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giovedì 31 agosto 2023

Commento all‟Apocalisse - L‟apertura del sesto sigillo.

 


§. III.

L‟apertura del sesto sigillo. 
 
Cap. VI. v. 12-17 

I. Vers. 12. E vidi quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto, e il sole diventò nero come una tonaca di cilicio, e tutta la luna diventò come sangue. Con l‟apertura del sesto sigillo vien descritta la decima ed ultima persecuzione contro la Chiesa di Cristo, scatenata nell‟anno 303 da Diocleziano e dal suo collega Massimiano. Essa viene posta sotto uno speciale sigillo a causa della sua straordinaria crudeltà e durata, e poiché fu l‟ultima. Durò infatti per quasi dodici anni, finché Costantino Magno, sconfitto Massenzio, giunse all‟Impero. Di questa persecuzione scrisse Sulpizio: A causa dello scatenarsi di questa tempesta quasi tutto il mondo fu inondato del sacro Sangue dei Martiri. Allora si cercava il martirio con una morte gloriosa molto più avidamente, di quanto oggi si aspiri all’Episcopato con prava ambizione. Il mondo non fu mai spossato dalle guerre, né mai conquistammo più grande trionfo, di quello che ottenemmo con dieci anni di stragi. Per quel che riguarda il numero di coloro che persero la vita durante così lunghi anni, se si deduce il numero totale da quello di un solo mese, allora tale cifra appare immensa. Nel Liber Pontificalis, infatti, si tramanda che in un solo messe ne fossero martirizzati 17.000. Si consideri poi che nei mesi futuri ci si accanì ancor maggiormente contro i cristiani, poiché furono pubblicati altri editti che incrudelirono la persecuzione. Si narra pure che nel solo Egitto, durante il regno di Diocleziano, siano stati uccisi in 144.000, mentre 72.000 fedeli vennero cacciati in esilio. Nelle altre province la strage non fu minore, a parte quelle che governava Costanzo Cloro, padre di Costantino Magno, il quale, benché non fosse cristiano, si comportò con gran mitezza nei confronti dei fedeli. Nessuno poteva comprare o vendere se prima non offriva incenso davanti alle statue di idoli collocate ovunque qua è là. Era posti presso i quartieri, le fontane e i villaggi degli appositi funzionari i quali davano il permesso di attingere acqua o di macinare solo a coloro che avevano sacrificato agli idoli. Cfr. Baronio. Tra le varie forme di persecuzione gravissima fu quella che costringeva i fedeli a bruciare i libri cristiani o a consegnarli. Quelli che, terrorizzati dall‟atrocità delle pene, consegnavano i volumi che possedevano, erano considerati traditori: il loro numero fu enorme. Ma altrettanto grande fu quello di coloro che preferirono una morte tra atroci tormenti, piuttosto che consegnare i libri, la cui commemorazione si fa nella Chiesa Roma il giorno 2 gennaio: A Roma si commemora moltissimi Santi Martiri, i quali, disprezzando l’editto dell’Imperatore Diocleziano che ordinava di consegnare i Santi Codici, preferirono consegnare i corpi al carnefice, piuttosto che dare ai cani le cose sante. Molti si rifugiarono presso i barbari, pur avendoli catturati, li quali li trattarono benevolmente, permettendo loro di praticare il culto cristiano, come si può vedere nel‟editto di Costantino, citato da Eusebio nella Vita Constantini, al lib. II, cap. 15. Avendo gli Imperatori stabilito di voler sradicare del tutto la religione cristiana, decisero di iniziare dall‟esercito, in modo che non vi fosse alcun cristiano armato che potesse opporsi quando gli editti pubblicati in tutto l‟Impero cominciassero ad essere messi in pratica. L‟intera Legione Tebea, col suo comandante S. Maurizio, fu decapitata dai pretoriani. Nella notte di Natale vennero arsi vivi nelle chiese 20.000 fedeli. Patirono il martirio il Papa S. Marcellino, S. Sebastiano, Serena, moglie di Diocleziano, S. Luciano, S. Vincenzo, S. Cristoforo, S. Biagio, S. Gervasio, S. Protasio, i SS. Cosma e Damiano, S. Quirino, S. Gorgonio, S. Agnese, S. Lucia, S. Pantaleone, S. Bonifacio, S. Metodio, S. Clemente, S. Agrano, S. Eufemia, S. Giorgio, S. Barbara, e moltissimi altri. Tutte le chiese, in ogni parte del mondo, furono distrutte dalle fondamenta. Tutti i membri degli ordini cristiani furono trucidati, in modo che non vi fosse più in alcuna provincia alcun segno della cristianità. Nel giorno di Pasqua, ossia della Resurrezione del Signore, si comandò che tutti i cristiani fossero uccisi e le chiese devastate. Le vergini cristiane dovevano essere violate, e costrette a rimaner chiuse nei lupanari. Così scrisse al riguardo S. Basilio, nel suo Elogio della Verginità: Mentre incrudeliva l’immane persecuzione, delle Vergini che avevano scelto di rimaner fedeli al loro Sposo, consegnate agli empi torturatori, mantennero inviolato il loro corpo. La grazia di lui teneva lontani gli assalti alla loro purezza e custodiva intatti i loro corpi. Ad Augusta S. Afra, un tempo pubblica meretrice, Ilaria, madre delle fanciulle, Digna, Eupomia e Eutropia, tutta la sua servitù, con molti altri fedeli di ambo i sessi, convertiti alla fede di Cristo, vi subirono il martirio, conquistando la corona immortale. Per cui rettamente il testo prosegue: 
 
Vers. 12. E vidi, quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto. Per terremoto s‟intende un grandissimo perturbamento, uno sconvolgimento, uno sconquasso, una devastazione del Regno di Cristo sulla terra, poiché in tutto in territorio dell‟Impero Romano a seguito degli editti e dei decreti di Diocleziano e Massimiano, i magistrati e i potenti furono sollecitati ad uccidere e distruggere il popolo cristiano. E il sole diventò nero come una tonaca di cilicio. Il sole simboleggia Cristo, che è il sole di giustizia e la luce della verità. Qui viene denigrato, in quanto al suo onore e anche nei suoi membri, i quali erano accusati d‟essere dei maghi e degli stregoni, per il fatto di essere stati ammaestrati da Cristo per mezzo degli Apostoli e degli altri suoi discepoli. Così i pagani, denigravano il nome di Cristo. E tutta la luna diventò come sangue. La luna rappresenta la Chiesa, che come la luna riceve la luce dal sole, così essa riceve la luce della verità da Cristo, sole di giustizia. Inoltre la Chiesa, come la luna, cresce e decresce a seconda dei tempi, e sotto la tirannide di Diocleziano e di Massimiano divenne completamente rossa per il sangue dei Martiri. In ogni parte della terra infatti i cristiani erano ammazzati in massa come le bestie, come sopra spiegammo. 

Vers. 13. E le stelle del cielo caddero sulla terra, come il fico butta i suoi fichi verdi, quand‟è scosso da gran vento. Queste stelle sono alcune personalità eminenti del Regno di Cristo, le quali piegati dal timore della morte e dei tormenti, caddero nell‟idolatria, come Papa S. Marcellino e molti altri, il quale però ricondotto a pentimento patì con fortezza il martirio per Cristo. Per la ferocia della persecuzione cessò pure il Papato Romano per sette anni e sei mesi. Come il fico butta i suoi fichi verdi. I cristiani sono paragonati ai frutti del fico per la loro debolezza. Come infatti i frutti del fico, appena spuntati sono ancora immaturi, e cadono facilmente se squassati da un gran vento, così allora i Cristiani non ben radicati nell‟amore di Cristo, e non maturati nella pazienza, investiti dal turbine di quella tempestosa bufera contro la Chiesa, caddero e apostatarono. 

Vers. 14. E il cielo si ritirò come un volume ch‟è arrotolato. Il cielo simboleggia il Regno e la Chiesa di Cristo, che fu disperso dalla bufera di questa furiosa persecuzione ai quattro venti, come le pagine di un libro che sia stato completamente scompaginato. A Roma infatti cessò l‟Episcopato della Sede Apostolica, i cristiani furono dispersi, altri si nascosero nelle grotte, sui monti, nei luoghi e nelle regioni deserte. Altri fuggirono presso i barbari. I SS. codici poi, come dicemmo, da cui i cristiani traevano la dottrina, per ordine dell‟Imperatore erano bruciati, dispersi, e distrutti. E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti. Si prende qui quel che contiene per il contenuto. Fu tanta la furia di questa persecuzione che addirittura i cristiani che si rifugiavano in monti e isole quasi inaccessibili, erano perseguiti con diligenza (cosa che non accadeva in precedenza) per essere condotti al supplizio ed essere tolti di mezzo. Questi due Imperatori si adoperarono con ogni sforzo per sradicare tutta la cristianità, come dicemmo. Inoltre dice: E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti, appunto per la furibonda guerra scatenata da Diocleziano e Massimiano, con la quale sottomisero all‟Impero Romano quasi tutti i regni, principati, isole e nazioni, e luoghi fortificati  in oriente e in occidente, i cui confini estesero ad est fin quasi all‟India, a sud fino all‟Etiopia, nel nord fino alle barbare e fiere popolazioni dei Sarmati, a ovest fino a Boulogne e all‟oceano Atlantico. Per cui aggiunge:
 
Vers. 15. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i potenti e ogni schiavo o libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce dei monti.  

Vers. 16. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall‟ira dell‟agnello. 

Vers. 17. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, e chi mai può reggersi ritto? Queste parole indicano l‟angustia della tirannide di quei tempi, in cui tutti i cristiani eran costretti, poiché, come s‟è detto, essi non erano al sicuro, né nelle isole delle genti, né nelle fortezze, né nei deserti monti, né presso i barbari, dove erano riparati, nascondendosi addirittura nelle grotte o tra le rupi alpestri. Quei tiranni, infatti, fecero in modo di occupare, conquistare, distruggere, assoggettare tutti quei luoghi. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i forti e ogni schiavo o libero. Sono indicati sette generi di uomini forti per esprimere la crudeltà della persecuzione: nessuno ne era immune, come nelle altre persecuzioni, che di solito colpivano solo i vescovi, i predicatori e chi vi si opponeva, mentre questa incrudelì contro tutti. I Re inoltre indicano il Sommo Pastore della Chiesa e i Patriarchi, i principi sono i vescovi, i capitani gli altri prelati, i ricchi l‟aristocrazia, i forti sono i soldati cristiani; i servi sono i fedeli che fuggiti presso i barbari e da  questi catturati, i liberi quei cristiani che rimasero in potere dell‟Impero Romano. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono. Queste parole esprimono il desi- derio di morire per l‟eccessiva afflizione, in cui si trovarono i cristiani, timorosi di essere inseguiti, catturati, traditi e condotti a morte dopo lunghi patimenti, anche se in moltissimi si erano rifugiati, come estremo riparo, nelle grotte e tra le rupi montane. Per questo desideravano la morte e di essere sepolti dalle montagne, per non essere indotti dalla violenza delle torture a rinnegare Cristo, come a moltissimi era accaduto. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono, ossia dall‟immane, orribile e crudelissima persecuzione di Diocleziano e Massimiano, che allora sedevano sul trono dell‟Impero Romano. E dall‟ira dell‟agnello, di Cristo, che i fedeli ritenevano fosse adirato contro la sua Chiesa, avendo permesso così grandi mali e di tale durata. Credevano pure che Diocleziano fosse l‟Anticristo, e che incombesse il giorno del giudizio finale, e l‟ultima sterminio della Chiesa e del Regno di Cristo sulla terra. Tale appariva allora la Cristianità. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, il tempo dell‟ultima persecuzione, come descritto da Cristo in S. Matteo al cap. 24. Gran giorno è detto per la crudeltà del tiranno e per il permesso di Dio, perché quella tribolazione superò tutte le precedenti, e tutti i permessi di Dio, che son designati metaforicamente dall‟espressione ira dell‟agnello, perché egli flagellerà i suoi e ogni cosa come fosse adirato per purgarci dai peccati e aumentare la gloria e il premio celesti qui sulla terra a tempo debito per sua bontà, non volendo punirli eternamente con gli empi nella geenna di fuoco e nelle fiamme eterne dell‟inferno.    
E chi mai può reggersi ritto? Parla la fragilità umana e l‟umana pusillanimità al considerare tanto grande carneficina, che esprime pure la difficoltà della vittoria sul tiranno, come dimostra la caduta di Papa S. Marcellino. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 


lunedì 10 aprile 2023

Commento all‟Apocalisse

 


§. II. 
 
L‟apertura del quinto sigillo. 
 
Cap. VI. v. 9-11


Vers. 9.  E quand‟ebbe aperto il quinto sigillo vidi sotto l‟altare le anime di coloro ch‟erano stati sgozzati a motivo della parola di Dio e della testimonianza che avevan reso. 
Vers. 10. E gridarono a gran voce dicendo: Sino a quando, o Signore, o santo e verace, non giudichi tu e vendichi il sangue nostro su quei che abitano la terra? 
Vers. 11. E fu data loro a ciascuno una veste bianca, e fu detto loro che stessero quieti ancor per breve tempo, fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro. 
Dall‟apertura del quinto sigillo segue la continuazione delle persecuzioni contro i Cristiani, che dal regno dell‟Imperatore Traiano durarono fino a Diocleaziano per duecento anni. Nell‟anno 98 infatti arrivò all‟Impero M. Ulpio Traiano, di nazione spagnola, che scatenò la terza persecuzione contro la Chiesa di Cristo. Ritenendo di esser giunto al potere grazie a Giove, di cui era devotissimo, ed essendo per il resto superstiziosissimo nel culto idolatrico, impose al Senato che la religione dei padri ossia l‟antico paganesimo dovesse essere mantenuto. Allora infatti i cristiani si moltiplicavano in ogni luogo, disprezzavano gli idoli, i resti delle vittime sacrificate non trovavano chi le comprasse, moltissimi oracoli allora smettevano di proferire le loro profezie, come attestano Giovenale e Plutarco. Tutto ciò offrì il pretesto di scatenare la terza persecuzione contro i cristiani. Sotto Adriano e Antonino Pio per un po‟ la Chiesa ebbe quiete, poiché questi due sovrani non emisero alcun pubblico editto contro i cristiani. Nell‟anno 161, divenuto Imperatore Marco Aurelio Antonino, si scatenò la bufera della quarta persecuzione contro la Chiesa di Cristo, in cui perirono Policarpo, Giustino e altri moltissimi cristiani. Sotto Commodo Elio Antonino, Pertinace, e Tito Giuliano la Chiesa ebbe di nuovo pace. Nell‟anno 193 però giunse al soglio imperiale Settimio Severo, che mosse la quinta persecuzione generale contro i cristiani, nella quale perse la vita S. Ireneo, e che fu talmente crudele che molti pensarono si trattasse dell‟Anticristo. Antonio Bassiano Caracalla, Macrino, Eliogabalo e Marco Aurelio Severo non intentarono nulla contro la Chiesa. Nell‟anno 235 giunse al potere Giulio Massimino, autore della sesta persecuzione, per la sua pesante invidia – così almeno si dice – verso la famiglia di Alessandro Severo, molti membri della quale si erano convertiti. Nell‟anno del Signore 249 Decio, nemico implacabile dei cristiani, scatenò la settima persecuzione, la quale fu da Dio permessa per la rilassata disciplina dei fedeli, come attesta con dovizia S. Cipriano, che ne fu testimone oculare, nella sua opera sui Lapsi: Vennero i tormenti, ma tormenti senza fine della tortura, senza esito della condanna, senza il sollievo della morte, tormenti che non permettono di conquistare facilmente la corona immortale, ma tormentano tanto quanto basti per far apostatare, a meno che per degnazione di Dio il malcapitato non la consegua perché vien meno tra le torture, conquistando così la gloria del Paradiso, non perché il supplizio sia terminato, ma perché è morto troppo presto. S. Gregorio Nisseno scrive a sua volta nel Taumaturgo: L’unico affare e l’unico impegno, sia dei privati cittadini che degli uomini che rivestano cariche pubbliche, è quello di aggredire e punire i fedeli. Le minacce verbali erano non solo terribili, ma, accompagnate dal tremendo apparato dei supplizi, provocavano stordimento, e, prima che giungesse alle vie di fatto, incutevano terrore alle persone. Escogitavano la spada, e il fuoco, e le bestie feroci, e le fosse e gli strumenti di tortura atti a straziare le membra, e sedie di ferro arroventate, e letti di legno, su cui erano distesi, per essere dilaniati con orribili uncini, quelli che persistevano nella fede, ed altri numerosi espedienti per tormentare in vario modo i corpi. L’unica preoccupazione di coloro che avevano questo potere era quello di non esser superati nella crudeltà da altri. Gli uni dunque de- nunciavano, altri giudicavano, altri ricercavano quelli che fuggivano, altri, sotto pretesto di pietà e religione, ma in vero coll’unico intento d’impadronirsi dei beni dei cristiani, li tormentavano. Fin qui il Nisseno. Moltissimi allora abbandonarono la patria per rifugiarsi sui monti o nei deserti. Tra i quali vi fu S. Paolo Eremita, che fu il primo anacoreta. Durante questa persecuzione molti rinnegarono la fede, e ciò in duplice modo: alcuni infatti sacrificarono pubblicamente agli Dei, altri non rinnegavano la fede, ma ricevevano un libello o certificato dai magistrati che li dispensava dal sacrificare pubblicamente agli idoli. Nell‟anno 254 Licinio Valeriano, divenuto Cesare, su consiglio di un mago egiziano scatenò l‟ottava persecuzione contro la Chiesa. Vittima illustre ne fu S. Cipriano, Vescovo di Cartagine. Essa fu talmente crudele che Dionisio d‟Alessandria, come riferisce Eusebio nella sua Storia Ecclesiastica (l., 7, cap. 9), ritenne che fossero compiuti in Valeriano gli ultimi infelicissimi tempi dell‟Anticristo, previsti da S. Giovanni nell‟Apocalisse. Nell‟anno 262 Gallieno scatenò la nona persecuzione. Tuttavia, spaventato per le numerosi stragi, mentre ancora infuriava, ne ordinò l‟attenuazione. L‟anno 272 Valerio Aureliano decise però di portarla a compimento. Benché vi siano stati molti Imperatori che regnarono tra gli uni e gli altri di quelli citati, ai cui tempi patirono il martirio molti cristiani, costoro vengono citati in modo  speciale come persecutori della Chiesa, perché o emisero e rinnovarono i decreti che intimavano la persecuzione, cosa che no si può dire per gli altri. Pallido dunque era il volto della Chiesa, sommersa per trecento anni continui del sangue dei martiri. Fu questa un davvero straordinario permesso da parte di Dio contro i suoi amici e la sua Chiesa tanto amata. Per cui segue il grido e l‟ammirazione dei Santi di Dio sotto l‟altare, come vedremo. 
Vers. 9. E quand‟ebbe aperto il quinto sigillo, permettendo le citate persecuzioni, che furono quasi senza interruzione vidi (coll‟immaginazione ed in ispirito) sotto l‟altare delle anime di coloro ch‟erano stati sgozzati, ovvero i Martiri uccisi, nl senso che ivi stavano i loro corpi, allo stesso modo per cui in Esodo, cap. 1, vers. 5: Tutte le anime discendenti da Giacobbe, dove „anime‟ sta per uomini. Al tempo do questi Imperatori non vi erano Chiese o altari stabili, ma si erigevano altari di legno in luoghi nascosti, e soprattutto nelle cripte dei Martiri, per cui si dice che il Veggente vide sotto l‟altare le anime di coloro ch‟erano stati sgozzati, a motivo della parola di Dio, in riferimento ai Dottori della Chiesa che subirono il martirio a causa della predicazione della Parola di Dio,  e della testimonianza che avevan reso, in riferimento ai semplici fedeli, che erano uccisi perché non volevano rinnegare Cristo, ma piuttosto lo confessavano pubblicamente e affermavano che credevano in Lui. 
Vers. 10. E gridarono a gran voce: si tratta di un grido di natura morale (come nella Genesi al cap. 4, 10: La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra) che a seguito dello spargimento di sangue innocente tanto più grida al Signore Iddio, quanto maggiore fu la crudele e duratura persecuzione degli empi e l‟autorità che la ordinò, allora davvero efferata e interminabile. Per cui aggiunge: Sino a quando, o Signore,  quanto a lungo, O Signore, tu permetti, o santo e verace, ti che sei giusto e sai e vedi la malizia degli empi incrudelire contro gli innocenti. Queste parole contengono un‟ammirata considerazione della volontà di Dio, che permise che la sua diletta Chiesa fos- se inondata per trecento anni del sangue  di tante miglia di Martiri, e che gli empi prevalessero. Da quest‟epoca dei Santi anche noi dobbiamo imparare a patire almeno un poco per il Nome di Gesù, perché la misura della dilezione divina non sempre consiste nelle consolazioni e nella prosperità, ma spesso in molte tribolazioni, persecuzioni e oltraggi da parte degli uomini sulla terra. Sino a quando, o Signore, o santo e verace, non giudichi tu e vendichi il sangue nostro su quei che abi- tano la terra? ovvero dei tiranni e dei loro ministri che dominano sulla terra. 
Vers. 11. E fu data loro a ciascuno una veste bianca: la veste bianca simboleggia la gloria dell‟anima che a ciascun martire e all‟anima dei santi vien concessa secondo il merito. Perciò ag- giunge: a ciascuno, per indicare il grado del premio e della gloria di ciascuno. E fu detto loro che stessero quieti ancor per breve tempo, fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro. Dio con queste parole consola blandamente la Chiesa, di cui sono qui tipo e figura i Santi Martiri di Dio, i quali invocano e supplicano l‟intervento della divina giustizia, e promette la pace di cui la Chiesa godrà al tempo di Costantino Magno. E fu detto loro, ossia ricevettero il responso divino, 1) riguardo alla Chiesa militante, affinché si rassegnassero nella pazienza, sottomettendosi alla volontà divina, cui piacque dall‟eternità permettere questi mali a maggior gloria dei suoi servi. Ancor per breve tempo, ossia fino all‟ultima persecuzione, che fu di tutte la più feroce, iniziata da Diocleziano e Massimiano, come vedremo. Fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro, ossia finché non si compia il numero dei SS. Martiri rimanenti, che son detti conservi, in quanto tutto servirono assieme Cristo, e fratelli nella carità, che è in Gesù Cristo. Che dovevano es- sere uccisi, appunto durante l‟ultima persecuzione al tempo di Diocleziano, come loro, uccisi come nelle precedenti persecuzioni. 2) Per quel che riguarda la Chiesa trionfante, fu detto loro che stesse- ro quieti coi loro corpi nelle tombe ancor per breve tempo, ossia fino al giorno ultimo del Giudizio, che paragonato all‟eternità è davvero un breve tempo, come si legge nella 1° Lettera di S. Giovanni, al cap. 2: Figlioli, è l’ultima ora, allora infatti questi risorgeranno coi i corpi gloriosi, e avranno quindi una seconda stola, che è la gloria del corpo. Fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro, fino alla fine del mondo a motivo del nome di Cristo, che come loro saranno uccisi. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

domenica 23 ottobre 2022

Commento all‟Apocalisse

 


