domenica 10 novembre 2024

Commento all‟Apocalisse

 


§. II. 

La consolazione della Chiesa trionfante di Cristo  

sulle persecuzioni e le vittorie che i SS. Martiri riportarono su di esse. 


Cap. VII. v. 9-17. 


I. Vers. 9. Dopo questo vidi una gran folla, che nessuno poteva contare, di tutte le genti, e tribù e popoli e lingue, che stavano di faccia la trono e di faccia all‟agnello, rivestiti di bianche vesti, e con palme nelle loro mani. Le parole sopra riportate esprimono e rivelano la beatissima condizione di tutti i SS. Martiri nella Chiesa trionfante, i quali al tempo di Diocleziano e dei prece-denti persecutori, attraverso varie e differenti morti e tribolazioni, passarono alla vita immortale. Questa visione è di consolazione e conforto a tutti gli altri soldati di Cristo, che fino alla fine del mondo, patiranno nella Chiesa militante per la fede, l‟onore e la giustizia del Signore Dio. Dopo questo, ovvero seguendo l‟ordine della rivelazione, vidi una gran folla, di Martiri e Santi di Dio, che nei primi trecento anni dopo la Passione di Cristo, passarono alla gloria celeste. Che nessuno poteva contare: si pone un numero infinito, per indicare la sterminata moltitudine dei SS. Martiri che passarono in quei trecento anni alla vita eterna. Di tutte le genti, e tribù e popoli e lingue: que-sti quattro vocaboli significano che uomini di ogni popolo, di ogni parte del mondo, passarono co-me detto alla vita eterna, in quanto nessun uomo è escluso dalla gloria celeste. Che stavano di fac-cia la trono: quest‟espressione indica la condizione dei santi, che è la chiara visione di Dio, il ripo-so e l‟eterna stabilità. Si dice poi che stavano di faccia la trono, per indicare il riposo da ogni fatica nella visione beatifica di Dio. E di faccia all‟Agnello, questo denota il gaudio dei beati per la visio-ne dell‟umanità di Cristo, che godranno in eterno. Come infatti i beati si ricreeranno internamente della visione della divinità, così esternamente di quella dell‟Umanità di Cristo. Rivestiti di bianche vesti, queste indicano la gloria, il premio e le speciali aureole in ordine ai differenti meriti e ai di-versi combattimenti. Per cui subito aggiunge: e con palme nelle loro mani, a significare la perfetta vittoria, la quale in questa vita non si può ottenere, poiché l‟uomo, per quanto santo, deve conti-nuamente combattere. Da ciò si ricava quindi che qui si sta davvero descrivendo la condizione della Chiesa trionfante in cielo. 

 Vers. 10. E gridavano a gran voce. Denotano queste parole l‟ufficio dei beati di Dio, e esprimono nel contempo la veemenza e il massimo affetto del loro amor divino, per cui impulso lo-dano e glorificano Dio e l‟Agnello per la loro salvezza di cui sono sicuri per tutta l‟eternità, dicen-do: La salvezza al nostro Dio, ch‟è seduto sul trono, e all‟Agnello, ovvero salute e felicità, e ogni altro gaudio, derivano da Dio e dall‟Agnello. 

II. Vers. 11. E tutti gli Angeli stavano ritti intorno al trono e dei vecchi e dei quattro animali, e caddero bocconi davanti al trono e adorarono Dio. Segue l‟applauso di tutti i SS. Angeli per la salvezza dei SS. Martiri di Dio. E tutti gli Angeli erano pronti ad eseguire ogni ordine di Dio. Intorno al trono e dei vecchi e dei quattro animali: qui ricorda che l‟ordine dei SS. Angeli che si trova nella Chiesa trionfante consta di tre Gerarchie e di nove Cori. Intorno al trono e dei vecchi, ossia i Profeti e gli Apostoli; e dei quattro animali, ovvero gli Evangelisti e di Dottori, i quali sono continuamente occupati a servire il loro creatore, il che è indicato dal verbo: stare. E caddero boc-coni davanti al trono e adorarono Dio. Queste parole indicano la perfettissima sottomissione, rive-renza, umiltà e culto, con cui gli Spiriti angelici adorano per tutta l‟eternità Gesù Cristo, vero Dio e Uomo, tributandogli ogni lode e onore per la loro condizione beata, e ringraziandolo per il trionfo dei Martiri. Dicendo: Amen.  

Vers. 12. La benedizione e la gloria e la sapienza e il ringraziamento e l‟onore e la poten-za e la forza al nostro Dio per i secoli dei secoli. Amen. Tributano al nostro Dio la potenza, la be-nedizione, la lode, e la gloria, la glorificazione del suo nome, e la sapienza (in quanto forma eterna) e il ringraziamento per tutte le patite tribolazioni per le quali i SS. Martiri conquistarono la somma gloria. L‟onore nelle pubbliche chiese e sugli altari, che dopo l‟ultima persecuzione, erano erette ovunque nel mondo. E la potenza, l‟effetto della potenza di Dio, e i miracoli che avvennero in te-stimonianza della fede. E la forza, ossia la capacità di resistere, per la quale tollerò i tiranni e i persecutori della Chiesa. Ma anche indica la meravigliosa costanza dei SS. Martiri, la cui quasi infinita moltitudine d‟entrambi i sessi sconfisse tutti i tormenti del mondo e si guadagnò il regno dei cieli. Al nostro Dio: i SS. Angeli attestano e dichiarano che tutto ciò bisogna attribuirlo al Signore Iddio, in quanto unica sorgente e infinito mare di tutti i beni, per cui chiudono la loro acclmazione con l‟espressione Amen, ovvero, „così sia‟, „così sia‟, che esprime il loro ardente desiderio. 

III. Vers. 13. E prese la parola uno dei vecchi, dicendomi: Questi che indossano le bian-che vesti, chi sono e da dove sono venuti? Questa domanda viene posta a questo punto in modo as-sai sapiente riguardo alle persone, ossia chi siano e come siano giunte alla condizione tanto beata, allaa consolazione, e al gaudio e alla speranza certa dei giusti in tutte le avversità che per permesso di Dio accade che dobbiamo patire da parte degli empi, così da comprendere che per i giusti non si tratta di un eccidio, di un danno irreparabile o di una fine ignominiosa, ma del transito ad una con-dizione cui appartiene ogni gloria e ogni bene. Nel libro della Sapienza, al cap. 3, 1-3, si legge al ri-guardo: Ma le anime dei giusti son nella mano di Dio, e non li toccherà tormento di morte. Sembra-ron morire agli occhi degli stolti, e si reputò disgrazia la loro scomparsa, e il loro partirsi da noi uno sfacelo, ma essi son nella pace. Anche gli empi il giorno del giudizio finale saranno costretti, ma troppo tardi, e per loro eterno scorno, ad ammettere e deplorare la medesima cosa. Allora sta-ranno i giusti con grande sicurezza in faccia a coloro  che li oppressero e depredarono le loro fati-che. Al vederli gli empi saranno agitati da tremenda paura. Diranno dentro di sé presi da penti-mento, e sospirando per l’angoscia dell’animo: Questi son coloro che facemmo un tempo oggetto di risa e d’obbrobrioso motteggio, noi insensati. La vita loro stimavamo una pazzia e senza onore la loro fine. Eccoli invece annoverati tra i figli di Dio e tra i santi è il loro retaggio (Sap., 5, 1-5). E prese la parola uno dei vecchi, dicendomi: Costui è S. Pietro, detto uno dei vecchi, ossia il primo dei Prelati della Chiesa, come sopra già dicemmo. Questi che indossano le bianche vesti, chi sono e da dove sono venuti? Questa domanda non serve ad apprendere qualcosa, quanto intende istruire noi. Segue infatti l‟umile risposta di S. Giovanni, che ci insegna il modo con cui dobbiamo imparare i divini misteri celesti. 

Vers. 14. Ed io gli dissi: Tu, Signor mio, lo sai. Segue subito l‟istruzione sulla verità eterna. E lui mi disse: Questi son quelli che vengono dalla gran tribolazione, ossia questi sono coloro che in questo mondo furono oggetto del disprezzo degli uomini, e patirono la ruota, il fuoco, le bestie feroci, la spada, il carcere e l‟esilio, e uscirono di vita col martirio al tempo di Diocleziano e di Massimiano e dei tiranni che li precedettero, poiché allora vi fu la gran tribolazione. E han lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell‟Agnello. Con queste parole si indica l‟aumento della gloria dell‟anima, che è l‟aureola del martirio, che ottennero testimoniando la fede in Gesù Cristo. Il sangue dei Martiri infatti si dice moralmente il sangue di Cristo, nel senso che è il sangue dei suoi membri, nei quali si dice che ha patito la persecuzione, come in Atti, al cap. 9, 4: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Del pari si dice che han lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell‟Agnello, perché ogni merito e morte dei Santi si fonda sulla morte e nel Sangue dell‟Agnello Gesù Cristo, e s‟innestano come i tralci nella vite e come il frutto nell‟albero e come le spighe nel seme. 

Vers. 15. Perciò sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che siede sul suo trono abiterà sopra di essi. Segue la condegna e piena ricompensa delle tri-bolazioni indicata dall‟uso della particella perciò. Sono qui specificate otto tipi di retribuzioni, che corrispondono agli otto difficili gradi delle virtù e della vittoria attraverso di cui i cristiani devono salire per giungere al Regno di Dio. Ciò aveva promesso Cristo in S. Matteo al cap. 5 ai suoi solda-ti. Otto è infatti il numero con cui s‟indica l‟insieme e la pienezza di ogni bene, come vedremo. 

IV. Il primo grado è la povertà in spirito armato della quale il cristiano deve essere pronto a perdere ogni bene temporale piuttosto che rinnegare la fede e distribuirlo ai poveri durante la perse-cuzione, come fece S. Lorenzo e tutti i SS. Martiri i cui beni erano insidiati dal tiranno, e a cui è promesso il Regno dei cieli, che è la personale ed individuale stabilità eterna. Per cui si dice: perciò sono davanti al trono di Dio, ossia posti nell‟eterna stabilità, guardando Dio faccia a faccia, come Egli è.  

Il secondo grado è la mansuetudine, di cui rivestiti i SS. Martiri di Dio sostennero il giogo e la tirannia dei Re della terra ad imitazione di Cristo loro Signore, condotti al macello come Agnelli, senza aprir bocca e così vinsero il male col bene, ai quali sta promesso il possesso della terra, ossia la libertà completa e il possesso eterno del sommo bene, nel quale regneranno con Cristo Gesù loro capo nei secoli dei secoli, poiché servire Dio, è regnare. Per cui segue: e lo servono giorno e notte nel suo tempio, nel riposo eterno, nella libertà e felicità senza timore, nella lode del loro creatore per tutta l‟eternità, come attesta il Salmo 83, 5: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore: Ti loderanno sempre. Il tempio simboleggia infatti il cielo empireo, il palazzo dell‟eterno Re, il ta-bernacolo incorruttibile, nel quale Dio abiterà con gli uomini e i suoi SS. Angeli come vedremo al cap. 21. 

Il terzo grado è il pianto dei giusti, per cui gemono e piangono nelle avversità, incertezze, agitazioni, cattive tentazioni ed altre numerose calamità e disgrazie di questo mondo. Anche a loro è promessa una consolazione piena, e una perfetta felicità, che consiste nell‟essere con Cristo e regna-re con lui, giustissimo, santissimo e potentissimo Monarca, la cui bontà, potenza e regno non cessa-rà in eterno. E colui che siede sul suo trono abiterà sopra di essi, e non serviranno più un Re terre-no, né gli saranno sottomessi, né più si cambierà la loro condizione nei secoli dei secoli, poiché Cri-sto Signore, Re dei Re e Signore dei Signori, sarà il loro Re, il cui giogo è soave e il peso lieve. Sarà loro Signore per tutta l‟eternità e non potranno più essergli sottratti. 

Il quarto grado è lo zelo della giustizia, a cui è promessa la piena sazietà di ogni desiderio e di ogni bene. I giusti uomini di Dio infatti vedendo che in questo mondo sono commessi tanti mali, il povero, l‟orfano e la vedova sono oppressi, gli empi predominano sui giusti, i che i consigli degli stolti sono ascoltati e quelli dei saggi disprezzati, che tanti beni sono impediti, che nella gran parte degli uomini non si trova né giustizia, né verità, né timor di Dio, né carità, né sincerità, si affliggono nello spirito, come consunti da una sorta di fame e sete che non si può alleviare. Per loro sollievo quindi aggiunge:  

Vers. 16. Non avran più fame né sete, né li colpirà il sole né ardore alcuno. Saranno satol-li di ogni cosa, essendo i loro desideri conosciuti per decreto della divina volontà. Salmo 16, 15: Ma io nella giustizia mi presenterò la tuo cospetto, mi sazierò all’apparir della tua gloria. Non avranno più fame e sete, del pari, non dovendo più sottostare per tutta l‟eternità alle necessità corporali. 

Il quinto grado è l‟essere misericordioso in questo mondo, amare i poveri, i miseri, gli afflit-ti, gli orfani, le vedove e aiutare gli indigenti, mostrarsi verso tutti affabile, mansueto, amabile e compassionevole nella carità di Cristo. A loro è promessa la misericordia di Dio, per la quale meri-teranno di scampare dalle pene eterne e di essere sicuri da ogni altro travaglio per i secoli dei secoli. Per cui si aggiunge: né li colpirà il sole, ossia la giustizia di Gesù Cristo, sole di giustizia. Questa infatti brucerà e tormenterà nell‟inferno per i secoli dei secoli soltanto gli empi, i tiranni e gli immi-sericordi; né ardore alcuno, nessun‟altra tribolazione fra quelle che numerose accadono nel secolo presente, potrà investirli e colpirli in eterno. 

Il settimo grado è la vita santa, immacolata, casta, sobria, e pia in quasto mondo, a cui sta promessa la visione di Dio nell‟altro. Nel regno dei Cieli infatti non entrerà nulla di immondo. 

Vers. 17. Perché l‟Agnello che è in mezzo al trono, li reggerà: l‟Agnello indica l‟Umanità di Cristo, nella quale e per mezzo della quale i beati vedranno per tutta l‟eternità la risplendente di-vinità come una fiaccola che brilla in una lampada. In mezzo al trono: ossia in Cielo, dove Gesù Cristo si mostrerà a tutti i santi visibile e glorioso. Dice poi: l‟Agnello li reggerà, poiché l‟Umanità di Cristo è il mezzo della visione beatifica tra la divinità e la creatura, come sono tutti i beati; poi, perché tutti i beati saranno retti e dipenderanno assolutamente dal cenno della infallibile e buona volontà di Cristo, che mai permetterà loro di più errare e peccare per tutta l‟eternità, ma, completa-mente immersi e uniti al loro creatore mediante la direzione dell‟Umanità di Cristo, rimarranno per tutta l‟eternità in una quiete ineffabile. Per cui poi non potranno mai più perdere la visione beatifica, in quanto non vi sarà niente altro che potranno ancora desiderare o di cui potrebbero essere saziati. 

Il settimo grado è una certa libertà e santa pace dei giusti sulla terra, in forza di cui tengono loro soggette e sottomesse le passioni, e sanno dominare i loro affetti. Per cui in ogni calamità, e sventura, e nelle angustie rimangono incrollabili e mantengono sempre la pace e la tranquillità inte-riore, avendola come testimone della loro buona coscienza davanti al Signore loro Dio. A costoro è promessa la filiazione di Dio, per cui ogni desiderio dei Santi è pienamente e perfettamente saziato, poiché non vi è niente di più grande che si possa desiderare, niente di più degno, cui tendere; niente di più dolce, di cui godere, e niente di più ammirabile che possa loro accadere. Per cui segue: e li guiderà alle fonti delle acque di vita, ovvero all‟immortalità e alla soddisfazione di tutti i beni, di tutte le cose desiderabili, che si possono avere o desiderare. Per cui si dice al plurale alle fonti delle acque di vita. Di conseguenza questa pienezza e filiazione divina si acquisirà pienamente dopo la resurrezione universale dei corpi, quando saremo simili a Cristo e saremo chiamati figli di Dio, e vedremo il Signore nostro Dio, come egli è, faccia a faccia. 

L‟ottavo grado infine è quella della pazienza delle avversità, della prigione, della perdita dei beni temporali, o della morte stessa per la giustizia o la fede nel Signore Gesù Cristo, nella pazienza e nell‟umiltà. Di costoro si parla qui infine, quando dice: E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, ossia non avranno più alcun motivo per patire, ma una piena e perfetta consolazione. E quan-to fu la misura nel calice della passione, altrettanto sarà quello della consolazione. Così nessuno lì si dorrà delle avversità e dei mali subiti, poiché godrà per sempre dei beni eterni, che quelle disgrazie gli avranno meritato. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

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