venerdì 21 febbraio 2025

UNIONE SEMPRE PIU' INTIMA DELL'ANIMA DI GELTRUDE CON DIO

 


L'ARALDO DEL DIVINO AMORE


La domenica seguente in cui si dice l'Introito « Esto mihi », durante la S. Messa, Tu, o mio Dio, eccitasti e dilatasti i desideri dell'anima mia, perchè aspirasse ai doni più sublimi di cui volevi ricolmarla. Due parole soprattutto mi colpirono, cioè il verso del Responsorio « Benedicens benedicam » ecc. e il versetto del 1° Responsorio « Tibi enim et semini tuo dabo has regiones. Darò questa terra a te e alla tua discendenza ».

Posando allora la mano sul tuo sacro petto, mi hai mostrato ove si trovano le regioni promesse dalla tua infinita liberalità, O terra felicissima, che colmi di beatitudine coloro che ti abitano! O campo di delizie, di cui il più minuto granello può soddisfare abbondantemente il desiderio di tutti gli eletti, e procurare al cuore umano quanto può allettarlo e giocondarlo!

Ora, mentre consideravo queste cose, se non come dovevo, almeno come potevo, ecco apparirmi « la bontà e l'Umanità di Dio Signor nostro, e questo, non a titolo di giustizia, bensì per l'ineffabile sua misericordia che mi giustificava con una rigenerazione adottiva » (Tit. III, 4) preparandomi ad un'unione più intima col mio Dio, unione meravigliosa e formidabile, degna di celeste ammirazione!

In virtù di quali meriti da parte mia e per qual misterioso tuo giudizio, ottenni dono sì inestimabile? Certo l'amore che dimentica la dignità del Sangue, e che si mostra ricco in accondiscendenza; l'amore, dico che si precipita senza riflettere, nè ragionare, ti ha, se oso così parlare, inebriato sino alla follia, o dolcissimo Signore, affinchè tu potessi unire termini così dissimili. Oppure, per usare un linguaggio meno indegno della tua Maestà, quella, soave bontà che ti è innata e che fa parte della tua essenza, è stata scossa e tocca nell'intimo dalle dolcezze della tua carità che operò la salvezza dell'umano genere, in virtù della quale, non solo Tu ami, ma sei lo stesso Amore.

E' dunque questa carità che ti persuase di ritrarre dalla sua estrema indigenza una miserabile creatura, spregevole per vita e per costumi, affine di esaltarla, elevandola alla partecipazione della tua regale, divina grandezza? Certo che Tu volevi, con questo atto, aumentare la confidenza di tutti i membri della Chiesa, ed è appunto quello che io sospiro, cioè che nessun cristiano m'imiti nel cattivo uso che ho fatto de' tuoi doni e nel recare scandalo al prossimo.

Siccome poi le cose invisibili ci sono, in qualche modo, rese manifeste dalle visibili, come dissi più sopra, così compresi che quella parte del sacratissimo petto del Signore che, nel giorno della Purificazione, aveva ricevuto l'anima mia sotto forma di cera dolcemente rammollita al fuoco, lasciava sfuggire delle gocce di sudore, come se la sostanza di quella cera si fosse interamente liquefatta, per l'eccessivo calore che ferveva dentro quel divino sacrario. Quel Cuore poi assorbiva tali gocce di sudore, con virtù ineffabile ed incomprensibile, mostrando evidentemente che l'amore, di sua natura diffusivo, aveva racchiuso la sua forza vittoriosa in quelle divine profondità.

O eterno solstizio, dimora sicura, domicilio di delizie, paradiso di eterne gioie, sorgente di voluttà inesprimibili, Tu attiri, coi fiori variopinti di un'amena primavera, Tu diletti con note soavissime, o meglio, col dolce concerto di un'armonia tutta spirituale, Tu ristori col soffio profumato di aromi vitali, Tu inebri con l'estasiante dolcezza di mistici sapori, Tu trasformi con le carezze meravigliose de' tuoi santi amplessi! O, cento volte felice, cento volte beato, anzi, se posso dirlo, mille volte santo, colui che, sotto la guida della grazia, merita d'avvicinarsi a quel luogo benedetto con cuor puro, mani innocenti e labbra immacolate! Come potrò dire quello che colà vede, che ascolta, che respira, che gusta e che sente? Come può la mia lingua impacciata sforzarsi di balbettarne qualche accento? Per bontà di Dio fui ammessa; a godere di questi favori, ma avviluppata dalla scorza de' miei difetti e delle mie negligenze, non potevo percepirli che imperfettamente, perchè la scienza riunite degli Angeli e degli uomini non sarebbe sufficiente a dire neppure una parola atta ad esprimere, anche in minima parte, la sopraeminente grandezza di un'unione così sublime.


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