Visualizzazione post con etichetta L'ARALDO DEL DIVINO AMORE. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta L'ARALDO DEL DIVINO AMORE. Mostra tutti i post

mercoledì 21 giugno 2023

LA FERITA D'AMORE

 


L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

Il settimo anno, dopo la mia conversione, all'avvicinarsi dell'Avvento, una persona, cedendo alle mie importunità, rivolgeva tutti i giorni al Crocifisso questa breve preghiera:

« O Signore amatissimo, per il tuo Cuore squarciato, ti prego di trapassare il cuore di Geltrude coi dardi del tuo amore, affinchè, non potendo contenere più nulla di terreno, sia tutto compenetrato dalla sola virtù della tua divinità ».

Questa preghiera era una specie di sfida al tuo amore. Poco tempo dopo, e precisamente la terza domenica d'Avvento nella quale si canta l'antifona « Gaudete in Domino », mentre mi accostavo all'altare per ricevere la S. Comunione, sentii l'anima presa da un veemente desiderio che mi fece prorompere in queste parole: « Signore, confesso ché per i miei demeriti non sono degna di ricevere la più piccola particella de' tuoi doni, pure oso domandarli ardentemente alla tua bontà: in virtù dei meriti e dei desideri delle suore qui presenti, ti supplico di trafiggere l'anima mia col dardo del tuo amore ». Compresi tosto per l'infusione di una grazia interiore e per un segno esterno apparso sul Crocifisso, che la mia preghiera era esaudita. Ricevuto il S. Sacramento e ritornata al mio posto, mi accorsi che dall'immagine del Crocifisso, dipinta sul luogo santo, partiva come un raggio di sole che all'estremità, aveva la forma d'una freccia. Quel raggio scaturì dal fianco destro del Salvatore, si contrasse, indi si lanciò a guisa di saetta, sostando un istante, quasi per attrarre dolcemente a sè tutto il mio affetto.

Tuttavia le mie brame non erano ancora soddisfatte. Il mercoledì seguente, giorno in cui si commemorava la tua adorabile Incarnazione ed Annunciazione, mi unii alle preghiere comuni, quantunque le recitassi con poco fervore. Ad un tratto ti vidi apparire davanti a me, infliggendo una ferita al mio cuore con queste parole: « Tutte le affezioni tue si concentrino in me, compiacenza, speranza, gioia, dolore, timore si raccolgano e si stabiliscano qui, nell'amor mio! ». Ricordai allora quanto avevo udito altre volte, cioè che le ferite abbisognano di lavacro, d'unzione, di fasciatura. Come potessi fare ciò non me lo insegnasti allora in moda preciso, ma me lo chiaristi più tardi, per mezzo di un'altra persona, la quale, ne sono certa, era abituata ad ascoltare il tuo dolce colloquio d'amore con maggior delicatezza e perseveranza di me. Essa infatti mi consigliò di onorare con una costante divozione l'amore del tuo Cuore trafitto sulla Croce, attingendo a quella sorgente di carità, l'acqua della vera divozione che lava qualsiasi offesa; mi disse di prendere, nell'effusione della tenerezza che scorre da un tale amore, l'olio della riconoscenza, quasi unzione contro ogni avversità. Infine m'invitò a cercare, in quell'opera di redenzione che Tu hai compiuto con incomprensibile amore, la fasciatura della giustizia, affinchè dirigessi a Te, pensieri, parole ed opere, aderendo in modo indissolubile al tuo amore divino.

O Dio, la forza di quell'amore, la cui pienezza risiede in Colui che, sedendo alla tua destra, si fece « osso delle mie ossa e carne della mia carne» supplisca a quanto io ho mancato, per malizia e viltà. Per Lui, in virtù dello Spirito Santo, con sentimenti di compassione, d'umiltà e di riverenza, ti offro il dolore che provo d'aver oltraggiato la tua divina bontà, peccando in pensieri, parole ed opere, e non servendomi con premura dei doni ricevuti. Se a me, così indegna, tu avessi dato, per tuo ricordo, un solo filo di stoppa, avrei dovuto riceverlo con infinito rispetto.

Tu, o mio Dio, che conosci i più riposti segreti del mio cuore, sai quale ripugnanza io provi a scrivere ed a pubblicare queste cose; per farlo ho dovuto lottare contro le mie tendenze personali e riflettere che, avendo così poco approfittato delle tue grazie, esse non potevano essermi state accordate per me sola, poichè la tua eterna Sapienza non può essere da alcuno frustrata. O dispensatore di tesori del cielo, che mi hai colmata gratuitamente di tanti favori, fa che leggendo questo scritto, il cuore di almeno uno fra i tuoi amici, si commuova per la tua accondiscendenza e ti ringrazi d'aver conservato sì a lungo nella sentina fangosa del mio cuore, gemme di tale valore. Egli lodi, esalti, supplichi la tua misericordia, dicendo col cuore, o con la bocca: « Te Deum Patrem ingenitum etc. O Padre, non generato, ecc. Te jure laudant etc. Ti si lodi con giustizia ecc. Tibi decus et imperium etc. A Te l'onore e l'imperio, ecc. Benedictio et claritas etc. Benedizione e gloria, ecc. ». Soltanto così posso offrire un supplemento alla mia insufficienza.

Qui Geltrude sospese di scrivere fino al mese di ottobre. 

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


domenica 27 novembre 2022

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


IMPRESSIONE DELLE SACRATISSIME PIAGHE DEL CRISTO

Il primo, o forse il secondo anno, che segui la mia conversione, durante l'inverno trovai in un libro la seguente preghiera:

« Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, dammi di aspirare al possesso di Te: accendimine in cuore il desiderio e la sete ardente; dammi di respirare in Te, dolcissimo, soavissimo Gesù e di dirigere verso di Te, felicità suprema, tutti i palpiti e gli aneliti del mio cuore. Scolpisci, misericordioso Signore, scolpisci col tuo Sangue nel mio cuore le tue Piaghe, affinchè possa leggervi i tuoi dolori e il tuo amore; fa che la memoria delle tue ferite mi sia del continuo presente nel segreto del cuore per eccitarmi alla compassione de' tuoi dolori e attivare in me il fuoco del tuo amore. Fa altresì che ogni creatura mi torni a vile, e che Tu solo sii dolce al mio cuore».

Questa preghiera mi piacque e la recitai frequentemente. Tu, che non disprezzi i desideri degli umili, mi assistevi disposto ad esaudirla. Poco tempo dopo, nel medesimo inverno, dopo i Vespri, me ne stavo seduta in refettorio, vicino a una consorella alla quale avevo confidato qualche cosa dei segreti dell'anima mia. Dirò, tra parentesi, per l'istruzione di chi leggerà questo scritto, che tali confidenze accrebbero spesso assai il mio fervore, senza però che potessi capire, o mio Dio, se ero spinta a rivelare le mie intimità dal tuo Santo Spirito, ovvero semplicemente dall'affezione che avevo per quella consorella. Ho però sentito dire da persone esperimentate in tale materia, che è sempre utile rivelarle, non però a tutti indistintamente, ma solo a quelle persone di cui conosciamo la fedele affezione e che, per età, siano a noi maggiori.

Giacchè ignoro, come dissi, il motivo che mi faceva agire, rimetto tutto a Te che sei il mio fedelissimo Provvedatore, per il cui « Spirito, più dolce del miele, tutta la virtù de' cieli si regge » (allusione al versetto 6 del salmo XXXII). Se mai poi mi fossi lasciata guidare da un'affezione umana, è ben giusto, o mio Dio, che m'immerga in un abisso di gratitudine, poiché ti sei degnato unire la polvere del mio nulla all'oro della tua infinita grandezza, incastonando nel povero cuor mio le perle delle tue grazie.

In quel momento dunque, mentre stavo meditando la preghiera che scrissi più sopra, compresi che, nonostante la mia indegnità, Nostro Signore mi esaudiva, compiendo in me quella divina operazione che rispondeva a' miei ferventi desideri. Sentii cioè in ispirito, o mio Dio, che Tu m'imprimevi in cuore le stigmate adorabili delle tue Ss. Piaghe. Con tali ferite Tu hai guarito l'anima mia e mi hai dato da bere la coppa inebriante del nettare squisito del puro amore.

Ma la mia indegnità non poté esaurire l'abisso della tua tenerezza! Ebbi ancora, dalla sovrabbondante tua generosità altro magnifico dono: che tutti i giorni, anzi ogni volta che avessi recitato cinque versetti del salmo « Benedic anima mea » (Ps. C II), visitando spiritualmente le stigmate impresse nel mio cuore, avrei ricevuto qualche grazia speciale. Conobbi da Te che, al primo versetto, Benedic anima mea, potevo deporre nelle ferite dei tuoi piedi ogni ruggine di peccato, e ogni spregevole compiacenza mondana. Al secondo versetto, Benedic et noli oblivisci, mi fu dato di lavare in quella sorgente amorosa dalla quale provenne Sangue e acqua di redenzione, ogni macchia di carnale ed effimero diletto. Al terzo versetto Qui propitiatur, simile a colomba che nidifica nello scoglio, venni a rifugiarmi nella Piaga della mano sinistra, per gustarvi il riposo dell'anima. Al quarto versetto Qui redimit de interitu, avvicinandomi alla tua mano destra, attinsi con fiducia nei tesori ch'essa racchiude, tutto quanto mancava in me alla perfezione delle virtù.

L'anima mia, purificata così da ogni macchia, arricchita di meriti, possa al fine, ora che tali favori mi hanno resa meno indegna, godere, come indica il quinto versetto Qui replet in bonis, della desideratissima, dolcissima tua presenza e dei tuoi casti amplessi!

Ha poi completato la gioia del mio cuore, dandomi la grazia che chiedevo in quella preghiera, cioè di poter leggere nelle tue Sante Piaghe il dolore e l'amor tuo. Ma questo durò, ahimè breve tempo, non già per avermi Tu tolti tali favori, ma, e lo deploro!, per averli perduti io stessa, a causa della mia ingratitudine e negligenza. Tuttavia la tua immensa misericordia e generosa tenerezza, tollerando le mie distrazioni, mi hanno conservata fino ad oggi il prima. e più grande di questi doni, cioè l'impronta delle ferite delle tue sacratissime Piaghe. Per questo favore, o mio Dio, sia reso a Te onore, imperio, lode e giubilo nei secoli eterni!

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


lunedì 29 agosto 2022

DELIZIE DELLA DIMORA DEL SIGNORE NELL'ANIMA

 


L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

Tu, mio Dio, agivi nell'anima mia attraendola potentemente tutta a Te. Un giorno fra la Risurrezione e l'Ascensione, al mattino, avanti Prima, entrai nel podere del Monastero e mi sedetti presso il laghetto. La bellezza del luogo mi rapiva, soprattutto per la limpidezza delle acque é la presenza degli alberi verdeggianti: più ancora mi compiacevo del gaio svolazzare degli uccelletti, e particolarmente delle colombe che andavano e venivano liberamente intorno a me. In quella profonda solitudine si gustava una pace deliziosa e riposante. Cominciai a domandarmi cosa mai avrebbe potuto completare l'incanto di quel luogo, e conclusi che mancava solo la presenza di un amico affettuoso, amabile, capace di rallegrare la mia solitudine.

Tu allora, mio Dio, sorgente d'indicibili delizie, Tu, che mi avevi ispirato l'inizio di quella meditazione, per concluderla con profitto del tuo amore, mi facesti capire quanto segue, dicendomi: «Se tu, per riconoscenza, facessi risalire fino a me, come l'acqua di un fiume che precipita verso il mare, le grazie di cui ti ha ricolmata; se ti sforzassi di crescere in virtù come un albero vigoroso si adorna di ricca verzura; se libera da tutti i legami terrestri, spiccassi il volo come la colomba, verso le regioni celesti per dimorarvi con me, lungi dalle passioni e dal tumulto del mondo, tu mi prepareresti nel tuo cuore un incantevole soggiorno».

Il mio spirito restò tutto il giorno occupato da questi pensieri. Giunta la sera, prima di coricarmi, m'inginocchiai per pregare e mi risovvenni a un tratto della sentenza evangelica: « Si quis diliget me, sermonem meum serbavit et Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus, et mansionem apud eum jaciemus (Giov. XIV, 23). Se qualcuno mi ama e osserva la mia parola, mio Padre l'amerà e noi verremo a lui e stabiliremo in lui la nostra dimora». In quel medesimo istante sentii che il mio cuore, questo povero cuore di fango, era diventato la tua dimora!

Oh, chi mi darà di far scorrere sull'anima mia un vasto oceano le cui acque, mutate in sangue, purifichino questo domicilio vile e miserabile, che la tua incommensurabile grandezza si degna d'abitare! Chi mi darà di strapparmi il cuore dal petto, e, fattolo a brani, gettarlo su carboni ardenti, affinchè purificato col fuoco da, ogni scoria, potesse offrirti un soggiorno, se non degno di Te, almeno un po' meno indegno! Da quell'istante, o mio Dio, Tu ti mostrasti a me, ora con volto benevolo, ora con espressione severa, secondo che ero stata più o meno vigilante nel combattere i miei difetti. Però, fossero pure stati i miei sforzi perfetti e costanti, giammai avrei potuto meritarmi il minimo de' tuoi sguardi, neppure quell'occhiata severa, ch'era dovuta alla moltitudine de' miei peccati. Invece, nella tua infinita accondiscendenza, ti mostravi più afflitto che irritato per le mie colpe, e ti vidi sopportare i miei numerosi difetti con tale divina pazienza, che sorpassava quella già dimostrata quaggiù al traditore Giuda.

Quantunque talvolta mi compiacessi delle cose effimere di questo mondo, pure, dopo ore, ohimè! dopo giorni, e, mi trema il cuore a dirlo, dopo settimane passate nella dissipazione esteriore, se rientravo in me stessa, sempre ti trovavo presente in fondo al cuore. In nove anni non ti sei mai sottratto al mio amore, se non una sola volta, durante undici giorni prima della festa di S. Giovanni Battista, perché volesti farmi capire il dispiacere che ti avevo recato con una conversazione mondana. Tale severo castigo durò fino alla seconda feria, vigilia della festa, durante la S. Messa Ne timeas Zacharia. La tua dolce umiltà e l'ammirabile bontà del tuo amore, vedevano che io ero giunta a tale eccesso di follia, da neppure accorgermi della perdita di tale tesoro, giacchè non ricordo d'averne provato dolore, e neppure brama di ritrovarlo. Mi meraviglio io stessa come abbia potuto giungere a tale punto di demenza. Forse volevi farmi esperimentare le note parole di S. Bernardo: « Quando fuggiamo, Tu c'insegui; se ti voltiamo il dorso, Tu ci presenti il volto; se supplichi, ti disprezziamo, ma nè cattiveria, nè disprezzo, possono allontanarti da noi. Instancabile e buono t'industri di guidarci sempre verso quella gioia che l'occhio umano non ha visto, nè l'orecchio intesa, e cuore dell'uomo non conosce ». Siccòme poi mi hai accordato la dolce grazia della tua presenza quando ero indegna, e siccome è più grave la recidiva, così posso affermare d'essere affatto immeritevole di gustare la soave gioia della tua salutare vicinanza, che dura a tutt'oggi. Per il che sia reso a Te lode, e quel ringraziamento che, procedendo dolcemente dall'amore increato, rifluisce in Te, senza che nessuna creatura possa esaurirne i tesori.

Per poter custodire dono sì sublime ti offro l'eccellentissima supplica che l'angoscia estrema della tua agonia, (confermata dal sudore del sangue), ha reso così intensa, che la semplicità e l'innocenza della tua vita hanno fatta così fervente, che l'amore infine della tua divinità ha reso sì efficace. La virtù di quella perfettissima preghiera, rendendo completa la mia unione con Te, mi attragga nell'intimità del tuo divin Cuore. Se per necessità dovrò occuparmi di opere esteriori, possa io soltanto prestarmi per il loro compimento ma rimanere interiormente indivisa da Te, così che, quando le avrò adempite con cura, possa ritornare tosto a godere di Te, nel più intimo dell'essere, come l'acqua precipita impetuosamente verso l'abisso quando si toglie l'ostacolo che le impediva il libero corso.

Possa io d'ora innanzi essere sempre presente a Te, come Tu lo sei a me, affinchè mi sia dato raggiungere quel grado di perfezione al quale la tua giustizia può permettere alla tua misericordia d'innalzare un'anima, gravata dal peso della carne e che sempre resistette all'infinito tuo amore. Possa io infine esalare il mio ultimo respiro fra i tuoi intimi amplessi, e nel gaudio del tuo onnipotente bacio! Mi sia dato così volare, senza indugio, là ove Tu dimori fuori dello spazio, in quell'eternità sempre nuova, ove Tu vivi, splendente di gloria, col Padre e con lo Spirito Santo, nei secoli immortali! 

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


domenica 20 marzo 2022

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - LA LUCE DEL CUORE

 


LA LUCE DEL CUORE

Io ti saluto, o mio Salvatore, luce dell'anima mia: tutto ciò che i cieli racchiudono nelle loro sfere, la terra nel suo globo, l'abisso dei mari nelle loro profondità, ti ringrazino dello straordinario favore per cui mi hai fatto conoscere e considerare i segreti del mio cuore. Prima di quel giorno non me n'ero mai preoccupata, e, se posso così esprimermi, mi ero curata del mio interno poco più delle calzature de' miei piedi.

In questa nuova luce potei ricercare con cura e scorgere nella mia anima più d'una macchia e parecchie cose che offendevano la tua somma purezza; vidi di più un tale disordine e una tale confusione, da rendere impossibile la tua dimora in me. Non pertanto nè il disordine, nè l'indegnità ti hanno da me allontanato, o Gesù mio amatissimo: ogni volta che mi nutrivo dell'alimento vivificante del tuo Corpo e del tuo Sangue, godevo della tua visibile presenza, benché in una specie di luce fioca, come si scorgono gli oggetti all'incerto chiarore dell'alba.

Con simile dolce accondiscendenza Tu hai voluto impegnare la mia anima a fare nuovi sforzi, per unirmi più familiarmente a Te, per contemplarti con occhio più limpido e per gioire con pienezza del tuo amore.

Lavoravo alacremente per ottenere tali favori nella festa dell'Annunciazione della Santa Vergine Maria, il cui purissimo grembo fu l'asilo benedetto, ove Tu ti sei degnato di sposare in quel giorno l'umana natura.

O Dio, che prima di essere invocato rispondi « Eccomi », Tu hai voluto anticiparmi le gioie di quella giornata, prevenendomi fin dalla vigilia con le benedizioni della tua dolcezza (Ps. XX, 4).

Si teneva il Capitolo dopo Mattutino, perchè era domenica; nessuna parola umana può esprimere in qual modo, o « Luce che scendi dall'alto hai visitato l'anima mia, nelle viscere della tua dolcezza e della tua bontà » (Luc. I, 78). Dammi, o sorgente di ogni bene, dammi d'immolare sull'altare del mio cuore l'ostia di giubilo, perché ottenga d'esperimentare spesso, con tutti i tuoi eletti, quest'unione sì dolce, questa dolcezza sì unitiva che, fino adesso, mi era stata completamente sconosciuta.

Quando considero cos'era la mia, vita in passato, e quale fu in seguito, debbo proclamare, con sincerità, che tale beneficio fu dono gratuito e immeritato. Da quel benedetto istante ebbi una conoscenza così luminosa di Te stesso, da essere più commossa per la dolce tenerezza della tua familiarità che per timore degli stessi tuoi castighi. Ricordo però d'aver provato queste ineffabili delizie soltanto nei giorni della S. Comunione, quando mi chiamavi al tuo regale banchetto. Era disposizione della tua Sapienza? Era risultato dalla mia grande negligenza? Non saprei dirlo con esattezza.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


giovedì 25 novembre 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


COME IL SIGNORE, ORIENS EX ALTO, LA VISITO' LA PRIMA VOLTA

L'abisso della sapienza increata invochi l'abisso dell'ammirabile onnipotenza per esaltare quest'incomprensibile bontà che fece discendere i torrenti della sua misericordia, fino alla valle profonda della mia miseria! Avevo compiuto venticinque anni ed era la seconda feria (giorno benedetto per me), che precedeva la festa della Purificazione della tua castissima Madre. Era la sera, dopo Compieta, nell'ora propizia del crepuscolo, quando Tu risolvesti, o Dio, che sei verità più pura della luce, e più intima di qualsiasi recondito segreto, di dissipare le folte tenebre che mi circondavano. Con un procedimento pieno di soavità e di tenerezza, hai incominciato a placare il turbamento che, già da un mese, Tu avevi suscitato nel mio cuore. Tale inquietudine era destinata, io penso, a rovesciare la fortezza della vana gloria e della curiosità, ch'io avevo innalzata nel mio insensato orgoglio, benchè portassi, ma senza frutto, il nome e l'abito di religiosa.

Era questo il cammino che Tu avevi scelto, o mio Dio, per mostrarmi la tua salvezza.

Pertanto, stando io, nell'ora sopraddetta, in mezzo al dormitorio, m'inchinai, secondo la regola dell'Ordine, verso una sorella anziana che mi passava dinanzi. Appena ebbi rialzato il capo, vidi davanti a me un giovane, splendente di grazia e di bellezza: poteva avere circa sedici anni, e il suo aspetto era tale, che i miei occhi non avrebbero potuto ammirare nulla di più attraente. Con accento di grande bontà Egli mi disse queste dolci parole: « Cito veniet salus tua: quare moerore consumeris? Numquid consiliarius non est tibi, quia innovavit te dolor? La tua salvezza non tarderà: perchè ti consumi nel dolore? Non hai un consigliere che possa calmare queste rinascenti angosce? ».

Mentre pronunciava queste parole, quantunque fossi sicura della mia presenza corporale in dormitorio, pure mi vidi in coro nel posto ove ero solita recitare le mie tiepide orazioni: Fu là che sentii queste altre parole: « Salvabo te et liberabo te, noli timere. Io ti salverò e ti libererò: non temere di nulla». Dopo tali accenti lo vidi prendere la mia destra nella sua nobile, delicata mano, come volesse ratificare solennemente le sue promesse.

Indi aggiunse: «Coi miei nemici hai lambito la terra ed hai succhiata il miele aderente alle spine: ritorna finalmente a me, ed io t'inebrierò al torrente della voluttà divina» (Ps. XXXV, 9).

Mentre così parlava io guardai e scorsi fra Lui e me, cioè fra la sua destra e la mia sinistra, una siepe così lunga che, nè davanti nè dietro di me, mi fu dato vederne il termine. La superficie appariva coperta di spine così fitte che in niun luogo trovavo un varco che mi permettesse passare, per raggiungere il bell'adolescente.

Me ne stavo titubante, ardendo di desiderio e sul punto di venir meno, quando Egli stesso mi afferrò la mano e, sollevandomi, senza alcuna difficoltà, mi pose al suo fianco; scorsi allora su quella mano che mi era stata tesa come pegno di fedeltà i preziosi gioielli delle sacre piaghe che hanno annullato i diritti di tutti i nostri nemici. Così io adoro, lodo, benedico, ringrazio, come posso, la tua sapiente misericordia e la tua misericordiosa sapienza, che seppe, in modo così carezzevole, piegare la mia testa ribelle sotto il tuo soave giogo, preparandomi un rimedio così adatto alla mia debolezza.

Da quel momento infatti, la mia anima ritrovò la calma e la serenità, incominciai a correre al profumo de' tuoi unguenti e, ben presto, gustai la dolcezza del giogo dell'amor tuo, che prima mi era sembrato duro e quasi intollerabile.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


lunedì 4 ottobre 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


INTIMITA' CRESCENTE DE' SUOI RAPPORTI CON DIO

Geltrude talora era privata delle visite del Signore senza sentirne pena: n'ebbe qualche turbamento e volle chiedere la ragione di quella specie d'insensibilità. Il Signore amabilmente rispose: « La troppo grande vicinanza impedisce talora agli amici di mirarsi in volto! Infatti, se si stringono fra le braccia per baciarsi, non possono più gustare la gioia di vedere i loro lineamenti ». Queste parole le fecero comprendere che la momentanea sottrazione della grazia sensibile, aumenta assai il merito, perchè l'anima, durante tale prova, compia i suoi doveri con coraggio, lottando per adempierli con fedeltà.

Ella si domandava poi perchè Nostro Signore la visitasse con manifestazioni assai diverse da quelle ricevute in passato. « Allora - rispose Gesù - t'istruivo con risposte adatte per far conoscere al prossimo i miei desideri. Adesso svelo le mie operazioni soltanto alla tua intelligenza, perchè difficilmente potrebbero tradursi in parole. Io depongo nell'anima tua come in uno scrigno, le ricchezze della mia grazia, affinchè ognuno trovi in te tutto quello che desidera. Tu sarai come una Sposa che conosce tutti i segreti del suo Sposo, e che, dopo aver vissuto con lui, sa intuirne le volontà.

Tuttavia non conviene rivelare i segreti che una reciproca intimità ha permesso di scoprire».

In seguito Geltrude ebbe a constatare la realtà di tali promesse, perchè, quando pregava per qualche intenzione che le era stata insistentemente raccomandata, non riusciva a ottenere dal Signore quelle risposte che prima le erano assai spesso accordate. Le bastava allora sentire il desiderio di pregare per quella causa: era segno infallibile della divina ispirazione, paragonabile alle risposte che aveva ricevuto in altri tempi.

Così, se taluno a lei ricorreva per luce, o per conforto, Ella sentiva tosto che la grazia la investiva; grazia congiunta a tale sicurezza, riguardo alle parole pronunciate, che sarebbe stata pronta a dare la vita per attestarne la verità. Eppure ella nulla conosceva in proposito, e non si era mai interessata di tali cose, nè con parole, nè con iscritti. Ma se non riceveva nessuna rivelazione riguardo all'oggetto della sua preghiera, ella se ne rallegrava di cuore, riflettendo che la Sapienza divina è così impenetrabile e così inseparabilmente unita all'amore, che il miglior partito è quello d'abbandonarle ogni cosa. Quest'abbandono la rapiva con un fascino superiore alla stessa conoscenza profonda dei segreti misteri di Dio.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


giovedì 19 agosto 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


RIVELAZIONI RICEVUTE DA PARECCHIE PERSONE DEGNE DI FEDE CHE ATTESTANO L'AUTENTICITA' DI QUELLE DI GELTRUDE

Geltrude, considerando la sua viltà e miseria, si giudicava indegnissima dei divini benefici. Si confidò con Matilde di felice memoria, assai apprezzata per le rivelazioni ricevute da Dio, e la scongiurò d'interrogare il Signore riguardo alle grazie più sopra descritte. Non ch'ella dubitasse della divina bontà a suo riguardo, o che pretendesse certezza assoluta, ma bramava aver maggior slancio di riconoscenza per doni così generosi, e tenersi ben desta nella fiducia per sostenere gli assalti di sentimenti contrari. Matilde pregò assai per consultare il buon Dio. Vide allora Gesù, lo Sposo ricco di grazia e d'incanto, che attirava a sè l'anima per cui Matilde pregava, in modo che il cuore di Geltrude era posato sulla ferita del Cuore divino ed in pari tempo, vide la diletta Sposa che, col braccio destro teneva stretto il suo amatissimo Salvatore. La venerabile Matilde, estasiata, chiese il significato di quella visione.

Le disse Gesù: « Il colore verde de' miei abiti, ornati d'oro, significa l'opera della mia Divinità, che germina e sboccia nell'amore. Tale operazione fiorisce vigorosamente in quest'anima. Tu vedi il suo cuore fisso all'apertura del mio Costato, perchè me la sono unita così intimamente da poter essa, ad ogni momento, ricevere i benedetti influssi della mia Divinità ».

Chiese Matilde: « Dolcissimo Gesù, hai realmente promesso a Geltrude il chiaro lume della tua stessa conoscenza, affinché possa rispondere, con sicurezza assoluta, alle difficoltà che le verranno proposte, mettendo così le anime sulla strada del Paradiso? Geltrude mi palesò trepidando tale privilegio e, nella sua umiltà, mi pregò di tranquillizzarla su questo punto ». Rispose il Signore con grande benignità: « Sì, le ho accordato rari e grandi privilegi, in modo che chiunque ricorrerà a lei, riceverà, per suo mezzo, qualsiasi grazia. La mia misericordia poi non troverà mai indegna della S. Comunione un'anima ch’Ella avrà ritenuto degna di ricevere tale Sacramento; anzi guarderò con speciale tenerezza coloro che a me verranno per suo consiglio.

S'Ella giudicherà gravi, o leggere le colpe di coloro che la consulteranno, io farò eco alla sua stessa sentenza. Come in cielo « sono tre che rendono testimonianza, cioè il Padre, il Verbo e, lo Spirito Santo » (Giov. I, V, VII), così Ella dovrà appoggiare i suoi giudizi su tre grandi sicurezze:

I. Quando consiglierà il prossimo, badi bene di ascoltare la voce dello Spirito Santo che le parla interiormente.

II. Consideri se l'anima a cui si rivolge è pentita delle sue colpe, o almeno desidera di esserlo.

III. Cerchi di comprendere se ha buona volontà. Quando si avvereranno questi tre segni potrà, con tutta sicurezza, seguire l'interna ispirazione, perché io ratificherò il cielo gli impegni che avrà preso, appoggiandosi alla mia infinita bontà. Se dovrà parlare cerchi d'attrarre nell'anima sua, con un profondo sospiro, il soffio del mio divin Cuore e tutto quanto dirà, porterà il sigillo della certezza più assoluta. Ella non solo non potrà nè ingannarsi, nè ingannare, ma tutti, per suo mezzo, conosceranno i segreti del mio Cuore divino ».

Conclude poi Gesù: « Dille di custodire fedelmente le mie parole; qualora, col tempo, ed in seguito a molteplici occupazioni, Ella si sentirà intiepidire non deve perdersi di coraggio, perchè questi privilegi l'accompagneranno per tutta la vita ».

La venerabile Matilde volle ancora sapere da Gesù, se il modo d'agire di Geltrude non fosse talora un po' imperfetto. Infatti Ella passava con indifferenza da un'occupazione all'altra: per lei era tutt'uno pregare; leggere, scrivere, istruire il prossimo, correggerlo o consolarlo.

Rispose il Signore: « Geltrude aderisce talmente al mio Cuore e io ve la tengo tanto unita, che è diventata con me un unico spirito. La sua volontà armonizza con la mia, proprio come le membra del corpo umano, armonizzano con gli impulsi interiori.

Allorchè l'uomo, mediante la sola sua volontà, dice alla mano: « fa questo » e all'occhio: « guarda! » senza indugio la mano e l'occhio obbediscono. Geltrude è per me una mano e un occhio di cui liberamente dispongo, senza che mai resista ad alcuno de' miei desideri. Io l'ho scelta per mia dimora; la sua volontà, e perciò ogni atto del suo volere, è vicino al mio Cuore, come il braccio con cui io opero. La sua intelligenza, cercando sempre ciò che può farmi piacere, è come l'occhio della mia Umanità. L'ardore dell'anima sua, quando dietro l'ispirazione dello Spirito Santo, comunica ciò che voglio, par quasi la mia lingua. I suoi giudizi, sempre prudenti, sembrano il mio fiuto. Inclino le orecchie della mia misericordia verso le creature che le ispirano tenera compassione. La sua intenzione mi serve di piede, perchè non si propone altro scopo di quello al quale tendo Io stesso. E' dunque necessario ch'ella si affretti a passare da un'occupazione all'altra, e che, compiuta un'opera, io la trovi pronta a seguire un'altra mia ispirazione. Se' in ciò commette qualche negligenza, non ne avrà la coscienza macchiata, poichè compie sempre volentieri la mia Volontà »,

Un'altra persona assai versata nella scienza, spirituale, dopo d'aver pregato e ringraziato il Signore delle grazie accordate a Geltrude, ebbe una rivelazione che attesta i doni straordinari, e l'unione sublime della Santa con Dio.

Con tutta sicurezza possiamo perciò conchiudere che Dio stesso agiva in essa, giacchè Egli medesimo si compiaceva d'attestarlo in modo degno di fede, per mezzo di due anime sante. E' da notare che l'una ignorava completamente le rivelazioni fatte all'altra, così come gli abitanti di Roma non sanno quanto accade in quel momento a Gerusalemme. Una di queste due persone ebbe poi a dire che, quantunque Geltrude avesse ricevuto grazie straordinarie, pure esse erano ancor nulla a confronto dei privilegi che avrebbero ricevuto in seguito.

E concluse: « Geltrude giungerà a un grado così alto di unione con Dio, che i suoi occhi non vedranno se non quello che Dio vedrà con essi; le sue labbra non diranno se non ciò che Dio vorrà pronunciare con le stesse, e così di ogni altro senso». Quando e come Dio compirà tali meraviglie? Lui solo lo sa e l'anima da Lui favorita lo conoscerà. Però le persone che la studiarono più da vicino, n'ebbero qualche sentore.

Un'altra volta Geltrude chiese ancora a Matilde, d'impetrarle da Dio il dono della mansuetudine e della pazienza, di cui credeva d'avere uno speciale bisogno. La venerabile Matilde, avendo eseguito la commissione, ebbe questa risposta: « La mansuetudine che mi piace in Geltrude, trae origine dalla parola latina manendo, cioè risiedere. Abitando io nell'anima sua, bramo che, come giovane sposa gode della presenza dello sposo, non esca dal suo interno se non per necessità, e prendendo lo sposo per mano, quasi per costringerlo a seguirla. Così, quando la mia Sposa dovrà lasciare il suo dolce ritiro per andarsene ad istruire il prossimo, bramo che ella segni sul cuore la croce di salvezza e che, prima di parlare, invochi il mio nome: allora potrà dire con fiducia tutto quello che la grazia le suggerirà. La pazienza che mi piace in lei deriva dalle parole pax et scientia, pace e scienza. Bramo che si eserciti con premura nella pazienza, per non perdere nelle avversità la pace del cuore, ma voglio che si ricordi perchè soffre, cioè per provarmi il suo amore e la sua fedeltà».

Un'altra persona, che le era affatto sconosciuta, ma che, dietro alla sua domanda, aveva pregato per lei, ebbe dal Salvatore questa risposta: « Io l'ho scelta per mia dimora, e mi compiaccio, vedendo che tutto quello che gli uomini amano in questa mia eletta è opera mia. Perfino coloro che non si intendono di cose spirituali, ammirano in essa i miei doni esterni, come l'intelligenza ed il forbito eloquio. Così l'ho in certo modo esiliata da' suoi parenti perchè nessuno l'amasse per motivi umani, e io solo fossi la cagione di tale affetto ».

Geltrude pregò ancora un'altra persona di chiedere a Gesù come mai, vivendo da tanti anni col sentimento continuo della divina presenza, le capitasse poi d'operare negligentemente, senza tuttavia commettere peccati seri, che potessero irritare il Signore contro di lei. Quella persona ricevette una risposta di questo tono.

« Non mi sdegno mai con Geltrude, perchè essa trova sempre giusto e buono tutto quello che io permetto e non si turba affatto qualunque cosa le capiti. Quando soffre una tribolazione, si tranquillizza, pensando che la mia Provvidenza dispone tutto con amore. S. Bernardo ha detto: « Colui a cui Dio piace, non può spiacere a Dio » (Pred. XXV, 8 sul Cant.). Queste risposte accesero in Geltrude il sentimento fervido della riconoscenza e ringraziò il suo Dio, dicendo fra l'altro: « Come mai, o mio Diletto, Ti degni dissimulare tutto il male che in me si trova, poichè, se è vero che la tua Volontà mi torna ognor gradita, lo devo non alla mia virtù, ma alla divina larghezza delle Tue grazie? ».

Il Signore si compiacque istruirla con questo geniale paragone: « Quando un libro ha la stampa troppo minuta, l'uomo per leggerlo usa gli occhiali; in tal caso il libro non ha subito cambiamento alcuno, ma sono le lenti che hanno prodotto quell'effetto. Così se io trovo in te qualche lacuna, la mia eccessiva bontà mi spinge a colmarla ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


martedì 3 agosto 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


COME DIO L'OBBLIGO' A PUBBLICARE QUESTI FAVORI

Dio si degnò manifestare in seguito la sua volontà, che venisse pubblicato il resoconto di tutte queste grazie. Ma Geltrude era alquanto restia; essa si chiedeva, quale utilità avrebbe prodotto tale scritto, giacchè era fermamente decisa di non permettere che fosse reso noto, prima della sua morte. D'altra parte le sembrava che, dopo la sua dipartita da questo mondo, quelle pagine sarebbero state inutili, e fors'anche causa di turbamento ai fedeli. Il Signore, rispondendo a' suoi intimi pensieri, le disse: « Quando S. Caterina era in prigione l'ho visitata e consolata con queste parole: "Sta serena, figlia mia, poichè sono con te". Ho chiamato Giovanni, il mio Apostolo prediletto, con queste parole: "Vieni da me, o mio amatissimo Apostolo". La vita dei santi poi è tutta infiorata da espressioni consimili. Non servono forse ad accendere la divozione, ed a ricordare la mia tenerissima bontà per gli uomini? ». Aggiunse: « Molte anime, sentendo la narrazione dei privilegi a te accordati, potranno desiderarli, e, per esserne degne, si sforzeranno d'emendarsi dei loro difetti ».

Un altro giorno ella si chiedeva stupita come mai il Signore l'ispirava interiormente di manifestare il contenuto di questo libro, pur sapendo che molti spiriti meschini avrebbero disprezzato tali doni, ed avrebbero trovato più motivo di calunnia che di edificazione. Il Signore volle illuminarla con queste parole: « Io ho posto in te tale abbondanza di grazie, da dover esigerne frutti copiosi. Voglio che le anime che hanno ricevuto favori simili a' tuoi e che ne fecero poco conto, si ricordino, leggendo il tuo libro, dei privilegi ricevuti, e si eccitino a tale riconoscenza da meritarne ancora degli altri. Riguardo poi a coloro che hanno un cuore perverso e che disprezzeranno i miei doni, li castigherò facendo ricadere su di essi il loro peccato, senza che tu abbia a soffrirne minimamente. Il profeta non disse di me: « Ponam its offendiculum: Io porrò come pietra di scandalo? » (Mz. III, 20).

Queste parole fecero capire a Geltrude che talora Dio invita i suoi eletti a compire azioni che saranno per altri oggetto di scandalo: gli eletti non devono ometterle nella speranza di aver pace coi cattivi, perchè la vera pace consiste nella vittoria dei buoni sui cattivi.

L'anima fedele vince quando, nulla trascurando di ciò che può tornare a gloria di Dio, si sforza di conquistare le anime perverse con la sua bontà e delicati riguardi; se poi non riuscisse nell'intento, la ricompensa non le mancherebbe sicuramente.

Ugo di S. Vittore ha detto: « I fedeli possono sempre trovare motivi di dubbio; gli infedeli, purché lo vogliano, hanno sempre buone ragioni per credere; così giustamente i fedeli ricevono la ricompensa della loro fede, e gli infedeli punizione della loro incredulità » (De arca morali, IV, 3, Ugo di S. Vittore).

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

venerdì 14 maggio 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


PRIVILEGI PARTICOLARI DA DIO ACCORDATI A GELTRUDE

Narreremo ora altri episodi dello stesso genere, che con grande fatica, siamo riusciti a strappare dall'umiltà di Geltrude, come se fossero stati sigillati sotto una pesante pietra. Molte anime pie la interpellavano sulla loro frequenza alla S. Comunione e le esprimevano i loro dubbi in proposito. Dopo d'aver dilucidato le difficoltà proposte, ella consigliava e persino sforzava, per così dire, le anime ad accostarsi al celeste convito, fiduciose nella grazia e nella misericordia di Dio.

Ma un giorno n'ebbe scrupolo, pensando di avere oltrepassato i limiti delle sue competenze, e d'avere mancato di discrezione, con affermazioni troppo presuntuose. Ricorse perciò alla bontà del suo Dio e, dopo d'avergli confidato il suo turbamento, n'ebbe questa risposta: «Non temere, figlia mia, sta sicura e tranquilla, poichè io sono il Dio che ti ama, che con predilezione gratuita ti ha creata e scelta per abitare in te, onde prendervi le sue delizie: per assicurarti, in avvenire, io ti prometto che tutti coloro che, con divozione ed umiltà, ricorreranno a te per essere illuminati, otterranno risposte, per così dire, infallibili, nè mai permetterò che anime indegne di ricevermi vengano a consultarti, riguardo alla S. Comunione. Perciò quando indirizzerò a te cuori stanchi ed afflitti per averne sollievo, dì loro di ricevermi con fiducia. Par amor tuo aprirò loro il mio paterno seno e li stringerò nelle braccia della mia tenerezza per dar loro un dolce bacio di pace ».

Le prove dell'amore di Gesù erano continue. Un giorno, mentre pregava per un'anima, fu presa da una grande angustia, temendo che quell'anima ottenesse meno di quanto aveva sperato. Ma Gesù la calmò con divina accondiscendenza: « Sta tranquilla, figlia mia: darò a coloro che in te avranno posto la loro fiducia tutto quello che spereranno ottenere dal tuo aiuto: di più accorderò volentieri ciò che tu avrai loro promesso da parte mia: se talora la fragilità umana porrà impedimento a tali effetti, t'assicuro, per altro, che in quelle anime avrò operato l'avanzamento nella virtù da te promesso ».

Geltrude, pensando qualche giorno dopo a queste magnifiche promesse, e sentendo l'enorme peso della sua indegnità, domandò al Signore come mai potevano compirsi tali meraviglie, per mezzo di una creatura così vile ed abbietta. Il Signore rispose: « La Chiesa non gode forse collettivamente lo stesso privilegio che accordai soltanto a Pietro con quelle parole: « Quello che legherete in terra, sarà legato anche in cielo? » (Matt. XVI, 19). Essa crede che tale potere risieda in ciascun sacerdote: perchè dunque non crederai tu che posso e voglio adempire le promesse, che il mio amore si degna di farti?». Toccandole poi la lingua disse: « Ecco che ho messo le mie parole nella tua bocca » (Ger. 1, 9) e confermo nella verità tutto quello che tu dirai al prossimo, dietro l'ispirazione del divin Paracleto. Se tu prometterai qualche cosa sulla terra in nome mio, io ratificherò in cielo tale promessa ». Geltrude obbiettò: « Non posso rallegrarmi di questo privilegio perchè, se dietro l'impulso dello Spirito Santo, mi capiterà d'affermare che quella, o quell'altra colpa non rimarrà impunita, sarò causa di pena e di danno al mio prossimo ».

Rispose Gesù: « Quando lo zelo per la giustizia, o l'amore per le anime ti consiglierà tali parole, io infonderò alla persona a cui le indirizzerai la dolcezza della mia bontà, e desterò nel suo cuore una compunzione così vera, da non meritare più le mie vendette».

Aggiunse poi Geltrude: « O Signore, se tu parli davvero per mio mezzo, come ti sei degnato di assicurarmi, perchè i miei consigli producono effetti così meschini quantunque mi senta ispirata a darli, solo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime? ». Il Signore si degnò di risponderle: « Non stupirti, figlia mia, se le tue parole sono talora infeconde, poichè Io stesso, quando vivevo in terra, predicavo con tutto l'ardore del divino Spirito senza produrre alcun bene: ogni cosa è regolata dalla Provvidenza, la quale ha le sue ore fisse ».

Un giorno, dopo d'aver ripreso una persona per le sue colpe, corse a rifugiarsi presso Gesù, supplicandolo d'illuminare la sua intelligenza, affinchè parlasse a ciascuno secondo la volontà di Dio. « Non temere, figlia mia - dissele Gesù - ma abbi grande confidenza, perchè ti ho accordato un sommo privilegio; quando anime umili e sincere verranno a consultarti, tu giudicherai e deciderai nella luce della verità, come giudico Io stesso, secondo la natura delle cose e la condizione delle persone; se la materia è grave, darai, da parte mia, risposta severa; se è leggera, la tua parola sarà più mite ». Geltrude, penetrata dalla sua indegnità, esclamò « O Padrone del cielo e della terra, ritira e limita l'eccessiva tua bontà a mio riguardo, perchè, cenere e polvere quale io sono, mi sento indegna di un dono così stupendo » ! Ma il Salvatore insistette con tenerezza: « Ti par gran cosa lasciar giudicare le cause della mia inimicizia da te, che esperimenti così spesso i segreti della mia amicizia? ». E confermò: « I tribolati che verranno umilmente e con semplicità a cercare da te parole di consolazione, non rimarranno giammai delusi, perché Io, il Dio che risiede nell'anima tua, voglio, nella mia amorosa tenerezza diffondere, per tuo mezzo, i miei benefici, inondando la tua anima dell'ineffabile gioia che sgorga dal mio divin Cuore ».

Ella pregava un giorno per alcune persone che le erano state raccomandate. Gesù rispose: « Nei tempi antichi, quando alcuno poteva accostarsi all'altare, si rallegrava di essersi assicurata la pace. Ora, avendoti scelta per dimora, ti prometto che colui che implorerà con fiducia il soccorso delle tue preghiere, riceverà grazie di salvezza ». Questo fatto è confermato da S. Matilde, nostra cantora, di dolce memoria.

Pregando un giorno essa per Geltrude, vide il cuore della medesima, sotto la forma di un solidissimo ponte, rinforzato a destra ed a sinistra da due muraglie assai consistenti: una rappresentava la divinità di Gesù, l'altra la sua santissima Umanità. Il Signore affermò: « Coloro che verranno a me su questo ponte, non potranno cadere, nè deviare dal retto cammino ». Egli intendeva dire che coloro che seguiranno i consigli di Geltrude, non potranno errare giammai,

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


venerdì 16 aprile 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


MIRACOLI DI GELTRUDE

Era il mese di marzo ed il freddo imperversava con tale rigore, da far temere per la vita degli uomini e degli animali. Di più si temeva la perdita totale del raccolto perchè, a quanto si diceva, il freddo, per il ciclo lunare, doveva continuare ancora a lungo.

Un giorno, durante la S. Messa alla quale Geltrude assisteva nell'intento di comunicarsi, pregò devotamente il Signore secondo l'intenzione sopra accennata e domandò anche altre grazie. Le rispose Gesù: « Sta sicura: tutte le tue richieste sono esaudite ». Riprese ella: « O Signore, se veramente mi hai ascoltata è giusto che ti ringrazi subito; abbi la bontà di darmene una prova, facendo cessare tosto questo freddo così rigido». Dette queste parole non ci pensò più. Ma quale non fu la sua meraviglia quando, uscendo di coro dopo la S. Messa, trovò la strada inondata per l'improvvisa fusione della neve e dei ghiacci! Tutte rimasero stupite a tale prodigio, contrario alle leggi di natura e, ignorando la supplica di Geltrude, andavano ripetendo che sfortunatamente la cosa non poteva durare, perchè contraria all'ordine regolare del tempo. Invece il clima mite si mantenne a lungo, per tutto il corso dell'entrante primavera.

In altra occasione, all'epoca delle messi, l'acqua cadeva a dirotto, pregiudicando il raccolto. Geltrude unì le sue preghiere a quelle del popolo ed ottenne formale promessa d'un tempo favorevole. In quello stesso giorno infatti, benchè in cielo vagassero ancora le nubi, il sole avvolse nel suo manto d'oro la natura inondandola de' suoi benefici raggi.

Una sera, dopo cena, la comunità si era recata in cortile per un lavoro. Il sole brillava ancora; ma grosse nubi, gravide di pioggia, erano sospose nell'aria. Io stessa sentii Geltrude dire al suo Signore: « O Dio dell'universo, io non voglio che tu abbia a compire, come per forza, la mia volontà; se la tua benignità tiene sospesa la pioggia per me, contrariamente alle esigenze della tua gloria e al rigore della tua giustizia, ti prego, fa che si squarcino le nubi e che il tuo volere si compia». Oh, meraviglia! appena dette queste parole, il tuono rumoreggiò e la pioggia si mise a scrosciare. Geltrude, stupefatta, disse al Signore con la solita ingenua confidenza: « Clementissimo Gesù, abbi la bontà di ritenere la pioggia un momentino, afflnchè ci sia dato terminare questo lavoro, comandatoci dall'obbedienza»! E il Signore accondiscese amabilmente, sospendendo la pioggia fino al compimento della fatica comune. Ma appena le monache ebbero varcata la soglia, una pioggia torrenziale con fulmini e tuoni imperversò violentemente, e due o tre suore, che si erano attardate, rientrarono tutte inzuppate.

In altre occasioni Geltrude ricevette miracolosamente la divina assistenza senza formulare preghiera alcuna, con un solo sguardo d'amorosa intesa. Se, per esempio, seduta su d'un mucchio di fieno, lasciava in fallo sfuggire l'ago, diceva graziosamente al suo Maestro: « O Gesù, avrei io un bel cercarlo, sarebbe tempo sprecato; dammi la grazia di trovarlo subito ». Poi, volgendo gli occhi da un'altra parte, tuffava la mano nel fieno e prendeva l'ago con tanta sicurezza, come se fosse stato deposto su d'un tavolo, davanti a lei. In tutte le vicende ella chiamava in causa il Diletto che regnava sovrano nella sua anima, e sempre trovava in Lui un aiuto fedelissimo, un'ineffabile bontà.

Un giorno pregava il Signore di placare la violenza dei venti che inaridivano la campagna. Le disse Gesù: « E', inutile che ne' miei rapporti con te, mi serva dei motivi che talora mi obbligano a esaudire le preghiere degli altri: la mia grazia ha talmente unito la tua volontà alla mia, che tu non puoi volere che quello che voglio io. Sappi dunque che questo violentissimo uragano, indurrà a pregare alcuni cuori finora chiusi e ribelli al mio amore. Perciò non esaudirò la tua supplica, ma riceverai in cambio un altro dono spirituale». Geltrude gradì assai la proposta e, anche per l'avvenire, fu sempre felicissima di essere esaudita soltanto nella misura dei divin beneplacito.

S. Gregorio afferma che la santità dei giusti non consiste nel fare miracoli, ma nell'amare il prossimo come se stessi; il cuore di Geltrude era animato da questa carità, come abbiamo avuto occasione di dimostrarlo. Il racconto poi dei prodigi suesposti ci assicura che la sua anima era dimora di Dio. Tacciamo quindi coloro che insultano la bontà gratuita del Signore, e cresca la confidenza degli umili che, al racconto di tali meraviglie, hanno ragione di sperare qualche partecipazione si benefici accordati alle anime elette.

S. GELTRUDE


venerdì 22 gennaio 2021

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


TESTIMONIANZE CHE DIMOSTRANO COME GELTRUDE FOSSE VERAMENTE UN CIELO SPIRITUALE

La Chiesa, per celebrare la gloria degli Apostoli, li chiama cieli spirituali ed afferma: « O Cristo, essi sono i cieli che Tu abiti: con la loro parola sei tuono che scuoti, coi loro miracoli, lampo che illumina, e, per loro mezzo, sei rugiada benefica di grazie »« (dagli antichi messali tedeschi nella festa degli Apostoli).

Gli stessi privilegi ebbe Geltrude. Aveva parola efficace e feconda, tanto che non si poteva ascoltarla senza sentirsi conquisi; ben a ragione le convenivano i detti dell'Ecclesiastico «Le parole del saggio sono strali come chiodi solidamente infissi » (Eccl. XII, 11).

La debolezza umana talvolta rifiuta la verità, che sgorga da un cuore acceso di fervore. Un giorno Geltrude aveva corretto una suora con parole alquanto aspre: la poveretta, spinta da un sentimento di tenerezza, pregò il Signore di moderare lo zelo troppo fervido di Geltrude; ma ricevette da Lui quest'istruzione: « Quando vivevo in terra, provavo ancor io sentimenti ed affetti ardentissimi: la vista dell'iniquità accendeva in me il fuoco di un simile zelo; la mia diletta in ciò mi assomiglia ». « Ma dolce Signore », riprese la suora « Tu non dirigesti parole così dure che ad uomini ostinati nel male. Geltrude talvolta è severa, anche con coloro che sono da tutti stimati e giudicati buoni ». Ed il Signore: « Coloro fra i giudei che più si sollevarono contro di me, passavano agli occhi di tutti per santi ».

I discorsi di Geltrude erano, per le anime, rugiada di Dio. Parecchi affermarono che una sola sua parola, aveva avuto maggior efficacia dei lunghi discorsi di rinomati predicatori. Spesso venivano a lei anime ribelli, ostinate, invincibili: dopo d'aver raccolto qualche parola dalle sue labbra versavano lagrime sincere e, penetrate di compunzione, si dicevano pronte a compiere ogni dovere.

Non solo però il consiglio, ma anche le preghiere di Geltrude producevano effetti stupendi. Molte persone, dopo essersi a lei raccomandate, si trovarono improvvisamente libere da gravi, diuturne pene, tanto che, trasportate d'ammirazione, pregarono spesso gli amici di quell'anima eletta di ringraziarne Dio e la sua fedele Sposa. Nè dobbiamo tacere che alcuni furono avvisati in sogno di rivolgersi a Geltrude per confidarle le loro pene; e quando l'ebbero fatto, si sentirono esauditi.

Tali meraviglie non differiscono molto dallo splendore dei miracoli perché il sollevare le anime, non è da meno di guarire i corpi. Pure racconteremo anche qualche fatto prodigioso, per dimostrare come in Geltrude abitasse la virtù di Dio.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


domenica 3 gennaio 2021

DELLA VIRTU' DELL'UMILTA' E DI ALTRE VIRTU' CHE BRILLARONO IN GELTRUDE COME STELLE

 


L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

Il Signore per stabilire la sua dimora nell'anima di Geltrude, l'aveva adornata di virtù fulgide come stelle. Fra tutte primeggiava l'umiltà, sorgente vera di ogni grazia e custode di tutte le virtù. Geltrude infatti si stimava così indegna dei doni di Dio, da non poter rassegnarsi a usufruirne ella sola; le pareva anzi di essere un canale destinato, nei misteriosi disegni della Provvidenza, a trasmettere agli eletti i divini favori. Non soltanto si dichiarava indegna di tali grazie, ma affermava che non avrebbero affatto fruttificato, se non partecipandole al prossimo con parole e con scritti.

La cara Santa ardeva di tale amore di Dio, e di un si grande disprezzo di se stessa che soleva ripetere: « Quand'anche dopo la mia morte dovessi subire i tormenti dell'inferno, come merito, mi resterà una consolazione, cioè il pensiero che altri, leggendo i miei scritti, loderanno il mio Dio; « che le sue grazie sterili in me, produrranno frutti di benedizione in altri ». La sua umiltà era così convinta da sembrare che le divine grazie, affidate alla più miserabile delle umane creature, dessero maggior rendimento che nella povera anima sua; perciò accoglieva, di momento in momento, tali favori per parteciparli al caro prossimo, come se li ricevesse proprio solo per quell'unico motivo. Giudicandosi con la severità dei Santi ella si considerava come l'ultima di coloro di cui il Profeta ha detto: « Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo: Tutte le nazioni sono davanti a lui come se non esistessero » (Isaia XL, 17). E più avanti: « Quasi pulvis esxiguus: Come un granello di polvere ». Come un po' di polvere nascosta sotto una piuma o qualsiasi altro oggetto, è preservata da quella leggera ombra dai raggi solari, così Geltrude si celava per sfuggire l'onore che poteva esserle prodigato, per le grazie sublimi di cui era favorita. Persuasa della sua indegnità ed ingratitudine ella, accogliendo i divini favori, ne rinviava tutta la gloria a Colui la cui ispirazione previene coloro che chiama, ed il cui soccorso accompagna coloro che giustìfica. Pure, come già dicemmo, l'ardente brama dell'onore di Dio, la spingeva a rivelare le bontà del Signore a suo riguardo, e bene spesso precisava la sua intenzione con queste parole: « E' giusto che Dia raccolga nel prossimo il frutto dei benefici che ha accordato a me, che ne sono tanto indegna ».

Un giorno, durante una passeggiata, ella si confidò col suo Dio, sentendo un profondo disprezzo per se stessa: « Ah, mio Dio, il più grande de' tuoi miracoli è che la terra sostenga una peccatrice come sono io ! ». Ma Gesù, ch'esalta coloro che si umiliano, rispose tosto con bontà: « E' ben giusto che la terra ti sorregga, poichè perfino il cielo, nella sua magnificenza, aspetta con ansia gioiosa l'ora felice in cui avrà l'onore di possederti! ». Oh, ammirabile dolcezza della divina bontà, che si compiace di glorificare un'anima in proporzione della sua umiltà!

Una delle sue particolari industrie era quella di non lottare direttamente contro le tentazioni di orgoglio. Quando, durante la preghiera, o mentre compiva qualche opera buona, era assalita da pensieri d'amor proprio, continuava l'atto iniziato, dicendo fra sè: « Purtroppo a tutte le mie miserie s'aggiunge anche la superbia: mi rimane però una consolazione: forse, vedendomi operare il bene, qualche anima si sentirà spinta ad imitarmi e il buon Dio ne sarà glorificato ».

Nel suo ingenuo modo di pensare ella si considerava nella Chiesa di Dio, come uno di quegli spauracchi che si mettono sugli alberi al tempo del raccolto, per allontanare gli uccelli e salvaguardare i frutti.

Ne' suoi scritti Ella ci ha lasciato valide prove della sua dolce, fervente divozione: Dio stesso, che scruta le « reni e cuori » (Ps. VII, 10) si degnò di confermarne la realtà. Un uomo piissimo, animato un giorno da grande fervore, intese queste parole dal Signore: « La consolazione che t'allieta in quest'istante, riempie spesso l'anima di Geltrude nella quale ho posto la mia dimora ».

Il sommo disgusto ch'ella provava dei piaceri effimeri del mondo attesta meravigliosamente la dolcezza e la gioia che ella godeva nel suo Dio, perchè, come afferma S. Gregorio: « Ciò che è carnale non ha nessuna attrattiva per coloro che gustano le cose dello spirito ». E S. Bernardo aggiunge: « Chi ama Dio prova noia in tutto, tranne che nel godimento dell'unico oggetto delle sue brame ».

Un giorno, in cui Geltrude si sentiva come oppressa da tale disgusto riguardo alle gioie umane, esclamò: « Non c'è nulla sulla terra che ormai mi piaccia, se non Tu, o mio dolcissimo Signore! ». E Gesù di rimando: « Anch'io non trovo nè in cielo, nè sulla terra delizia alcuna senza di te, perché, nell'immenso mio amore, ti ho associata a tutte le mie gioie, in tal modo che non goda alcuna dolcezza se non con te: quanto maggiore poi è la mia gioia, tanto più grande è il frutto che tu ne ricavi ». E' lo stesso pensiero di San Bernardo: « L'amore del Re esige la giustizia, ma l'amore dello Sposo vuole la tenerezza e la fedeltà » (Predica LXXXIII, 5 sul Cantico dei cantici).

Geltrude era molto assidua alle veglie e alle ore regolari di preghiera, a meno che ne fosse impedita dalla malattia, o da opere d'apostolato, a vantaggio del prossimo.

Siccome poi il Signore l'inebbriava di sua dolce presenza, Ella bene spesso prolungava i suoi trattenimenti spirituali per ore ed ore, con un ardore che superava le sue forze naturali. Osservava diligentemente le costumanze dell'Ordine che riguardavano la salmodia in coro, i digiuni, il lavoro in comune, e si dispensava con grande dolore da tali osservanze, che formavano la sua delizia. Ben a ragione S. Bernardo dice: « Chi una sola volta ha gustato le dolcezze della carità, si assume con gioia qualsiasi peso e fatica».

Il distacco del suo spirito da tutto il creato era così grande che non poteva sopportare, neppure per un attimo, cosa alcuna che fosse contraria alla rettitudine della sua coscienza. Un amico della nostra Santa chiese un giorno a Gesù, durante la preghiera quale disposizione Gli piacesse di più nell'anima della sua eletta Sposa. E Gesù rispose: « La libertà del cuore ». Ne fu deluso l'interlocutore, sembrandogli quella qualità di valore assai ridotto. « Credevo - aggiunse - che Geltrude fosse giunta ad un'altissima intelligenza dei vostri misteri e che possedesse un amore immenso ». « Ed è proprio così - affermò il Salvatore - perchè tali doni sono il risultata della libertà del cuore. Questa disposizione conduce alla più alta santità. Geltrude ad ogni istante è disposta a ricevere i miei doni, perchè non sopporta nell'anima sua nessuna cosa che possa frapporre ostacolo alla mia azione».

Conseguenza di questa libertà di spirito era la scioltezza e il distacco da ogni bene creato; la fedele sposa di Gesù non voleva cosa nella sua cella che non le fosse indispensabile. Quando riceveva qualche dono, subito chiedeva il permesso di distribuirlo al prossimo, avendo gran cura di favorire i poveri e di preferire i nemici agli amici.

Se doveva fare, o dire qualche cosa, si disimpegnava tosto per tema che la minima preoccupazione potesse turbarla nel divino servizio e menomare la sua assiduità alla contemplazione.

Il Signore stesso degnò rivelare il suo divino compiacimento per tale condotta, a S. Matilde. Le apparve seduta su d'un trono magnifico. Ai piedi di questo trono Geltrude andava in varie direzioni, ma il suo sguardo non si toglieva mai dal Volto di Gesù, attentissima com'era a raccogliere le minime indicazioni del suo sacratissimo Cuore. E. a S. Matilde, ammirata da questo spettacolo, il Salvatore disse: « Ecco qual'è la vita di Geltrude. Ella cammina dinanzi a me, senza perdermi di vista un solo Istante, nell'unica preoccupazione di compiere la volontà del mio Cuore. Appena le è dato conoscerla su di un punto, l'eseguisce all'istante con meravigliosa premura, e spinge lo sguardo più oltre per intuire gli altri miei desideri, e soddisfarli immediatamente. Così l'intera sua vita è consacrata alla mia lode e gloria ». « Ma se è così - obbiettò Matilde - donde viene ch'ella giudica con tanta severità i difetti e le negligenze delle consorelle? ». Il Signore rispose con bontà: « Siccome Geltrude non può sopportare la minima macchia sull'anima propria, così non può tollerare, con indifferenza, i difetti del prossimo ».

L'unica preoccupazione di Geltrude era di piacere a Gesù; riguardo agli abiti ed agli oggetti adibiti a suo uso, ella si accontentava dello stretto necessario, senza mai permettersi alcuna ricerca, o delicatezza. Se preferiva i libri della sua cella, la tavoletta sulla quale scriveva, o i libri che facevano maggior bene alle consorelle era perchè le servivano più di altri a far conoscere e amare Gesù.

Dimenticando affatto se stessa per non vedere che il suo amato Signore riferiva a Lui l'uso delle cose create, rallegrandosi perchè le sembrava, con quell'atto, di presentare un'offerta sull'altare di Dio, di distribuirla in carità. Quindi ella usava con gioia del nutrimento, del riposo, o di qualsiasi altro ristoro, perchè pensava di dare quel sollievo a Gesù, che scorgeva presente nel suo cuore, come pure mirava se stessa presente in Lui, secondo il detto evangelico: « Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis: Quello che avrete fatto al minimo de' miei, l'avrete fatto a me stesso » (Matt. XXV, 40). Con logica stringente ella, considerandosi l'ultima e la più vile delle creature, intendeva accordare a Gesù quello che prendeva ella stessa. Il divin Salvatore si degnò manifestarle quanto quest'intenzione gli fosse cara. Un giorno, afflitta da un forte male di capo, aveva cercato sollievo mettendo in bocca alcune erbe odorose. Il Signore parve inchinarsi con bontà verso la sua Sposa e prendere lui stesso ristoro in quei profumi; dopo d'averne aspirato soavemente la fragranza, si rizzò e, raggiante di soddisfazione per la gloria ricevuta in quell'atto, proclamò davanti all'assemblea de' Santi: « Oggi ho ricevuto dalla mia Sposa un dono stupendo ». Geltrude tuttavia era ancora più felice, quando poteva tributare al prossimo le sue carità; allora brillava in volto la gioia dell'avaro che, invece di una moneta sola, riceve cento marchi.

Con semplicità deliziosa Ella voleva che tutto le venisse come in dono da Gesù; quando doveva scegliere questa, o quella cosa, sia vesti, sia cibo, chiudeva gli occhi e tendeva la mano, ricevendo il primo oggetto che le capitava, persuasa che le fosse presentato dal suo Dio; l'accettava poi con tale gratitudine, come se proprio il Signore glielo avesse offerto personalmente, punto badando se quella cosa fosse più o meno di suo gusto.

Il suo nobile cuore provava tanta gioia in questo caro esercizio, che bene spesso esprimeva il suo rammarico, pensando che i pagani e gli ebrei non avevano la consolazione di entrare in continuo, dolce commercio con Dio.

Geltrude aveva pure in sommo grado la virtù della discrezione: quantunque assai colta nella S. Scrittura, tanto che moltissimi le chiedevano consigli, ritornandosene poi rapiti per la sua rara prudenza, pure, quando si trattava della sua personale direzione, cercava consigli perfino a' suoi inferiori, li ascoltava con umile deferenza e, quasi sempre, abbandonava le proprie idee per seguire quelle degli altri.

Ci sembra ormai superfluo dimostrare come ciascuna virtù particolare brillasse in Geltrude di vivo splendore: l'obbedienza, la mortificazione, la povertà, la prudenza, la fortezza, la temperanza, la misericordia, la carità, fraterna, la costanza, la gratitudine, la gioia del bene altrui, il disprezzo del mondo e molte altre ancora, giacchè abbiamo visto che essa possedeva in alto grado la discrezione, chiamata la madre di tutte le virtù (Regola di S. Benedetto, cap. LXIV).

Aveva pure quell'ammirabile confidenza, base della vita cristiana, a cui Dio nulla rifiuta, tanto più quando si tratta di beni spirituali; anche la nobile umiltà aveva gettato nell'anima sua, come abbiamo visto, profonde radici. Parlando della sua carità verso Dio e verso il prossimo, abbiamo provato che tale virtù, regina delle regine, aveva stabilito in essa il suo trono, irradiando, anche esteriormente, riflessi di misericordiosa bontà. Ometteremo quindi di descrivere dettagliatamente com'ella praticasse tale virtù, quantunque avremmo modo di citare un numero grande di fatti che sorpassano quelli già esposti, e che sono di tale natura da deliziare il devoto lettore. Il fin qui detto però basta per provare che Geltrude fu uno dei cieli nei quali il Re dei re si degnò abitare, come su d'un trono tempestato di stelle.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


lunedì 5 ottobre 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

 


CONFIDENZA ASSOLUTA CHE BRILLO' IN GELTRUDE

Geltrude possedeva in grado eminente, non solo la virtù, ma anche il dono di confidenza. Era così tranquilla e sicura che, nè tribolazioni, nè biasimi, nè ostacoli e neppure le stesse sue colpe potevano menomamente turbarla, o alterare la sua incondizionata fiducia nella divina misericordia. Se talvolta Dio la privava dei favori ai quali era abituata, non si perdeva d'animo: per lei godere, o patire era la stessa cosa; infatti, durante la tribolazione, si animava alla speranza, credendo fermamente che tutto coopera al bene degli eletti, sia che si tratti di vicende esterne, o di operazioni interne; nelle ore più penose, con la sguardo illuminato dalla fede, intravvedeva le consolazioni, di cui l'avversità presente le sembrava sicura caparra, così come un esiliato aspetta, su rive lontane, il messo che deve recargli notizia della patria. La vista delle sue colpe non poteva abbatterla, nè scoraggiarla, perchè, ristorata dalla presenza della grazia, la sua anima, sempre più umile, si rendeva meglio adatta a ricevere i doni di Dio.

Talvolta le capitava di sentirsi fredda come « un carbone spento » (libro III, cap. XVIII): allora si sforzava di cercare con maggior impegno, il suo dolce Signore e, rianimandosi al calore della grazia, si trovava pronta a ricevere ancora i lineamenti della divina somiglianza. Come l'uomo, passando dalle tenebre in piena luce, si trova di colpo investito dal bagliore, così ella, illuminata dalla divina presenza, riceveva non soltanto raggi di splendore, ma anche gli ornamenti adatti alla regina che deve presentarsi al Re « immortale dei secoli » (I Tini., 1, 17) cioè abiti d'oro splendidamente ornati di ricchi ricami; in tal modo si sentiva pronta all'unione divina.

Geltrude aveva preso l'abitudine di prostrarsi spesso davanti a Gesù, per domandargli perdono delle inevitabili fragilità della giornata. Quando però riceveva l'abbondanza delle divine misericordie, interrompeva tale pratica, s'abbandonava al divin beneplacito, considerandosi come una strumento destinato a manifestare le operazioni dell'amore, in essa, ed intorno ad essa, felice di prendersi una specie di rivincita col Dio del suo cuore.

La sua ammirabile confidenza in Gesù le ispirava un modo tutto soprannaturale di considerare la S. Comunione. Nulla di quanto avesse potuto udire, o leggere sul pericolo delle Comunioni mal fatte, le faceva tanta impressione da fargliene omettere anche una sola. Somiglianti libri, o discorsi animavano al contrario la sua confidenza; contando sulla bontà di Gesù Cristo ella andava a comunicarsi senza timore, e si sforzava di spirare anche agli altri tranquilla fiducia.

Se le capitava di dimenticare le preghiere del preparamento non si asteneva dal divino convito: ella pensava che le più lunghe e laboriose preparazioni sono un nulla in confronto alla grandezza del dono di Gesù Cristo. E' un dono gratuito. Tutti gli sforzi dell'uomo sono, al più, una goccia d'acqua paragonata all'oceano. Quantunque però sapesse di non poter in alcun modo prepararsi degnamente, pure, dopo d'aver compiuto un atto di totale fiducia nell'infinita bontà di Dio, Geltrude si sforzava di ricevere il Sacramento con cuore puro e fervente amore.

Ella attribuiva alla confidenza tutte le grazie e i beni spirituali che riceveva dal suo Dio e nè lo ringraziava, persuasa che tali doni erano affatto gratuiti, senza alcun merito da parte sua.

La confidenza che aveva in Gesù le faceva desiderare la morte, desiderio però così uniformato al divin beneplacito che le era indifferente vivere, o morire: morendo sperava la beatitudine, vivendo sperava l'aumento della divina gloria.

Salendo un giorno un ripido pendio, Geltrude fece una caduta pericolosa. Nel rialzarsi disse con allegrezza: « Qual felicità, mio amabilissimo Gesù, se questa caduta mi avesse condotto subitamente a Te! », E siccome le consorelle sorprese, le chiesero se non temeva di morire senza ricevere i Sacramenti di S. Chiesa, ella rispose: « Desidero con tutto il cuore di ricevere gli ultimi Sacramenti prima di morire, ma ad essi preferisco la provvidenza e la volontà del mio Maestro: muoia poi improvvisamente, o a rilento, ho fiducia che la sua misericordia non mi mancherà giammai; senza poi tale misericordia nessuno potrà salvarsi, qualsiasi il genere di morte abbia a colpirlo».

Gli eventi più disparati la trovavano ognora nella gioia, perchè la sua mente era sempre fissa in Dio, con una costanza piena di vigore: a lei ben si addicono quelle parole: « Qui conftdit in Deo, fortts est ut leo: Chi confida in Dio, è forte quale leone» (Prov. XXVIII, 1).

Nostro Signore stesso si degnò di esaltare la confidenza della sua eletta Sposa. Una persona, dopo d'avere tanto pregato, si stupiva di non essere esaudita, nè di ricevere risposta. Le disse infine Gesù: « Ho tardato a risponderti perché non hai fiducia nella mia bontà e non credi che potrebbe operare in te cose grandi. Geltrude invece è così fortemente radicata nella confidenza, così abbandonata alla mia bontà, da obbligarmi a nulla rifiutare a' suoi desideri ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE