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domenica 21 aprile 2024

Non c’è vita per chi lascia il Dio della vita, per chi a Lui si ribella, per chi rifiuta di camminare nella sua Parola.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


Guarda, Signore, quanto sono in angoscia; le mie viscere si agitano, dentro di me è sconvolto il mio cuore, poiché sono stata veramente ribelle. Di fuori la spada mi priva dei figli, dentro c’è la morte. 

Ora Gerusalemme si rivolge direttamente al suo Dio. A Lui vuole manifestare la sua angoscia. Essa sa che Dio ha sempre pietà e può risollevare dalla caduta. 

Guarda, Signore, quanto sono in angoscia. Le mie viscere si agitano, dentro di me è sconvolto il mio cuore. Non c’è vita in Gerusalemme. 

Perché non c’è vita? Perché essa è stata ribelle al Dio della vita. Essa confessa la sua colpa: Sono stata veramente ribelle. È l’inizio della conversione. 

Ecco la triste condizione della città di Dio: di fuori la spada mi priva dei figli, dentro c’è la morte. La vita ha abbandonato Gerusalemme. Perché? 

Perché essa ha abbandonato il Dio della vita. Non c’è vita per chi lascia il Dio della vita, per chi a Lui si ribella, per chi rifiuta di camminare nella sua Parola. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 24 marzo 2024

È verità. Ogni aiuto viene dal Signore. Chi è nel Signore consola e dona ogni aiuto. Chi non è nel Signore, mai potrà aiutare secondo verità e giustizia.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI


19Ho chiamato i miei amanti, ma mi hanno tradita; i miei sacerdoti e i miei anziani sono spirati in città, mentre cercavano cibo per sostenersi in vita. 

Gerusalemme confessa ai popoli e alle nazioni che solo del Signore ci si deve fidare. Degli altri, nessuno mai verrà in aiuto. Sono vanità. 

La città ha chiamato i suoi amanti, ma essi l’hanno tradita. Può un idolo aiutare? Esso è il nulla. È la non esistenza. È la vanità pura. È il vuoto assoluto. 

Possono i suoi sacerdoti aiutare? Neanche loro aiutano. Essi aiutano se Dio è in essi e agisce per mezzo di essi. Da soli anche loro sono nullità e vanità. 

Possono aiutare gli anziani? Neanche loro lo possono. Chi è senza Dio mai potrà recare un qualche conforto a chi è nella desolazione. 

Sacerdoti e anziani ora sono tutti intenti ad aiutare se stessi. Essi stessi stanno morendo, spirano mentre sono alla ricerca di un pezzo di pane.  

È verità. Ogni aiuto viene dal Signore. Chi è nel Signore consola e dona ogni aiuto. Chi non è nel Signore, mai potrà aiutare secondo verità e giustizia. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

mercoledì 14 febbraio 2024

La via della salvezza è la giustizia. La giustizia vuole che si eviti il male e che si faccia il bene. Obbliga a vivere di obbedienza alla volontà di Dio.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


La via della salvezza è la giustizia. La giustizia vuole che si eviti il male e che si faccia il bene. Obbliga a vivere di obbedienza alla volontà di Dio. 

Questa verità è proclamata dal profeta Geremia. Se Dio non può avere compassione per Gerusalemme, potrà averla per altre città? 

Questa parola fu rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda nel quarto anno del regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè nel primo anno del regno di Nabucodònosor, re di Babilonia. Il profeta Geremia l’annunciò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo: «Dall’anno tredicesimo del regno di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi con premura e insistenza, ma voi non avete ascoltato. Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per ascoltare quando vi diceva: “Ognuno abbandoni la sua condotta perversa e le sue opere malvagie; allora potrete abitare nella terra che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi e per sempre. Non seguite altri dèi per servirli e adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io non vi farò del male. Ma voi non mi avete ascoltato – oracolo del Signore – e mi avete provocato con l’opera delle vostre mani per vostra disgrazia”.  

Per questo dice il Signore degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole, ecco, manderò a prendere tutte le tribù del settentrione – oracolo del Signore – e Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo, e li farò venire contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne. Farò cessare in mezzo a loro i canti di gioia e di allegria, il canto dello sposo e della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada. Tutta questa regione sarà distrutta e desolata e queste genti serviranno il re di Babilonia per settanta anni. Quando saranno compiuti i settanta anni, punirò per i loro delitti il re di Babilonia e quel popolo – oracolo del Signore –, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne. Manderò dunque a effetto su questo paese tutte le parole che ho pronunciato a suo riguardo, tutto quanto è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva profetizzato contro tutte le nazioni. Nazioni numerose e re potenti ridurranno in schiavitù anche costoro, e così li ripagherò secondo le loro azioni e le opere delle loro mani». 

Così mi disse il Signore, Dio d’Israele: «Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio, perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro». 

Presi dunque la coppa dalla mano del Signore e la diedi a bere a tutte le nazioni alle quali il Signore mi aveva inviato: a Gerusalemme e alle città di Giuda, ai re e ai capi, per abbandonarli alla distruzione, all’orrore, allo scherno e alla maledizione, come avviene ancora oggi; anche al faraone, re d’Egitto, ai suoi ministri, ai suoi nobili e a tutto il suo popolo, alla gente d’ogni razza e a tutti i re del paese di Us, a tutti i re del paese dei Filistei, ad Àscalon, a Gaza, a Ekron e ai superstiti di Asdod, a Edom, a Moab e ad Ammon, a tutti i re di Tiro e a tutti i re di Sidone e ai re dell’isola che è al di là del mare, a Dedan, a Tema, a Buz e a quanti si radono le tempie, a tutti i re degli Arabi che abitano nel deserto, a tutti i re di Zimrì, a tutti i re dell’Elam e a tutti i re della Media, a tutti i re del settentrione, vicini e lontani, agli uni e agli altri e a tutti i regni che sono sulla terra; il re di Sesac berrà dopo di loro. 

«Tu riferirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Bevete e inebriatevi, vomitate e cadete senza rialzarvi davanti alla spada che io mando in mezzo a voi. Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano la coppa da bere, tu dirai loro: Dice il Signore degli eserciti: Berrete per forza! Ecco, io comincio a castigare la città che porta il mio nome, e voi pretendete di rimanere impuniti? No, non resterete impuniti, perché io farò venire la spada su tutti gli abitanti della terra. Oracolo del Signore degli eserciti.  

Profetizzerai tutte queste cose e dirai loro: 

Il Signore ruggisce dall’alto, dalla sua santa dimora fa udire la sua voce; alza il suo ruggito contro la prateria, manda grida di giubilo come i pigiatori delle uve, contro tutti gli abitanti della terra. Il rumore giunge fino all’estremità della terra, perché il Signore fa un processo alle nazioni; chiama in giudizio ogni uomo, condanna a morte gli empi.  Oracolo del Signore. 

Dice il Signore degli eserciti: Ecco, la sventura passa di nazione in nazione, si alza un grande turbine dall’estremità della terra». 

In quel giorno i colpiti dal Signore si troveranno da un’estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma diverranno come letame sul suolo. 

Urlate, pastori, gridate, rotolatevi nella polvere, capi del gregge! Perché sono giunti i giorni del vostro macello; stramazzerete come vaso prezioso. Non ci sarà rifugio per i pastori né scampo per i capi del gregge. Voci e grida dei pastori, urla delle guide del gregge, perché il Signore distrugge il loro pascolo; sono devastati i prati tranquilli a causa dell’ardente ira del Signore. Il leone abbandona la sua tana, la loro terra è diventata una desolazione, a causa della spada devastatrice e della sua ira ardente (Ger 25,1-38).  

Gerusalemme è esempio di giustizia per tutti i popoli. Ognuno è obbligato a riflettere. Dio non fa sconti a nessuno. Il peccato divorerà chi lo commette. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 6 gennaio 2024

Mai al Signore si deve attribuire qualcosa di ingiusto. Lui è la somma, divina, eterna giustizia. Il male è frutto solo del peccato, della trasgressione.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI


18«Giusto è il Signore, poiché mi sono ribellata alla sua parola. Ascoltate, vi prego, popoli tutti, e osservate il mio dolore!  Le mie vergini e i miei giovani sono andati in schiavitù. 

È verità eterna e immutabile. Il nostro Dio agisce sempre con giustizia. Mai lo si potrà accusare di opere inique e ingiuste. Sempre giudica secondo giustizia. 

Gerusalemme confessa che il Signore è giusto. Nulla ha fatto di ingiusto contro si essa. È stata essa a ribellarsi alla parola del Signore. 

Gerusalemme sapeva che la vita era nella Parola del Signore. Sapeva che fuori della Parola di Dio vi era solo morte. Ha scelto la morte.  

La devastazione che si è abbattuta su di essa è stata non per volontà del Signore e per sua opera, ma solo perché essa ha scelto la disobbedienza. 

Mai al Signore si deve attribuire qualcosa di ingiusto. Lui è la somma, divina, eterna giustizia. Il male è frutto solo del peccato, della trasgressione.  

Tu hai trovato il suo cuore fedele davanti a te e hai stabilito con lui un'alleanza, promettendogli di dare alla sua discendenza il paese dei Cananei, degli Hittiti, degli Amorrei, dei Perizziti, dei Gebusei e dei Gergesei; tu hai mantenuto la tua parola, perché sei giusto (Ne 9, 8). "Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo (Tb 3, 2). Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dei. Tu sei giusto, Signore! (Est 4, 17n). Se tu sei giusto, che cosa gli dai o che cosa riceve dalla tua mano? (Gb 35, 7). Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio (Sal 50, 6). Dirò le meraviglie del Signore, ricorderò che tu solo sei giusto (Sal 70, 16). Volgiti a me e abbi misericordia, tu che sei giusto per chi ama il tuo nome (Sal 118, 132). Tu sei giusto, Signore, e retto nei tuoi giudizi (Sal 118, 137). Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi (Dn 3, 27). Allora udii l'angelo delle acque che diceva: "Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, poiché così hai giudicato (Ap 16, 5).  

Allora i capi di Israele e il re si umiliarono e dissero: "Giusto è il Signore!" (2Cr 12, 6). Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti vedranno il suo volto (Sal 10, 7). Buono e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso (Sal 115, 5). Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere (Sal 144, 17). Eppure il Signore aspetta per farvi grazia, per questo sorge per aver pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui! (Is 30, 18). "Giusto è il Signore, poiché mi sono ribellata alla sua parola. Ascoltate, vi prego, popoli tutti, e osservate il mio dolore! Le mie vergini e i miei giovani sono andati in schiavitù (Lam 1, 18). Giusto è stato il tuo giudizio per quanto hai fatto ricadere su di noi e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme. Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo a causa dei nostri peccati (Dn 3, 28).  

Dio è autore solo del bene più grande. Lui è misericordia eterna, compassione infinita, carità divina, amore che mai viene meno, pietà senza fine. 

Sempre si deve riconoscere che il Signore è giusto e che è il peccato dell’uomo che provoca i disastri sulla nostra terra. Dio è operatore di solo bene.  

Ora Gerusalemme invita tutti i popoli perché ascoltino e osservino il suo dolore. 

Le sue vergini e i suoi giovani sono andati in schiavitù. 

Perché tutti i popoli devono osservare il dolore di Gerusalemme? Perché imparino anche loro dove conduce l’ingiustizia, il peccato, la trasgressione. 

Se Dio non ha potuto salvare la sua città, se ha dovuto abbandonarla alla sua devastazione, ci potrà essere una sola città sulla terra che potrà salvarsi? 

Se i figli e le vergini di Gerusalemme sono stati trascinati in schiavitù, vi potrà essere un solo giovane sulla terra che potrà sfuggire alla schiavitù? 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 7 dicembre 2023

Quando si supera il limite del male, del peccato, della cattiveria, della malvagità, dell’idolatria, si giunge anche a peccare contro lo Spirito Santo.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro. 

Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,31-37). 

Sempre si deve porre ogni attenzione perché non si cada in questo peccato imperdonabile. Da vivi siamo già nell’inferno. Siamo dannati prima di morire.

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 28 ottobre 2023

Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi? Cose spaventose e orribili avvengono nella terra: i profeti profetizzano menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno, e il mio popolo ne è contento. Che cosa farete quando verrà la fine? (Ger 5,20-31).

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi? Cose spaventose e orribili avvengono nella terra: i profeti profetizzano menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno, e il mio popolo ne è contento. Che cosa farete quando verrà la fine? (Ger 5,20-31).  

Il profeta Isaia afferma che il popolo di Dio si tira addosso il castigo con corde da buoi e il peccato con funi da carro, tanto esso è pesante, grande, enorme. 

Ha giurato ai miei orecchi il Signore degli eserciti: «Certo, molti palazzi diventeranno una desolazione, grandi e belli saranno senza abitanti». Poiché dieci iugeri di vigna produrranno solo un bat e un homer di seme produrrà un’efa. 

Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera. Il vino li infiamma. Ci sono cetre e arpe, tamburelli e flauti e vino per i loro banchetti; ma non badano all’azione del Signore, non vedono l’opera delle sue mani. Perciò il mio popolo sarà deportato senza che neppure lo sospetti. I suoi grandi periranno di fame, il suo popolo sarà arso dalla sete. Pertanto gli inferi dilatano le loro fauci, spalancano senza misura la loro bocca. Vi precipitano dentro la nobiltà e il popolo, il tripudio e la gioia della città. L’uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato, gli occhi dei superbi si abbasseranno. Sarà esaltato il Signore degli eserciti nel giudizio e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia. Allora vi pascoleranno gli agnelli come nei loro prati, sulle rovine brucheranno i grassi capretti. 

Guai a coloro che si tirano addosso il castigo con corde da tori e il peccato con funi da carro, che dicono: «Faccia presto, acceleri pure l’opera sua, perché la vediamo; si facciano più vicini e si compiano i progetti del Santo d’Israele, perché li conosciamo» (Is 5,9-19). 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

giovedì 5 ottobre 2023

Gerusalemme ha ampiamente superato i limiti del male. Lo attesta il Signore per mezzo del profeta Geremia. Anche il male ha un limite invalicabile.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI


Gerusalemme ha ampiamente superato i limiti del male. Lo attesta il Signore per mezzo del profeta Geremia. Anche il male ha un limite invalicabile. 

Annunciatelo nella casa di Giacobbe, fatelo udire in Giuda e dite: «Ascolta, popolo stolto e privo di senno, che ha occhi ma non vede, ha orecchi ma non ode. Non mi temerete?  Oracolo del Signore. Non tremerete dinanzi a me, che ho posto la sabbia per confine al mare, limite perenne che non varcherà? Le sue onde si agitano ma non prevalgono, rumoreggiano ma non l’oltrepassano».  

Questo popolo ha un cuore indocile e ribelle; si voltano indietro e se ne vanno, e non dicono in cuor loro:  «Temiamo il Signore, nostro Dio, che dona la pioggia autunnale e quella primaverile a suo tempo, che custodisce per noi le settimane fissate per la messe». 

Le vostre iniquità hanno sconvolto quest’ordine e i vostri peccati tengono lontano da voi il benessere; poiché tra il mio popolo si trovano malvagi, che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la causa, non si curano della causa dell’orfano, non difendono i diritti dei poveri. Non dovrei forse punirli?  Oracolo del Signore. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 31 agosto 2023

Quando si cade nell’idolatria, il cuore è avvolto da oscurità e tenebre. Non vede più il bene. Si consegna tutto al male. Si va ben oltre il limite del peccato.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI


17 Sion protende le mani, nessuno la consola. Contro Giacobbe il Signore ha mandato da tutte le parti i suoi nemici. Gerusalemme è divenuta  per loro un abominio. 

Ancora il profeta mostra, anzi rivela il dolore di Gerusalemme. Il profeta non vede solo il dolore visibile, vede anche quello invisibile, del cuore. 

Sion protende le mani, nessuno la consola. Non ci sono persone che possano consolare chi è senza Dio, chi ha ripudiato il suo Sposo, il suo Signore. 

Contro Giacobbe il Signore ha mandato da tutte le parti i suoi nemici. Giacobbe è il suo popolo, invaso da potenti popoli senza timore del Signore. 

Gerusalemme è divenuta per loro un abominio, una città immonda, da distruggere, radere al suolo, da votare allo sterminio.  

Quando si abbandona il Signore non ci sono consolatori umani, mai se ne potranno trovare. L’unico e solo Consolatore è il Signore. 

Se Lui consola, siamo consolati. Se Lui non consola, perché non può consolare, nessuno potrà recare una qualche consolazione al nostro cuore. 

Il nostro Dio è insostituibile. Se vi fosse una cosa sola al mondo, o una sola persona che potesse sostituirlo, Lui sarebbe inutile, ininfluente. 

È verità che mai dovrà essere dimenticata. Tutte le cose del mondo mai potranno sostituire il nostro Dio. Senza di Lui non c’è vera vita. 

Quando una cosa è dichiarata abominio, essa va distrutta, ridotta in polvere, in cenere. È un abominio. Il peccato ha reso Gerusalemme un abominio. 

Essendo abominio mai potrà esistere. Dovrà essere distrutta, cancellata, ridotta in polvere. Solo potrà essere ricostruita. L’idolatria è veramente abominevole. 

Priva di Dio della sua gloria, del suo nome, della sua magnificenza per conferire queste cose a chi neanche esiste. Gli idoli sono la non esistenza. 

Quando si cade nell’idolatria, il cuore è avvolto da oscurità e tenebre. Non vede più il bene. Si consegna tutto al male. Si va ben oltre il limite del peccato. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

martedì 8 agosto 2023

Se non si educa un uomo a temere il Signore, ogni altra educazione è falsa, menzognera, ingannevole, illusoria, vana.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


Il Libro dei Proverbi inizia l’educazione dell’uomo, insegnando nei suoi primi capitoli come un padre deve educare il figlio nel timore del Signore. 

Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, per conoscere la sapienza e l’istruzione, per capire i detti intelligenti, per acquistare una saggia educazione, equità, giustizia e rettitudine, per rendere accorti gli inesperti e dare ai giovani conoscenza e riflessione.  

Il saggio ascolti e accrescerà il sapere, e chi è avveduto acquisterà destrezza, per comprendere proverbi e allegorie, le massime dei saggi e i loro enigmi. Il timore del Signore è principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l’istruzione.  

Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non disprezzare l’insegnamento di tua madre, perché saranno corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo collo. 

Figlio mio, se i malvagi ti vogliono sedurre, tu non acconsentire! Se ti dicono: «Vieni con noi, complottiamo per spargere sangue, insidiamo senza motivo l’innocente, inghiottiamoli vivi come fa il regno dei morti, interi, come coloro che scendono nella fossa; troveremo ogni specie di beni preziosi, riempiremo di bottino le nostre case, tu tirerai a sorte la tua parte insieme con noi, una sola borsa avremo in comune», figlio mio, non andare per la loro strada, tieniti lontano dai loro sentieri!  

I loro passi infatti corrono verso il male e si affrettano a spargere sangue. Invano si tende la rete sotto gli occhi di ogni sorta di uccelli. Ma costoro complottano contro il proprio sangue, pongono agguati contro se stessi. Tale è la fine di chi è avido di guadagno; la cupidigia toglie di mezzo colui che ne è dominato.  

La sapienza grida per le strade, nelle piazze fa udire la voce; nei clamori della città essa chiama, pronuncia i suoi detti alle porte della città: «Fino a quando, o inesperti, amerete l’inesperienza e gli spavaldi si compiaceranno delle loro spavalderie e gli stolti avranno in odio la scienza? Tornate alle mie esortazioni: ecco, io effonderò il mio spirito su di voi e vi manifesterò le mie parole. Perché vi ho chiamati ma avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno se ne è accorto. Avete trascurato ogni mio consiglio e i miei rimproveri non li avete accolti; anch’io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando su di voi verrà la paura, quando come una tempesta vi piomberà addosso il terrore, quando la disgrazia vi raggiungerà come un uragano, quando vi colpiranno angoscia e tribolazione. Allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno. Perché hanno odiato la sapienza e non hanno preferito il timore del Signore, non hanno accettato il mio consiglio e hanno disprezzato ogni mio rimprovero; mangeranno perciò il frutto della loro condotta e si sazieranno delle loro trame. Sì, lo smarrimento degli inesperti li ucciderà e la spensieratezza degli sciocchi li farà perire; ma chi ascolta me vivrà in pace e sarà sicuro senza temere alcun male» (Pr 1,1-33).  

Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza, se appunto invocherai l’intelligenza e rivolgerai la tua voce alla prudenza, se la ricercherai come l’argento e per averla scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio, perché il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca escono scienza e prudenza. Egli riserva ai giusti il successo, è scudo a coloro che agiscono con rettitudine, vegliando sui sentieri della giustizia e proteggendo le vie dei suoi fedeli. Allora comprenderai l’equità e la giustizia, la rettitudine e tutte le vie del bene, perché la sapienza entrerà nel tuo cuore e la scienza delizierà il tuo animo. 

La riflessione ti custodirà e la prudenza veglierà su di te, per salvarti dalla via del male, dall’uomo che parla di propositi perversi, da coloro che abbandonano i retti sentieri per camminare nelle vie delle tenebre, che godono nel fare il male e gioiscono dei loro propositi perversi, i cui sentieri sono tortuosi e le cui strade sono distorte; per salvarti dalla donna straniera, dalla sconosciuta che ha parole seducenti, che abbandona il compagno della sua giovinezza e dimentica l’alleanza con il suo Dio. La sua casa conduce verso la morte e  verso il regno delle ombre i suoi sentieri. Quanti vanno da lei non fanno ritorno, non raggiungono i sentieri della vita.  

In tal modo tu camminerai sulla strada dei buoni e rimarrai nei sentieri dei giusti, perché gli uomini retti abiteranno nel paese e gli integri vi resteranno, i malvagi invece saranno sterminati dalla terra e i perfidi ne saranno sradicati (Pr 2,1-22).  

Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore custodisca i miei precetti, perché lunghi giorni e anni di vita e tanta pace ti apporteranno. Bontà e fedeltà non ti abbandonino: légale attorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore, e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini. Confida nel Signore con tutto il tuo cuore e non affidarti alla tua intelligenza; riconoscilo in tutti i tuoi passi  ed egli appianerà i tuoi sentieri. Non crederti saggio ai tuoi occhi, temi il Signore e sta’ lontano dal male: sarà tutta salute per il tuo corpo e refrigerio per le tue ossa. Onora il Signore con i tuoi averi e con le primizie di tutti i tuoi raccolti; i tuoi granai si riempiranno oltre misura e i tuoi tini traboccheranno di mosto.  

Figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore e non aver a noia la sua correzione, perché il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto. Beato l’uomo che ha trovato la sapienza, l’uomo che ottiene il discernimento: è una rendita che vale più dell’argento e un provento superiore a quello dell’oro. La sapienza è più preziosa di ogni perla e quanto puoi desiderare non l’eguaglia. Lunghi giorni sono nella sua destra e nella sua sinistra ricchezza e onore; le sue vie sono vie deliziose e tutti i suoi sentieri conducono al benessere. È un albero di vita per chi l’afferra, e chi ad essa si stringe è beato. Il Signore ha fondato la terra con sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza; con la sua scienza si aprirono gli abissi e le nubi stillano rugiada. 

Figlio mio, custodisci il consiglio e la riflessione né mai si allontanino dai tuoi occhi: saranno vita per te e ornamento per il tuo collo. Allora camminerai sicuro per la tua strada e il tuo piede non inciamperà. Quando ti coricherai, non avrai paura; ti coricherai e il tuo sonno sarà dolce. Non temerai per uno spavento improvviso, né per la rovina degli empi quando essa verrà, perché il Signore sarà la tua sicurezza e preserverà il tuo piede dal laccio. Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede. Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te. Non litigare senza motivo con nessuno, se non ti ha fatto nulla di male. Non invidiare l’uomo violento  e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia è per i giusti. La maledizione del Signore è sulla casa del malvagio, mentre egli benedice la dimora dei giusti. Dei beffardi egli si fa beffe e agli umili concede la sua benevolenza. I saggi erediteranno onore, gli stolti invece riceveranno disprezzo (Pr 3,1-35).  

Ascoltate, o figli, l’istruzione di un padre e fate attenzione a sviluppare l’intelligenza, poiché io vi do una buona dottrina; non abbandonate il mio insegnamento. Anch’io sono stato un figlio per mio padre, tenero e caro agli occhi di mia madre. Egli mi istruiva e mi diceva: «Il tuo cuore ritenga le mie parole; custodisci i miei precetti e vivrai. Acquista la sapienza, acquista l’intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene mai. Non abbandonarla ed essa ti custodirà, amala e veglierà su di te. 

Principio della sapienza: acquista la sapienza; a costo di tutto ciò che possiedi, acquista l’intelligenza. Stimala ed essa ti esalterà, sarà la tua gloria, se l’abbraccerai. Una corona graziosa porrà sul tuo capo, un diadema splendido ti elargirà». 

Ascolta, figlio mio, e accogli le mie parole e si moltiplicheranno gli anni della tua vita. Ti indico la via della sapienza, ti guido per i sentieri della rettitudine. Quando camminerai non saranno intralciati i tuoi passi, e se correrai, non inciamperai. Attieniti alla disciplina, non lasciarla, custodiscila, perché essa è la tua vita. Non entrare nella strada degli empi e non procedere per la via dei malvagi. Evita quella strada, non passarvi, sta’ lontano e passa oltre. Essi non dormono, se non fanno del male, non si lasciano prendere dal sonno; se non fanno cadere qualcuno; mangiano il pane dell’empietà e bevono il vino della violenza. La strada dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come l’oscurità: non sanno dove saranno spinti a cadere. 

Figlio mio, fa’ attenzione alle mie parole, porgi l’orecchio ai miei detti; non perderli di vista, custodiscili dentro il tuo cuore, perché essi sono vita per chi li trova e guarigione per tutto il suo corpo. Più di ogni cosa degna di cura custodisci il tuo cuore, perché da esso sgorga la vita. Tieni lontano da te la bocca bugiarda e allontana da te le labbra perverse. I tuoi occhi guardino sempre in avanti e le tue pupille mirino diritto davanti a te. Bada alla strada dove metti il piede e tutte le tue vie siano sicure. Non deviare né a destra né a sinistra, tieni lontano dal male il tuo piede (Pr 4,1-27).  

Figlio mio, fa’ attenzione alla mia sapienza e porgi l’orecchio alla mia intelligenza, perché tu possa conservare le mie riflessioni e le tue labbra custodiscano la scienza. Veramente le labbra di una straniera stillano miele, e più viscida dell’olio è la sua bocca; ma alla fine ella è amara come assenzio, pungente come spada a doppio taglio. I suoi piedi scendono verso la morte, i suoi passi conducono al regno dei morti, perché ella non bada alla via della vita, i suoi sentieri si smarriscono e non se ne rende conto. 

Ora, figli, ascoltatemi e non allontanatevi dalle parole della mia bocca. Tieni lontano da lei il tuo cammino e non avvicinarti alla porta della sua casa, per non mettere in balìa di altri il tuo onore e i tuoi anni alla mercé di un uomo crudele, perché non si sazino dei tuoi beni gli estranei, e le tue fatiche non finiscano in casa di uno sconosciuto e tu non debba gemere alla fine, quando deperiranno il tuo corpo e la tua carne, e tu debba dire: «Perché mai ho odiato l’istruzione e il mio cuore ha disprezzato la correzione? 

Non ho ascoltato la voce dei miei maestri, non ho prestato orecchio a chi m’istruiva. Per poco non mi sono trovato nel colmo dei mali in mezzo alla folla e all’assemblea». 

Bevi l’acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo, perché non si effondano al di fuori le tue sorgenti e nelle piazze i tuoi ruscelli, ed essi siano per te solo e non per degli estranei che sono con te. Sia benedetta la tua sorgente, e tu trova gioia nella donna della tua giovinezza: cerva amabile, gazzella graziosa, i suoi seni ti inebrino sempre, sii sempre invaghito del suo amore!  

Perché, figlio mio, perderti per la straniera e stringerti al petto di una sconosciuta? Poiché sono davanti agli occhi del Signore le vie dell’uomo, egli bada a tutti i suoi sentieri. L’empio è preda delle sue iniquità, è tenuto stretto dalle funi del suo peccato. Egli morirà per mancanza d’istruzione, si perderà per la sua grande stoltezza (Pr 5,1-23).  

Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo, se hai dato la tua mano per un estraneo, se ti sei legato con ciò che hai detto e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca, figlio mio, fa’ così per liberartene: poiché sei caduto nelle mani del tuo prossimo, va’, gèttati ai suoi piedi, importuna il tuo prossimo; non concedere sonno ai tuoi occhi né riposo alle tue palpebre, così potrai liberartene come la gazzella dal laccio, come un uccello dalle mani del cacciatore. 

Va’ dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo né sorvegliante né padrone, eppure d’estate si procura il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo. Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno? Un po’ dormi, un po’ sonnecchi, un po’ incroci le braccia per riposare, e intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, e l’indigenza, come se tu fossi un accattone. 

Il perverso, uomo iniquo, cammina pronunciando parole tortuose, ammicca con gli occhi, stropiccia i piedi e fa cenni con le dita. Nel suo cuore il malvagio trama cose perverse, in ogni tempo suscita liti. Per questo improvvisa verrà la sua rovina, ed egli, in un attimo, crollerà senza rimedio. Sei cose odia il Signore, anzi sette gli sono in orrore: occhi alteri, lingua bugiarda, mani che versano sangue innocente, cuore che trama iniqui progetti, piedi che corrono rapidi verso il male,  falso testimone che diffonde menzogne e chi provoca litigi tra fratelli. 

Figlio mio, osserva il comando di tuo padre e non disprezzare l’insegnamento di tua madre. Fissali sempre nel tuo cuore, appendili al collo. Quando cammini ti guideranno, quando riposi veglieranno su di te, quando ti desti ti parleranno, perché il comando è una lampada e l’insegnamento una luce e un sentiero di vita l’istruzione che ti ammonisce: ti proteggeranno dalla donna altrui, dalle parole seducenti della donna sconosciuta. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza, non lasciarti adescare dai suoi sguardi, poiché, se la prostituta cerca il pane, la donna sposata ambisce una vita preziosa. Si può portare il fuoco sul petto senza bruciarsi i vestiti, o camminare sulle braci senza scottarsi i piedi? 

Così chi si accosta alla donna altrui: chi la tocca non resterà impunito. Non si disapprova un ladro, se ruba per soddisfare l’appetito quando ha fame; eppure, se è preso, dovrà restituire sette volte e consegnare tutti i beni della sua casa. Chi commette adulterio è un insensato, agendo in tal modo rovina se stesso. Incontrerà percosse e disonore, la sua vergogna non sarà cancellata, poiché la gelosia accende l’ira del marito, che non avrà pietà nel giorno della vendetta. Egli non accetterà compenso alcuno, rifiuterà ogni dono, anche se grande (Pr 6,1-35).  

Figlio mio, custodisci le mie parole e fa’ tesoro dei miei precetti. Osserva i miei precetti e vivrai, il mio insegnamento sia come la pupilla dei tuoi occhi. Légali alle tue dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore. Di’ alla sapienza: «Tu sei mia sorella», e chiama amica l’intelligenza, perché ti protegga dalla donna straniera, dalla sconosciuta che ha parole seducenti.  

Mentre dalla finestra della mia casa stavo osservando dietro le inferriate, ecco, io vidi dei giovani inesperti, e tra loro scorsi un adolescente dissennato. Passava per la piazza, rasente all’angolo, e s’incamminava verso la casa di lei, all’imbrunire, al declinare del giorno, all’apparire della notte e del buio.  

Ed ecco, gli si fa incontro una donna in vesti di prostituta, che intende sedurlo. Ella è irrequieta e insolente, non sa tenere i piedi in casa sua. Ora è per la strada, ora per le piazze, ad ogni angolo sta in agguato. Lo afferra, lo bacia e con sfacciataggine gli dice: «Dovevo offrire sacrifici di comunione: oggi ho sciolto i miei voti; per questo sono uscita incontro a te desiderosa di vederti, e ti ho trovato. Ho messo coperte soffici sul mio letto, lenzuola ricamate di lino d’Egitto; ho profumato il mio giaciglio di mirra, di àloe e di cinnamòmo. Vieni, inebriamoci d’amore fino al mattino, godiamoci insieme amorosi piaceri, poiché mio marito non è in casa, è partito per un lungo viaggio, ha portato con sé il sacchetto del denaro, tornerà a casa il giorno del plenilunio».  

Lo lusinga con tante moine, lo seduce con labbra allettanti; egli incauto la segue, come un bue condotto al macello, come cervo adescato con un laccio, finché una freccia non gli trafigge il fegato, come un uccello che si precipita nella rete e non sa che la sua vita è in pericolo. 

Ora, figli, ascoltatemi e fate attenzione alle parole della mia bocca. Il tuo cuore non si volga verso le sue vie, non vagare per i suoi sentieri, perché molti ne ha fatti cadere trafitti ed erano vigorose tutte le sue vittime. Strada del regno dei morti è la sua casa, che scende nelle dimore della morte (Pr 7,1-27).  

Questa educazione è mandata a Gerusalemme. Essa ha educati i suoi figli all’idolatria e all’immoralità. Li ha educati per la morte e non per la vita. 

È questa la vera educazione: insegnare ad un uomo come si teme il Signore. Il resto non è educazione. Mai potrà dirsi educazione. Manca la verità primaria. 

Se non si educa un uomo a temere il Signore, ogni altra educazione è falsa, menzognera, ingannevole, illusoria, vana. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 9 luglio 2023

Poiché la salvezza del popolo è solo il Signore, Gerusalemme ha educato i suoi figli alla sconfitta, alla morte, alla fame, all’esilio, alla schiavitù.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 

16 Per questo piango, e dal mio occhio scorrono lacrime, perché lontano da me è chi consola, chi potrebbe ridarmi la vita; i miei figli sono desolati, perché il nemico ha prevalso». 

Ora Gerusalemme confessa che uno solo è il suo Salvatore potente. Uno solo il suo Consolatore efficace. Uno solo la sua vita. Uno solo. 

Per questo piango, e dal mio occhio scorrono lacrime, perché lontano da me è chi mi consola, chi potrebbe ridarmi vita. Costui è solo il Signore. 

Gerusalemme piange perché i suoi figli sono desolati. Il nemico ha prevalso su di essi. Non poteva non prevalere. Con loro non c’era il Signore. 

Perché non c’era il Signore? Perché Gerusalemme li aveva educati all’idolatria, credere nell’inutilità del Signore per la loro vita. Dio non era il Dio della loro vita. 

Queste sono le pesanti colpe di Gerusalemme: non aver educato i suoi figli a cercare il Signore. Li ha educati a dimenticarsi del Signore. 

Poiché la salvezza del popolo è solo il Signore, Gerusalemme ha educato i suoi figli alla sconfitta, alla morte, alla fame, all’esilio, alla schiavitù. 

Non solo Gerusalemme educa alla morte i suoi figli, ogni altro padre li educa alla morte se non insegna loro come si teme il Signore. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 16 giugno 2023

Prode è colui che è valoroso, che non trova ostacoli dinanzi a sé. Con Dio uno solo può sconfiggere mille avversari, perché Dio è la sua forza.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


15 Il Signore in mezzo a me ha ripudiato tutti i miei prodi, ha chiamato a raccolta contro di me per fiaccare i miei giovani; il Signore ha pigiato nel torchio la vergine figlia di Giuda. 

Prode è colui che è valoroso, che non trova ostacoli dinanzi a sé. Con Dio uno solo può sconfiggere mille avversari, perché Dio è la sua forza.  

Ora invece il Signore in mezzo a me ha ripudiato tutti i miei prodi. Ha chiamato a raccolta contro di me per fiaccare i miei giovani. Non c’è forza senza Dio.  

l Signore ha pigiato nel torchio la vergine figlia di Giuda. Si pigia nel torchio per togliere dall’uva ogni goccia di vino. Dio non ha potuto impedirlo. 

Dopo che Gerusalemme è stata pigiata dai suoi nemici, in essa sono rimasti solo desolazione, miseria, solitudine, amarezza, sconforto, abbandono.  

Le forze migliori sono state deportate. Hanno preso la via dell’esilio. Non più un solo giovane in Gerusalemme per difenderla dai suoi nemici. 

È come se un uragano devastatore fosse passato su di essa, lasciando dietro di sé devastazione e rovine che non si possono in alcun modo riparare. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 27 maggio 2023

Quando un uomo è liberato dalla colpa? Nel momento in sui si pente e chiede perdono. Senza il pentimento, le colpe rimangono perennemente annodate.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 


14 S’è aggravato il giogo delle mie colpe, dalla sua mano sono annodate. Sono cresciute fin sul mio collo e hanno fiaccato la mia forza. Il Signore mi ha messo nelle loro mani, non posso alzarmi. 

Ancora una volta tutto è attribuito al Signore. Ancora una volta distinguiamo: Cosa Dio fa direttamente e cosa non può fare.  

Viene attribuito al Signore di avere annodato con la sua mano il giogo delle colpe di Gerusalemme sul suo collo. Dio non l’ha potuto evitare. 

S’è aggravato il giogo delle mie colpe, dalla sua mano sono annodate. Si mette il giogo, lo si annoda perché resti sempre sul collo del bue. 

Il Signore annoda il giogo delle colpe di Gerusalemme perché senta sempre la gravità del suo peccato. È come se il suo peccato fosse incancellabile. 

Le colpe di Gerusalemme annodate dal Signore crescono fin sul suo collo e fiaccano la sua forza. Più passano i giorni e più il senso di colpa aumenta.  

Gerusalemme non si può alzare, perché dal Signore è stata messa nelle mani dei suoi nemici. Quelli di Gerusalemme sono nemici senza alcuna pietà. 

Quando un uomo è liberato dalla colpa? Nel momento in sui si pente e chiede perdono. Senza il pentimento, le colpe rimangono perennemente annodate. 

Esse fanno sentire la loro pesantezza. Il peccato è peso insopportabile per la coscienza. Sappiamo che Giuda si suicidò per il peso del suo tradimento. 

È il peccato la vera debolezza di un uomo. Nel peccato l’uomo manca della forza di resistenza, di contrapposizione e si abbandona tutto al male. 

Più si precipita nel peccato e più la forza di resistenza viene meno. Si giunge fino ad essere preda di esso, senza alcuna possibilità di uscirne fuori. 

Quando questo accade, siamo nel peccato contro lo Spirito Santo. Dal peccato siamo stati conquistati per sempre. Cuore, mente volontà sono suoi. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 8 aprile 2023

Poiché solo Dio è luce e gioia eterna, chi è senza Dio rimane nel buio e nella tristezza eterna. L’inferno è la privazione di Dio volontariamente scelta.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI

13 Dall’alto egli ha scagliato un fuoco, nelle mie ossa lo ha fatto penetrare. Ha teso una rete ai miei piedi, mi ha fatto tornare indietro. Mi ha reso desolata, affranta da languore per sempre. 

Sono queste immagini del grande dolore cui Gerusalemme è stata sottoposta. Non però per azione diretta di Dio, ma per azione indiretta. 

Dall’alto egli ha scagliato un fuoco, nelle mie ossa lo ha fatto penetrare. Il fuoco nell’antichità era considerato vero strumento della punizione divina.  

Ha teso una rete ai miei piedi, mi ha fatto tornare indietro. È come se la città stesse fuggendo dal Signore e il Signore l’avesse bloccata con la rete. 

Mi ha resa desolata, affranta da languore per sempre. La desolazione è la perdita di tutti i suoi figli e di ogni altro bene, compreso anche il tempio. 

Il languore per sempre nasce dalla vita della sua desolazione e dal sapere che nulla essa può fare per ristabilirsi nella sua antica gloria. 

Comprendiamo tutte queste affermazioni se separiamo due verità: ciò che Dio fa e ciò che Dio non può fare. Dio non distrugge Gerusalemme. 

Dio non può aiutare la sua città. Non la può aiutare perché essa ha rifiutato ogni suo aiuto. Si è ostinata nel suo peccato di idolatria, tenendo Dio lontano. 

Dio non ha potuto impedire che il fuoco la divorasse, che il nemico la deportasse, la distruggesse, la radesse al suolo. Non ha potuto. 

Il Signore sempre vuole aiutare l’uomo, sempre ricolmarlo del suo amore. È l’uomo che con ostinazione rifiuta il suo amore e lo tiene lontano da sé. 

Dio è obbligato a rispettare la volontà dell’uomo. Lo può illuminare, avvertire, minacciare. Ma non può farlo divenire non uomo. 

L’inferno attesta questa impossibilità di Dio. Mai potrà portare contro voglia in Paradiso una sola persona. Né lui manda contro voglia nell’inferno. 

Chi ha deciso di vivere senza Dio, contro di Lui, ha deciso volontariamente di distaccarsi da Lui. Questo distacco è l’inferno.  

Poiché solo Dio è luce e gioia eterna, chi è senza Dio rimane nel buio e nella tristezza eterna. L’inferno è  la privazione di Dio volontariamente scelta. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 18 marzo 2023

Il Signore aveva mandato numerosi profeti per chiedere la sua conversione, ma essi non furono ascoltati. La città aveva ostinatamente rifiutato il ritorno a Dio.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 

12 Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta, e con cui il Signore mi ha afflitta nel giorno della sua ira ardente. 

Gerusalemme chiede a quanti passano e vedono la sua desolazione, la sua miseria, di porre ogni attenzione. Hanno mai visto un dolore simile al suo? 

Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio, al dolore che ora mi tormenta. È mai esistito un simile dolore? 

Vi è nell’intero universo un dolore simile a quello con cui il Signore mi ha afflitta nel giorno della sua ira ardente? Un dolore simile non esiste. 

Perché Gerusalemme è convinta che sulla terra non esiste un dolore simile al suo? La risposta potrebbe essere: Perché non c’era sulla terra gloria simile. 

Più grande è la gloria e più grande è il disonore, la sofferenza. Nell’inferno non vi è dolore più grande di quello di lucifero. La sua luce era la più alta. 

Più si è posti in alto e più si cresce nella sofferenza. Se uno cade da un metro di altezza si rompe qualche osso. Il suo dolore è ben modesto. 

Se uno cade da una rupe, si sfracella. Se cade dal cielo, di lui resta ben poco. Più il Signore innalza in gloria e più grande è la sofferenza nel peccato. 

L’inferno di un papa non è quello di un vescovo e l’inferno di un vescovo non è quello del presbitero. L’inferno di un presbitero non è quello di un fedele laico. 

Più Dio innalza in gloria e più la pena è pesante, quando si cade dalla sua grazia e si precipita tra le braccia del diavolo. 

Altra verità da mettere in luce vuole che non sia stato Dio a punire la città. È stata la città che si è ribellata al suo Dio, impedendogli ogni soccorso. 

Il Signore aveva mandato numerosi profeti per chiedere la sua conversione, ma essi non furono ascoltati. La città aveva ostinatamente rifiutato il ritorno a Dio. 

Queste parole della liturgia sono anche riferite alla Madre di Dio presso la croce. Il dolore di Maria è intenso perché lei soffre per tutti i peccati del mondo. 

Come Gesù ha preso su di sé tutto il peccato per espiarlo, così anche la Madre di Gesù ha collaborato all’espiazione prendendo su di sé tutto il peccato. 

Per questo motivo non vi è dolore più grande di quello di Gesù e della Madre sua. Quello di Gesù è nel corpo, nello spirito, nell’anima. 

Quello della Madre di Gesù è nell’anima e nello spirito. Le è stato risparmiato il dolore fisico della crocifissione. Il suo martirio è dell’anima. 

Questo dolore è per assunzione volontaria. Ma anche quello di Gerusalemme è per assunzione volontaria. Qual è allora la differenza tra l’uno e l’altro? 

Gerusalemme si è assunta il dolore per aver voluto peccare volontariamente, ostinandosi nella sua idolatria e immoralità.  

Gesù e la Madre sua non hanno conosciuto il peccato. Volontariamente hanno preso su di sé, ognuno secondo il suo ministero, il peccato del mondo. 

Lo hanno assunto volontariamente per la sua espiazione. Senza questa assunzione volontaria, saremmo tutti peccatori in eterno. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

domenica 12 febbraio 2023

La salvezza dell’uomo non viene dall’uomo. Essa viene solo da Dio. Dio però la condiziona al nostro desiderio, alla nostra volontà, alla nostra richiesta.

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 

Il Libro di Giuditta ci rivela che i capi della città avevano deciso la resa a causa della mancanza di acqua. Il popolo moriva perché l’acqua si era quasi esaurita. 

Fu proprio a causa di questa decisione che Giuditta entrò in scena. Dio la ispirava a compiere un’opera memorabile in favore del suo popolo. 

Il giorno dopo, Oloferne diede ordine a tutto il suo esercito e a tutta la moltitudine di coloro che erano venuti come suoi alleati di mettersi in marcia contro Betùlia, di occupare le vie d’accesso alla montagna e di attaccare battaglia contro gli Israeliti. In quel giorno ogni uomo valido fra loro si mise in marcia. Il loro esercito si componeva di centosettantamila fanti e dodicimila cavalieri, senza contare gli addetti ai servizi e gli altri che erano a piedi con loro, una moltitudine immensa. Essi si accamparono nella valle vicino a Betùlia, oltre la sorgente, allargandosi dalla zona sopra Dotàim fino a Belbàim ed estendendosi da Betùlia fino a Kiamòn, che è di fronte a Èsdrelon. Gli Israeliti, quando videro la loro moltitudine, rimasero molto costernati e si dicevano l’un l’altro: «Ora costoro inghiottiranno la faccia di tutta la terra e neppure i monti più alti né le valli né i colli potranno resistere al loro urto». Ognuno prese la sua armatura e, dopo aver acceso fuochi sulle torri, stettero in guardia tutta quella notte. 

Il giorno seguente Oloferne fece uscire tutta la cavalleria contro il fronte degli Israeliti che erano a Betùlia, controllò le vie di accesso alla loro città, ispezionò le sorgenti d’acqua e le occupò e, dopo avervi posto attorno guarnigioni di uomini armati, fece ritorno tra i suoi. 

Allora gli si avvicinarono tutti i capi dei figli di Esaù e tutti i capi del popolo di Moab e gli strateghi della costa e gli dissero: «Il nostro signore voglia ascoltare una parola, per evitare che il tuo esercito vada in rotta. Questo popolo degli Israeliti non si affida alle sue lance, ma all’altezza dei monti sui quali essi vivono, e certo non è facile arrivare alle cime dei loro monti. Quindi, signore, non attaccare costoro come si usa nella battaglia campale e così non cadrà un solo uomo del tuo esercito. Rimani fermo nel tuo accampamento, avendo buona cura di ogni uomo del tuo esercito; invece i tuoi gregari vadano a occupare la sorgente dell’acqua che sgorga alla radice del monte, perché di là attingono tutti gli abitanti di Betùlia. La sete li farà morire e consegneranno la loro città. Noi e la nostra gente saliremo sulle vicine alture dei monti e ci apposteremo su di esse per sorvegliare che nessuno possa uscire dalla città. Così cadranno sfiniti dalla fame essi, le loro donne, i loro figli e, prima che la spada arrivi su di loro, saranno stesi sulle piazze fra le loro case. Avrai così reso loro un terribile contraccambio, perché si sono ribellati e non hanno voluto venire incontro a te con intenzioni pacifiche».  

Piacque questo discorso a Oloferne e a tutti i suoi ministri e diede ordine che si facesse come avevano proposto. Si mosse quindi un distaccamento di Ammoniti e con essi cinquemila Assiri si accamparono nella vallata e occuparono gli acquedotti e le sorgenti d’acqua degli Israeliti. A loro volta i figli di Esaù e gli Ammoniti salirono e si appostarono sulla montagna di fronte a Dotàim. Spinsero altri loro uomini a meridione e a oriente di fronte a Egrebèl, che si trova vicino a Cus, nei pressi del torrente Mocmur. Il resto dell’esercito degli Assiri si accampò nella pianura, ricoprendo tutta l’estensione del terreno. Le tende e gli equipaggiamenti costituivano una massa imponente, perché in realtà essi erano una turba immensa. 

Allora gli Israeliti alzarono suppliche al Signore, loro Dio, con l’animo in preda all’abbattimento, perché da ogni parte i nemici li avevano circondati e non c’era via di scampo. Il campo degli Assiri al completo, fanti, carri e cavalieri, rimase fermo tutt’intorno per trentaquattro giorni e venne a mancare a tutti gli abitanti di Betùlia ogni riserva d’acqua. Anche le cisterne erano vuote e non potevano più bere a sazietà neppure per un giorno, perché davano da bere in quantità razionata. Incominciarono a cadere sfiniti i loro bambini; le donne e i giovani venivano meno per la sete e cadevano nelle piazze della città e nei passaggi delle porte, e ormai non rimaneva più in loro alcuna energia.  

Allora tutto il popolo si radunò intorno a Ozia e ai capi della città, con giovani, donne e fanciulli, e alzando grida dissero davanti a tutti gli anziani: «Sia giudice il Signore tra voi e noi, perché voi ci avete recato un grave danno rifiutando di proporre la pace agli Assiri. Ora non c’è più nessuno che ci possa aiutare, perché Dio ci ha venduti nelle loro mani per essere abbattuti davanti a loro dalla sete e da terribili mali. Ormai chiamateli e consegnate l’intera città al popolo di Oloferne e a tutto il suo esercito perché la saccheggino. È meglio per noi essere loro preda; diventeremo certo loro schiavi, ma almeno avremo salva la vita e non vedremo con i nostri occhi la morte dei nostri bambini, né le donne e i nostri figli esalare l’ultimo respiro. Chiamiamo a testimone contro di voi il cielo e la terra e il nostro Dio, il Signore dei nostri padri, che ci punisce per la nostra iniquità e per le colpe dei nostri padri, perché non ci lasci più in una situazione come quella in cui siamo oggi». 

Vi fu allora un pianto generale in mezzo all’assemblea e a gran voce gridarono suppliche al Signore Dio. Ozia rispose loro: «Coraggio, fratelli, resistiamo ancora cinque giorni e in questo tempo il Signore, nostro Dio, rivolgerà di nuovo la sua misericordia su di noi; non è possibile che egli ci abbandoni fino all’ultimo. Ma se proprio passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò come avete detto voi». Così rimandò il popolo, ciascuno al proprio posto di difesa, ed essi tornarono sulle mura e sulle torri della città e rimandarono le donne e i figli alle loro case; ma tutti nella città erano in grande costernazione (Gdt 7,1-32).  

In quei giorni Giuditta venne a conoscenza di questi fatti. Era figlia di Merarì, figlio di Os, figlio di Giuseppe, figlio di Ozièl, figlio di Chelkia, figlio di Anania, figlio di Gedeone, figlio di Rafaìn, figlio di Achitòb, figlio di Elia, figlio di Chelkia, figlio di Eliàb, figlio di Natanaèl, figlio di Salamièl, figlio di Sarasadài, figlio di Israele. Suo marito era stato Manasse, della stessa tribù e famiglia di lei; egli era morto al tempo della mietitura dell’orzo. Mentre stava sorvegliando quelli che legavano i covoni nella campagna, fu colpito da insolazione. Dovette mettersi a letto e morì a Betùlia, sua città, e lo seppellirono insieme ai suoi padri nel campo che sta tra Dotàim e Balamòn. Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi. Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti della sua vedovanza. Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele. Era bella d’aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manasse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni che ora continuava ad amministrare. Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché aveva grande timore di Dio.  

Venne dunque a conoscenza delle parole esasperate che il popolo aveva rivolto al capo della città, perché erano demoralizzati a causa della mancanza d’acqua, e Giuditta seppe anche di tutte le risposte che aveva dato loro Ozia e come avesse giurato loro di consegnare la città agli Assiri dopo cinque giorni. Subito mandò la sua ancella che aveva in cura tutte le sue sostanze a chiamare Cabrì e Carmì, che erano gli anziani della sua città. 

Vennero da lei ed ella disse loro: «Ascoltatemi, capi dei cittadini di Betùlia. Non è un discorso giusto quello che oggi avete tenuto al popolo, e quel giuramento che avete pronunciato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici, se nel frattempo il Signore non verrà in vostro aiuto. Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui in mezzo ai figli degli uomini? Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma non comprenderete niente, né ora né mai. Se non siete capaci di scrutare il profondo del cuore dell’uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose, e conoscere i suoi pensieri e comprendere i suoi disegni? 

No, fratelli, non provocate l’ira del Signore, nostro Dio. Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o anche di farci distruggere dai nostri nemici. E voi non pretendete di ipotecare i piani del Signore, nostro Dio, perché Dio non è come un uomo a cui si possano fare minacce, né un figlio d’uomo su cui si possano esercitare pressioni. Perciò attendiamo fiduciosi la salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà il nostro grido, se a lui piacerà. 

In realtà in questa nostra generazione non c’è mai stata né esiste oggi una tribù o famiglia o popolo o città tra noi, che adori gli dèi fatti da mano d’uomo, come è avvenuto nei tempi passati, ed è per questo che i nostri padri furono abbandonati alla spada e alla devastazione e caddero rovinosamente davanti ai loro nemici. Noi invece non riconosciamo altro Dio fuori di lui, e per questo speriamo che egli non trascurerà noi e neppure la nostra nazione. Perché se noi saremo presi, resterà presa anche tutta la Giudea e saranno saccheggiate le nostre cose sante e Dio ci chiederà conto col nostro sangue di quella profanazione. L’uccisione dei nostri fratelli, l’asservimento della patria, la devastazione della nostra eredità Dio le farà ricadere sul nostro capo in mezzo ai popoli tra i quali saremo schiavi, e saremo così motivo di scandalo e di disprezzo di fronte ai nostri padroni. La nostra schiavitù non ci procurerà alcun favore; il Signore, nostro Dio, la volgerà a nostro disonore. 

Dunque, fratelli, dimostriamo ai nostri fratelli che la loro vita dipende da noi, che le nostre cose sante, il tempio e l’altare, poggiano su di noi. Per tutti questi motivi ringraziamo il Signore, nostro Dio, che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri. Ricordatevi quanto ha fatto con Abramo, quali prove ha fatto passare a Isacco e quanto è avvenuto a Giacobbe in Mesopotamia di Siria, quando pascolava le greggi di Làbano, suo zio materno. Certo, come ha passato al crogiuolo costoro con il solo scopo di saggiare il loro cuore, così ora non vuol fare vendetta di noi, ma è a scopo di correzione che il Signore castiga quelli che gli stanno vicino». 

Allora Ozia le rispose: «Quello che hai detto, l’hai proferito con cuore retto e nessuno può contraddire alle tue parole. Non da oggi infatti è manifesta la tua saggezza, ma dall’inizio dei tuoi giorni tutto il popolo conosce la tua prudenza, come pure l’ottima indole del tuo cuore. Però il popolo sta soffrendo duramente la sete e ci ha costretti a comportarci come avevamo detto loro e a impegnarci in un giuramento che non potremo trasgredire. Piuttosto prega per noi, tu che sei donna pia, e il Signore invierà la pioggia a riempire le nostre cisterne e così non moriremo di sete».  

Giuditta rispose loro: «Ascoltatemi! Voglio compiere un’impresa che verrà ricordata di generazione in generazione ai figli del nostro popolo. Voi starete di guardia alla porta della città questa notte; io uscirò con la mia ancella ed entro quei giorni, dopo i quali avete deciso di consegnare la città ai nostri nemici, il Signore per mano mia salverà Israele. Voi però non fate domande sul mio progetto: non vi dirò nulla finché non sarà compiuto ciò che sto per fare». 

Le risposero Ozia e i capi: «Va’ in pace e il Signore Dio sia con te per far vendetta dei nostri nemici». Se ne andarono quindi dalla sua tenda e si recarono ai loro posti (Gdt 8,1-36).  

Nel caso di Gerusalemme  siamo dopo la sua devastazione e distruzione. Tutto manca. Nulla si ha per poter continuare a vivere. Niente è sufficiente.  

In questa condizione di penuria, tutto il suo popolo sospira in cerca di pane. Danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo, per sostenersi in vita. 

È un momento di forte disagio. Per cibo ognuno si vende quello che possiede. Anche i suoi tesori impegna per potersi sfamare.  

La salvezza può venire solo dal Signore. A Lui si innalza la preghiera: Osserva, Signore, e considera come sono disprezzata.  

La salvezza dell’uomo non viene dall’uomo. Essa viene solo da Dio. Dio però la condiziona al nostro desiderio, alla nostra volontà, alla nostra richiesta. 

La condiziona alla nostra conversione e al nostro pentimento. Si abbandona il male, si accoglie la sua Parola. Dio ci riveste di sé. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 6 gennaio 2023

11 Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane; danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo, per sostenersi in vita. «Osserva, Signore, e considera come sono disprezzata!

 


LIBRO DELLE LAMENTAZIONI 

11 Tutto il suo popolo sospira  in cerca di pane; danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo, per sostenersi in vita. «Osserva, Signore, e considera come sono disprezzata! 

Spesso le guerre causavano tante di quelle devastazioni e distruzioni nelle città e fuori città da creare momenti di grande carestia.  

Spesso si aggiungeva anche l’assedio che era estenuante. S voleva la resa e la città veniva privata di acqua e di ogni altro mezzo di sostentamento. 

Il re di Aram combatteva contro Israele, e in un consiglio con i suoi ufficiali disse che si sarebbe accampato in un certo luogo. L’uomo di Dio mandò a dire al re d’Israele: «Guàrdati dal passare per quel luogo, perché là stanno scendendo gli Aramei». Il re d’Israele fece spedizioni nel luogo indicatogli dall’uomo di Dio e riguardo al quale egli l’aveva ammonito, e là se ne stette in guardia, non una né due volte soltanto. Molto turbato in cuor suo per questo fatto, il re di Aram convocò i suoi ufficiali e disse loro: «Non mi potete indicare chi dei nostri è a favore del re d’Israele?». Uno degli ufficiali rispose: «No, o re, mio signore, ma Eliseo, profeta d’Israele, riferisce al re d’Israele le parole che tu dici nella tua camera da letto». Quegli disse: «Andate a scoprire dov’è costui; lo manderò a prendere». Gli fu riferito: «Ecco, sta a Dotan». Egli mandò là cavalli, carri e una schiera consistente; vi giunsero di notte e circondarono la città. 

Il servitore dell’uomo di Dio si alzò presto e uscì. Ecco, una schiera circondava la città con cavalli e carri. Il suo servo gli disse: «Ohimè, mio signore! Come faremo?». Egli rispose: «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro». Eliseo pregò così: «Signore, apri i suoi occhi perché veda». Il Signore aprì gli occhi del servo, che vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo. 

Poi scesero verso di lui, ed Eliseo pregò il Signore dicendo: «Colpisci questa gente di cecità!». E il Signore li colpì di cecità secondo la parola di Eliseo. Disse loro Eliseo: «Non è questa la strada e non è questa la città. Seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate». Egli li condusse a Samaria. Quando entrarono in Samaria, Eliseo disse: «Signore, apri gli occhi di costoro perché vedano!». Il Signore aprì i loro occhi ed essi videro. Erano in mezzo a Samaria! 

Quando li vide, il re d’Israele disse a Eliseo: «Li devo colpire, padre mio?». Egli rispose: «Non colpire! Sei forse solito colpire uno che hai fatto prigioniero con la tua spada e con il tuo arco? Piuttosto metti davanti a loro pane e acqua; mangino e bevano, poi se ne vadano dal loro signore». Si preparò per loro un grande pranzo. Dopo che ebbero mangiato e bevuto, li congedò ed essi se ne andarono dal loro signore. Le bande aramee non penetrarono più nella terra d’Israele. 

Dopo tali cose Ben-Adàd, re di Aram, radunò tutto il suo esercito e venne ad assediare Samaria. Ci fu una grande carestia a Samaria; la strinsero d’assedio fino al punto che una testa d’asino si vendeva a ottanta sicli d’argento e un quarto di qab di guano di colomba a cinque sicli. Mentre il re d’Israele passava sulle mura, una donna gli gridò: «Salvami, o re, mio signore!». Rispose: «No, il Signore ti salvi! Come ti posso salvare io? Forse con il prodotto dell’aia o con quello del torchio?». Poi il re aggiunse: «Che hai?». Quella rispose: «Questa donna mi ha detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangiamo oggi. Mio figlio ce lo mangeremo domani”. Abbiamo cotto mio figlio e lo abbiamo mangiato. Il giorno dopo io le ho detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangiamo”, ma essa ha nascosto suo figlio». Quando udì le parole della donna, il re si stracciò le vesti e mentre egli passava sulle mura il popolo vide che di sotto, aderente al corpo, portava il sacco. Egli disse: «Dio mi faccia questo e anche di peggio, se oggi la testa di Eliseo, figlio di Safat, resterà su di lui». 

Eliseo stava seduto in casa e con lui sedevano gli anziani. Il re si fece precedere da un uomo. Prima che il messaggero arrivasse da lui, egli disse agli anziani: «Vedete che quel figlio di assassino manda uno a tagliarmi la testa! State attenti: quando arriverà il messaggero, chiudete la porta; tenetelo fermo sulla porta. Non c’è forse il rumore dei piedi del suo signore dietro di lui?». Stava ancora parlando con loro, quando il re scese da lui e gli disse: «Ecco, questa è la sventura che viene dal Signore; che cosa posso ancora sperare dal Signore?» (2Re 6,8-33).  

Ma Eliseo disse: «Ascoltate la parola del Signore! Così dice il Signore: “A quest’ora, domani, alla porta di Samaria un sea di farina costerà un siclo e anche due sea di orzo costeranno un siclo”». Ma lo scudiero, al cui braccio il re si appoggiava, rispose all’uomo di Dio: «Già, il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». Ed egli replicò: «Ecco, tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai». 

Ora c’erano quattro lebbrosi sulla soglia della porta. Essi dicevano fra di loro: «Perché stiamo seduti qui ad aspettare la morte? Se decidiamo di andare in città, in città c’è la carestia e vi moriremo. Se stiamo qui, moriremo. Ora, su, passiamo all’accampamento degli Aramei: se ci lasceranno in vita, vivremo; se ci faranno morire, moriremo». Si alzarono al crepuscolo per andare all’accampamento degli Aramei e giunsero fino al limite del loro accampamento. 

Ebbene, là non c’era nessuno. Il Signore aveva fatto udire nell’accampamento degli Aramei rumore di carri, rumore di cavalli e rumore di un grande esercito. Essi si erano detti l’un l’altro: «Ecco, il re d’Israele ha assoldato contro di noi i re degli Ittiti e i re dell’Egitto, per mandarli contro di noi». Alzatisi, erano fuggiti al crepuscolo, lasciando le loro tende, i loro cavalli e i loro asini e l’accampamento com’era; erano fuggiti per salvarsi la vita. Quei lebbrosi, giunti al limite dell’accampamento, entrarono in una tenda e, dopo aver mangiato e bevuto, portarono via argento, oro e vesti, che andarono a nascondere. Ritornati, entrarono in un’altra tenda; portarono via tutto e andarono a nasconderlo. 

Ma poi si dissero l’un l’altro: «Non è giusto quello che facciamo; oggi è giorno di lieta notizia, mentre noi ce ne stiamo zitti. Se attendiamo fino alla luce del mattino, potrebbe sopraggiungerci un castigo. Andiamo ora, entriamo in città e annunciamolo alla reggia». Vi andarono; chiamarono i guardiani della città e riferirono loro: «Siamo andati nell’accampamento degli Aramei; ecco, non c’era nessuno né c’era voce umana, ma c’erano i cavalli legati e gli asini legati e le tende al loro posto». I guardiani allora gridarono e diedero la notizia all’interno della reggia. 

Il re si alzò nella notte e disse ai suoi ufficiali: «Vi dirò quello che hanno fatto a noi gli Aramei. Sapendo che siamo affamati, sono usciti dall’accampamento per nascondersi in campagna, dicendo: “Appena usciranno dalla città, li prenderemo vivi e poi entreremo in città”». Uno dei suoi ufficiali rispose: «Si prendano cinque dei cavalli superstiti che sono rimasti in questa città – avverrà di loro come di tutta la moltitudine d’Israele rimasta in città, come di tutta la moltitudine d’Israele che è perita – e mandiamo a vedere». Presero allora due carri con i cavalli; il re li mandò sulle tracce dell’esercito degli Aramei, dicendo: «Andate a vedere». Andarono sulle loro tracce fino al Giordano; ecco, tutta la strada era piena di abiti e di oggetti che gli Aramei avevano gettato via nella loro fuga precipitosa. I messaggeri tornarono e riferirono al re. 

Allora il popolo uscì e saccheggiò l’accampamento degli Aramei. Un sea di farina si vendette per un siclo, e due sea di orzo ugualmente per un siclo, secondo la parola del Signore. Il re aveva messo a guardia della porta lo scudiero, al cui braccio egli si appoggiava. Calpestato dalla folla presso la porta, quello morì come aveva detto l’uomo di Dio, quando aveva parlato al re che era sceso da lui. Avvenne come aveva detto l’uomo di Dio al re: «A quest’ora, domani, alla porta di Samaria due sea di orzo costeranno un siclo e anche un sea di farina costerà un siclo». Lo scudiero aveva risposto all’uomo di Dio: «Già, il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». E quegli aveva replicato: «Ecco, tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai». A lui capitò proprio questo: lo calpestò la folla alla porta ed egli morì (2Re 7,1-20).  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI