. 

Altra verità che mai si deve dimenticare vuole che le cose, anche se trasformate dall’uomo, obbediscono alla loro verità, non a ciò che l’uomo vuole. 

Nulla nella creazione di Dio obbedisce all’uomo. La creazione animata e inanimata sempre obbedisce al Signore. Solo Lui è il Signore. 

 A Giobbe il Signore ricorda, passando in rassegna tutte le sue opere, che vi è un mistero in esse che l’uomo è obbligato a rispettare. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

mercoledì 3 gennaio 2024

Vi è forse qualcosa che sfugge allo sguardo del Signore? Nulla. Tutto lui sa e conosce della sua creazione. Ogni abisso e ogni altezza sono da lui conosciuti.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi e siedi sui cherubini, degno di lode e di gloria nei secoli. 

Vi è forse qualcosa che sfugge allo sguardo del Signore? Nulla. Tutto lui sa e conosce della sua creazione. Ogni abisso e ogni altezza sono da lui conosciuti. 

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi e siedi sui cherubini, degno di lode e di gloria nei secoli. Dio conosce l’infinitamente grande. 

Ma anche conosce l’infinitamente piccolo, ciò che è immensamente alto e ciò che è immensamente basso. Tutto è da Lui conosciuto, nulla è a Lui ignoto. 

Tutto è anche da Lui governato, perché tutto da Lui creato. Può il Signore non conoscere ciò che ha fatto? Questa è la grandezza del nostro Dio. 

Poiché nulla esiste se Lui non lo chiama all’esistenza, dal momento che nessun altro dio da Lui è stato creato, ogni altro dio è invenzione e opera dell’uomo. 

56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo, degno di lode e di gloria nei secoli. 

Anche il firmamento, che attesta l’infinita grandezza del nostro Dio, è opera delle sue mani e per questo Lui va lodato ed esaltato. 

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo, degno di lode e di gloria nei secoli. 

Contemplando il firmamento ogni uomo deve confessare la grandezza di Dio. 

Ma il Dio che ha fatto il firmamento è il Dio dei padri, non vi è altro Dio che lo ha fatto. La creazione nel piccolo, nel grande, visibile e invisibile è opera sua. 

Sotto qualsiasi aspetto Dio è guardato, in ogni opera nella quale è contemplato, una deve essere la risposta dell’uomo: una grande benedizione e lode.

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

martedì 24 ottobre 2023

Pregare il Dio che è nel suo tempio santo, glorioso, è certezza di esaudimento. Esaudendo, Dio si rivela grande nell’amore, nel perdono, nella misericordia.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


53 Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso, degno di lode e di gloria nei secoli. 

Dove ha manifestato il Signore la sua onnipotenza di salvezza? Nel suo tempio santo. Il popolo lo invoca e Lui ascolta. Il popolo chiede e Lui risponde. 

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso, degno di lode e di gloria nei secoli. La casa del Signore era casa di preghiera per tutti i popoli. 

Al Dio che era nel tempio si poteva accedere per chiedere ogni grazia. Nel suo tempio santo Dio manifesta il suo amore. Per questo amore va lodato.  

Questa verità la troviamo manifestata e rivelata nella preghiera che Salomone innalza al Signore il giorno della dedicazione del tempio. 

Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal Santo di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto. 

Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse: 

«Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». 

Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi, e disse: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ha adempiuto con le sue mani quanto con la bocca ha detto a Davide, mio padre: “Da quando ho fatto uscire Israele, mio popolo, dall’Egitto, io non ho scelto una città fra tutte le tribù d’Israele per costruire una casa, perché vi dimorasse il mio nome, ma ho scelto Davide perché governi il mio popolo Israele”. Davide, mio padre, aveva deciso di costruire una casa al nome del Signore, Dio d’Israele, ma il Signore disse a Davide, mio padre: “Poiché hai deciso di costruire una casa al mio nome, hai fatto bene a deciderlo; solo che non costruirai tu la casa, ma tuo figlio, che uscirà dai tuoi fianchi, lui costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha attuato la parola che aveva pronunciato: sono succeduto infatti a Davide, mio padre, e siedo sul trono d’Israele, come aveva preannunciato il Signore, e ho costruito la casa al nome del Signore, Dio d’Israele. Vi ho fissato un posto per l’arca, dove c’è l’alleanza che il Signore aveva concluso con i nostri padri quando li fece uscire dalla terra d’Egitto». 

Poi Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso il cielo, disse: «Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai adempiuto con la tua mano, come appare oggi. Ora, Signore, Dio d’Israele, mantieni nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto gli hai promesso dicendo: “Non ti mancherà mai un discendente che stia davanti a me e sieda sul trono d’Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta, camminando davanti a me come hai camminato tu davanti a me”. Ora, Signore, Dio d’Israele, si adempia la tua parola, che hai rivolto al tuo servo Davide, mio padre! 

Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”. Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. 

Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona! 

Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché gli è imposto un giuramento imprecatorio, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascoltalo nel cielo, intervieni e fa’ giustizia con i tuoi servi; condanna il malvagio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente, rendendogli quanto merita la sua giustizia. 

Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te, ma si converte a te, loda il tuo nome, ti prega e ti supplica in questo tempio, tu ascolta nel cielo, perdona il peccato del tuo popolo Israele e fallo tornare sul suolo che hai dato ai loro padri. 

Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, ma ti pregano in questo luogo, lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati, tu ascolta nel cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. 

Quando sulla terra ci sarà fame o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi, quando il suo nemico lo assedierà nel territorio delle sue città o quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere, ogni preghiera e ogni supplica di un solo individuo o di tutto il tuo popolo Israele, di chiunque abbia patito una piaga nel cuore e stenda le mani verso questo tempio, tu ascoltala nel cielo, luogo della tua dimora, perdona, agisci e da’ a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore, poiché solo tu conosci il cuore di tutti gli uomini, perché ti temano tutti i giorni della loro vita sul suolo che hai dato ai nostri padri. 

Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo nome, perché si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito. 

Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici, seguendo la via sulla quale l’avrai mandato, e pregheranno il Signore rivolti verso la città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, ascolta nel cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.  

Quando peccheranno contro di te, poiché non c’è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in una terra ostile, lontana o vicina, se nella terra in cui saranno deportati, rientrando in se stessi, torneranno a te supplicandoti nella terra della loro prigionia, dicendo: “Abbiamo peccato, siamo colpevoli, siamo stati malvagi”, se torneranno a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nella terra dei nemici che li avranno deportati, e ti supplicheranno rivolti verso la loro terra che tu hai dato ai loro padri, verso la città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Perdona al tuo popolo, che ha peccato contro di te, tutte le loro ribellioni con cui si sono ribellati contro di te, e rendili oggetto di compassione davanti ai loro deportatori, affinché abbiano di loro misericordia, perché si tratta del tuo popolo e della tua eredità, di coloro che hai fatto uscire dall’Egitto, da una fornace per fondere il ferro. 

Siano aperti i tuoi occhi alla preghiera del tuo servo e del tuo popolo Israele e ascoltali in tutto quello che ti chiedono, perché te li sei separati da tutti i popoli della terra come tua proprietà, secondo quanto avevi dichiarato per mezzo di Mosè tuo servo, mentre facevi uscire i nostri padri dall’Egitto, o Signore Dio». 

Quando Salomone ebbe finito di rivolgere al Signore questa preghiera e questa supplica, si alzò davanti all’altare del Signore, dove era inginocchiato con le palme tese verso il cielo, si mise in piedi e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, a voce alta: «Benedetto il Signore, che ha concesso tranquillità a Israele suo popolo, secondo la sua parola. Non è venuta meno neppure una delle parole buone che aveva pronunciato per mezzo di Mosè, suo servo. Il Signore, nostro Dio, sia con noi come è stato con i nostri padri; non ci abbandoni e non ci respinga, ma volga piuttosto i nostri cuori verso di lui, perché seguiamo tutte le sue vie e osserviamo i comandi, le leggi e le norme che ha ordinato ai nostri padri. Queste mie parole, usate da me per supplicare il Signore, siano presenti davanti al Signore, nostro Dio, giorno e notte, perché renda giustizia al suo servo e a Israele, suo popolo, secondo le necessità di ogni giorno, affinché sappiano tutti i popoli della terra che il Signore è Dio e che non ce n’è altri. Il vostro cuore sarà tutto dedito al Signore, nostro Dio, perché cammini secondo le sue leggi e osservi i suoi comandi, come avviene oggi». 

Il re e tutto Israele con lui offrirono un sacrificio davanti al Signore. Salomone immolò al Signore, in sacrificio di comunione, ventiduemila giovenchi e centoventimila pecore; così il re e tutti gli Israeliti dedicarono il tempio del Signore. In quel giorno il re consacrò il centro del cortile che era di fronte al tempio del Signore; infatti lì offrì l’olocausto, l’offerta e il grasso dei sacrifici di comunione, perché l’altare di bronzo, che era davanti al Signore, era troppo piccolo per contenere l’olocausto, l’offerta e il grasso dei sacrifici di comunione. 

In quel tempo Salomone celebrò la festa davanti al Signore, nostro Dio, per sette giorni: tutto Israele, dall’ingresso di Camat al torrente d’Egitto, un’assemblea molto grande, era con lui. Nell’ottavo giorno congedò il popolo. I convenuti, benedetto il re, andarono alle loro tende, contenti e con la gioia nel cuore per tutto il bene concesso dal Signore a Davide, suo servo, e a Israele, suo popolo (1Re 8,1-66).  

Pregare il Dio che è nel suo tempio santo, glorioso, è certezza di esaudimento. Esaudendo, Dio si rivela grande nell’amore, nel perdono, nella misericordia. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

mercoledì 27 settembre 2023

Urge convincersi che nessun uomo potrà mai trasformare una sola Parola del suo Dio. All’uomo non è stato dato questo potere. Lui deve solo credere.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

51 Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo: 

Sadrac e i suoi compagni sono uomini di grande fede. Sanno che quanto sta accadendo ad essi, è solo frutto dell’amore del Signore. 

Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo… È al Signore che va ogni gloria. 

È il Signore che va benedetto, esaltato, lodato, osannato, celebrato. Va benedetto perché Lui è la sola, unica sorgente di ogni bene. 

Non c’è bene nel mondo, nell’universo, nell’eternità, nel tempo, se non da Lui. Chi vuole operare il bene in Lui e da Lui deve sempre attingerlo e riceverlo. 

Chi volutamente si distacca da Dio, mai potrà compiere il bene. Si distacca dalla sorgente della verità, della giustizia, dell’amore, della bontà. 

52 «Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, degno di lode e di gloria nei secoli. Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli. 

Il Dio da benedire è il Dio dei nostri padri. È il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Giosuè, tutti i profeti e i giusti che lo hanno adorato. 

«Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, degno di lode e di gloria nei secoli. Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli. Il Dio dei padri è degno di lode e gloria per i secoli eterni. 

Il Dio dei padri è degno di lode e di gloria perché il suo nome è glorioso e santo. Il Dio dei padri sempre si è attestato nella storia come il solo Dio vivo e vero. 

Attenzione! Non si è rivelato come il solo Dio vivo e vero. La rivelazione senza la storia è nulla. Dio non si è rivelato soltanto, si è anche manifestato. 

La storia attesta che ogni sua Parola è vera. Lui si è rivelato onnipotente e la storia lo attesta. Lui si è manifestato Signore e la storia lo attesta. 

Lui si è rivelato Padre e la storia lo attesta. Lui si è rivelato fedele e la storia lo attesta. Ogni Parola del Dio dei padri è attestata vera dalla storia. 

Non solo la storia, ma anche l’eternità attesterà che ogni Parola di Dio è vera. Qual è la stoltezza dell’uomo? La non fede, contro la storia, nella Parola. 

Non vi è stoltezza più grande. La storia conferma la verità di ogni Parola di Dio, assieme all’eternità e l’uomo dichiara il contrario. Dice cose diverse.

Urge convincersi che nessun uomo potrà mai trasformare una sola Parola del suo Dio. All’uomo non è stato dato questo potere. Lui deve solo credere.  

Sadrac parla dalla fornace ardente. È in questa fornace che lui sta sperimentando la verità di ogni Parola del suo Dio. Sperimenta e confessa.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

lunedì 28 agosto 2023

Non vi è conforto più gradevole di questo. Questa trasformazione rivela che tutto è per opera del Signore. Nulla è dall’uomo. Nulla dalla creazione.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


47 La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace 

La fiamma è così alta da raggiungere quasi i venticinque metri di altezza. Se fuori è così alta, possiamo solamente immaginare cosa avviene nella fornace. 

La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace . Anche la descrizione di questa fiamma serve per attestare la grandezza del Dio di Daniele. 

Una fiamma così alta mai potrà consentire che qualcuno possa uscire vivo dalla fornace. Umanamente questo è impossibile. Per i servi del re la morte è sicura. 

48 e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace. 

Altro segno che per Azaria e i suoi compagni è la fine. La fiamma che esce dalla fornace brucia i Caldei che sono vicino alla fornace. 

E uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace . Se la fiamma uccide quelli di fuori, potranno rimanere in vita quelli che sono dentro? 

Ancora un ulteriore segno che dovrà manifestare tutta la potenza e la gloria del Signore. Nessuno potrà liberare dal fuoco. Solo il Dio vivo e vero può.  

49 Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace 

Viene ora svelato il mistero per cui Azaria e i suoi compagni rimangono in vita nella fornace. L’Angelo del Signore fa loro da scuso e protezione. 

Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace. 

L’angelo del Signore scende nella fornace e tiene lontano da Azaria e dai suoi compagni la fiamma perché nessun danno venga loro fatto. 

Dio priva il fuoco di ogni suo potere. È come se avesse trasformato il fuoco in una brezza leggera e soave, piacevole e gustosa in un giorno di estate.  

50 e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia. 

Non solo l’Angelo del Signore allontana le fiamme da Azaria e dai suoi compagni, trasforma anche la fornace in un luogo fresco e umido. 

e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia. È come se trasformasse il fuoco in rugiada. 

Così mentre le fiamme all’esterno bruciano quanti essi raggiungono, all’interno le stesse fiamme sono trasformate in vento umido, pieno di rugiada.  

Non vi è conforto più gradevole di questo. Questa trasformazione rivela che tutto è per opera del Signore. Nulla è dall’uomo. Nulla dalla creazione. 

La creazione, che sempre obbedisce al suo Signore, trasforma le sue qualità naturali in ciò che il Signore vuole che in quel momento esse siano.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 


sabato 5 agosto 2023

Ai figli di Dio è chiesta una cosa sola: rimanere sempre veri figli di Dio e mai lasciarsi tentare dalla potenza del male perché diventino non più figli di Dio.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE


46 I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. 

I servi del re vogliono essere sicuri che Azaria e i suoi compagni vengano interamente consumati e ridotti in cenere dalle fiamme della fornace. 

I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.  

Per questo alimentano il fuoco con bitume, stoppa, pece e sarmenti. Azaria e gli altri mai più dovranno rivedere la luce del sole. 

Anche questa azione serve per manifestare, rivelare, dire ai popoli quanto è grande il Signore. Umanamente parlando non c’è vita per Daniele. 

Anzi l’uomo tutto fa e pone in opera perché vita non ve ne sia. Ma è proprio questa ostinazione dell’uomo che rivela tutta la potenza del Signore. 

È quanto avvenne con la morte di Cristo. Si sigillò la sua tomba. Si posero delle guardie a custodia. Furono proprio le guardie a testimoniare la risurrezione. 

Sono sempre i distruttori di Dio e dei suoi figli che dovranno riconoscere la potenza del Signore. La loro malvagità non lo ha vinto, non lo ha sconfitto. 

Se l’onnipotenza di male dell’uomo non è capace di vincere Dio nei suoi figli, allora è segno che veramente Dio è grande oltre ogni potenza umana. 

Sono i nemici di Dio, che mettendo in atto tutta la loro malvagità e cattiveria, confessano l’onnipotenza e l’invincibilità del vero Dio e Signore. 

Questa verità deve essere di grande consolazione per i figli di Dio. Più grande è il male che si abbatte su di essi e più grande sarà la gloria del Signore. 

Se il Signore è capace di abbattere tutta la potenza malvagia e cattiva di un uomo, è segno che Lui è più grande di ogni uomo che vive sulla terra. 

Ai figli di Dio è chiesta una cosa sola: rimanere sempre veri figli di Dio e mai lasciarsi tentare dalla potenza del male perché diventino non più figli di Dio. 

Rimanendo essi veri figli di Dio, permettono al Signore di manifestare tutta la sua onnipotenza, la sua gloria, la sua santità in mezzo alle genti.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 


domenica 2 luglio 2023

Chi ama il vero Dio, chi vuole che altri lo amino, deve mettere ogni impegno a manifestare la bellezza, la potenza, la grandezza del suo amore.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


45 Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra». 

Ecco la verità della preghiera di Daniele: tutti i popoli vedendo la gloria di Giuda e la loro misera fine, dovranno confessare la verità del loro Dio. 

Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra» . È la storia la grande rivelatrice della grande gloria del vero ed unico Dio. 

Sono le sue opere che attestano la sua verità e rivelano la vanità di ogni altro idolo adorato come Dio, mentre in verità Dio non è. 

Questo vale anche per ogni adoratore del vero Dio. Sono le sue opere che dovranno attestare la differenza con tutti gli altri “dèi” della terra.  

Se alla fede, alla Parola, alla verità confessata e professata, non seguono le opere, mai l’adoratore di Dio manifesterà la verità e grandezza del suo Dio. 

Chi ama il vero Dio, chi vuole che altri lo amino, deve mettere ogni impegno a manifestare la bellezza, la potenza, la grandezza del suo amore. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

mercoledì 14 giugno 2023

Il male è il demolitore di ciò che l’uomo costruisce. Chi vuole stabilità nelle sue cose, deve costruire con Dio, nella sua Parola sempre.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 


44 Siano invece confusi quanti mostrano il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna, privati della loro potenza e del loro dominio, e sia infranta la loro forza! 

Questa preghiera di confusione e di vergogna contro i nemici del popolo del Signore, anche se è di sapore veterotestamentario, va letta con verità. 

Siano invece confusi quanti mostrano il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna, privati della loro potenza e del loro dominio, e sia infranta la loro forza! Dio deve manifestare tutta la sua potenza in vista della fede in Lui. 

Il faraone e tutti gli Egiziani furono coperti di vergogna. Ma questa vergogna non è fine a se stessa, ma perché tutti i popoli conoscano chi è il vero Dio. 

Apparentemente è una preghiera contro di popoli oppressori, in verità è preghiera per la loro conversione e salvezza.  

Non c’è preghiera vera rivolta al Signore se non è preghiera di salvezza per tutti i popoli, tutte le genti. Umiliando i popoli, essi possono convertirsi. 

Ogni uomo, umiliato da Dio, potrà conoscere la sua pochezza e il suo niente e potrà aprirsi alla confessione dell’unico e solo Dio del cielo e della terra. 

Altra verità vuole che si conosca che tutte le potenze fondate sul male crolleranno. Nessuna rimarrà stabile per sempre.  

Il male è il demolitore di ciò che l’uomo costruisce. Chi vuole stabilità nelle sue cose, deve costruire con Dio, nella sua Parola sempre. 

Questa verità mai va dimenticata. Gli empi lavorano solo per la morte, per l’inferno, la perdizione, la distruzione di ogni loro opera.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

martedì 23 maggio 2023

La natura di Dio è una, non due. Se il cristiano non attesta la potenza dell’amore che è la natura divina, è segno che Lui non è con il suo Dio.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

3 Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore. 

Al Signore si chiede ora di intervenire con i suoi prodigi. La salvezza non è un fatto naturale. Essa è l’azione più sconvolgente di Dio. 

Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore . La salvezza è un prodigio perenne del Signore, opera portentosa del suo grande amore. 

C’è opera più portentosa della croce di Gesù Signore? Essa ci rivela fin dove può spingersi l’amore di Dio per l’uomo. Dio dona la sua vita per noi. 

Compiendo l’opera della salvezza, vero prodigio del suo amore, il Signore dona gloria al suo nome. Mostra quanto è grande il suo amore.  

Ognuno agendo rivela il suo nome. Satana mostra superbia e odio. L’uomo rivela stoltezza e insipienza. Dio manifesta tutta la potenza del suo amore. 

È dai frutti che si deve riconoscere la verità del nostro Dio. Ma anche il confronto con gli “altri dèi” – in verità altri non esistono – è sempre sull’amore. 

Avendo Dio, nel battesimo, partecipato la sua natura all’uomo, l’uomo deve attestare visibilmente la superiorità del suo Dio con le opere di Dio. 

La natura di Dio è una, non due. Se il cristiano non attesta la potenza dell’amore che è la natura divina, è segno che Lui non è con il suo Dio. 

LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

domenica 30 aprile 2023

I canoni dell’agire di Dio sono infinitamente differenti dai canoni di azione dell’uomo. Canone di Dio è il suo amore eterno. Canone dell’uomo è il peccato.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

42 Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. 

Ora Azaria fa appello alla clemenza, alla grande misericordia del Signore. Infranta l’alleanza Dio è libero da ogni impegno derivante da essa. 

Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia . Ma è proprio questa la grandezza della misericordia: la possibilità del pentimento. 

Questa verità raggiunge il sommo della rivelazione con il Libro della Sapienza. Tutta la storia è vista, letta, compresa, pensata come opera della misericordia. 

La sapienza favorì le loro imprese per mezzo di un santo profeta. Attraversarono un deserto inospitale, fissarono le tende in terreni impraticabili, resistettero agli avversari, respinsero i nemici. Ebbero sete e ti invocarono e fu data loro acqua da una rupe scoscesa, rimedio alla sete da una dura roccia. Ciò che era servito a punire i loro nemici, per loro, nel bisogno, fu strumento di favori.  

Invece dello sgorgare perenne di un fiume, reso torbido da putrido sangue in punizione di un decreto infanticida, contro ogni speranza tu desti loro acqua abbondante, mostrando attraverso la sete di allora come avevi punito i loro avversari. Difatti, messi alla prova,  sebbene puniti con misericordia, compresero come gli empi, giudicati nella collera, erano stati tormentati;  perché tu provasti gli uni come un padre che corregge, mentre vagliasti gli altri come un re severo che condanna. Lontani o vicini erano ugualmente tribolati, perché li colse un duplice dolore e un sospiro per i ricordi del passato. 

Quando infatti seppero che dal loro castigo quelli erano beneficati, si accorsero della presenza del Signore; poiché colui che prima avevano esposto e poi deriso, al termine degli avvenimenti dovettero ammirarlo, dopo aver patito una sete ben diversa da quella dei giusti. In cambio dei ragionamenti insensati della loro ingiustizia, in cui, errando, rendevano onori divini  a rettili senza parola e a bestie spregevoli, tu inviasti contro di loro come punizione una moltitudine di animali irragionevoli, perché capissero che con le cose con cui uno pecca, con quelle viene punito. 

Non era certo in difficoltà la tua mano onnipotente, che aveva creato il mondo da una materia senza forma, a mandare loro una moltitudine di orsi o leoni feroci o bestie molto feroci, prima sconosciute e create da poco, che esalano un alito infuocato o emettono un crepitìo di vapore o sprizzano terribili scintille dagli occhi, delle quali non solo l’assalto poteva sterminarli, ma lo stesso aspetto terrificante poteva annientarli. 

Anche senza queste potevano cadere con un soffio, perseguitati dalla giustizia e dispersi dal tuo soffio potente, ma tu hai disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso. Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,1-26). . 

Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore. Tu hai odiato gli antichi abitanti della tua terra santa, perché compivano delitti ripugnanti, pratiche di magia e riti sacrileghi. Questi spietati uccisori dei loro figli, divoratori di visceri in banchetti di carne umana e di sangue, iniziati in orgiastici riti, genitori che uccidevano vite indifese, hai voluto distruggere per mezzo dei nostri padri, perché la terra a te più cara di tutte ricevesse una degna colonia di figli di Dio. 

Ma hai avuto indulgenza anche di costoro, perché sono uomini, mandando loro vespe come avanguardie del tuo esercito, perché li sterminassero a poco a poco. Pur potendo in battaglia dare gli empi nelle mani dei giusti, oppure annientarli all’istante con bestie terribili o con una parola inesorabile, giudicando invece a poco a poco, lasciavi posto al pentimento,  sebbene tu non ignorassi che la loro razza era cattiva e la loro malvagità innata, e che la loro mentalità non sarebbe mai cambiata, perché era una stirpe maledetta fin da principio; e non perché avessi timore di qualcuno tu concedevi l’impunità per le cose in cui avevano peccato. 

E chi domanderà: «Che cosa hai fatto?», o chi si opporrà a una tua sentenza? Chi ti citerà in giudizio per aver fatto perire popoli che tu avevi creato? Chi si costituirà contro di te  come difensore di uomini ingiusti? Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto. Né un re né un sovrano potrebbero affrontarti in difesa di quelli che hai punito. Tu, essendo giusto, governi tutto con giustizia. Consideri incompatibile con la tua potenza condannare chi non merita il castigo. La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono. 

Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità, con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri concludesti, giurando, alleanze di così buone promesse! 

Mentre dunque correggi noi, tu colpisci i nostri nemici in tanti modi, perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati. Perciò quanti vissero ingiustamente con stoltezza tu li hai tormentati con i loro stessi abomini. Essi si erano allontanati troppo sulla via dell’errore, scambiando per dèi gli animali più abietti e più ripugnanti, ingannati come bambini che non ragionano. Per questo, come a fanciulli irragionevoli, hai mandato un castigo per prenderti gioco di loro. Ma chi non si lascia correggere da punizioni derisorie, sperimenterà un giudizio degno di Dio. Infatti, soffrendo per questi animali, s’indignavano perché puniti con gli stessi esseri che stimavano dèi, e capirono e riconobbero il vero Dio, che prima non avevano voluto conoscere. Per questo la condanna suprema si abbatté su di loro (Sap 12,1-27).  

I canoni dell’agire di Dio sono infinitamente differenti dai canoni di azione dell’uomo. Canone di Dio è il suo amore eterno. Canone dell’uomo è il peccato. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 6 aprile 2023

Dio si è “consumato” nell’amore per poter aiutare, sostenere, invitare, incoraggiare, spronare il suo popolo a ritornare nella fedeltà alla Parola.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

41 Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. 

Daniele, i suoi compagni, molti altri esuli, si stanno convertendo a Dio nella sua Parola con tutto il cuore. Hanno abbandonato l’idolatria. Vivono di obbedienza. 

Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Gli esuli sono ora di nuovo nell’Alleanza. 

Le condizioni perché il Signore torni ad amare il suo popolo ci sono tutte. Può il Signore abbandonare il suo popolo ad insulti, disprezzo, alla morte? 

L’Alleanza osservata dai figli di Giuda e di Gerusalemme obbliga il Signore perché la osservi anche Lui. Ma Lui sempre l’ha osservata . 

Non solo Lui è sempre rimasto fedele all’Alleanza, l’ha osservata al di là di ogni “divina” possibilità. Ha messo nella storia tutte le risorse del suo amore. 

Dio si è “consumato” nell’amore per poter aiutare, sostenere, invitare, incoraggiare, spronare il suo popolo a ritornare nella fedeltà alla Parola. 

Tutti gli “impegni di Dio” e sono stati veramente tanti, oltre ogni limite consentito, sempre si sono infranti contro l’ostinazione del suo popolo. 

Se c’è una sola costante in tutto l’Antico Testamento essa è la pazienza senza limiti del Signore posta interamente a servizio del suo popolo. 

L’altra costante è l’ostinazione, la ribellione, la disobbedienza, la sordità, la cecità del popolo nel non volere ascoltare il suo Signore e Dio. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 9 marzo 2023

Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE

40 Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te.  

Ora Azaria manifesta al Signore il suo desiderio: essere un sacrificio gradito al Signore, secondo le regole della perfetta obbedienza alla sua volontà. 

Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Quando si confida nel Signore? 

Quando la fiducia nel Signore è vera e quando essa è falsa? Quando è fruttuosa e quando infruttuosa? Quando si può confidare e quando no? 

Confidare nel Signore deve per tutti significare una cosa sola: confidare nella Parola del Signore. Si crede nella Parola. Si attende il suo compimento. 

Se si confida senza la Parola, fuori della Parola, in disobbedienza alla Parola, allora si tenta il Signore ed è gravissimo peccato. 

Dio e la sua Parola non sono due realtà divisibili, ma una cosa sola. Crede in Dio chi crede nella sua Parola. Chi non crede nella Parola, non crede in Dio. 

Questa verità vale anche per Cristo Gesù. Crede in Cristo, chi crede nel suo Vangelo. Non si crede nel Vangelo, non si crede in Cristo Gesù. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 29 gennaio 2023

Il sacrificio da offrire al Signore, il vero sacrificio a Lui gradito, è il dono a Lui della propria volontà per una obbedienza piena alla sua volontà oggi e sempre.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

39 Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. 

Il sacrificio da offrire al Signore, il vero sacrificio a Lui gradito, è il dono a Lui della propria volontà per una obbedienza piena alla sua volontà oggi e sempre. 

Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. 

È stato questo il sacrificio perfetto di Cristo Gesù, offertosi a Lui, come vittima di espiazione, redenzione, salvezza, dalla croce.  

Se Azaria vuole divenire vero sacrificio, vera offerta, vero olocausto, deve rimanere nella più pura obbedienza al suo Dio secondo la sua volontà. 

Il Signore di questo sacrificio si compiace, anzi è il solo sacrificio a Lui gradito. Ogni altro sacrificio è finalizzato a quest’unico e perfetto olocausto di amore.  

San Paolo nella Lettera ai Romani ci chiede di offrire questo sacrificio al Signore, indicandoci anche la giusta e sempre attuale modalità. 

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. 

Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. 

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. 

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. 

Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1.21).

Nella Lettera Prima ai Corinzi pone la carità come modalità per essere sempre e in ogni momento graditi al Signore. Ama secondo la Parola sempre.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. 

E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. 

E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. 

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. 

Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1Cor 13,1-13).  

Quella indicata da Paolo è una modalità che mai passa, mai tramonta, perché è la modalità che insegna come si vive alla perfezione la Parola del Signore. 

Si noti bene. San Paolo non dice le modalità storiche necessarie per offrire a Dio il sacrificio gradito. Dona le modalità teologiche, dottrinali. 

Le modalità storiche sono sempre dello Spirito Santo. Così tutto il Vangelo è modalità teologica necessaria per essere discepoli di Gesù. 

Le modalità storiche, o le applicazioni concrete delle modalità teologiche o dottrinali sono sempre suggerite dallo Spirito Santo ad ogni singolo discepolo. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

lunedì 2 gennaio 2023

Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

38 Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. 

Ora il popolo si trova in esilio. È privo di ogni struttura che dona vita alla sua fede. Non ci sono né principe né profeta né capo. Mancano le guide. 

Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. È come se ognuno fosse abbandonato a se stesso. 

Neanche vi è un luogo per presentare il sacrificio al Signore. Il tempio è distrutto e in esilio non si possono offrire sacrifici di nessun genere al Signore. 

Anche in questa affermazione una puntualizzazione è giusto che venga evidenziata. In Esilio il Signore ha mandato Ezechiele come suo profeta. 

Vi era anche una struttura di governo del popolo anche se minima. Qualche capo, qualche sacerdote era rimasto. Vi era anche qualche scriba. 

Urge dire una verità che distingue la vera religione dalle false, o impure, o non pienamente vere, o non perfettamente vere, o solo abbozzate. 

Principe, profeta, capo, olocausto, sacrificio, oblazione, incenso, tempio non sono essenziali alla vera religione, perché sono tutti mezzi e non fine di essa. 

Essendo mezzi e non fine, aiuto e non essenza, se queste cose vengono a mancare, la vera religione vive, perché essa è fondata sulla Parola. 

L’obbedienza alla Parola è l’essenza della vera religione. Si obbedisce alla Parola di Dio, alla Legge, ai Comandamenti, si è con il vero Dio. 

Azaria non è con il vero Dio, non è un suo devoto fedele, perché ha offerto sacrifici e olocausti, ma perché ha deciso di non obbedire al decreto del re. 

L’adorazione di Dio avviene nell’obbedienza alla Parola di Dio. Si ascolta e si vive la Parola si è del vero Dio. Non si vive nella Parola, non si è di Dio. 

Quanto Azaria ci dice, serve a manifestarci lo stato spirituale in cui versa il popolo del Signore in esilio. Non però che Dio non fosse con esso. 

La Parola ascoltata, obbedita, vissuta, realizzata ci fa veri discepoli del vero Dio. Tutto il resto ogni altra cosa non ci fa veri discepoli. 

È sufficiente leggere l’inizio del profeta Isaia, al quale si può aggiungere un altro capitolo di Geremia e si noterà che un certo culto è in abominio al Signore. 


Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe su Giuda e su Gerusalemme al tempo dei re di Giuda Ozia, Iotam, Acaz ed Ezechia. 

Udite, o cieli, ascolta, o terra, così parla il Signore: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende». 

Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro. Perché volete ancora essere colpiti, accumulando ribellioni? Tutta la testa è malata, tutto il cuore langue. Dalla pianta dei piedi alla testa non c’è nulla di sano, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite né fasciate né curate con olio.  

La vostra terra è un deserto, le vostre città arse dal fuoco. La vostra campagna, sotto i vostri occhi, la divorano gli stranieri; è un deserto come la devastazione di Sòdoma.  È rimasta sola la figlia di Sion, come una capanna in una vigna, come una tenda in un campo di cetrioli, come una città assediata. Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato qualche superstite, già saremmo come Sòdoma, assomiglieremmo a Gomorra. 

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. 

Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». 

«Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato». 

Come mai la città fedele è diventata una prostituta? Era piena di rettitudine, vi dimorava la giustizia, ora invece è piena di assassini! Il tuo argento è diventato scoria, il tuo vino è diluito con acqua. I tuoi capi sono ribelli e complici di ladri. Tutti sono bramosi di regali e ricercano mance. Non rendono giustizia all’orfano e la causa della vedova fino a loro non giunge.  

Perciò, oracolo del Signore, Dio degli eserciti, il Potente d’Israele: «Guai! Esigerò soddisfazioni dai miei avversari, mi vendicherò dei miei nemici. Stenderò la mia mano su di te, purificherò come in un forno le tue scorie, eliminerò da te tutto il piombo. Renderò i tuoi giudici come una volta, i tuoi consiglieri come al principio. Allora sarai chiamata “Città della giustizia”, “Città fedele”». Sion sarà riscattata con il giudizio, i suoi convertiti con la rettitudine. Ribelli e peccatori insieme finiranno in rovina e periranno quanti abbandonano il Signore. Sì, vi vergognerete delle querce di cui vi siete compiaciuti. Arrossirete dei giardini che vi siete scelti, Sì, diventerete come quercia dalle foglie avvizzite e come giardino senz’acqua. Il forte diverrà come stoppa, la sua opera come una favilla; bruceranno tutte e due insieme e nessuno le spegnerà (Is 1,1-31).  

Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: «Férmati alla porta del tempio del Signore e là pronuncia questo discorso: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo. Non confidate in parole menzognere ripetendo: “Questo è il tempio del Signore, il tempio del Signore, il tempio del Signore!”. Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. 

Ma voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? Anch’io però vedo tutto questo! Oracolo del Signore. Andate, dunque, nella mia dimora di Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità d’Israele, mio popolo. Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni – oracolo del Signore – e, quando vi ho parlato con premura e insistenza, non mi avete ascoltato e quando vi ho chiamato non mi avete risposto, io tratterò questo tempio sul quale è invocato il mio nome e in cui confidate, e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo. Vi scaccerò dalla mia presenza, come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim. 

Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò. Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme? I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla regina del cielo; poi si compiono libagioni ad altri dèi per offendermi. Ma è proprio me che offendono – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi, a loro stessa vergogna? Pertanto, dice il Signore Dio: Ecco, il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra, e brucerà senza estinguersi. 

Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca. 

Taglia la tua chioma e gettala via, e intona sulle alture un lamento, perché il Signore ha rigettato e abbandonato questa generazione che ha meritato la sua ira. 

Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno collocato i loro idoli abominevoli nel tempio, sul quale è invocato il mio nome, per contaminarlo. Hanno costruito le alture di Tofet nella valle di Ben-Innòm, per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che io non avevo mai comandato e che non avevo mai pensato. Perciò, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Innòm, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo. I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie della terra e nessuno li scaccerà. Farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme i canti di gioia e d’allegria, i canti dello sposo e della sposa, perché la terra diverrà un deserto» (Ger 7,1-34).  


Azaria può vivere da vero discepolo del suo Dio. Ha la Parola e questa gli basta. Tutto il resto aiuta la Parola, mai la sostituisce.  

Quest’errore oggi si commette anche nella Chiesa. Spesso in essa i sacramenti sostituiscono la Parola. Anzi si vogliono i sacramenti, ma non la Parola. 

È verità. Tutti i sacramenti sono finalizzati ad aiutare l’uomo a vivere tutta la Parola di Gesù Signore. La grazia è per la Parola non la Parola per la grazia.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI