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lunedì 6 novembre 2023

VI PRESENTO L'AMORE

 


FRATELLANZA CON TUTTI I POPOLI CON TUTTE LE  RAZZE E CON TUTTI I COLORI DELLA PELLE


Ogni forma di odio contro ogni persona sta alla base di una deficiente religione. Odiare un compagno di umanità è un impedimento all'amicizia con Dio, perché  l'amore di Dio e l'amore del prossimo sono inseparabili. Ecco le parole di Cristo  esposte in forma di una parabola sbozzata, relativa all'uso ebraico di offrire al tempio  di Gerusalemme una colomba, un agnello, una primizia ecc. : « Se tu stai per offrire  un dono all'altare di Dio e ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro  di te, lascia là la tua offerta davanti all'altare e va' prima a ottenere la riconciliazione  col tuo fratello. Ritornando poi offri il tuo dono » (S. Matteo, 5, 23-24). Bisogna  notare che l'offerente non ha odio contro il fratello; ma il fratello ha odio contro di  lui, per cui è più facile che l'offeso faccia il primo passo, affinché l'offensore faccia il  secondo. Il Redentore nel suo insegnamento ha cancellato ogni differenza di razza, di  sangue e di colore. Quando sua madre o i suoi parenti da Nazaret andarono per  cercarlo a Cafarnao nella casa di Pietro e gli fu annunziato che stavano fuori ad  aspettarlo, disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei parenti. Chiunque, infatti, farà la  volontà del Padre mio che è in cielo, è mio fratello, mia sorella e mia madre» (S.  Matteo, 12, 49-50). Dopo queste parole, le relazioni fra gli uomini debbono essere  fondate sulla volontà di Dio che è padre di tutti e ama tutti.

Noi, infatti, non potremo mai considerare gli uomini come nostri fratelli, finché  non riconosciamo Dio come nostro padre. Il senso umano sta morendo, perché ha  staccato il proprio sentimento d'umanità dalle sue radici, che sono in Dio.

Il vero Cristiano vede l'incarnazione del Redentore prolungata in ogni bisogno  umano, secondo le parole già citate : « Io ero ammalato, ero in carcere ecc. e mi  avete aiutato ». Considerate ogni essere umano, chiunque esso sia, comunista,  maomettano, negro, buddista, giapponese, ecc. come una persona per la quale Cristo  è morto, anche se quella persona non lo sa.

Un giorno i nemici del Redentore andarono a lui e gli chiesero: «Maestro, noi  sappiamo che tu parli e insegni rettamente; non guardi in faccia a persona ma insegni  la dottrina di Dio in tutta verità»; (S. Luca, 20, 21). Da queste parole risulta che  anche i suoi nemici riconoscevano il fondamentale principio del suo insegnamento:  ogni persona nel mondo ha un valore sovrano. Carlo Marx diceva che ogni individuo  non ha valore finché non appartiene alla classe rivoluzionaria. Il Redentore, invece disse che ogni uomo ha valore, indipendentemente dalla classe cui appartiene, perché  insegnò una preghiera, che, di proposito non contiene nessun dogma e che quindi può  essere ripetuta da chiunque ammetta Dio creatore e se stesso creatura: «Voi dunque  pregherete così: «Padre nostro che sei nei cieli» (S. Matteo, 6, Sì)

Il suo grande apostolo Paolo, nell'Areopago di Atene, sacro a Marte, dio della  guerra, disse ai Greci che si credevano superiori agli altri popoli: «Dio ha creato il  mondo e tutte le cose che sono in esso... Da un uomo solo ha fatto tutti gli uomini,  affinché abitassero sulla faccia della terra, secondo i tempi e secondo ì luoghi ». (Atti  apostolici, 17, 24-26).

Anche da un. punto di vista scientifico, è provato che i quattro tipi di sangue,  quando sono mescolati, non generano uomini differenti sostanzialmente gli uni dagli  altri.

Cinque criteri per l'unificazione degli uomini secondo il Cristianesimo.

Abolizione di ogni distinzione razziale, secondo la forte parola di S. Paolo : « non  c'è più né pagano né abreo».

Abolita ogni distinzione fisiologica: secondo lo stesso Apostolo: «Non ci sono più  i circoncisi e gli incirconcisi».

Abolita ogni distinzione culturale: « né uomo barbaro, né uomo scita (poco colto)».

Abolita ogni distinzione sociale: «Né schiavo nè libero ».

Affermata una sola unificazione: «Cristo è tutto in tutti». (Ai Colossesi, 3, 11).

I casi della vita, come posizione politica, ricchezza, fortuna, ecc., per i veri  Cristiani non sono occasioni per insuperbirsi; ma sono opportunità per servire. Così  scrive S. Paolo, dapprima superbo ebreo : « quando Dio volle rivelare in me il suo  Figlio, affinchè io lo predicassi tra i pagani, senza frapporre indugio, accettai la  missione senza tener conto della mia razza, basata sulla carne e sul sangue». (Ai  Galati, 1, 16).

Il primo « chèque » della storia.

Quando uno schiavo, Onesimo, che era fuggito dal padrone Filemone dopo aver  commesso un furto, finì in prigione a Roma e incontrò S. Paolo da cui fu convertito,  il grande Apostolo lo rimandò al padrone con questo capolavoro di lettera: «O  fratello, ti prego per un mio figliolo che generai alla fede, mentre sono in catene.  Questi è Onesimo, il quale fu di danno a te ma ora è diventato un aiuto preziosissimo  per te e per me. Te lo rimando, dunque, come se ti rimandassi il mio cuore e tu  ricevilo, come se ricevessi il mio cuore... Egli si allontanò da te per un breve tempo,  affinché tu lo riacquistassi per l'eternità e non già come si riacquista uno schiavo, ma  come si riabbraccia un fratello che è carissimo a me e tanto più deve essere caro a te,  nella carne e nel Signore. Pertanto, se tu mi consideri come unito a te nella Fede,  accogli Onesimo come accoglieresti me stesso. Se poi egli ti offese o è debitore  verso di te in qualche cosa, metti tutto a mio conto. (A questo punto S. Paolo prese lo  stilo dall'amanuense e, con un fine sorriso, scrisse) : io, Paolo, scrissi di mio pugno: pagherò. (Poi ridando lo stilo continuò a dettare) : ma che pagherò! Dovrei dirti  invece che tu sei debitore a me e non debitore di danaro, ma di te stesso, (come  cristiano da me convertito). 0 fratello, fa' in modo che da te io colga questo  soavissimo frutto del Signore: consola le mie viscere in Cristo(Onesimo) (A  Filemone, 10-20).

Ecco perché quel grande anticristiano che fu Federico Nietzke, osò scrivere  queste parole blasfeme : « Il Cristianesimo ha condotto una guerra mortale contro la  distanza tra uomo e uomo. Di qui tutte le rivoluzioni contro i privilegi delle classi. Il  Cristianesimo è la rivolta di tutti coloro che vogliono mantenere la divisione fra  uomo e uomo ». Queste parole sono blasfeme, perché l'uguaglianza fra uomo e  uomo i veri cristiani non la vogliono ottenere con la rivoluzione armata, ma con la  carità operante in nome dell'amore.

La ragione fondamentale che dimostra falso il comunismo sta nel suo insistere sui  privilegi delle classi, come il razzismo insiste sui privilegi della razza e il fascismo  insiste sui privilegi della nazione. Ecco perché questi movimenti sono tutti  anticristiani. Pensate quale rivoluzione opererebbe il cristianesimo se riuscisse a  convincere i sessanta milioni di intoccabili nell'India a considerarsi figli di Dio ed  eredi del Paradiso.

FULTON J. SHEEN


domenica 16 aprile 2023

VI PRESENTO L'AMORE - I NON CATTOLICI AMANO I CATTOLICI?

 


I NON CATTOLICI AMANO I CATTOLICI?

Giudicate la Chiesa Cattolica non da coloro che vivono debolmente il suo spirito;  ma dall'esempio di coloro che lo vivono al massimo grado. Ogni arte è conosciuta  meglio delle sue più alte espressioni che non dalle forme dozzinali.

Ecco la giusta definizione di un buon Cattolico: « Colui che prende sul serio la  salvezza della propria anima».

Il Cattolico crede che la religione non è soltanto individuale ma anche sociale,  perché la fede è ricevuta dalla comunità della Chiesa, per cui non è l'opinione dei  singoli elementi che fa la Chiesa ma è la Chiesa che genera, sostiene e nutre i singoli  credenti.

Il cattolico crede che la vita comune religiosa non è un cameratismo umano; ma è  la convivenza di persone consacrate.

Tale convivenza può essere verticale e orizzontale. Verticale perché Dio ne è l'Autore; orizzontale perché abbraccia tutti gli uomini che sono partecipi della vita  divina.

In altre parole: la fratellanza fra gli uomini è impossibile senza una fratellanza con  Dio. Gli uomini non possono essere fratelli, se non hanno Dio come Padre comune.

Il cattolico crede che ciò che il mondo chiama carità, o materiale gentilezza col  prossimo, non diventa realmente carità, se il proprio donarsi ai fratelli non è basato  sul proprio donarsi a Dio.

Per questa ragione, la carità è il prodotto diretto della sua grazia.

Parole forti di S. Paolo: «sia che mangiate, sia che beviate o facciate altre cose,  fate tutto a gloria di Dio». (Ia Ai Corinti, 10, 31). Voi conoscete la grazia di Gesù  Cristo Signore nostro, il quale, essendo ricco, si fece povero per vostro amore,  affinché attraverso la sua povertà voi possiate diventare ricchi» (IIa Ai Corinti, 8, 9). Il Cattolico sa che la Chiesa non è una istituzione, ma una vita. Essa non fu fatta  dall'esterno; ma dall'interno. Cristo Signore non fondò la Chiesa chiamando uomini a  formare un organismo sociale, ma la fondò mandando il suo spirito e facendo di tutti  i membri una cosa sola, perché una sola è l'anima, cioè lo Spirito Santo.

Il Cattolico sa che, poiché la sua Chiesa fu fatta da Cristo, non può essere disfatta  dagli uomini. Sa inoltre che la Chiesa non segue le particolari mode, perché essa è  fatta per tutte le età. Il Cattolico sa che, se la Chiesa sposa la moda di una data età in  cui essa vive, diventa vedova per l'età che segue. Il segno della vera Chiesa è proprio  questo: non legarsi alle mode passeggere del mondo.

L'adulto che si accosta alla Religione Cattolica non comincia, con la fede, ma con  la ragione e la storia. Ciò che per gli affari è il credito, per un Cattolico è la fede.  Come ci sono ragioni per aumentare il credito, così ci sono ragioni per aumentare la  fede. Ecco perché S. Pietro dice : « Onorate il Signore Gesù nei vostri cuori,  rendendovi capaci di rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in  voi» (Ia Lettera, 3, 15).

Un Cattolico può peccare sfrontatamente come ogni altro uomo; ma non esiste un  Cattolico genuino che dica di non essere un peccatore. A differenza dei superuomini  o dei psicanalisti, un Cattolico non cerca di essere scusato o sublimato; ma sente il  bisogno di essere perdonato.

Un Cattolico crede che il Redentore è presente nell'Eucarestia in ogni chiesa  Cattolica. Ecco perché si scopre quando passa davanti a una Chiesa. Ecco anche  perché, entrando in Chiesa piega il ginocchio e si inginocchia nei banchi.  L'adorazione così viene espressa da questo abbassarsi e inginocchiarsi.

Un Cattolico crede che l'unico vero progresso nel mondo consiste nel diminuire le  tracce del peccato originale.

Un Cattolico crede che contrarre nuove nozze dopo il divorzio e praticare il  controllo fisico delle nascite è un male, non semplicemente perché la Chiesa ha così  decretato, ma perché queste cose sono opposte alla legge naturale di Dio e alla legge  soprannaturale di Cristo.

I Cattolici fabbricano le proprie scuole, pure contribuendo a mantenere le scuole  non religiose, perché essi vogliono che i figli siano educati nell'amore di Cristo e  nella sua legge morale.

Così facendo i figli salvano le proprie anime e diventano degni cittadini della loro patria.

Da ultimo, i Cattolici sanno che i peccati non possono essere perdonati dagli uomini;  ma credono che Iddio li perdona attraverso i sacerdoti che ne ricevettero il potere,  risalendo fino agli apostoli. A costoro Cristo comunicò tale potere con queste parole,  intorno a cui invano si agitano gli assalti del mondo e della critica: «Saranno  perdonati i peccati a quelli a cui voi perdonerete, e saranno ritenuti i peccati a quelli a  cui voi non perdonerete » (S. Giovanni, 20, 23).

FULTON J. SHEEN

sabato 5 novembre 2022

VI PRESENTO L'AMORE

 


I CATTOLICI AMANO I PROTESTANTI?

Il protestantesimo cominciò quattro secoli or sono, quando era necessaria la riforma.  Non una riforma della fede ma una riforma della morale che la Chiesa affermò e  iniziò con il Concilio di Trento. I Cattolici fanno bene a ricordare le parole dette dal  cardinale Pole, arcivescovo di Canterbury, quello stesso che abbandonò l'Inghilterra  per sfuggire la persecuzione di Enrico Vili: «Possiamo desiderare di escludere d'aver  dato origine a queste eresie che pullulano da ogni parte, adducendo che noi non ne  abbiamo pronunciata alcuna.

« Tuttavia se noi non abbiamo bonificato i nostri campi come dovevamo, se non li  abbiamo seminati, se non ci siamo sforzati di sradicare le male erbe, abbiamo parte  nelle cause del loro nascere e del loro crescere... Poiché il sale ha perduto il suo  sapore, noi soffriamo giustamente, anche se non soffriamo per la giustizia ».

L'atteggiamento migliore che può prendere un Cattolico nei confronti di un  protestante è questo: vivere intensamente la vita spirituale della Chiesa, affinché i  non Cattolici, vedendo Cristo riflesso nei Cattolici, desiderino conoscere donde venga la loro felicità.

A un affamato non si dice: « Stà attento contro il veleno ». Bisogna dargli il  nutrimento, lasciando che le leggi di natura facciano il resto. Nel campo religioso è  metodo sbagliato fissarsi soltanto sugli errori. E' molto meglio parlare della ricchezza  che sta nel vivere con Cristo, lasciando che la grazia di Dio faccia il resto.

Non dobbiamo essere più Cattolici della Chiesa, la quale ufficialmente insegna : «  L'ignoranza dei protestanti quando è moralmente invincibile fa sì che non devono  essere chiamati eretici o colpevoli agli occhi di Dio. L'unico giudice dei segreti del  cuore è Dio ».

Ecco perché la Chiesa Cattolica ufficialmente chiama i protestanti con una bella  espressione che dovrebbe diventare universale: 1 nostri separati fratelli.

Un cattivo Cattolico che non dia gloria a Dio e Io offenda, corre verso l'eterna  dannazione. Un non Cattolico che dia gloria a Dio, e segua i dettami della coscienza,  va verso la salvezza. Opera malamente quel Cattolico che imita il fratello maggiore  della parabola del figliol prodigo. Dio è più ansioso di noi nel desiderare che tutte le  sue pecore facciano un solo ovile.

I Cattolici debbono essere intolleranti riguardo alle verità della Fede, perché esse  appartengono a Dio; ma devono essere molto tolleranti con coloro che non  partecipano a tali verità. Dio solo è giudice delle coscienze. Questa affermazione fu  fatta da Pio IX nel 1863.

Nessun cattolico può rallegrarsi, vedendo aumentarsi l'indifferenza religiosa,  perché non è permesso desiderare l'impoverimento altrui, quasi che tale  impoverimento arricchisca noi. Se un uomo ha fame, possiamo mai desiderare che  egli muoia di fame? Ogni abbassamento nella Fede della dottrina di Cristo fra i  nostri separati fratelli è sempre un aumento di perdita per la Chiesa e per il mondo.  Se noi Cattolici credessimo a tutte le calunnie e menzogne, che sono dette della Chiesa, la dovremmo odiare dieci volte più che non gli avversari. I nemici della  Chiesa, infatti, spesso non odiano la Chiesa, ma odiano ciò che essi erroneamente  credono essere la Chiesa.

I Cattolici spesso commettono questo grave errore: credere di aver ragione perché  la sanno più lunga in fatto di fede. No! Se i Cattolici godono la pienezza della fede, è  un dono di Dio. Dall'altro lato, i Cattolici possono erroneamente credere che gli altri  siano fuori di strada per loro colpa. No! Molti di essi vivono secondo i dettami della  coscienza.

Davanti a Dio non c'è religione che non contenga qualche verità. Invece di puntare  sugli errori, i Cattolici dovrebbero puntare su quel piccolo segmento di verità, per  completare il cerchio, facendo conoscere la pienezza della verità e dell'amore di  Cristo. L'umorista Chesterton disse una volta: nessun protestante potrebbe tirarmi  fuori dalla Chiesa Cattolica; mentre questo lo potrebbe fare un cattivo Cattolico che  dia scandalo.

I Cattolici non devono compromettere anche una sola verità della propria Chiesa,  appunto perché la verità è di Dio e non nostra. Devono essere intolleranti riguardo  alle verità cristiane come sono intolleranti riguardo al due più due fa quattro; ma  devono essere comprensivi, gentili e caritatevoli con le persone che non accettano la  stessa fede oppure vi si oppongono. Il fondamento della tolleranza cattolica non è  indifferenza verso la verità; ma è Fede, Speranza, Carità.

Noi siamo venuti al mondo non per condannare, ma per condurre tutti a Cristo  mediante l'amore. Nessun ostinato protestante può essere considerato incapace di  conversione. S. Paolo era ostinato Ebreo, eppure si convertì. Nessun peccatore può  essere considerato indegno di unirsi al Redentore. La Maddalena era peccatrice e  diventò santa.

La conclusione sta nelle parole del Maestro: « A questo segno gli uomini  conosceranno che voi siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro ». (S. Giovanni,  13, 35).

FULTON J. SHEEN


martedì 23 agosto 2022

VI PRESENTO L'AMORE

 


GLI EBREI AMANO I CRISTIANI?

«Io ho venduto il Signore, io l'ho tradito; io l'ho crocifisso ».

Come gli Inglesi non odiano gli Americani per aver essi proclamato la propria  indipendenza, i cristiani non odiano gli Ebrei per aver fatto crocifiggere quel Cristo  da cui venne la nostra libertà spirituale...

Ogni Ebreo sa che quando un cristiano odia, non è più cristiano.

Ogni Cristiano sa che oggi tutte le religioni sono perseguitate, nessuna razza o  nessuna fede ha il monopolio della persecuzione, per cui ogni persecuzione, prima di  essere antisemita o anticristiana, è antiumana.

La grande barriera contro le relazioni fraterne fra uomini viene dall'attribuire a tutti  gli Ebrei il male commesso da qualche Ebreo e di attribuire a tutti i Cristiani il male  commesso da qualche Cristiano.

Gli Ebrei sanno che i Cristiani onorano Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Davide  ecc. I Dodici Apostoli non erano forse Ebrei e non era forse Ebreo il primo Papa?  Non è forse vero che la Chiesa Cristiana fa uso dell'Antico Testamento come faceva  la Sinagoga? Gli studiosi Cristiani non hanno forse difeso l'autenticità dell'Antico  Testamento?

Udite il filosofo Giacomo Maritain: «L'odio contro gli Ebrei e l'odio contro i Cristiani  nasce da una comune sorgente: dalla repugnanza che ha il mondo verso il potere  economico degli Ebrei e verso la Croce del Cristo ».

Tanto i Cristiani quanto gli Ebrei cominciano a odiarsi, quando considerano le cause  esterne della propria miseria, quando cioè gli Ebrei e i Cristiani si palleggiano la  responsabilità della crocifissione. Ma quando gli Ebrei e i Cristiani considerano le  cause interne delle loro miserie, cominciano ad amarsi pensando ai propri peccati  commessi contro la legge morale di Dio.

Non c'è Ebreo nel mondo che ami Dio e odi i Cristiani, come non c'è Cristiano nel  mondo che ami Dio fatto uomo e odi gli Ebrei.

L'anticristianesimo e l'antisemitismo sono due manifestazioni del fallimento in fatto  di religione.

Noi desideriamo assistere a un corteo duplice: degli Ebrei che protestano contro la  persecuzione dei Cristiani e dei Cristiani che protestano contro la persecuzione degli  Ebrei.

Nel Cristianesimo, gli Ebrei hanno una grande parte, rappresentata dalla legge  ricevuta da Dio e trasmessa alla Chiesa. I dieci comandamenti sono il più grande  vincolo di unione fra Ebrei e Cristiani.

FULTON J. SHEEN


giovedì 3 febbraio 2022

VI PRESENTO L'AMORE

 


AMARE ANCHE GLI EBREI?


L'albero e l'innesto.

La fede cristiana si può paragonare a un innesto che cresce sull'albero della religione  ebraica. I cristiani quindi non possono odiare quel popolo, dalla cui radice venne la  salvezza del mondo, S. Paolo, nella lettera ai Romani, così parla degli Ebrei che la  comunità romana era tentata di accusare per aver rifiutato il Cristo : « Se le primizie  cristiane sono sante, santa è pure la pianta; e se santa è la radice, santi sono anche i  rami. Se poi alcuni rami sono stati stroncati e tu, che prima eri ulivo selvatico  (pagano) sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della  linfa, non voler vantarti contro quei rami. Se ti vien voglia quindi di vantarti, ricorda  che non tu porti la radice ma la radice porta te. Tu però dirai: — quei rami furono  stroncati, affinché io fossi innestato. E' vero, rispondo; ma ricorda che essi sono stati  stroncati, perché non vogliono credere e allora bada anche tu a star saldo nella fede.  Non levarti, dunque, in superbia, ma sta' vigilante, perché se Dio non perdonò ai rami  naturali, tanto meno perdonerà a te ». (11, 16-21).

Per un cattolico essere antisemita è essere anticattolico. Pio XI, commentando le  parole che si trovano nel Canone della Messa II sacrificio del nostro patriarca  Abramo, dice: «notate che Abramo è chiamato nostro antenato, per cui  l'antisemitismo è incompatibile con quella sublime realtà che è espressa in questo  passo. L'antisemitismo non può trovare accoglienza tra i cristiani. Noi tutti siamo  spiritualmente semiti».

Fra le molte menzogne sparse contro gli Ebrei, grande parte nella campagna contro i  semiti ebbe il libro inventato e falsificato : I protocolli degli anziani dì Sion. In quel  libello, perfidamente inventato dal russo Sergio Nilio, a sua volta copiato dal libro del  Francese Maurizio Joli: Dialoghi in inferno, pubblicato nel 1865, Napoleone è  presentato come il primo che pensò a dominare il mondo, per ispirazione degli Ebrei. Che cosa sarebbe stata la religione cristiana, senza quel Gesù che venne dal mondo  Ebraico?

Che sarebbe stata la Chiesa, senza quei dodici Ebrei che furono gli apostoli del  Messia?

Cosa sarebbe il Cristianesimo senza il sottosuolo di Abramo, di Isacco, di Mosè e di  Giovanni Battista e di tutti quei profeti che annunziarono il Messia?

Cristo Signore stesso disse: «Non pensate che io sia venuto per abolire la legge e i  profeti. Non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento. Vi dico in verità che, finché dura il cielo e la terra, non una vocale e non un segno ortografico passerà,  senza avere il suo pieno svolgimento » (S. Matteo, 5, 17-18).

L'apostolo Filippo disse a Natanaele: «Abbiamo trovato colui di cui parla Mosè nella  legge e di cui scrissero i profeti: Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazareth ». (S. Giovanni,  1, 45).

La promessa del Salvatore fu fatta agli Ebrei e non ai pagani.

— Ma gli Ebrei sono odiati da tutti — potrebbero dire taluni cristiani.

— Ma i veri cristiani, se sono tali, devono essere anch'essi odiati dal mondo,  secondo la parola dei Maestro: «Vi ho tolti fuori del mondo e per questo il mondo vi  odia» (S. Giovanni, 15,19).

— Ma gli Ebrei sono nostri nemici.

— Supposto che siano tali, un cristiano deve amarli, secondo la parola del Maestro:  «Amate i vostri nemici. Fate del bene a quelli che vi odiano. Pregate per coloro che vi  perseguitano e vi calunniano. Così facendo potete essere figli del Padre vostro che è  nei cieli, il quale fa sorgere il sole sopra i buoni e i cattivi, manda la pioggia sopra i  giusti e gli ingiusti. » (S. Matteo, 5, 44-45).

Durante l'ultima guerra, nessun popolo sofferse quanto soffrirono gli Ebrei. Di dodici  milioni che erano, sei milioni furono uccisi barbaramente con le forme più crudeli.  Qual cristiano potrà disprezzare coloro che, attraverso tanti tormenti si sono fatti  simili al divino Maestro, assai più e assai meglio che mediante il loro criticismo,  spesse volte violento?

Il Redentore nella parabola del buon Samaritano, presenta questo caritatevole  viaggiatore che ama efficacemente colui che sapeva essere suo nemico. Io non posso  quindi odiare colui che Cristo Signore mi ha comandato di amare.

Come i Cristiani possono sperare che gli Ebrei accettino la loro religione, se essi non  agiscono come cristiani? Odiare gli Ebrei è fare il massimo male al Cristianesimo,  appunto perché, ogni odio è anticristiano.

Se i cristiani amano la Terra Santa che fu santificata dai piedi del Salvatore, devono  anche amare quel popolo da cui venne il Salvatore stesso. Il 25 settembre 1928, il  dicastero romano chiamato Santo Ufficio affermò: «La Chiesa Cattolica prega  abitualmente per il popolo ebreo che conservò la legge divina fino a Cristo... La sede  apostolica, ispirata a questo amore, ha sempre protetto gli Ebrei contro l'ingiusta  oppressione e quindi essa disapprova in modo speciale tutto ciò che si raccoglie  intorno al cosiddetto antisemitismo ».

Il Divino Maestro non ha escluso gli Ebrei quando annunciò quella regola che poi  prese il nome di regola d'oro: «Tutto quello che voi volete che gli altri facciano a voi,  voi fatelo a loro. Qui si compendia tutta la legge e tutti i profeti ». (San Matteo, 7,  12).

Il tentativo di distruggere il cristianesimo non è venuto dagli Ebrei. Coloro che più si  sono lanciati contro la divinità del Cristo, mediante il ridicolo e la calunnia, fino al  punto di negarne l'esistenza, non furono Ebrei: Voltaire, Rousseau, Hume, Kant,  Hegel, Schlaiermacher, Schopenhauer, Feurbach, Strauss, Neitzche, Buchner, Haekel,  Drews, e i mille di minor importanza. L'antisemitismo, quindi è anticristiano. La  Germania che eliminò tanti milioni di Ebrei non si è fatta con questo più cristiana. Vengono a questo proposito le parole che il grande Shakespeare mette in bocca all'Ebreo Shylock, mercante di Venezia, perseguitato dai Cristiani: «Sì: io sono un  giudeo. Un giudeo non ha forse gli occhi? Un giudeo non ha le mani, gli organi vitali,  la corporatura, i sensi, gli affetti, le passioni, non è egli nutrito dallo stesso cibo,  ferito dalle stesse spade; soggetto alle stesse malattie, guarito dalle stesse medicine,  scaldato dalla stessa estate e colpito dal freddo dello stesso inverno, come ogni  cristiano? ».

FULTON J. SHEEN

venerdì 12 novembre 2021

VI PRESENTO L'AMORE

 


COME S. PAOLO CANTA L'AMORE


Tre generi di amore.

Quell'amore istintivo che l'uomo possiede in comune con gli animali, e che con  parola moderna si chiama « sesso », consiste nell'amare non una persona, ma il  piacere che essa procura.

Il secondo genere di amore nasce dall'apprezzare la bellezza e la bontà di una  creatura umana. In certo modo questo amore è orizzontale, perché si muove sullo  stesso piano.

Questo amore, che si volge alla bontà su un piano più alto, è piuttosto astratto che  concreto. Così il filantropo ama l'umanità, il comunista ama la propria classe, il  razzista ama la propria razza, il rivoluzionario la propria causa, il soldato il proprio  paese.

In tutti questi casi abbiamo un amore per il bene in astratto, senza esplicito  riferimento alla sorgente del bene stesso.

Il terzo amore non si limita nè al disinteresse e neppure alla forma alta dell'umana  bontà; ma trae la sua ispirazione dal divino amore, il quale a sua volta, trova la più  alta espressione nel Cristo, morto per i peccatori. La sua morte, infatti non fu soltanto una rivelazione  superlativa dell'amore umano; ma una manifestazione infinita dell'amore divino,  come dice S. Paolo: «Dio non risparmiò neppure il Suo Figlio» (Ai Rom., 8, 32). Non tutti comprendono questa terza forma di amore, perché, trovandosi chiusi nel  cerchio del proprio limitato egoismo, non vedono al di là del proprio interesse. Noi  amiamo quelli che ci amano e facciamo del bene a quelli che ci fanno del bene; ma  non riusciamo a comprendere come mai Dio sia generoso anche verso gli ingrati e verso i malvagi. (S. Luca, 6, 35). Mettendo insieme le prime due forme di amore,  possiamo parlare di una doppia ispirazione per quello che si chiama cameratismo. 

L'amore basato sopra le mutue affinità o interessi, da cui vengono società, unioni e  altre organizzazioni, è amore naturale. L'amore soprannaturale o divino supera le  caratteristiche delle persone o delle classi. Noi dobbiamo amare i nostri compagni  non perché sono nobili ma perché Dio li ama.


Fraternità.

Il mettere insieme il benessere economico non produce la fraternità; ma invece la  fraternità produce i vantaggi economici. I primi cristiani non formavano una cosa  sola, perché avevano messo in comune i loro beni; ma avevano messo in comune i  loro beni perché erano cristiani.

Un giovane ricco andò dal Redentore a domandargli: «Che debbo fare?» Un  socialista invece domanda: «Che cosa deve fare la società?» E' l'uomo che fa la  società e non la società che fa l'uomo. Ecco perché tutti gli schemi economici, dal  comunismo di Marx alle recenti forme di socialismo democratico, non uniranno mai  gli uomini, fino a che non abbiano imparato a bruciare il proprio egoismo.

Il mondo ideale non verrà da una linea ascendente di progresso; ma dal risorgere  dalla tomba di migliaia e migliaia di egoismi messi in croce. La ragione per cui il  Cristianesimo vive e le teorie socialiste vanno morendo è questa: il socialismo non  ha mezzi per liberarsi dall'egoismo; mentre il Cristo disse: «Prendete quello che  avete e datelo ai poveri» (S. Luca, 18, 22).

Gli unici posti nei quali il comunismo vive e opera sono i conventi religiosi. Essi  hanno per base il possedere le cose in comune, in modo che nessuno manchi del  necessario. Il comunismo non è operante nel mondo; ma è operante nei conventi.  Tutto quello che possono fare le rivoluzioni economiche e politiche è questo: far  passare il bottino di guerra dalla tasca di un partito alla tasca di un altro. Ecco perché  nessuna rivoluzione è veramente rivoluzionaria. Esse lasciano l'avarizia nel cuore  umano.

La vera sorgente della fraternità non è la legge, ma l'amore. La legge, infatti, è  negativa: «tu non farai ». L'amore invece è positivo : « Ama Dio e ama il prossimo ».  La legge fissa il minimo ; l'amore mira al massimo. La legge è un freno; l'amore è  una generosità: «Se uno ti cita in tribunale e ti ruba il mantello, lasciagli anche la  tunica. Se uno ti vuole costringere a fare un miglio, fa' con lui due miglia». (S.  Matteo, 5, 40-41).

La generosità naturale è limitata dalle circostanze e dalle relazioni del proprio  ambiente, fuori delle quali diventa spesso vendicativa. L'amore ignora i limiti. «  Signore, quante volte al mio fratello che mi offese e mi domanda perdono, io debbo  perdonare? Fino a sette volte? » « Io ti dico: non fino a sette volte ma fino a settanta  volte sette » (S. Matteo, 18, 21-22). Prendendo le mosse da una piccola metafora, per  arrivare a una grande verità, il Redentore viene a dire: è impossibile limitare il  perdono; lascialo all'amore e non errerà e non si abbasserà.

L'amore di cui parliamo non è naturale, ma soprannaturale, perché con la fede e  con le buone opere, aiutati dalla Grazia di Dio, nutriti dalle preghiere e dai  sacramenti, noi siamo guidati all'intima unione con Cristo.


Amore soprannaturale.

Dopo aver istituito l'Eucarestia, alla vigilia della morte, il Redentore rivelò il  segreto del suo cuore con dare quello che egli chiamò comandamento nuovo. «Vi dò  un comandamento nuovo: amatevi l'un l'altro come io ho amato voi » (San Giovanni,  13, 34).

Questo comandamento prende anche il nome di carità ed è chiamato nuovo,  perché estende l'amore a tutti gli uomini, senza distinzione di razza, di classe, di  colore, includendo anche i nemici, cosa che prima non era mai stata affermata nel  mondo. Da allora, l'unico segno con cui i discepoli del Cristo si dovevano  distinguere era l'amore soprannaturale per tutti. « In questo tutti gli uomini  conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » (San  Giovanni, 13, 35).

Quando il Redentore verrà a dare a ciascuno secondo le proprie opere, il  fondamento sarà l'amore soprannaturale verso i poveri, i bisognosi, gli oppressi ecc. Ecco come si svolgerà quel giudizio definitivo:

« Allora il Re dirà a coloro che stanno alla sua destra: — venite voi benedetti dal  mio padre; possedete il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo,  perché io avevo fame e voi mi deste da mangiare; avevo sete e voi mi deste da bere;  ero senza alloggio e voi mi ospitaste; ero nudo e voi mi vestiste; ero ammalato e mi  visitaste; ero in carcere e veniste a me».

«Allora i giusti risponderanno: — Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti  abbiamo dato da mangiare; assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiam  veduto straniero e ti abbiamo ospitato? Quando ti abbiamo veduto nudo e ti abbiamo  vestito o quando ti abbiam veduto ammalato o carcerato e siamo venuti a te? Allora  il Re risponderà loro: — in verità vi dico, ogniqualvolta avete fatto ciò al più piccolo  dei miei fratelli, l'avete fatto a me.

«Allora il Re dirà a coloro che stanno alla sua sinistra: — allontanatevi da me,  maledetti, andate in quel fuoco eterno che fu preparato per Satana e i suoi seguaci,  perché io avevo fame e voi non mi deste da mangiare, avevo sete e non mi deste da  bere; ero pellegrino e non mi deste alloggio, ero nudo e voi mi vestiste; ero ammalato  e in carcere e non mi visitaste.

«Allora anche quelli diranno al Re: — Signore, quando ti abbiam veduto affamato  o assetato, o pellegrino, o nudo, o ammalato, o in carcere e non ti abbiamo servito?  Allora il Re risponderà loro: — In verità vi dico, quello che voi non faceste a questi  piccolini, non l'avete fatto a me. E quelli andranno nel supplizio eterno, ma i giusti  andranno nella vita eterna» (S. Matteo, 25, 34-46).

Da questa pagina tremenda risulta che noi non ameremo mai perfettamente il  nostro prossimo se non amiamo perfettamente Dio.

E' facile amare quelli della propria classe sociale o del proprio ambiente; ma  amare quelli che stanno sotto di noi, o che sono opposti a noi, o che sono ignoranti o  senza alcun valore, richiede un occhio spirituale.

« Se voi amate quelli che vi amano, quale ricompensa avrete? E non fanno forse  così anche i pubblicani? Se voi salutate soltanto i vostri fratelli, cosa fate di  eccezionale? Non fanno forse così anche i pagani? Siate, dunque, perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste» (S. Matteo, 5, 46-48).

L'atteggiamento di Dio a nostro riguardo, è quindi regolato dal nostro  atteggiamento nei riguardi del prossimo. Ecco perché se noi abbiamo bisogno di  qualche cosa, il modo migliore per ottenerla è di dare agli altri; se abbiamo peccato e  abbiamo bisogno del perdono, il modo più sicuro è perdonare ai nostri nemici. Dio  non si lascia vincere dal nostro amore. Lo disse il Maestro : « Con la stessa misura  con cui voi misurerete, sarete anche voi misurati». (S. Matteo, 7, 2). «Date e vi sarà  dato: una misura abbondante, pigiata e scossa sarà data nel vostro grembiule » (S.  Luca, 6, 38).


L'inno di S. Paolo alla carità.

Quando S. Paolo fondò la comunità cristiana di Corinto, probabilmente compose  il più bell'inno alla carità che faceva recitare ai fedeli, dopo l'agape fraterna, che  precedeva la celebrazione eucaristica. Bisogna notare che S. Paolo possedeva tutti  quei doni detti carismatici che fiorivano nella prima comunità cristiana come opera  dello Spirito Santo: lodare Dio in lingue nuove, fare profezie, conoscere i misteri,  avere fede taumaturga, ecc. Il grande apostolo dice che tutti quei carismi sono un  nulla se non sono accompagnati da quell'amore soprannaturale che si chiama carità.

E' probabile che l'inno fosse recitato con due cori alternati.

1) Se mai le lingue parlo degli uomini, Se mai le lingue parlo degli angeli, 

Ma carità non ho, 

Sono bronzo sonante, Sono timpano squillante 

2) E se mai ho profezia, E conosco tutti i misteri E conosco tutta 

la scienza, E ho tutta la fede Da trasportar montagne, Ma carità 

non ho, Niente sono.

E se mai tutto il mio dispenso in cibo E do il mio corpo alle fiamme, Ma 

carità non ho, Niente mi giova.

3) La carità è paziente,

La carità è benigna;

La carità non invidia,

La carità non si vanta;

La carità non si sgonfia,

La carità non offende;

La carità non cerca il suo,

La carità non s'adira;

La carità non pensa male,

La carità non gode del male;

La carità gode del bene,

La carità copre tutto;

La carità crede tutto,

La carità spera tutto;

La carità sopporta tutto,

La carità non finisce mai...

(Amen).


FULTON J. SHEEN

sabato 9 ottobre 2021

VI PRESENTO L'AMORE

 


Il codice della disciplina.

Puoi immaginare una montagna di oro, ma non la potrai mai possedere.  L'immaginazione, infatti, promette ciò che in questa vita non puoi mai dare.

Con l'acconsentire a ogni volgare impulso e al piacere di ogni senso, uno diventa l'uomo del sì (Yes-man), avviato all'autodistruzione. Il nostro carattere è fatto dalle  nostre scelte.

La mortificazione è un mezzo per amare Dio e il prossimo, e non è già un fine in sè  stesso. I doni di Dio sono a nostro servizio. Quando diventano servi ribelli o nostri  padroni, dobbiamo domarli.

Si tratta soltanto di un « cambio ». Quando tu rinunzi a un eccesso del bere, acquisti  la pace dell'anima e l'unione con Dio. In tal modo cambi l'una cosa con l'altra.

Parole del Maestro: «Che cosa darà l'uomo in cambio dell'anima sua?» (S. Matteo,  16,26).

Ecco perché noi socchiudiamo gli occhi quando vogliamo concentrare la vista. Ecco  perché nelle alte regioni della religione, le anime consacrate abbandonano il mondo,  per dare se stesse a quel primo amore che è l'ultimo amore: Dio.

La disciplina, infatti, fa sì che i sensi servano alla ragione, la ragione alla fede, il  corpo all'anima e l'uomo a Dio. Ecco la piramide.

Come non si acquista un abito cattivo in un giorno, così non lo si toglie in un giorno.  L'abuso di anni richiede anni per rettificarlo. Parole del Maestro : « Se uno vuol  venire dietro di me, rinneghi se stesso, e prenda ogni giorno la sua croce e mi segua».  (S. Luca 9, 23).

Come la sanità dipende da ciò che mangi, così la santità dipende da ciò che pensi.  Come eviti i veleni per amore del corpo, così evita i cattivi pensieri, le conversazioni,  i libri, le riviste, i cinematografi e le compagnie, per amore dell'anima.

Alcuni esempi: non prendere sigarette extra o non prendere una seconda zolla di  zucchero, ecc. In questo modo tu possiedi te stesso, invece d'essere posseduto dalle  cose. Quando queste piccole mortificazioni sono fatte in nome del Signore, diventano  sorgente di molti meriti,

Ecco alcuni sintomi del tuo trovarti vicino a Dio: sopportare pazientemente, senza  lamentarsi gl'incidenti e le croci della vita quotidiana; conservarsi calmo e sereno,  anche in circostanze dolorose; intraprendere tutti quei doveri e prendere quelle  legittime soddisfazioni che si presentano, in nome di Dio e per la gloria di Dio; essere  più pronti a servire coloro che non sono utili, piuttosto che coloro che ci giovano. Conserva la pace dell'anima; sconta i peccati; vivi in sempre maggiore intimità con  Dio; renditi conforme al Cristo sofferente; fa' riparazione per i peccati altrui.

FULTON J. SHEEN

sabato 28 agosto 2021

Il simbolo dell'amore, come l'intende il mondo, al contrario, è il cerchio, continuamente occupato nel pensare soltanto a me stesso. Il simbolo dell'amore, invece, come l'intende Cristo Signore è la croce con le braccia aperte per stringere tutte le anime in un solo abbraccio.

 


VI PRESENTO L'AMORE


Quando l'autoespressione si distrugge.

Noi diventiamo figli di Dio ed eredi del cielo con l'essere « re-nati » nel sacramento  del Battesimo. Questa inconscia unione, però, affinché cresca e diventi da unione di  grazia a unione di volontà, richiede, fra l'altro, una certa dose di autodisciplina.  Affinché lo spirito non diventi schiavo della carne, la carne deve essere sottomessa,  senza però annientarla o distruggerne la natura.

L'autodisciplina può essere definita: una lotta contro le inclinazioni animali, allo  scopo di assoggettarle alla propria volontà e quindi alla volontà di Dio.

Il mondo moderno si oppone all'autodisciplina, affermando che la personalità  dev'essere « autoespressiva ». L'autoespressione è buona fino a che non degenera  nell'autodistruzione. Una caldaia che voglia essere autoespressiva, scoppiando o  un'auto che voglia essere autoespressiva col saltare gli ostacoli, opererebbero contro  la propria natura, e quindi contro il pensiero degli ingegneri che l'hanno progettata e  costruita. Analogamente se un uomo opera contro quello che c'è di meglio e di più  alto nella propria natura, col ribellarsi contro la ragione eterna di Dio suo creatore,  non è autoespressivo, ma è autodistruttore.

Noi abbiamo un corpo e un'anima, che hanno differenti soddisfazioni. Il piacere del  corpo combatte contro i piaceri dell'anima. Ognuno ha il suo proprio campo d'azione.  Voler soddisfarli tutti e due procura tensione, nevrastenia, infelicità. Parole del  Maestro : « Nessuno può servire a due padroni». (S. Matteo, 6, 24).

« Chi vuol salvare la propria vita, la perderà ; e chi perderà la propria vita per me, la  troverà ». (S. Matteo, 18, 25).

La condizione quindi per essere vero cristiano è una sola: esser autodisciplinato.  Parole del Maestro « Se uno vuol venir dietro di me, rinneghi (disciplini, controlli), se  stesso, prenda la sua croce ogni giorno (non sfuggendo al dolore) e mi segua». (S.  Luca, 9, 23).

« Se il tuo occhio destro ti è occasione di peccato, strappalo e buttalo via, perché è  meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il corpo sia gettato  nell'inferno ». (S. Matteo, 5, 29).

Parole forti di S. Paolo:

« Se voi vivete accontentando la carne, morrete; ma se con lo spirito mortificherete le  opere della carne, vivrete ». (Ai Romani, 8, 13).

« Coloro che appartengono a Cristo, hanno messo in croce la propria carne con tutti i  suoi vizi e i suoi malvagi desideri». (Ai Galati, 5, 24).

Che cosa è l'amore.

Il vero amore è l'ispiratore d'ogni sacrificio. L'amore non è desiderare di possedere, il  che è egoismo, ma l'amore è desiderio di essere posseduto; è il desiderio di dare se  stesso a un altro.

Il simbolo dell'amore, come l'intende il mondo, al contrario, è il cerchio,  continuamente occupato nel pensare soltanto a me stesso. Il simbolo dell'amore,  invece, come l'intende Cristo Signore è la croce con le braccia aperte per stringere  tutte le anime in un solo abbraccio.

L'amore peccaminoso, come l'intende il mondo, trova il suo tipo in Giuda: quando  disse ai nemici del Maestro: «Che cosa mi volete dare e io ve lo darò in mano?» (S.  Matteo, 26, 15). L'amore, invece, nel vero senso trova il suo tipo in Cristo Signore quando nell'orto, preoccupato dei suoi discepoli, disse ai compagni del traditore che  l'aveva indicato con un bacio : « Se cercate me, lasciate andare costoro ». (S.  Giovanni, 18, 8).

L'amore è dare se stesso fin che saremo nel corpo per operare la nostra salvezza,  l'amore sarà sempre sinonimo di sacrificio, secondo il senso cristiano della parola. L'amore vero si sacrifica naturalmente, come naturalmente l'occhio vede e l'orecchio  ode. Ecco perché noi alle volte, parlando dell'amore, diciamo che esso scaglia «  frecce e armi ». Lo sposo che ama non vuol dare alla sposa un anello di stagno o di  rame; ma quanto possiede di meglio, di oro o d'argento, appunto perché questi metalli  essendo più costosi, rappresentano più sacrificio.

La madre che passa le notti al letto del figlio ammalato non chiama quello un peso ma lo chiama amore.

L'amore è la ragione d'ogni immolazione.

In conclusione: colui che ama la propria vita perfetta in Cristo, vuole morire a se  stesso. Questo morire a se stesso, questo domare le proprie membra come se fossero  altrettante bestie selvagge, questo essere suggellato con la croce, si chiama  mortificazione.

FULTON J. SHEEN

venerdì 23 luglio 2021

VI PRESENTO L'AMORE

 


MEZZI PER CONSERVARE GLI AMICI

Non possiamo essere un vero amico di chi non conosciamo. Pochi di noi conoscono  realmente se stessi e pochi sentono il bisogno di conoscersi. Noi immaginiamo  d'essere molto differenti da quello che siamo in realtà, perché portiamo una maschera  in pubblico e soltanto qualche volta ce la togliamo, quando siamo da soli. Da qui  viene che noi crediamo che i nostri critici ci giudichino sempre ingiustamente, e che  gli amici hanno ragione quando ci lodano. Molte nostre conoscenze potrebbero dirci i  difetti che noi a voce alta siamo disposti a negare; mentre sono molto veri.

Conosci te stesso.

I greci, molto sapientemente avevano scritto sul frontone del tempio di Apollo a  Delfi: conosci te stesso. Il vecchio Plutarco osserva a questo riguardo: «Se il conosci  te stesso dell'oracolo non fosse facile per ogni uomo, i greci non l'avrebbero  considerato come un comandamento divino ».

Anche il Redentore divino, narrando la storia del fìgliol prodigo caratterizzò il  momento della sua conversione con queste parole: «Ritornato in se stesso, egli disse:  ritornerò al padre». (San Luca, 15, 25). Ritornare in se stesso equivale a conoscere se  stesso, non in modo intellettuale, ma in modo morale. Non si tratta quindi di un fatto  psicologico, ma di un fatto teologico: non si tratta di conoscere ciò che noi pensiamo,  ma di conoscere i motivi e le segrete sorgenti delle nostre azioni. L'esame di se stesso  dev'essere fatto alla presenza di Dio, perché dobbiamo paragonare noi stessi non col  nostro prossimo, e neppure coi nostri ideali soggettivi, ma con il Perfetto. Quante  volte ci sentiamo interamente rivelati a noi stessi, venendo in contatto con una vita  nobile! Nell'esame di noi stessi, è Dio e non l'uomo che ci fa entrare nell'interno. Il  vecchio Simeone quando ebbe fra le braccia il bambino Gesù, disse : « Questo  bambino è una pietra di paragone che toglierà il velo a molti cuori e a molti pensieri».  (S. Luca, 2, 34-35).

Alla presenza tremenda di Dio, non c'è posto per l'orgoglio nascosto nè per le vuote  illusioni.

I danni della psicanalisi.

I nevrastenici, i traviati, i delusi, in questi tempi, corrono in massa verso i psicanalisti per farsi analizzare le proprie menti, mentre avrebbero bisogno di andare a Dio per  farsi perdonare i peccati.

Non ci può essere sanità dell'anima o del corpo, senza l'interna lotta morale. La  moderna mentalità crede di sbarazzarsi dell'inferno e invece lo scopre dentro di sè.  Un psicanalista pretende di sublimare i conflitti interni, dando loro l'apparenza di  arte, altruismo, ecc.; mentre Dio solo può dar la pace. Il dottor Jung, famoso  psicanalista, francamente dichiara: «circa un terzo dei casi da me esaminati non  soffrono per neurosi definita in termini clinici; ma soffrono per l'insensibilità e la  vuotaggine delle loro vite. Così può essere definita la neurosi dei nostri tempi. Un  numero considerevole di pazienti vengono a vedermi, non perché soffrono di forme  neurose; ma perché non trovano uno scopo nella vita ».

Le vite moderne sono disordinate e infelici, perché sono multiple. Esse sono simili a  specchi spezzati che riflettono centinaia di oggetti diversi e quindi non sanno volere  un preciso scopo che dia unità alla vita. Il divino Maestro, quando gli fu presentato il  giovane posseduto dal demonio, domandò il nome al demonio stesso e questi rispose:  «il mio nome è legione, perché siamo molti». (S. Marco, 5, 9). Quel povero ragazzo  aveva perduto l'unità interiore.

Una delle ragioni della moderna tensione interna è la seguente: non avere mai  stabilito in modo assoluto se deve dominare il nostro corpo o la nostra anima. Se ci  concentriamo nei piaceri del corpo, rinunziamo alle gioie dell'anima. Se ci  concentriamo nell'anima, rendiamo servo il nostro corpo e quindi partecipiamo alle  gioie dell'anima.

Fino a che siamo senza uno scopo nella vita, diventiamo simili a una radio che prenda  due stazioni differenti; quell'interferire di onde non produce armonia piacevole; ma  eccita l'ira e il disgusto.

Il « goal » del vivere.

Come il giocatore mira alla porta, anche il vivere umano deve avere il suo goal. — La vita deve raggiungere un vivere senza morire, una verità senza errore, un  amore senz'odio o sazietà. Deve raggiungere, cioè, Dio.

Un uomo è felice quando raggiunge lo scopo per cui fu fatto. Le cose create, danaro,  cibo, macchine, carne, affari, ecc., sono altrettanti mezzi per raggiungere Dio. Il fare  di queste cose altrettanti scopi della vita genera inevitabilmente l'egoismo, da cui  nasce il peccato con il disordine. Tutto ciò è così facile per la nostra natura caduca  che noi dobbiamo costantemente stare in guardia. A tale scopo, ecco un mezzo  infallibile: esaminare se stessi ogni sera prima di coricarsi; pregare per esprimere il  dolore dei nostri peccati; domandare a Dio perdono; risolvere di emendare le azioni e  fare penitenza per i peccati commessi.


I sette becchini dell'anima.

Ecco l'esame di coscienza, sopra i sette peccati capitali che si potrebbero chiamare i sette becchini dell'anima.

Superbia.

La superbia è un amore disordinato della propria eccellenza. Essa, quindi, detronizza  Dio dall'anima e intronizza l'« io ». « Nessun Dio, nessun padrone. Io sono Dio. Io  sono il mio proprio padrone ».

Gli uomini sono come spugne. Come una spugna può contenere quanta acqua  secondo la capacità. così ogni uomo può avere l'onore che si merita. Tanto l'uomo  come la spugna raggiungono presto il punto di saturazione. Quando una spugna passa  quel punto, comincia a gocciolare. Quando un uomo passa quel punto, non è lui che  porta l'onore, è l'onore che porta lui.

La gente superba esagera le sue personali qualità, parla di se stessa, delle sue imprese,  è gelosa di chiunque ottenga onore e quindi lo rubi a lui. Simili persone cadono in un  sacco di errori. L'invidioso non s'accorge che il suo criticare gli altri equivale a  criticare se stesso. Chi accusa gli altri d'infedeltà, di gelosia, di superbia,  generalmente commette tutti questi peccati. Egli proietta sopra gli altri i propri difetti  e nel giudicare gli altri, resta giudicato lui stesso.

Leggete queste domande lentamente e rispondete sinceramente.

— Ho attribuito alla mia opinione un valore superiore alla sapienza di Dio o alla sua  legge morale, o alla tradizione cristiana, o all'insegnamento della sua Chiesa?

— Ho avuto la presunzione di sentenziare su argomenti religiosi, malamente o  poco conosciuti?

— Ho trascinato altri in peccato col beffarmi della legge di Dio, chiamandola  antiquata, impossibile, troppo vecchia?

— Come può Dio riempirmi con la sua grazia, se io sono già riempito di me  stesso?

— Sono convinto che ogni pregio che ho ricevuto viene da Dio e che quindi devo  ringraziare Lui? Udite S. Paolo: «Che cosa hai tu che non abbia ricevuta e se tu l'hai  ricevuta, perché ti vai gloriando, come se non l'avessi ricevuta? » (Prima ai Corinti, 4,  7).

— Cerco sempre di essere osservato? Cerco la pubblicità, come se il principio e la conclusione della mia vita debbano essere conosciuti alla gente? Odi le parole del  Maestro : « Quando sei invitato a mensa, va' a sederti nell'ultimo posto, in modo che  chi ti ha invitato ti dica: — amico, vieni più in su. — Allora tu sarai glorificato  davanti ai presenti che siedono a tavola con te ». (S. Luca, 14, 10).

— Ho sempre praticato l'umiltà e riconosciuta la verità riguardo a me stesso? Odi  di nuovo il Maestro: «Prendete sopra di voi il mio giogo e venite a scuola da me,  perché io sono mite e umile di cuore. Voi così troverete pace per le vostre anime ».  (S. Matteo, 11, 29).

Avarizia.

L'avarizia è l'amore disordinato dei beni terrestri. L'amore eccessivo della ricchezza  dà all'uomo un « cuore d'oro », cioè un cuore freddo e giallo.

— Ho procurato la ricchezza, senza tener conto dei diritti altrui?

— Faccio spese superflue, soltanto per me e per i miei propri piaceri: per bere, per  divertirmi, ecc., invece che per gli altri, cioè per i poveri, per gli ammalati, per il  culto, ecc.?

— Mi preoccupo di aumentare i miei affari invece di pagare il salario dovuto per la  vita dei miei dipendenti?

— Ho passato molto tempo rifiutando di far l'elemosina ai poveri, ai bisognosi, ai  derelitti?

— Sono convinto che nel giorno della mia morte l'unico possesso che io avrò sarà  quello che avrò dato, appunto perché il merito di quello che ho dato sarà ancora con  me?

— Specialmente, ho meditato e medito su due insegnamenti del Maestro? « Non  raccogliete tesori sulla terra, dove la tignuola e la ruggine consumano e dove i ladri  bucano le pareti e rubano. Ma, invece, raccogliete tesori in cielo, dove la ruggine e la  tignuola non consumano e dove i ladri non bucano le pareti e non rubano » (S.  Matteo, 6, 19-20). «Cercate pertanto in primo luogo il regno di Dio e ciò che conduce  al regno, e tutte queste cose vi saranno date in più ». (S. Matteo, 6, 33).

Invidia.

L'invidia è sentirsi scontenti del bene altrui; è un desiderare l'abbassamento del bene  altrui, come se fosse un affronto alla nostra superiorità.

— Ho io manifestato invidia con l'abbassare gli altri, mediante piccoli accenni,  mezze verità, ricerca di difetti, attribuzioni di falsi motivi?

— Mi sono rallegrato per sfortune altrui?

— Mi sono sforzato di curare la gelosia con il pregare per coloro dei quali sono  geloso?

— perché non ho considerato le belle qualità del prossimo come occasione  d'imitazione anziché d'invidia, aumentando in tal modo il benessere dell'umanità e la  gloria di Dio? Udite S. Paolo : « Se voi vi morderete e vi divorate l'un l'altro, state in  guardia di non consumarvi l'un l'altro ». (Ai Galati, 5, 15).

— La mia simpatia per i poveri è ispirata dall'amore per essi o non piuttosto  dall'odio per i ricchi?

Ira

L'ira è ingiusta quando consiste in un desiderio violento e disordinato di punire.  Spesse volte è accompagnato dall'odio che cerca non solo di respingere l'aggressione;  ma di prendere vendetta.

— Sono io impaziente con gli altri? Mi abbandono a scatti di nervoso, a frasi  taglienti e sarcastiche, quando la mia volontà è contrastata?

— Trovo scuse per essere stato provocato da altri; mentre non ammetto le stesse  scuse per essere altri provocati da me?

— Pratico la pazienza che consiste nel pensare prima di parlare e nel parlare a se  stessi, per giudicare l'effetto che le parole fanno sugli altri?

— Mi son mai domandato in qual modo Dio perdonerà i miei peccati, se io non  perdono quelli degli altri?

— Sono convinto che l'essere io trasportato all'ira è un segno di egoismo e che il  mio carattere è conosciuto dalle cose che io odio? Se io amo Dio, odierò il peccato.  Se amo il peccato, odierò la religione. Ecco il profondo senso di queste parole del  Maestro: «Non giudicate alfine di essere anche voi giudicati». (S. Matteo, 7, 1). 

Gola.

La gola è l'abuso di quel piacere lecito che Dio ha unito al mangiare e al bere,  ambedue condizioni necessarie per conservare la vita. Il nutrirsi diventa peccaminoso  quando ci rende incapaci di compiere i nostri doveri, quando danneggia la salute,  quando compromette gli interessi degli altri.

— Ho io indotto altri a l'ubriachezza?

— Come cattolico, ho violato le leggi della Chiesa che riguardano il digiuno e  l'astinenza?

— Ho fatto attenzione che il principale danno del cosidetto « Cocktail » o la  frequenza dei bar non consiste in un completo avvelenarsi, ma nel rendere materiale  la vita e nel perdere la nozione dei valori spirituali?

— Mi sono convinto che i doni di Dio del mangiare e del bere e delle altre  necessità sono altrettanti mezzi e non fini; che cioè essi mi furono dati per rinnovare  la mia forza onde mettermi al servizio di Dio? Sapienti le parole di S. Paolo: « Sia  che voi mangiate, sia che voi beviate, sia che facciate qualunque altra cosa, fate ogni  cosa per la gloria di Dio ». (I ai Corinti, 10,31).

Accidia.

L'accidia è una malattia della volontà che fa trascurare i doveri. Prende un aspetto  fisico quando si manifesta con la pigrizia, col tramandare, con l'ozio, con  l'indifferenza. Prende un aspetto spirituale, quando si manifesta con il disgusto per le  cose dello spirito, con la fretta nelle divozioni, con la tiepidezza religiosa e con la  negligenza nel coltivare nuove virtù.

— Sono inclinato ad accettare opinioni già fatte dai propagandisti, invece di  esaminarle da me stesso nella prospettiva della storia e della morale?

— Trovo scuse nel mio prendere il cristianesimo come troppo difficile e non  accettabile, secondo lo spirito del secolo ventesimo?

— Mi occupo seriamente per aumentare il mio patrimonio spirituale?

— Ho trascurato i miei doveri verso Dio?

— Sono assiduo alla preghiera?

Parole di S. Paolo al discepolo Timoteo, parlando di certe cristiane: «Sono oziose,  vanno girando per le case; sono cianciatrici, curiose, chiacchierone in modo  sconveniente ». 1, 5-13).

Impurità.

L'impurità è un amore disordinato dei piaceri sessuali. Come Dio ha unito il piacere  al mangiare e al bere, per la conservazione della vita individuale, così ha unito un più  grande piacere alla sessualità, per la conservazione della vita sociale e del Regno di  Dio sulla terra.

Il piacere sessuale diventa peccaminoso, quando è usato come un fine esclusivo  anziché come un mezzo. Per questa ragione, l'impurità è l'indisciplina dell'amore; è l'amore pervertito. Esso ha di mira non il bene degli altri; ma il piacere di se stesso.  In certo modo l'amore pervertito spezza il bicchiere per rubare il vino e spezza la lira  per rubare la musica.

— Ho acconsentito a pensieri impuri?

— Se è male commettere certe azioni, mi sono trattenuto in esse col pensiero?  Tremende parole del Maestro : « Chiunque guarderà una donna con sentimento  impuro, nel suo cuore ha già commesso adulterio con essa». (S. Matteo, 5, 28).

— Ho incoraggiato altri a peccare, mediante pensieri, parole, azioni?

— Ho violato la purezza col pensiero, colle parole o con le opere?

— Mi sono sforzato di coltivare un amore più alto, per sublimare l'amore più  basso?

L'onestà sessuale è un peso soltanto per coloro che hanno perduto il senso dei diritti  altrui. Tremende parole del Maestro : « Chi fa il peccato è schiavo del peccato ». (S.  Giovanni, 8, 34).

Luminose parole del Maestro: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ». (S.  Matteo, 5 8).

Luminose parole di S. Paolo: «Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo  spirito di Dio abita in voi ». (I Ai Corinti, 3, 16).

« Per i puri tutte le cose sono pure ; ma per gli impuri e per gli infedeli niente è puro,  perché la loro mente e la loro coscienza è corrotta ». (A. Tito, 1, 15).

«Vi scongiuro, o fratelli, per la misericordia di Dio affinché offriate i vostri corpi  come un vivente sacrificio, santo, gradito a Dio, spirituale adorazione ». (Ai Romani,  12, 1).

Luminoso pensiero di San Pietro!

« Carissimi, vi scongiuro di comportarvi come stranieri e pellegrini col trattenere voi  stessi dai desideri carnali che fanno guerra contro l'anima ». (Prima S. Pietro, 2, 11).

FULTON J. SHEEN

sabato 22 maggio 2021

VI PRESENTO L'AMORE

 


Come rendere a Dio la massima gloria?

Soltanto i cattolici possono rendere a Dio la massima gloria, celebrando o  concelebrando il santo sacrificio della Messa. Nessun uomo può glorificare Dio come  merita, eccettuato Cristo Signore, perché egli è figlio di Dio e figlio dell'uomo. Ecco  perché egli è il mediatore fra Dio e l'uomo; ed ecco anche perché la sola vera  adorazione è possibile attraverso Cristo. Nella Messa, infatti, Gesù Cristo è offerto al  padre; ma non da solo, perché anche noi siamo offerti con lui. L'opera di Salvatore è  stata sufficiente soltanto per lui, in quanto egli compì la missione affidatagli dal  Padre. Nella Messa, invece, noi uniamo noi stessi all'offerta che Cristo fece di sè  stesso sulla Croce. Quando Egli muore in croce, noi pure moriamo con lui, come  diceva S. Paolo: « L'amore verso Cristo ci spinge a pensare che se egli morì per tutti,  anche noi tutti siamo morti con Lui». (Seconda ai Corinti, 5, 14),

Con la rinnovazione mistica della morte di Cristo che ha luogo nella Messa,  dobbiamo unire noi stessi in modo efficace al sacrificio Eucaristico.

— In che modo possiamo noi diventare vittime con la Vittima suprema?

— Con il disporre noi stessi, a sua imitazione, a compire interamente la volontà  divina. Dobbiamo, quindi, essere nell'attitudine essenziale di dare tutto a Dio, con  l'unire le nostre mortificazioni, i nostri dolori e le nostre tribolazioni alle sue. Così  potremo ripetere ciò che disse il Redentore alla vigilia della passione : « il mondo  possa conoscere che io amo il Padre. Come il Padre mi ha comandato, così io opero.  Alzatevi, andiamo» (S. Giovanni, 14, 31).

E quell'« andiamo » significava: Andiamo al Calvario.

FULTON J. SHEEN

sabato 20 marzo 2021

VI PRESENTO L'AMORE

 


Perché mortificarsi?

Il cristiano deve rinnegare se stesso con la mortificazione e con il pentimento.  Mentre, infatti il peccato originale è distrutto nella nostra anima mediante il  Battesimo, perdura in noi la possibilità di commettere il peccato personale. Una  morte santa è un capolavoro, e nessun capolavoro si fa in un giorno. Se pertanto  vogliamo morire bene, cioè nell'amore di Dio, dobbiamo imparare a « morire »  spesse volte durante la vita, con il rinunziare a tutte quelle cose che possono  distruggere l'amore di Dio nelle nostre anime.

— Dal momento che io faccio una cosa sola con il Cristo mediante la Grazia, quale  dev'essere la mia disposizione d'animo?

— Un costante desiderio di mettermi nel pensiero di Cristo Signore, in modo da  giudicare tutte le cose « dal suo punto di vista », volendo le cose che egli vuole.  Prima di far qualunque azione, io debbo domandarmi : « Questa azione piacerà a  Dio? ».

Santa Elisabetta della Trinità diceva: «noi dobbiamo diventare una specie di umanità addizionata all'umanità del Cristo » e voleva dire : dobbiamo mettere noi stessi a  disposizione del Signore Nostro, in modo che egli possa operare attraverso noi, come  il suo sacro corpo si metteva a disposizione del Verbo Eterno.

FULTON J. SHEEN