L‟apertura e la spiegazione dei primi sei sigilli 

 

I. Dopo che San Giovanni per divina rivelazione ha descritto bastevolmente la natura della Chiesa di Cristo, la costituzione universale del suo Regno, e la maestà della sua Chiesa che ne consegue, nei versetti che seguono scende nei particolari, e descrive gli eventi che accadranno alla sua Chiesa fino alla fine dei tempi, ossia le immani persecuzioni, le eresie, i regimi dei tiranni, come pure le consolazioni a tempo debito ecc. cose che tutte sono rivelate con l‟apertura dei sette sigilli. Frattanto occorre a riguardo notare quanto segue: 1) i cavalli e i loro cavalieri che sono descritti in questa parte designano la guerra spirituale tra il Regno di Cristo e quello di questo mondo; 2) essi sono in numero di quattro per simboleggiare che accadranno nelle quattro parti del mondo; 3) che questa guerra sarà duplice: a) contro i pagani e i giudei, b) contro gli eretici e l‟Anticristo, fino alla fine del mondo. L‟apertura dei primi sei sigilli designa la descrizione della lotta coi primi, quella del settimo ed ultimo, invece, la spiegazione dello scontro finale con l‟Anticristo. 4) Le voci dei quattro Evangelisti sono qui aggiunte come testimoni della verità, che doveva essere predicata nelle quattro parti del mondo, e per cui si sarebbe scatenata ogni guerra e persecuzione dei tiranni. 


§. I. 

L‟apertura del primo, secondo, terzo e quarto sigilli, i quattro cavalli e i loro cavalieri, che furono mostrati a S. Giovanni allo scioglimento dei primi quattro sigilli. 

Cap. VI. v. 1-8 

 I. L‟apertura del primo sigillo è la spedizione militare di Gesù Cristo, con cui venendo in questo mondo mosse guerra a tutto il mondo, volendo rivendicarne con somma giustizia il dominio, sconfiggere tutti i suoi nemici, e sottometterli alla sua servitù ed al giogo della fede. Il suo esercito si compose dei dodici Apostoli e del gruppo degli altri discepoli e fedeli, che inviò in tutto il mondo. Per cui dice: 

 Vers. 1. E vidi nell‟immaginazione e in ispirito, che l‟Agnello, Cristo, aprì e sciolse uno, ovvero il primo dei sette sigilli, riguardanti la volontà del Padre suo, che inviò il suo Figlio Unigenito fatto Uomo in questo mondo e lo costituì Re di tutte le cose. Poiché, però, i Giudei e i pagani non vollero diventarne i cittadini e i sudditi, si rese necessario che Cristo combattesse contro di loro col suo esercito e così prender possesso del suo reame e della sua gloria. E udii nell‟immaginazione e in spirito uno, ossia il primo dei quattro animali, i quattro Evangelisti, in questo caso S. Matteo, che dice al cap. 10: Ecco io mando voi, come pecore tra i lupi, dove descrive questa terribile e ammirevole guerra intrapresa da Cristo. Poi aggiunge: che diceva con voce di tuono, per la drammaticità di questa guerra, che S. Matteo come primo testimone della verità evangelica prevede accadrà a seguito della predicazione del Vangelo, dicendo: Vieni e vedi, è un modo di dire con cui si vuole attirare l‟attenzione su qualcosa di eccezionale. E vidi, in ispirito e coll‟immaginazione. 

 Vers. 2. Ed ecco un cavallo bianco, e quello che vi stava sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, e uscì da vincitore, per vincere. 

 II. Qui si descrive il supremo Duce di questa guerra, e la sua potenza e forza. Ed ecco un cavallo bianco, che l‟ordine degli Apostoli e dei discepoli di Cristo, che è detto metaforicamente bianco per il candore della purezza, della verità, della semplicità e della santità. Come infatti il cavallo è denominato bianco per la sua bianchezza, così i santi son così per la grazia santificante. Sono assimilati poi ad un cavallo per la forza e la velocità con cui corsero in breve tempo per tutto il mondo a divulgare il Vangelo e il Nome del Signor nostro Gesù Cristo. E quello che vi stava sopra aveva un arco, costui è Cristo Signore, supremo comandante di questa guerra, che cavalca, nel senso che regge i suoi col freno del timor di Dio, e li stimola a compiere la loro corsa cogli speroni della carità di Dio e del prossimo, e del pari con gli ausili della sua santa grazia, di cui abbondarono i Santi di Dio, gli Apostoli e gli altri discepoli e cristiani della Chiesa primitiva. L‟arco designa la potenza e le armi con cui Cristo stava per sconfiggere i suoi nemici, ossia la predicazione della parola e lo splendore dei miracoli. Cristo infatti indirizzava la predicazione degli Apostoli come la freccia vien diretta al bersaglio. Così S. Marco al cap. 16, 20: Quelli poi andarono e predicarono ovunque con l’assistenza del Signore, il quale confermava la loro parola con i miracoli che l’accompagnavano. La lettera agli Ebrei, (4, 12) sottolinea quanto sia efficace, invincibile e insuperabile la Parola di Dio: Poiché viva è la parola di Dio, ed efficace e più tagliente di una spada a due tagli. E gli fu data una corona, ovvero la potestà regale. Poiché a Cristo è stata conferito ogni potere in cielo e sulla terra, è giustamente il Re dei Re, e il Signore dei Signori, e gli è stata data la corona, da suo Padre, la corona del Regno eterno, la corona della vittoria nella risurrezione e nell‟ascensione al di sopra di tutti i Re e tiranni di questo mondo, al di sopra di ogni autorità, anche dell‟inferno. E uscì da vincitore, su questo cavallo bianco  per mezzo degli Apostoli e dei suoi discepoli in tutto il mondo, coll‟arco sopra menzionato in primo luogo i suoi nemici in Giudea. Infatti in un solo giorno si convertirono per la predicazione di San Pietro tremila uomini, cfr. Atti, cap. 2, un altro giorno cinquemila, Atti, cap. 4., per vincere in tutto il mondo sottomettendo alla sua signoria e al giogo della fede i colli delle genti, il che accadde. In breve tempo infatti colla predicazione degli Apostoli e degli altri discepoli, grazia all‟assistenza di Cristo, il quale confermava la loro parola con i miracoli, il Vangelo fu predicato e essendo S. Pietro ancora in vita la fede cattolica si diffuse fino ai confini del mondo, come si ricava dai testi storici e dagli Atti degli Apostoli, come previde il Salmo 18, 5: Per tutta la terra si spande il loro suono e sino ai confini del mondo le loro parole. 

III. Vers. 3 e 4. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, e a colui che ci stava sopra fu dato di toglier via la pace dalla terra, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada. Queste parole descrivono il primo crudelissimo nemico, che su istigazione di Satana mosse guerra contro gli Apostoli e l‟esercito di Gesù Cristo, i cristiani, ed è Domizio Nerone, il quale, per rappresentare al vivo l‟incendio di Troia, bruciò per un infame gioco i quartieri più miserabili di gran parte di Roma, ma col pretesto di questo incendiò colpì di durissima persecuzione i cristiani che vivevano nell‟urbe. Questa fu la prima persecuzione contro i cristiani, e Nerone fu il primo che, soprattutto a Roma, incrudelì contro i seguaci di Cristo. Coloro che sono destinati a morire sono fatti oggetti di ludibrio, col morire, ricoperti di pelli di fiere, dilaniati dai cani, o affissi a croci, o coperti di pece, incendiati come luci notturne. Tanto grande fu il numero dei cristiani arsi così che i rivoli del grasso umano nella sabbia dell‟anfiteatro formò un solco. L‟imperatore ordinò per sua crudeltà che S. Petro, S. Paolo, Seneca, suo precettore, la sua stessa madre, la moglie, il fratello e le sorelle fossero messe a morte. Per cui segue giustamente la descrizione di questo tiranno. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Costui è S. Luca che qui testi- monia la verità ai santi martiri di Cristo che patirono sotto Nerone. Questo Evangelista infatti è rap- presentato, come sopra si è visto, dal bue, in quanto il suo Vangelo inizia dal sacerdozio. Come i vitelli erano uccisi come sacrificio e vittime gradite al Signore Dio, così infatti venivano sacrificati dagli empi i cristiani e giusti di Dio, il cui sangue e la cui morte era un graditissimo sacrificio a Dio Padre, per mezzo di suo Figlio Gesù, che fu offerto in sacrificio per tutti noi.  

Vers. 4. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, contrario a quello precedente, ovvero un persecutore evidente e sanguinario. Questo cavallo è il popolo romano sotto Domizio Nerone, il quale è detto rosso per l‟incendio della città di Roma e perché vi furono arsi vivi così tanti cristiani, pure poi per l‟effusione del loro sangue, come detto sopra. E a colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Nerone che regnava in Roma e ne aveva il dominio fin dall‟anno 53. Fu dato il permesso da Dio. Così parla Cristo Signore a Pilato in S. Giovanni al cap. 19, 11: Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Di toglier via la pace dalla terra, 1) in quanto faceva perseguitare e perturbare dai suoi i cristiani che erano a Roma e altrove; 2) in quanto l‟Impero stesso fu sovvertito dalle pessime azioni, crudeltà, stragi e tirannia di Nerone. In quel medesimo tempo dall‟impero si staccò la provincia di Armenia. Per cui a ragione si dice che quello tolse dalla terra la pace che Ottaviano Augusto aveva concesso al tutto il mondo, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, il che accadde per motivo della sua perfidia, essendo alla fine egli pure stato assassinato, il senatore Sergio Galba si usurpò l‟Impero, adottando (alla maniera antica) come suo figlio e successore il giovane Pisone, ma anche Galba venne ucciso nel foro di Roma dai soldati della fazione di Otone, il quale, dopo tre mesi, fu vinto dall‟esercito di Vitellio. Questi, dopo neppure un anno di Impero, sconfitto tre volte in battaglia, nella stessa Roma dai soldati che sostenevano Vespasiano, trascinato per l‟urbe, nudo, fu alla fine strangolato e gettato nel Tevere. E gli fu data una grande spada, ovvero il potere di uccidere i cristiani. Egli infatti, fu il primo degli Imperatori a scatenare la prima persecuzione contro la Chiesa, e uccise i principi degli Apostoli Pietro e Paolo, e moltissimi altri cristiani, sia in Roma che nel resto dell‟Impero. 

IV. Vers. 5. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, e quello che vi stava sopra aveva una bilancia nella sua mano. 

Vers. 6. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Si contiene in queste parole la distruzione della città di Gerusalemme e la strage della Sinagoga del popolo giudaico, come predetto di Cristo in S. Matteo, al cap. 23, e in S. Luca, al cap. 13. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: questo terzo animale simboleggia l‟Evangelista S. Marco, equiparato al Leone per significare la predicazione alla penitenza fatta ai Giudei da S, Giovanni Battista. Poiché però essi la disprezzarono, come pure disprezzarono Cristo stesso, così per conseguenza viene qui intimata a S. Giovanni la pena e la strage dovuti a causa della durezza del cuore al popolo e alla Sinagoga giudaica. Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, questo cavallo nero è Gerusalemme e il suo popolo. È detto nero, 1) perché per le tenebre della sua cecità, in cui era immerso il popolo e la Sinagoga giudaica, assassinò Cristo Signore, non credendogli neppure dopo la sua Resurrezione e l‟aperta verità della sua divinità, me resistette allo Spirito Santo. 2) E‟ detto nero per l‟inaudita carestia, a memoria d‟uomo, che costò la vita, al dire dello storico ebreo Giuseppe Flavio, di 1.100.000 uomini. Tito, figlio di Vespasiano, infatti, li aveva circondati con un muro attorno alla città di quaranta stadi, nel quale all‟esterno erano tredici castelli, il cui perimetro era di dieci stadi, in modo di prenderli per fame più rapidamente. L‟intera opera fu compiuta con una velocità più che umana in soli tre giorni. Così si adempirono le parole di Cristo in S. Luca, cap. 19, 43-44: Poiché verranno per te giorni, nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti circonderanno ecc. e non lasceranno in te pietra su pietra. Così infatti avvenne. Tito distrusse dalle fondamenta la città di Gerusalemme, quando la conquistò. E quello che vi stava sopra, Flavio Ve- spasiano, il quale nell‟anno 69 ottenne il governo dell‟Impero, mentre suo figlio nel 70, dopo aver assediato Gerusalemme, la prese e assoggettò il popolo giudaico.  Aveva una bilancia nella sua mano, ovvero la divina giustizia, di cui eseguiva l‟opera. Per ordine della divina giustizia in vero seguì che il figlio fece perire miseramente il popolo giudaico, per fame, spada, e schiavitù, in vendetta della morte di Cristo e della sua inaudita malizia e crudeltà (cfr. S. Luca cap. 19). Il che avvenne tuttavia, oltre l‟intenzione di Tito e del suo esercito, che aveva mosso guerra ai Giudei per un altro motivo, ossia per sedare la loro ribellione contro l‟Impero romano (come spiega lo storico Giuseppe Flavio nell‟opera La guerra giudaica). Perciò si legge: Aveva una bilancia nella sua mano, ma non nella mente. Si eseguiva così l‟opera della giustizia divina. Il vocabolo „mano‟, infatti, indica siffatta opera, che venne compiuta per mezzo di quella. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: segue in queste parole la sentenza di condanna della giustizia divina che infligge una pena speciale per il delitto speciale commesso dagli ebrei. E udii come una voce, quella della giustizia divina, in mezzo ai quattro animali, dal trono di Dio, attorno al quale è detto che stanno i quattro animali, sia nel regno militante di Cristo, sia in quello trionfante, che diceva, in quanto i quattro animali pronunciavano detta sentenza della divina giustizia, in qualità di Arcicancellieri del Regno di Cristo. si conferma quindi che l‟azione di Tito contro i Giudei avvenne per ordine di Dio. Solo da Dio infatti proviene il male della pena, come in Amos, 3, 6: E ci sarà nella città sciagura, ove non sia il Signore che operi? Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Per comprendere queste parole occorre notare 1) lo storico Ugone di Flory, scrivendo della fine della guerra dei Romani contro gli Ebrei, dice così: Stanchi, infine, i Romani per le numerose uccisioni, cercavano chi potesse acquistare gli schiavi catturati, ma poiché molta era l’offerta e pochi i compratori, avvenne che trenta schiavi si compravano al prezzo di un denaro. Come, infatti, essi avevano comprato il Signore per trenta denari, così ora, al contrario, con un denaro si acquistavano trenta schiavi giudei. 2) Occorre pure notare che il vocabolo „bilibbre‟ è un nome composto da „bis‟ e „libbra‟, per indicare una misura capace di due libbre; 3) cinque ebrei sono simboleggiati da una libbra, nel senso che i cinque libri di Mose, il Pentateuco, è accettato da tutti. Gli altri libri della Bibbia, invece, non sono accettati dagli ebrei, detti Sadducei. 4) Il grano indica i più forti, abili e nobili ebrei, mentre l‟orzo, che è un cereale di minor pregio rispetto al grano, la feccia e la plebaglia. 5) Il vino e l‟olio designano i cristiani, che non furono oppressi dall‟esercito di Tito. Prima del suo arrivo, infatti, un Angelo avvertì i cristiani che abitavano in Gerusalemme ed in Giudea di andare oltre il Giordano nella città di Pella, appartenete al regno di Agrippa, confederato ai Romani. Il vino significa infatti metaforicamente la carità verso Dio, mente l‟olio quella verso il prossimo. Per cui l‟espressione: Una bilibbra di frumento, ovvero dieci ebrei dell‟aristocrazia, ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo, trenta ebrei della plebe si vendevano a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino, ossia i cristiani erano risparmiati. 

Vers. 7. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi. 

Vers. 8. Ed ecco un cavallo pallido e colui che ci stava sopra, il suo nome è morte e l‟inferno lo accompagnava. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra. 

Sconfitta e distrutto il popolo giudaico, crudelissimo nemico di Gesù Cristo e di tutti i cristiani, segue la seconda persecuzione principale e la guerra immane promossa contro la Cristianità dall‟Imperatore Domiziano. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi. Si tratta della stessa persona di S. Giovanni Evangelista, considerata in astratto, in quanto nel Regno militante di Cristo ed in quello trionfante, tiene il quarto posto per dignità e con la sua testimonianza avvalora la verità del Vangelo. 

Ed ecco un cavallo pallido , che è il popolo romano, pallido per il terrore della tirannide di Domiziano, principe crudele ed avido. Costui giunse a tal punto di follia da ordinare di essere chiamato Dio, per cui mandò in esilio e mise a morte gran parte del Senato e della nobiltà, accusandoli falsamente di vari crimini, per sequestrare i loro beni. Gli altri Romani e gli abitanti dell‟Impero erano così in gran timore che potesse avvenire loro la stessa sorte. Poiché la paura rende le membre esteriori – e soprattutto il viso -  pallidi, l‟Impero Romano di quel tempo vien detto e descritto come un cavallo pallido. E colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Domiziano che salì al trono nell‟anno 81 d.C. Il suo nome è morte, 1) attivamente, visto che, come si è detto, mandò a morte moltissimi innocenti, soprattutto cristiani, contro dei quali scatenò la seconda persecuzione generale, vero erede e successore della crudeltà di un Nerone; 2) passivamente, nel senso che anch‟egli alla fine venne assassinato dalla congiura del liberto Clemente Console, che in precedenza era stato da lui condannato col pretesto d‟empietà, e così il suo ricordo venne cancellato. E l‟inferno lo accompagnava, poiché morendo, a seguito di questa improvvisa circostanza, in stato d‟empietà, fu subito precipitato il misero a patire la pena dell‟inferno. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, tanto si era esteso allora l‟Impero Romano, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra : queste parole indicano la crudeltà di questa persecuzione, per la varietà dei tormenti e diversi generi di morte. 1) per uccider con spada: in ogni parte dell‟Impero, infatti, i cristiani erano assassinati con la spada, per ordine e mandato di Domiziano; 2) e con fame, molti morirono nelle carceri tormentati dalla fame; 3) e con morte, indica in generale i versi modi con cui vennero vessati e uccisi i cristiani, ossia l‟impiccagione, il affogamento, il rogo, il soffocamento ecc.; 4) e per mezzo delle fiere della terra, si accenna in queste parole alla raffinata crudeltà, per cui ci si compiaceva di esporre moltissimi cristiani ad essere divorati dalle bestie a mo‟ di ludibrio e scherno. Basta leggere la storia ecclesiastica, i martirologi e le vite dei santi per trovar facile conferma. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

giovedì 4 agosto 2022

Commento all‟Apocalisse

 


SUL CAPITOLO QUINTO DELL’APOCALISSE 


Il libro dai sette sigilli e l‟acclamazione di Cristo fatta alla sua apertura 


§. II.  

L‟acclamazione di Cristo fatta alla sua apertura 

Cap. V. v. 5-14. 

 

I. Vers. 5. E uno dei vecchi mi disse: Non piangere, ha vinto il leone della tribù di Giuda, il rampollo di David, sì da aprire il libro e sciogliere i suoi sette sigilli. Qui segue la nostra conso- lazione in ogni avversità. Questo uno dei vecchi è San Pietro primo degli Apostoli, come si legge nella Genesi al cap. 1: Così della sera e della mattina un giorno, ossia si compì il primo giorno del- la creazione. Ha vinto il leone della tribù di Giuda, questo leone della tribù di Giuda è Cristo, di- scendente secondo la carne dalla posterità di Davide, nel quale si avverò la profezia di Giacobbe, al cap. 49 della Genesi: Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi ne- mici; a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un leoncello è giuda: dalla preda, o figlio mio, sei tornato. Ecco ti posi, ti accovacci come un leone, come una leonessa; chi ardirà destarlo? Lo scet- tro non sarà tolto da Giuda e il principe della stirpe di lui, finché non venga Colui che deve essere mandato, Colui che sarà l’aspettazione delle nazioni. Egli legherà il suo asino alla vigna, la sua asina, o figlio mio, alla vite. Laverà la sua veste nel vino, e il suo manto nel sangue dell’uva. I suoi occhi son più belli del vino, e si suoi denti più candidi del latte. Rampollo di David, ossia Cristo di- scendente di Davide secondo la carne, di cui profetò Isaia al cap. 11: Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà su da questa radice. Sopra di lui si riposerà lo Spirito del Signore ecc. San Pietro consola con questo germoglio divino nella persona di San Giovanni tutta la Chiesa, dicendo: Ha vinto il leone della tribù di Giuda, il rampollo di David, Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente, vinse il mondo, la carne, il diavolo, la morte, ogni potestà, ogni principato, ogni sapienza mondana e ogni tirannide ecc., sì da aprire il libro, in modo da rivelare e manifestare alla sua santa Chiesa la mente e la volontà del Padre suo riguardo ai mali e alle persecuzioni che dovrà affrontare. E sciogliere i suoi sette sigilli: esporre i singoli avvenimenti nella loro collocazione temporale, gra- zie al settiforme spirito della sua bocca, per la salvezza dei suoi eletti e la conservazione della sua Santa Chiesa, finché non giunga la fine del mondo e si compia il numero degli Eletti. 

II. Vers. 6. E vidi: ed ecco in mezzo al trono e ai quattro animali, e in mezzo ai vecchi, un agnello in piedi, come sgozzato, il quale aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio mandati per tutta la terra. Questo Agnello è Cristo Signore. Si dice che sta in mezzo al trono e ai quattro animali e ai vecchi, perché la Chiesa universale è da lui posseduto come trono, nutrita come gregge, viene onorata nei vecchi per il giudizio misericordioso con cui la giudica, e che, edifi- cata su Cristo, è esaltata nei sette corni di fortezza, ed illuminata nei sette occhi, segni e virtù. Egli infatti sta sempre nel mezzo delle Chiese, fondate nel suo nome su tutta la terra, come afferma in S. Matteo nell‟ultimo capitolo: Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Così, come vien detto Leone in ragione della sua resurrezione, così viene qui detto Agnello in ragione del suo sacrificio, per cui è detto anche in piedi, perché resuscitò alla vita immortale. Così S. Paolo, lettera ai Romani, cap. 6: Cristo, che è risorto dai morti, ormai non muore. Si dice ancora in piedi, perché combatte e vigila per la sua Chiesa sulla terra nei suoi santi soldati. Così S. Stefano vide nel suo martirio Cristo in piedi alla destra della potenza di Dio, per cui segue: Il quale aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio mandati per tutta la terra. Si tratta degli spiriti di cui par-la Isaia al cap. 11, che riposeranno sopra Cristo, i quali sono indicati qui metaforicamente come corna ed occhi. Le corna sono segno della sua potenza divina, gli occhi indicano l‟illuminazione e lo splendore della verità, che in lui si contengono uniformemente. Con le corna Cristo combatte contro i suoi nemici, e con gli occhi illumina i suoi servi. Si pone poi in questi il numero sette che designa la pienezza delle virtù e della potenza, che Cristo, a seconda della diversità dei tempi e delle condizioni della Chiesa, mostra fino alla fine del mondo. Come sgozzato: 1) perché ogni giorno nel- la Chiesa il suo Corpo e il suo Sangue viene immolato e offerto come vittima a Dio Padre nel Sacri- ficio della Messa, in ricordo del suo sacrificio cruento; 2) si dice qui, come sgozzato, per indicare la pazienza e la longanimità con cui tollera che i suoi nemici dominino sulla terra, ed affliggano la sua Chiesa, e ciò talvolta per così lungo tempo, che possa sembrare a coloro che hanno una fede debole e a quelli che non comprendono correttamente il processo dei permessi di Dio, che Cristo non vive o non abbia cura delle Chiesa, finché non si manifesti apertamente con la sua visibile potenza.  

Vers. 7. E venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. Non si deve in- tendere che Cristo solo allora abbia avuto notizia della storia della Chiesa. Cristo infatti fin dall‟istante della sua Concezione (quando la divinità fu unita all‟Umanità in modo miracoloso nell‟unità della Persona) conobbe tutte le cose, che Dio conosce con la scienza di visione, tra le qua- li vi è anche la videnda della Chiesa. Per questo, dunque, il fatto che l‟Agnello visto da S. Giovanni abbia aperto il libro, indica: 1) la conoscenza infusa nell‟anima di Cristo fin dalla principio della sua creazione, che deve essere rivelata a S. Giovanni e per suo mezzo alla Chiesa universale; 2) con l‟espressione il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono s‟indica pure la spiegazione reale e l‟esecuzione effettiva dei divini segreti che riguardano la sua Chiesa esternamente, per la difficoltà e profondità della quale conoscenza, che supera ogni forza naturale, S. Giovanni al primo sguardo pianse, finché non gliela rivelò Cristo, il fortissimo Leone, il mansuetissimo Agnello, che con la sua forza e la sua mansuetudine potrà sciogliere e spiegare ogni cosa. 

Vers. 8. E quando ebbe aperto il libro i quattro animali e i ventiquattro vecchi si prostrarono al cospetto dell‟Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d‟oro piene di profumi, che so- no le preghiere dei santi. Segue l‟applauso, la gloria, il giubilo, e l‟adorazione da parte della Chiesa militante e trionfante tributata al suo Capo Gesù Cristo, mostrando in pari tempo quale ossequio quotidianamente deve essere mostrato nella Chiesa cattolica a Cristo in segno di gratitudine e amo- re. E quando ebbe aperto il libro, ovvero per rivelare e spiegare la vicenda della Chiesa nei suoi tempi, i quattro animali, tutti i predicatori sparsi in tutto il mondo, e i ventiquattro vecchi, ossia i Patriarchi, i Primati, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Prelati, i Sacerdoti ecc., si prostrarono al cospetto dell‟Agnello, adorarono l‟Agnello, loro vero Dio e Signore di tutte le cose, avendo ciascuno una cetra, ossia la mortificazione dei vizi e della concupiscenza. La cetra è infatti composta del legno e delle corde. Il legno indica la croce di Cristo, le corde invece la carne mortificata e crocifissa dei santi, che, attaccate al nobile legno, e toccate con vari tormenti, produce un dolce concento e una soave armonia per gli orecchi di Gesù Cristo. E coppe d‟oro piene di profumi, che sono le preghie- re dei santi 2 e cantavano un cantico nuovo. Nell‟Antico Testamento molti cantici furono composti in onore e gloria di coloro che compirono la salvezza di Israele, o in lode di Dio onnipotente, che spesso operò cose mirabili per il suo popolo. Questo però è un cantico nuovo, per cui un Uomo vie- ne adorato e conglorificato come Dio e Signore di ogni cosa e salvatore di tutto il mondo, il quale apportò a noi miseri non tanto una salvezza ed una redenzione temporale, ma quella eterna, redi- mendoci dalla schiavitù eterna, dalla prigionia e dalla tirannide dei demoni e dalla dannazionne sen- za fine. Per cui il Signore Iddio dall‟origine del mondo mai fece cosa più ammirevole, grande e amabile, che inviare il suo Figlio Unigenito fatto Uomo sulla terra, per redimere l‟umanità col sacri- ficio della Croce e la sua morte, e risorgere, e inviare lo Spirito Santo, per cui si dice con giudizio: 

Vers. 9. E cantavano un inno nuovo, dicendo: Degno sei tu, o Signore, di prendere il libro e di aprire i suoi sigilli, è cosa degna e giusta, o Signore, che tu riceva da Dio Padre la potestà uni- versale e sempiterna sulla tua Chiesa, come suo fondatore e conservatore. Così dissero a Gedeone i figli d‟Israele, nel libro dei Giudici, al cap. 8: Poiché ci hai liberato dalle mani di Madian, sii tu no- stro Signore, e tuo figlio, e il figlio di tuo figlio. La Chiesa acclama Cristo con bel più grande moti- vo: Degno sei tu, o Signore, di prendere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché sei stato sgozzato e hai comprato a Dio (riconciliandoci con Dio il quale aveva subito un‟offesa infinita) col tuo san- gue uomini da ogni tribù, e lingua, e nazione. La Chiesa infatti riunisce tutti i popoli. Da ogni tri- bù, e lingua, e nazione, si dice tribù dagli ordini delle tribù, nelle quali si distinguono 72 lingue, che fomano molti popoli, dai quali sorgono molte nazioni. 

Vers. 10. E li hai fatti per il nostro Dio regno e sacerdoti. Raccogliendoci da tutte le genti e sottomettendoci alla servitù e alla volontà del Padre con la legge del Vangelo, noi che eravamo sot- to il giogo del demonio per la nostra infedeltà ed idolatria e sotto il giogo della legge mosaica. E sa- cerdoti, non come quelli del Vecchio Testamento o del paganesimo, i primi dei quali gli offrivanosa il sangue e la carne di vitelli e capri, gli altri invece sacrificavano ai demoni negli idoli, ma ci hai fatto sacerdoti, secondo l‟ordine di Melchisedech, i quali offrono ogni giorno a Dio tuo Padre nel sacrificio della Messa, che tu come sommo sacerdote hai compiuto per primo sul legno della Croce, proprio il tuo corpo e  il tuo prezioso sangue. E regneranno sulla terra, nel tuo regno militante su ogni tribù, lingua, popolo e nazione, assisi su ventiquattro troni, ossia sulle sedi Patriarcali, arcive- scovili ecc. 

Vers. 11. E vidi e udii una voce di molti Angeli attorno al trono e agli animali e ai vecchi ed il loro numero era miriadi di miriadi, migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce. Costoro sono tutti gli Angeli tutelari delle Chiese, delle Province e di tutto l‟orbe cattolico, il cui numero è certamente sconfinato, i quali sono inviati e ordinati da Dio per la nostra salute e di tutta la Chiesa. Per questo si dice che sono attorno al trono e agli animali e ai vecchi per l‟assistenza singolare che offrono alle Chiese, ai Predicatori e ai Vescovi, che dicevano a gran voce. 

Vers. 12. Degno è l‟Agnello, che è stato sgozzato, di ricevere la potenza e la ricchezza e la sapienza e la forza e l‟onore e la gloria e la benedizione. Questa acclamazione è compiuta dagli Angeli di Dio all‟umanità di Cristo per l‟Unione ipostatica, i quali avevano proclamato degno, colui che Lucifero e i suoi apostati all‟inizio della creazione avevano stimato indegno. Per cui a questa Umanità sono attribuite le prerogative che son proprie soltanto delle tre divine Persone. 

Vers. 13. E ogni creatura che è nel cielo, gli si attribuisce la potestà sulla Chiesa trionfante; e sulla terra, la potestà su quella militante; e sotto terra, sui corpi dei martiri, dei defunti e dei se- polti sulla terra; e sul mare, sui naviganti, e tutte le cose in essi contenute, ovvero sui corpi dei SS. Martiri in quello sommersi. Questa acclamazione si può anche intendere da parte di tutte le creature anche irrazionali. Udii che tutti dicevano: A Colui che siede sul trono (Dio uno e trino) e all‟Agnello, ossia all‟Umanità di Gesù Cristo, in quanto essa è la lampada e lo specchio in cui splende e plenderà in eterno Dio uno e trino, e sarà considerato e visto dai Suoi Santo come è.  

Vers. 14. La benedizione e l‟onore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli. E i quattro animali dicevano: Amen. È l‟acclamazione di verità che spetta ai quattro Evangelisti e ai predicato- ri. E i ventiquattro vecchi caddero bocconi, umiliandosi per l‟autorità e il potere loro concesso sul- la terra, e adorarono il Vivente per i secoli dei secoli.  

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser

mercoledì 22 dicembre 2021

Commento all‟Apocalisse

 


SUL CAPITOLO QUINTO DELL’APOCALISSE 


Il libro dai sette sigilli e l‟acclamazione di Cristo fatta alla sua apertura 

Vers. 1 

E vidi nella destra di Colui che sedeva sul trono un libro scritto dentro e fuori, sigillato con sette sigilli. 

§. I. 

Che cosa è il Libro dai sette sigilli, scritto dentro e fuori? 

Cap. V. v. 1-4. 

 

I. Dopo aver decritta la natura, l‟intrinseca costituzione e la maestà della Chiesa cattolica, di conseguenza ormai San Giovanni, nella sua qualità di intimo segretario del Regno di Cristo sulla terra, palesa il libro dei segreti di Dio e le sue disposizioni riguardo alla sua Chiesa fino alla fine del mondo, le quali gli furono rivelate in particolare ed con ordine con l‟apertura del libro. Il volume infatti contiene l‟assai misteriosa, molto salutare e necessarissima istruzione del sapiente Padre celeste, che ha lasciato a tutti i suoi diletti figli, come un Re o Monarca sapiente è solito lasciare a suo figlio, prima di morire, fra le cose segrete del suo regno un‟istruzione riguardo, per esempio, alle guerre che possono scoppiare, ai nemici che sono soprattutto da temere, e quindi su che cosa si debba fare in simili casi, e che cosa evitare. Allo stesso modo, ma con una sapienza di gran lunga maggiore, il Padre eterno ci ha istruito per l‟amore paterno e la cura che ha dei suoi eletti, mostrando a San Giovanni, nella sua qualità di segretario intimo del Regno di Cristo, in questo libro, dall‟abisso della sua ineffabile prescienza eterna, i nemici, le sventure, le consolazioni e i mutamenti più notevoli e di maggior importanza, che riguardano il futuro della sua Chiesa fino alla fine del mondo. E vidi nella destra di Colui che sedeva sul trono un libro scritto dentro e fuori, sigillato con sette sigilli. Con queste parole si indica la profondità dei segreti divini, che saranno svelati all‟apertura del libro. Questo libro è in un certo senso la scienza speciale, la disposizione della mente divina riguardo la sua Chiesa, ove si dice che è scritta ogni cosa metaforicamente, nel senso che, come ciò che è scritto rimane e non va perduto, così quello che Dio ha assolutamente stabilito di fare, o di permettere, rimane fisso ed immutabile. Ciò si ricava dalla teologia: 1) in Dio infatti si suppone la scienza e la comprensione semplice ed assoluta, che abbraccia tutte le cose possibili, anche se non accaddero mai, o mai avverranno; 2) la scienza di visione, che scruta le cose esistenti in ogni differente tempo, ossia nel passato, presente e futuro; 3) fra queste vi è una scienza intermedia, riguardante gli eventi futuri possibili sotto condizione, e, benché nella descrizione delle sette Chiese nei capp. 2 e 3 siano state rivelate molte cose secondo questa scienza divina, tuttavia quelle che si leggono qui – intendo in questo libro dei sette sigilli – furono scritte secondo la scienza di visione, in quanto stabi-lite da Dio con certezza nella sua potenza operativa e nella sua divina volontà, così da essere da lui compiute, o permesse, a tempo debito. Per questo si dice che San Giovanni vide questo libro nella destra di Colui che sedeva sul trono: la potenza operativa di Dio, infatti, è simboleggiata metaforicamente dalla mano destra. Come noi operiamo colla destra, così Dio fa con la sua volontà, come si legge nel Salmo 32: Perché egli disse, e fu fatto: comandò, e fu creata ogni cosa. Il Signore abbatte i progetti delle genti, rigetta i pensieri dei popoli, rigetta i progetti dei principi. Ma il disegno del Signore in eterno sussiste; i pensieri del suo cuore di generazione in generazione, e nel Salmo 113: Il nostro Dio è nel cielo, e tutto quel che vuole, egli fa, e nel Salmo 148: Perché egli parlò, e furono fatti; egli comandò, e furono creati. Li stabilì in eterno, e nei secoli dei secoli, una legge pose che non passerà. Colui che sedeva sul trono: quest‟espressione indica che il Signore Iddio è assiso sulla Sede Apostolica, reggendo e governando la sua Chiesa, e che deve essere adorato e venerato sulla terra da tutti i cristiani nell‟Umanità di Gesù Cristo. Un libro scritto dentro e fuori: le cose scritte dentro sono quelle più oscure ed arcane a comprendersi dall‟intelletto umano, prima e dopo la rivelazione fattane a San Giovanni, che riguardano gli eventi della storia della Chiesa che dovranno verificarsi negli ultimi tempi. Quelle scritte fuori sono gli eventi più chiari ed evidenti, che lo stesso san Giovanni spiegò, e anche gli accadimenti che si verificarono mentre scriveva l‟Apocalisse, o poco dopo, e di cui tratteremo più sopra. Sigillato con sette sigilli: col sigillo si suggellano le lettere e si chiudono in modo che altri non possa leggerle, per cui i sigilli si appongono a dispacci, testamenti e libri, in modo da garantirne l‟autenticità. Così i Re sigillano i loro editti e diplomi, per provarne l‟autenticità a coloro cui sono indirizzati. Il sigillo di Dio è la divina volontà, che nasconde dall‟origine del mondo, per cui chiuse nel segreto della sua mente le cose straordinarie, le opere terribili e quelle che avrebbe permesso accadessero alla sua Chiesa negli ultimi tempi, e che a nessun Profeta, o Patriarca, o ad altro uomo, anzi neppure agli Angeli rivelò fino alla venuta del suo Cristo, alla cui Umanità le mostrò, sciogliendo questi sette sigilli. Per cui più sotto dice che non ne fu trovato degno nessuno, né in cielo, ossia nessun Angelo, né in terra, ovvero alcun uomo, né sotto terra, ossia alcun giusto del Limbo, che potesse aprire il libro, scioglierne i sigilli, e guardarlo. Benché, poi, questo divino sigillo sia in sé unico, tuttavia, appare all‟esterno in sette guise, ad indicare i sette differenti periodi della Chiesa, previsti e stabiliti, durante i quali Cristo porterà a compimento e mostrerà i segreti mirabili e terribili che concernono la sua Chiesa, nella potenza settiforme dello Spirito Santo, che sarà effuso secondo la diversità dei tempi, degli uomini e delle condizioni, fino alla fine del mondo, per la salvezza dei suoi Eletti, in testimonianza della fede e di tutto ciò che deve accadere, per cui questo libro è sigillato da sette sigilli in questo modo. II. Vers. 2. E vidi un Angelo forte, che predicava a gran voce: Chi è degno di aprire il libro e sciogliere i suoi sigilli? Qui si descrive per conseguenza quanto sia difficile ed arduo aprire, sciogliere e spiegare questi mirabili e terribili segreti di Dio riguardo alla sua Chiesa. Questo Angelo forte è Gabriele, che significa Fortezza di Dio, ed è il messaggero ed il nunzio speciale del Regno di Cristo, ufficio in cui fu impiegato anche nell‟Incarnazione di Cristo, cfr. S. Luca, cap. 1. Vers. 3. E nessuno nel cielo, in quanto Angelo, né sulla terra, come uomo, né sotto la terra in quanto Patriarca, Profeta, e Padre del Limbo, poteva aprire il libro, né guardarlo. La trattazione infatti riguardante la Chiesa e il Regno di Cristo fu tanto ardua, oscura, profonda e difficile, che nessuna virtù, potestà, principato, sapienza e intelligenza di uomo e Angelo, potrebbe comprenderla, esporla e porla per iscritto; ma occorreva una persona, sapienza e potenza divina, per cui l‟Arcangelo Gabriele annuncia, dicendo: Ecco tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio, e lo chiamerai Gesù. Costui sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà in eterno sulla Casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà mai fine. I Teologi, trattando del Mistero dell‟Incarnazione, insegnano che la redenzione del genere umano non poteva essere affidata a nessun semplice uomo o ad un Angelo. La ragione sta in questo: 1) nessun semplice uomo, od Angelo, avrebbe potuto soddisfare in modo condegno la divina giustizia; 2) nessun uomo, per quanto santo, né alcun Angelo, avrebbe potuto conformarsi alla divina volontà, o intenderla, considerando le immani tribolazioni e mali, da cui fu afflitta la Chiesa ed il sangue di numerosissimi martiri da cui fu sommersa per 300 anni. Fu poi scossa da tante eresie, e negli ultimi tempi sarà ancor più straordinariamente straziata, per cui nessun uomo, od Angelo, avrebbe potuto intraprendere la Redenzione, se Gesù Cristo non ci avesse preceduto col santo esempio della sua Passione, e renderci edotti di tali cose sia nel Vangelo, sia pure nell‟Apocalisse. Gli uomini, infatti, per quanto santi, non possono comprendere questa parola. 3) La potenza e l‟astuzia di questo mondo fu tanto piena di malizia, che senza l‟onnipotente virtù del Figlio di Dio il regno della Chiesa militante nel tempo presente non avrebbe mai conseguito il suo fine ed il proprio compimento, affidata solo alle forze degli uomini. Vers. 4. Ed io piangevo molto, che nessuno si era trovato degno di aprire il libro, né di guardarlo. Il pianto esprime qui il desiderio e la brama di San Giovanni, che rappresenta l‟intero genere umano, di aver notizia sull‟andamento straordinario, e arduo, ben al di sopra delle forze umane, della Chiesa e della salvezza degli Eletti. Per cui segue: Nessuno si era trovato degno di aprire il libro, ossia di spiegarlo, né di guardarlo, ovvero di conoscere la volontà di Dio.

***

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

venerdì 5 novembre 2021

Commento all‟Apocalisse



La natura della Chiesa e del Regno di Cristo  

e del Libro dei Segreti di Dio, che San Giovanni qui rivela. 

 

SEZIONE PRIMA 

SUL CAPITOLO QUARTO DELL’APOCALISSE 

La natura gerarchica della Chiesa militante 


Vers. 1 

Dopo questo vidi [una visione], ed ecco una porta aperta nel cielo, e la prima voce che avevo udito come di tromba che parlava con me, [risuonò di nuovo] dicendo: Sali quassù e ti mo- strerò quello che deve accadere dopo queste cose. 

 §. I. 

Alcune nozioni necessarie a sapersi per la comprensione dei prossimi due capitoli e degli altri. 

 Prima di procedere oltre nel commento dell‟Apocalisse occorre sapere 1) che talvolta col termine „cielo‟ s‟intende la Chiesa militante, altre volte quella trionfante, talora s‟impiega per en- trambe il medesimo vocabolo, per cui occorre considerare il contesto e l‟oggetto di ciò che si sta trattando; 2) la Chiesa militante sulla terra è immagine e figura di quella trionfante in cielo, per cui S. Giovanni descrive l‟una per l‟altra, così per esempio il Regno militante di Cristo sulla terra con quello trionfante nel cielo, come gli fu rivelato nel cielo con la visione del trono, di Colui che siede sul trono con attorno i quattro animali, dei ventiquattro vegliardi, che sedevano sui  ventiquattro troni, e si prostravano davanti al trono e adoravano il Vivente nei secoli dei secoli. Tutti queste cose vi sono e avvengono a suo modo anche nel suo regno militante sulla terra. 3) Come il numero sette indica la totalità delle Chiese, dei Sigilli, degli Angeli, delle trombe, delle piaghe degli Spiriti ecc. che compiranno  il proprio corso in bene, o in male, nei tempi diversi, così i quattro animali simboleggiano la totalità dei Dottori, dei Predicatori e dei Primati, i ventiquattro vegliardi l‟insieme dei Vescovi, degli Arcivescovi e degli altri Prelati, i ventiquattro troni l‟insieme delle sedi episcopali e arciepiscopali, sulle quali si assisero, siedono e si sederanno, sotto un capo visibile pure assiso su un trono (ovvero sotto la prima e Apostolica Sede) sparsi su tutta la terra fino alla fine del mondo. 4) Benché molti scrissero il Vangelo di Cristo, la Chiesa né ha accettato solo quattro, simboleggiati dai quattro animali (Ez., c. 1, Ap., c. 4) ed anche dai quattro fabbri (Ez., c. 1), dalle quattro quadrighe (Ez., c. 6) e dai quattro mesi (Ez., c. 40). Loro figura furono anche Mosé, Aronne, Nadab ed Abiu, a cui Dio ordinò  di salire sul monte Sinai con settanta anziani (Esodo, cap. 24). La ragione di questo numero quaternario si desume dalle quattro parti del mondo in cui il Vangelo deve essere predicato. Questi quattro Evangelisti ci tramandarono con senso unanime la vera dottrina di Cristo, alla quale tutta la Chiesa si deve conformare, e sempre si conformò, nella fede e della predicazione. Per cui, benché ormai siano nel regno trionfante di Cristo, tuttavia si ritiene che esitano ancora nel suo regno militante moralmente e autoritativamente, come supremi Dottori, Arcicancellieri e principi dei ve-gliardi. 5) A similitudine del suo regno celeste Cristo Signore istituì il suo Regno sulla terra perfettamente monarchico con una mirabile e sapientissima gerarchia. Prima pose un capo, poi gli Evangelisti, poi gli Apostoli, quindi i Dottori ecc. Sulla scorta dell‟istituzione originaria nella Chiesa at- tuale vi è il Sommo Pontefice, capo di tutti, quindi i Patriarchi, poi gli Arcivescovi, i Vescovi, i Prelati, i Decani, i Parroci ecc. in ordine gerarchico. 6) Il significato letterale non è quello indicato immediatamente dalle parole, ma quello delle immagini, e si cela nella proprietà delle cose, dei vocaboli, dai quali occorre estrarlo, come per esempio nel libro dei Giudici al cap. 9 si legge: Gli alberi dissero all’albero di pruno, vieni e regna su di noi. Il senso letterale non si riferisce agli alberi, o agli arbusti, ma agli uomini di Sichem, e l‟albero qui indicato non è altri che Abimelec, che fecero loro Re. 7) Benché le rivelazioni e visioni dei secreti di Dio siano state fatte in relazione ad eventi differenti nel tempo, o passati, o presenti o futuri, hanno tuttavia l‟esistenza intellettuale ancora di quel giorno in cui gli furono rivelate da Dio, per cui avviene che egli le esponga mantenendo questa condizione, lo stesso deve dirsi riguardo alle cose e alle persone. 8) tutti coloro che in questa Apo- calisse sono indicati promiscuamente come Angeli, uomini, spiriti, sia buoni sia malvagi, sono mandati o permessi da Dio. 9) In questa Apocalisse non bisogna sempre seguire l‟ordine della nar- razione, ma piuttosto quello della visione e della sua descrizione. Quelle che sono avvenute prima, sono spesso mostrate e scritte dopo dal Profeta, come avviene anche in altri passi del Nuovo e Vec- chio Testamento. 10) In questo libro si intende col vocabolo„trono‟ indifferentemente ogni sede e potestà secolare e spirituale, temporale e eterna, per cui talvolta si tratta di una sede temporale, tal altra di quella pontificia della Chiesa militante sulla terra, ed anche di quella monarchica temporale, e infine di quella della Chiesa trionfante in cielo. 11) Sotto la descrizione di un mistero si compren- dono talvolta cose che accadranno in tempo diversi, per cui una stessa cosa, o la medesima parola, hanno più sensi letterali, talvolta di medesima valenza, tal altra uno principale rispetto agli altri, i quali Dio nella sua scienza essenzialissima, che è perfettamente comprensiva di ogni cosa, rivelò e mostrò a San Giovanni nella stesura dell‟Apocalisse, in modo che le cose e le persone di un mede- simo versetto comprendono cose e persone di tempi diversi, che o sono simili nel loro agire pro o contro la Chiesa di Cristo, o secondo una sola e stessa cosa in se considerata, o perché hanno per sé un certo significato che è figura di un altro. Così Daniele e altri Profeti profetarono molte cose sulla Sinagoga, che alla lettera si riferiscono alla Chiesa Cattolica. 

 

§. II. 

La natura della Chiesa di Cristo rivelata e mostrata da San Giovanni 

Cap. IV vv. 1-11. 

 

I. Dopo che S. Giovanni ha descritto in maniera generale per divina Rivelazione le sette epoche della Chiesa, fino alla fine del mondo, e dopo che ne ha dato su ciascuna un‟istruzione sufficiente, assai salutare e necessaria, in questo quarto capitolo si introduce come nell‟interno della casa di Dio e del Regno di Cristo, che è la Chiesa, per mostrare la sua natura, il suo ordinamento e l‟intrinseca costituzione. Le cose mirabili, quindi, ed arcane di Dio, che stabilì dall‟eternità accades- sero riguardo alla sua Chiesa fino alla fine del mondo , e che fissò nel decreto divino della sua vo- lontà, gli sono mostrate così come un re terreno, introducendo un suo amico intimo nella sua corte, gli apra le porte della sua camera, ove sono custoditi le cose preziose, meravigliose e segrete del suo regno, per cui dice: 

Vers. 1. Dopo questo vidi [una visione], ed ecco una porta aperta nel cielo, cielo significa il Regno e la Chiesa militante di Cristo, la cui porta, ossia gli arcani decreti della divina volontà su di essa, San Giovanni dice che gli è stata aperta, ovvero manifestata e svelata. E la prima voce che avevo udito come di tromba che parlava con me, [risuonò di nuovo] dicendo: queste parole indicano la gravità di chi lo invita a ricevere i segreti di Dio, ossia l‟Arcangelo San Michele, che parla del cielo, ossia della Chiesa, che gli è affidata. Sali quassù, in ispirito, e ti mostrerò quello che deve accadere dopo queste cose. Gli è ordinato di salire per l‟altezza dei misteri e dei segreti di Dio, che promette di svelargli riguardo alla Chiesa di Cristo, che accadranno fino alla fine del mondo. 

Vers. 2 . E subito fui rapito in ispirito, ed ecco un trono stava nel cielo, e sul trono uno che sedeva. Il trono è la sede Apostolica, monarchica, e il potere e la giurisdizione ecclesiastici, che Cristo pose nel cielo, ossia nella sua Chiesa, quando fondò il suo Regno e istituì la sua Chiesa, co- me si legge in San Matteo al cap. 16, v. 18 e cap. 19: Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pie- tra edificherò la mia chiesa ecc. e ti darò le chiavi del regno dei cieli,  e quello che scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche nei cieli. E sul trono uno che sedeva: 1) colui che si siede sul trono è il capo visibile della Chiesa, che si dice che siede sul trono, in quanto governa la Chiesa di Dio. Colui che per primo sedette sopra questo trono fu San Pietro, dopo del quale sempre vi fu chi vi si sedette e sempre ve ne sarà qualcuno, fino alla fine del mondo, poiché le porte dell‟inferno non prevarranno contro di essa. 2) Colui che siede è anche il capo invisibile della sua Chiesa e del suo Regno, Gesù Cristo, in quanto con la sua continua assistenza e con la grazia santificante vivifica il suo Corpo mistico, che è la Chiesa, come dice in San Matteo nell‟ultimo capitolo: Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo; e ancora in San Giovanni, al cap. 14: Non vi lascio orfani. Siede infatti Cristo sopra il trono nel suo Regno, che è la potestà e autorità divina, per la quale la sua Umanità assisa sul trono governa e regge la sua Chiesa, come dice in San Matteo nell‟ultimo capitolo: Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 3) Colui che siede è anche Dio uno e trino, in quanto è adorato e glorifica- to come Signore dell‟universo nella Chiesa cattolica per mezzo di suo Figlio Gesù, da lui costituito erede di tutte le cose. 

Vers. 3. E chi sedeva era simile nell‟aspetto a pietra di diaspro e di sardo, e c‟era un‟iride attorno al trono, simile nell‟aspetto a smeraldo. Il diaspro è di colore verde, che dà conforto e sollievo agli occhi, il sardo invece è rosso, colore che simboleggia metaforicamente il fuoco della carità. All‟aspetto di queste due pietre si dice che era simile colui che sedeva sul trono per indicare la verità e la carità di Dio, con le quali sempre, fino alla fine del mondo Egli conforterà, infiammerà e conserverà la Chiesa cattolica, con l‟infallibile e santa dottrina della fede, con i santi precetti e la santa carità verso Dio e il prossimo, il che avviene quando il capo visibile dalla Cattedra di S. Pietro definisce e dichiara le verità di fede, stabilisce e promulga sante leggi, che si fondano sulla carità verso Dio e il prossimo. Il Capo invisibile, e Dio uno e trino, illuminano le menti dei fedeli e le in- fiammano con la grazia delle devozione, in quanto tra la Chiesa e Dio vi è un patto ed una alleanza, come è scritto in San Matteo all‟ultimo capitolo: Io sono con voi fino alla fine ecc. Per cui subito dopo dice: e c‟era un‟iride attorno al trono, simile nell‟aspetto a smeraldo. L‟iride o arcobaleno, simboleggia il patto di Cristo con la sua Chiesa, come si legge in Genesi al cap. 9 che fu posto un segno tra il cielo e la terra, che era figura e tipo dell‟attuale alleanza spirituale. Si legge che l‟iride stava attorno al trono, poiché tale patto tra Cristo e la sua Chiesa sarà manifesto ad ognuno che lo voglia conoscere, poiché vedrà e udirà che la Chiesa è sempre rimasta incontaminata e stabile nella carità e nella verità pur in mezzo a tante eresie e avversità. Segno che solo la Chiesa Romana è la legittima e vera sposa di Cristo, con la quale sancì un patto sempiterno col santo anello della carità e della verità. Dice poi simile nell‟aspetto a smeraldo, poiché come il verde smeraldo supera tutti gli altri verdi, così la verità della fede e il patto spirituale di Cristo con la  Chiesa supera la verità e l‟ordine naturale, e come il suo colore è piacevolissimo agli occhi, ma diventa scuro quando riceve la luce, così la verità di questa alleanza è piacevolissima agli occhi dei sapienti e degli intelligenti, ma oscura ai cuori carnali a causa delle avversità e della calamità che Dio permette contro la sua Chiesa. 

Vers. 4. E intorno al trono altri ventiquattro troni e sui troni ventiquattro vecchi seduti, ravvolti in bianche vesti, e sulle loro teste corone d‟oro. Dopo aver descritto il Capo, segue la descrizione del Corpo simboleggiato dai ventiquattro vecchi. I ventiquattro troni indicano la totalità delle sedi Arcivescovili ed Episcopali, e i ventiquattro vegliardi sono gli Arcivescovi, i Vescovi e i Dottori, che son detti sedere sui troni, quando si riuniscono con il loro Capo in un Concilio legitti- mamente convocato. Le loro teste brillano di corone d‟oro, per la speciale dignità, autorità e maestà del loro potere Apostolico. I ventiquattro vecchi simboleggiano anche i dodici Profeti del Vecchio Testamento e i dodici Apostoli del Nuovo, che siedono sui troni per la somma autorità che la loro dottrina e vita hanno nella Chiesa cattolica, alle quali si guarda soprattutto nel definire le verità di fede e la norma dei costumi nei concili ecumenici. Benché essi non siano più in questo mondo, vi rifulgono ancora per la loro divina e apostolica autorità. Sebbene molto più numerosi furono i Dot- tori, la cui autorità e somma nella Chiesa di Dio, tuttavia questi ventiquattro vegliardi simboleggia- no appunto l‟insieme dei Dotti cattolici. Assai spesso, infatti, la Sacra Scrittura pone un numero de-terminato per uno indeterminato. Ravvolti in bianche vesti: le bianche vesti sono simbolo del celibato e della castità sacerdotale, che è l‟ornato e l‟appropriato indumento, per cui risplendono e si distinguono i sacerdoti e i Principi ecclesiastici da quelli secolari. E sulle loro teste corone d‟oro: queste parole indicano la dignità e la potestà ecclesiastica, apostolica e sacerdotale, poiché sono Principi delle Chiese e regnano sulla terra. Così si dice di Aronne in Ecclesiastico, cap. 45, v. 14: Gli pose una corona d’oro sulla sua tiara, improntata col sigillo della consacrazione, insegna d’onore. Hanno poi le corone d‟oro sul capo per indicare la sapienza, la scienza, l‟esperienza e la maturità con cui Cristo Signore dotò e ornò i Principi e di Dottori della sua Chiesa. 

Vers. 5. E dal trono uscivano lampi, e voci, e tuoni.  Per lampi s‟intendono qui i bagliori dei miracoli, che spaventano e illuminano. Sono quindi la prova del premio per chi opera la giustizia, e la minaccia di supplizi ed anatema per i malvagi. Sono pure il simbolo degli avvertimenti di scomuniche e pene ecclesiastiche. Le voci sono le definizioni degli articoli di fede e i precetti della Chiesa, che devono indurre ad una vita santa. I tuoni sono le scomuniche e le pene ecclesiastiche, che colpiscono ipso facto gli eretici e i ribelli, che non ascoltano e disprezzano gli avvertimenti e le definizioni della Chiesa di Cristo. E tutte queste cose uscivano dal trono, ovvero dalla Sede Apostolica, che è giudice delle controversie di fede e legislatrice dei retti e santi costumi. E  sette lam- pade di fuoco stavano accese davanti al trono, che sono i sette Spiriti di Dio. Si denota in tali pa- role l‟assistenza dello Spirito, che governa e regge la Chiesa cattolica in ogni tempo, affinché non venga meno nelle avversità e nelle difficoltà, e comprenda ed interpreti rettamente la Sacra Scrittu- ra, ne segua il suo consiglio nelle cattive circostanze, per superarle, in modo da non errare riguardo alle cose di fede. 

Vers. 6. E di faccia al trono come un mare di vetro, simile al cristallo. Il mare di vetro è il battesimo, nel quale tutte le anime ricevono la vita spirituale, crescono, vivono, ed esistono. Si dice simile al cristallo, sia per il candore di purezza e santità, che conferisce all‟anima, sia perché non è mobile e fluido, ma imprime il carattere indelebile, per cui non si può ricevere che una sola volta. E in mezzo al trono ed intorno al trono quattro animali pieni d‟occhi davanti e di dietro. I quattro animali designano i quattro, per dir così, Arcicancellieri del Regno di Cristo, che ottennero le prime sedi dopo il Capo della Chiesa. Sono anche i quattro Evangelisti coi loro quattro Vangeli, che stan- no in mezzo al trono ed intorno al trono, ossia diffusi e divulgati dai predicatori in tutto il mondo, poiché il loro suono si sparse in tutta la terra e le loro parole giunsero fino agli estremi confini. Si dice poi che sono in mezzo al trono, perché la Chiesa diffusa su tutta la terra si fonda sui quattro lo- ro Vangeli, ossia sulla dottrina evangelica. Sono poi pieni d‟occhi davanti e di dietro per la profon- dità e chiarezza della dottrina e della verità, sia del Nuovo che del Vecchio Testamento, che conten- gono. Gli occhi davanti simboleggiano la scienza e l‟intelligenza soprannaturali, con cui scorsero gli errori della Sinagoga, correggendoli e mantenendo solo quello che era necessario alla salvezza. Gli occhi di dietro sono la medesima sapienza ed intelligenza soprannaturali, per cui sparsero i rag- gi della Dottrina di Cristo fino agli ultimi tempi, e trascrissero, assistiti dallo Spirito Santo, dalla vi- va voce di Cristo, per la salute delle anime, la vantaggiosissima legge evangelica. 

 Vers. 7. E il primo animale simile ad un leone, e il secondo animale simile ad un vitello, e il terzo animale con la faccia come d‟uomo. E il quarto animale simile ad aquila volante. In pri- mo lugo i quattro Evangelisti sono paragonati a quattro animali, poiché descrivono la nascita, la predicazione, la passione e la resurrezione del Signore. Cristo è uomo nella nascita, leone nella predicazione, bue nella passione, aquila nell‟Ascensione. Il primo animale, che indica l‟evangelista San Marco, è simile ad un leone, perché il suo Vangelo inizia con la predicazione di San Giovanni Battista, la quale, per la sua ammirabile efficacia, assomiglia al ruggito del leone, come si legge al cap. 1 di San Marco: Ed andavano a lui gli abitanti di ogni parte della Giudea ecc. Il secondo ani- male simboleggia San Luca ed è simile ad un bue, perché il suo Vangelo comincia dal sacerdozio, che aveva il compito di sacrificare al Signore ogni vitello, e ogni primogenito. Il terzo è figura di San Matteo. Dice che ha la faccia come d‟uomo, perché il suo Vangelo prende principio dalla na- scita di Cristo dal seme di David. Il quarto animale, che evoca l‟Evangelista San Giovanni, è l‟aquila per la sublimità del suo Vangelo, che trascende il cielo e la terra, ogni generazione umana e naturale, e volò fino a quella eterna del Padre, dicendo: In principio era il Verbo ecc. 

Vers. 8. E i quattro animali avevano ognuno sei ali: la prima ala è la legge naturale, la se- conda la legge mosaica, la terza gli oracoli del Profeti, la quarta le istituzioni e gli atti degli Aposto- li; la quinta le loro tradizioni; la sesta infine le deliberazioni dei Concili ecumenici. Si dice che questi quattro animali hanno queste sei ali, perché in esse si fonda e si comprende tutta la dottrina evangelica. Del pari con queste ali la Chiesa vola in tutte e quattro le parti del mondo e si eleva alle sublimi altezze, e i predicatori da esse traggono il fondamento di tutta la predicazione. Per cui subi- to si aggiunge: E all‟intorno e al di dentro son pieni d‟occhi, ovvero scrutano la legge perfetta, co- stituita dalle predette sei ali. Perciò si specifica: E all‟intorno e al di dentro. Infatti, al di dentro, che indica la carità e la contemplazione di Dio. E all‟intorno, invece, si riferisce alla carità verso il prossimo e alla vita attiva, in cui gli Evangelisti e i predicatori devono eccellere. E non si davan posa giorno e notte, dicendo: Santo, santo, santo, il Signore Dio onnipotente, colui che era, è, e viene. Segue l‟incarico e l‟ufficio di questi animali, che consiste, tramite la preghiera e la predica- zione, glorificare, onorare e benedire il Signore Iddio. E non si davan posa giorno e notte, poiché la parola di Dio non si trattenere, né cesserà mai il ruggito del leone, né il muggito del bue, né la voce dell‟uomo o lo stridio dell‟aquila, ossia la predicazione del Vangelo e la glorificazione del nome di Gesù fino alla fine del mondo. Giorno e notte, sia nei tempi malvagi, nell‟ora delle tene- bre, quando sorgono gli eretici e i detrattori della verità evangelica, sia nel tempo della buona luce, ovvero in tempo di pace e di tranquillità della Chiesa. Dicendo: ossia, gridando nei predicatori, nel sacrificio della Messa, nell‟Ufficio divino, detto in tutto il mondo di giorno e di notte. Santo, santo, santo, il Signore Dio onnipotente, colui che era, è, e viene.  dicendo: Santo, santo, santo, il Signore Dio onnipotente, colui che era, è, e viene. La triplice ripetizione di Santo significa la Trinità delle Persone, cui segue l‟espressione il Signore Dio onnipotente, per indicare l‟unità della natura divina. Le tre Persone infatti sono un solo Dio e Signore onnipotente, Colui che era, è, e viene. Questo esprime l‟eternità di Dio, che fu prima di tutti i tempi, ed è in ogni tempo, e sarà dopo ogni tempo negli eterni secoli dei secoli. 

 III. Vers. 9. E ogni qual volta quegli animali davan gloria e onore e ringraziamento a Colui che sedeva sul trono, al Vivente per i secoli dei secoli. 

 Vers. 10. Si prostravano i ventiquattro vecchi al cospetto di Colui che sedeva sul trono, e adoravano il Vivente per i secoli dei secoli, e gettavano le loro corone davanti al trono, dicendo:  

Colui che sedeva sul trono, è Cristo, e Dio uno e trino, in quanto Monarca di tutto il creato e Capo invisibile della Chiesa, che la regge e governa, a cui si sottomettono, intimamente uniti al Ca- po invisibile della Chiesa, tutti i Dottori, i Predicatori, gli Apostoli, i Profeti e i Principi delle Chiese di tutto il mondo. E gettavano le loro corone davanti al trono, in segno di riverenza, di umiltà, e di profonda soggezione, sia perché ogni potere ed onore, e gloria e dignità e autorità ecclesiastica, apostolica, episcopale, dottrinale e prelatizia (simboleggiate nelle corone d‟oro sopra indicate) deri- vano dal trono, ossia dalla sede Apostolica. Davanti al trono, si dice che gettano le corone davanti al trono, ad indicare l‟intima unità e soggezione, che nella Chiesa si trova e vi deve essere in quanto perfettissimamente monarchica. Sia perché con ciò si confessa la Chiesa, in quanto riceve da Dio ogni splendore di carità, di sapienza e di gloria sulla terra, cose significate appunto dalle corone d‟oro. Gesù Cristo, infatti, vero Dio, con tutta la SS. Trinità, in quanto Capo invisibile della Chiesa, è la fonte di ogni sapienza, virtù e potestà, che derivano alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito Santo, per cui Gli si deve ogni onore e gloria e potenza. Per cui prosegue: 

Vers. 11. Degno sei tu, o Signore e Dio nostro, di ricever la gloria e l‟onore e la potenza, non in quanto Dio riceva qualcosa che non possedeva già, o che gli si aggiunga per le opere e le lodi degli uomini, ma in quanto gli uomini per i benefici da Lui ricevuti, sono tenuti a lodare e glorificare così grande eccellenza, bontà, sapienza e potenza dell‟eterna Maestà, che col Sangue del suo Fi- glio Gesù, fondò questo così eccellente, glorioso e ammirevole Regno e fortissima Monarchia della Chiesa, contro di cui le porte dell‟inferno non prevarranno. Dice per altro che i ventiquattro vecchi si prostravano al cospetto di Colui che sedeva sul trono, e adoravano il Vivente per i secoli dei se- coli, poiché i quattro animali danno gloria, onore e potenza e benedizione a Colui che siede sul tro- no ecc., in quanto la cognizione di questa verità si ricava dai Vangeli, i quali insegnano che si deve adorare l‟unico e vero Dio e il suo unico Figlio Gesù Cristo.  Perché tu creasti tutte le cose, 1) creando dal nullo l‟universo intero e ogni creatura, 2) perché hai fatto e ordinato questo Regno della Chiesa sulla terra secondo la tua infinita sapienza e la bontà della tua eterna volontà. E per la tua volontà ebbero l‟essere e furono create: queste parole indicano che il beneplacito della volontà divina è l‟ultimo fine di tutte le creature, di tutti i regni, e di tutto l‟universo, al quale, dal primo all‟ultimo, deve tendere, come una freccia che punta la bersaglio, ogni onore, e gloria e potestà e imperio, ed ogni altra cosa. E per la tua volontà ebbero l‟essere: erano dall‟eternità nella tua dispo- sizione e libera volontà di bontà e sapienza, prima di essere create, come una casa materiale, prima di esistere effettivamente, preesiste nel disegno del costruttore. E furono create, prodotte e fatte in effetto, nel tempo, e ciò per divina, pura e libera volontà di bontà e sapienza, e non per necessità di natura. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser