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domenica 10 settembre 2023

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MAGDA N.N., TREVIRI, GERMANIA OCCIDENTALE 1941-1945

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2. Un cumulo di enormità e nefandezze senza numero

Magda era nata in famiglia cattolica ed era cresciuta nella religione cattolica.

Causa della crisi diabolica di Magda era una maledizione lanciata contro di lei ancora bambina dalla sua nonna. La nonna aveva detto: «Possa tu crepare, non avere mai pace, i figli e i figli dei figli  siano come acqua (cioè non possa tu avere mai figli), e andare raminghi per il mondo senza riposo  fino alla morte».

Non è detto per quale motivo la nonna avesse lanciato questa tremenda maledizione alla nipotina.  Poco dopo il battesimo un demonio di nome Caino — come si seppe dopo — entrò in lei con  l’incarico di preparare il posto a un altro demonio, chiamato Giuda, che avrebbe dovuto unirsi a lui  dopo la prima comunione della ragazza, come realmente avvenne.

Si trattava dunque di una possessione diabolica di una giovane, anzi di una bambina, simile a quella ricordata dal vangelo (Mc 9,22) che gli apostoli non riuscirono a curare e poi fu portata a termine  personalmente da Gesù. Non è facile individuare un’ossessione quando si tratta di bambini. In  Magda si notarono subito fatti strani, avversione alla preghiera, sfrontatezza, spirito di ribellione,  che però, data l’età, furono in un primo tempo attribuiti a carattere, a mancanza di educazione e a  altre cause, senza potere, o volere risalire alla vera causa.

A 6 anni Magda era stata mandata, con sua grande gioia, in casa di parenti, ottima famiglia  profondamente religiosa. La sera fu recitato il santo Rosario, ma la bambina diventò tanto inquieta e nervosa, suscitando un tal putiferio, che il giorno dopo fu dovuta rimandare a casa. La sua mamma  la fece benedire dal sacerdote. Durante la benedizione fu molto inquieta e sputò contro il prete, e la mamma le diede un ceffone. Al funerale di un parente non si fermò neppure un istante nella camera, corse in giardino e cimò tutta un’aiola di violaciocche. In una stanza addobbata per il funerale trovò  un crocifisso, gli conficcò un chiodo negli occhi e nelle braccia, come fece in seguito altre volte. In  chiesa, durante la funzione religiosa, s’irrigidì talmente che la credettero morta. Chiamato un  medico, non seppe dare una spiegazione del male. La mattina dopo la bambina era nuovamente  fresca e vispa come se nulla fosse successo.

Alla prima comunione, che la ragazza ricevette sacrilegamente per essersi confessata indegnamente, come essa stessa affermò, ebbe una nuova maledizione della nonna che abitava insieme coi genitori  nella stessa casa. Poco dopo entrò nella bambina il secondo demonio, Giuda.

Da allora in poi la sua vita non fu che un susseguirsi continuo di sacrilegi e di delitti nefandi. Ne  ricordiamo alcuni.

Messa prima in una scuola di cucito fu subito mandata via per gravi monellerie. Lo stesso quando,  dopo, fu impiegata in un negozio, e poi al servizio di un medico e come domestica in una famiglia.  Una volta si conficcò un ago nel basso ventre che le fu estratto con operazione. Uscita  dall’ospedale, si ferì di nuovo e questa volta le furono tolte le ovaie per cui non poteva avere più  figli: si avverava così la maledizione della nonna. Invitata a entrare nella congregazione mariana  della parrocchia, imposto che le fu il nastro azzurro con la medaglia, diede in tante smanie e gesti  incomposti che si dovette levarglielo di dosso.

Il peggio venne quando le fu consigliato di farsi suora ed essa purtroppo non disse di no ed entrò in  convento.

Perché ritenuta «brava» fu incaricata della sacrestia e fu Li che furono commessi i sacrilegi più  orribili. Magda apriva il tabernacolo, prendeva dalla pisside dodici ostie consacrate sostituendole  con altrettante non consacrate, e le metteva sotto il tappeto della predella dell’altare perché fossero  calpestate dal sacerdote durante la celebrazione della Messa. Altre ostie consacrate furono fatte  mangiare dai cani del convento. Una novizia, facendo il letto, trovò un’ostia nel letto di Magda e  voleva denunciarla alla superiora, ma essa lo impedì in tutti i modi. Sicché Magda, dopo alcuni  mesi, fu ammessa alla vestizione. I superiori non sapevano nulla delle sue nefandezze, solo il  confessore, un canonico del duomo, che però non poteva parlare. Finalmente, mandata a casa in  vacanza, la novizia pensò bene di non tornare più in convento.

A casa essa fu subito considerata la pecora nera della famiglia e subito chiamata dalle gente «la  monaca smonacata». Diventata per lei insopportabile la vita in famiglia, andò in città, in casa di un  ispettore col quale aveva già avuto in precedenza rapporti illeciti, uomo perverso senza religione e  senza morale, insieme col quale, un giorno, sottoscrisse col proprio sangue il patto di fedeltà al  diavolo. Tutti e due erano pienamente consapevoli di quello che facevano. Dopo altre ricerche di  lavoro, prese e lasciate con la stessa facilità, trovò marito attraverso un’agenzia matrimoniale, un  vedovo che aveva un figlio dalla prima moglie. Stette con lui qualche tempo e poi lo lasciò.

Intanto il partito nazista aveva preso il potere in Germania. Magda ne abbracciò subito le idee con  entusiasmo e in breve tempo fece carriera nel partito e fu nominata istitutrice della gioventù  hitleriana. Per ordine dei suoi capi si impossessava di ostie consacrate e poi le profanava davanti  agli occhi dei giovani alunni per dimostrare che Dio non era presente in esse. Base del suo  insegnamento era naturalmente il più crasso ateismo e materialismo.

In quel tempo ai due demoni già esistenti in lei se ne aggiunsero altri due, Erode e Barabba.  Risalgono a quel tempo le denunce e le accuse da lei fatte contro persone innocenti, portate nei  tribunali del partito e condannate a morte. Tra essi diversi sacerdoti e religiosi, alcuni dei quali  condannati al campo di concentramento dove trovarono la morte. Nei processi il nome di Magda  non appare mai. Tra gli altri denunciò e portò in tribunale anche il suo vecchio confessore, il  canonico del duomo che l’aveva diretta in convento. Il quale la perdonò, anzi offrì la sua vita per la  conversione della disgraziata. Il canonico morì a 54 anni nel giorno che aveva predetto. Magda deve a questa morte la salvezza che più tardi trovò.

Intanto essa era diventata sempre più lo zimbello dei demoni che erano in lei, dentro il suo cuore, e  la manipolavano come volevano senza trovare in lei nessuna resistenza. Il nome che le trovarono e  col quale abitualmente la chiamavano era «la prostituta» per indicare che era una donna  completamente senza coscienza.

— Noi dobbiamo avere gente senza inibizioni e senza complessi, gente che poco riflette e subito  agisce, — dicevano.

Magda era così.

Intanto era scoppiata la guerra e anche la situazione di Magda cambiò. Dopo un anno dalla morte  del canonico suo ex confessore comincia la seconda parte di questo racconto. La possessione  diabolica fu conosciuta e resa di pubblica ragione e nello stesso tempo ebbe inizio la sua liberazione dal potere di satana.

La liberazione si svolgerà in quattro fasi successive.

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Paolo Calliari

lunedì 17 aprile 2023

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MAGDA N.N., TREVIRI, GERMANIA OCCIDENTALE 1941-1945


Documentazione

L’autenticità del racconto delle vicende di Magda, la protagonista del fatto, è per noi basata tutta  sulla testimonianza del padre Adof Rodewyk, gesuita di Colonia, noto per altri apprezzati scritti di  demonologia. Come cappellano di ospedale militare durante la guerra 1940-45, e direttore  spirituale, ebbe in cura Magda e potè sapere da lei e da altri molte notizie e costatare di persona i  fenomeni che descrive ampiamente nella sua opera: Demonische Besessenheit, Tatsachen und  Deutungen, «Possessione diabolica, fatti e spiegazioni», uscita in IV edizione nel 1988 presso  l’editore Pattloch di Aschaffenburg, Germania, pp. 268.

Magda, pseudonimo in rapporto con Maria Maddalena da cui Gesù aveva cacciato sette demoni (Lc  8,2), era già sotto l’influsso del demonio dall’infanzia, come diremo. L’incontro coi padre Rodewyk avvenne nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, quando Magda aveva 30 anni, nell’ospedale  militare di Treviri, Germania, dove la donna era infermiera e il padre gesuita cappellano.

Il Rodewyk, dopo aver raccolto molte informazioni sul luogo, le trascrisse in un diario personale  che alla fine contava 1200 pagine di stenografia. Non contento del materiale raccolto, potè poi in  seguito venire in possesso anche del diario del medico che aveva avuto in cura l’ossessa, e di altre  informazioni di altri dottori, degli infermieri e delle infermiere di altre cliniche dove la paziente era  stata, e il tutto formò un secondo blocco di 700 pagine dattilo- scritte.

E stato in base a questa ampia documentazione, tutta di prima mano, che il padre Rodewyk ha steso  la sua relazione fatta poi di pubblica ragione nel volume sopra citato.

Anche in questo caso di possessione diabolica la straordinarietà  non manca. Essa potrebbe a prima  vista sconcertare il lettore, ma le prove addotte sono così numerose, dettagliate e credibili che, sotto  l’aspetto storico e umano, (non teologico, del quale per ora non vogliamo parlare), sarà difficile  mettere in dubbio o negare la veridicità di tutta la vicenda. L’autore d’altra parte non è nuovo in  questo genere di studi, ai quali attese per una ventina d’anni, come afferma lui stesso.

Come stimato demonologo, il padre Rodewyk è di per se una garanzia in più che assicura il lettore.


1. Primo incontro con Magda

Il primo incontro del padre Rodewyk con Magda avvenne nell’ospedale militare di Treviri nel 1941  durante la seconda guerra mondiale.

Era appena cominciata l’offensiva tedesca sul fronte orientale e cinquanta crocerossine da Treviri erano state mandate al fronte.

Solo poche restarono, tra le quali Magda, che aveva in cura un ferito grave e non poteva lasciarlo.  Essa aveva circa 30 anni, era sposata con un vedovo che si trovava al fronte; per questo era stata  esonerata dal servizio militare.

Era molto stimata come infermiera, servizievole, di buon umore, amata dai pazienti, puntuale e  attiva.

Parlando col padre aveva raccontato alcuni particolari della sua vita, o meglio della sua doppia vita,  che in un primo tempo impressionò profondamente, poi interessò grandemente il padre. Le  informazioni servirono a spiegare certi aspetti strani che ben presto aveva notato in lei. Spesso, e  tutto di colpo, cambiava atteggiamento, diventava arrogante e sboccata. Parlando di cose sacre lo  faceva con accentuato disprezzo. Poi, come se nulla fosse stato, si ricomponeva, diventava normale, riprendeva il linguaggio e il comportamento di prima e sembrava che non sapesse o non ricordasse  nulla di quanto aveva detto e fatto fino allora. Da principio il padre attribuì tutto a isteria, o a  stanchezza, o a una qualunque debolezza psichica, ma poi, ripetendosi i fenomeni, gli venne il  sospetto che si trattasse di fenomeni preternaturali e diabolici.

Per assicurarsi ricorse dapprima al «piccolo esorcismo». La reazione della donna fu subito violenta  e inequivocabile. Parecchi sintomi dimostravano l’autenticità della diagnosi, l’avversione all’acqua  benedetta e a altri oggetti sacri, il parlare in lingue sconosciute, il latino e il francese e poi anche il  greco e l’ebraico (Magda aveva frequentato solo le scuole elementari), la perdita della memoria di  ciò che avveniva durante la crisi.

Il padre chiese al vescovo di Treviri, Monsignor Franz Rudolf Bernwasser, il permesso di fare  l’esorcismo in piena regola. Il vescovo volle accertarsi:

— Non si tratta per caso di semplice isteria?

Le prove addotte dal padre lo convinsero della serietà del caso e il 10 dicembre 1941 accordava il  permesso di procedere con gli esorcismi secondo le norme stabilite dal rituale romano.

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Paolo Calliari

lunedì 13 marzo 2023

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930


La liberazione è definitiva

Non ci è stata trasmessa la data precisa della liberazione di Maria Tien, si sa solo che dal mese di  Giugno 1931 in poi essa non ebbe più nessun assalto diabolico e visse una vita tranquilla nella casa  della missione diJunan. Nel 1947, sedici anni più tardi, padre Kalvey fu richiamato in Europa e  passando per Junan rivide l’antica ossessa completamente ristabilita e diventata normale. Passava le giornate nel lavoro e nella preghiera edificando tutti con la sua pietà, esemplarità e zelo. Il giorno  dei morti, 2 novembre 1946, era rimasta tutto il giorno in chiesa a pregare, senza cibo, in suffragio  delle sante anime.

I fatti narrati, le tristi vicende di cui Maria Tien era stata per tanti anni vittima, furono in fondo una  grande grazia del Signore per lei e per tutta la comunità dei cristiani, e per i pagani stessi i quali, se  avessero voluto, avrebbero facilmente potuto conoscere dove stava la verità e l’obbligo che loro  incombeva di abbracciarla.

Paolo Calliari

mercoledì 26 ottobre 2022

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930


Il diavolo è obbligato a fare la predica

Padre Heier, superiore della missione dijunan, era stato trasferito dai Superiori in un’altra stazione  missionaria. Suo successore era stato nominato padre Kalvey, al quale prima di partire, padre Heier,  accennando alla situazione dell’ossessa, disse:

— Ora tocca a te dirigere il circo equestre. Coraggio. Meno male che io tra poco me ne vado! Padre Kalvey, che era già al corrente di quanto era avvenuto precedentemente, prese molto a cuore  la cosa che doveva essere per lui causa di molti fastidi ma insieme anche di molte consolazioni, come vedremo.

Un giorno, affrontando direttamente il demonio, gli domandò come rnai, dopo aver promesso di  andarsene definitivamente, sì era fatto sentire un’altra volta.

— Era questa anche la nostra intenzione — rispose il demonio — e non saremmo più tornati se la  Vecchia (la Madonna) non ci avesse obbligati a tornare. Anche i miei predecessori (gli altrì diavoli)  non sarebbero rimasti a lungo se fosse stato loro possibile andarsene. La vostra acqua bollente  (l’acqua santa) non fa piacere a nessuno di noi, nessuno ha piacere a farsi scottare e vorrebbe  scappare via subito se potesse.

— Per quale motivo la Madonna ti ha fatto tornare indietro?

— Per fare la predica. Ah! ah! ah! la predica!

- Tu la predica? quale predica? Proprio tu? Sei proprio tu il predicatore che ci vuole!

— Vedrai chi di noi due predica meglio, io o tu.

— E se noi non ti permettessimo di predicare?

— Che a te piaccia o no, che tu voglia o no, quando è la Nyang (la Mamma) a volerlo, provaci se  sei capace!

Ben presto altre prove assicurarono della verità di quanto diceva il demonio: sì, era volontà di Maria che egli parlasse alla comunità e al popolo, naturalmente non contro, ma a favore della religione  cattolica e per confermare in essa gli uditori, come di fatto avvenne in tre fasi distinte della durata di circa venti giorni.


Prima settimana: il diavolo predica alla comunità della missione di Junan

Il giorno dopo fu tenuta la prima predica del diavolo davanti a una quarantina di persone, che erano  presenti nella stazione missionaria, padri, suore, operai, alunni, orfani. Le prediche duravano da due a tre ore ogni volta, senza che l’uditorio mostrasse stanchezza e noia tanto esse erano emozionanti e  avvincenti sia per l’argomento trattato sia per l’eloquenza del predicatore. Il diavolo,  interrompendosi una volta, domandò a padre Kalvey:

— Di’ un po’, sei capace tu a parlare meglio?

L’insolito «corso di esercizi», come lo chiamava padre Kalvey, durò quasi tutta la settimana. Tema  generale doveva essere l’inferno, la sua esistenza e le sue pene, la sua eternità. Ouesto era l’ordine  ricevuto, ma il nostro predicatore da principio non ne voleva sapere e aveva cercato tutti i mezziper  sottrarvisi. Voleva che tutti venissero con lui laggiù nell’inferno, là c’era un bel calduccio — diceva  — e ci si stava veramente bene. A una nuova ingiunzione di cambiar discorso si gettò a terra e  cominciò a rotolare su se stesso battendosi disperatamente la testa, ma la Madonna gli mandò «un  angelo con la lancia in mano», come disse egli stesso, e fu obbligato a entrare in tema, a descrivere  l’inferno come veramente era, non come egli, interessato, lo voleva presentare, e l’esposizione che  ne seguì non poteva essere né più impressionante né più spaventosa né più persuasiva, fatta con  eloquenza unica da chi ne aveva fatto o ne faceva esperienza personale e quotidiana.


Seconda settimana: il diavolo predica ai cristiani di Junan

Il secondo gruppo di uditori della singolare predicazione doveva essere, per ordine della Madonna,  la popolazione cristiana della città di Junan. Nella Messa domenicale furono tutti avvertiti della  novità. Chi voleva poteva venire a sentire lo strano predicatore, ma nessuno era obbligato. Alcuni  vennero anche per curiosità, altri, presi da paura, se ne guardarono bene.

Anche ai nuovi uditori fu esposto lo stesso tema, l’inferno.

— Continuate pure a fare come avete fatto finora — disse tra l’altro — e più tardi verrete anche voi  al calduccio dove mi trovo io.

Trattò diversi terni, il peccato, il giudizio, la dilazione a convertirsi, l’immoralità, l’invidia, la  vendetta, ma insistette soprattutto sull’inferno. La sua descrizione fu così viva e realista che fece  rabbrividire e tremare gli uditori. Mai fino allora la meditazione delle massime eterne aveva fatto  tanta impressione. Gli effetti che ne seguirono dimostrarono quanto fosse stato opportuno  quell’intervento della Madonna.


Terza settimana: il diavolo predica alla popolazione pagana di Junan

La terza settimana — disse il diavolo — era destinata alla popolazione pagana della città. Padre  Kalvey, temendo giustamente forti reazioni da parte dei pagani, non ne voleva sapere. C’erano stati  già in precedenza attriti e contrasti coi bonzi e con la popolazione e non era il caso di dare nuova  esca a perturbazioni del genere. A ogni modo egli voleva prima accertarsi se tale fosse realmente la  volontà della Madonna.

— Sarà lei a pensarci — disse il demonio per bocca di Maria Tien — e a impedire che ve ne venga  alcun danno. Basta che voi facciate quello che vuol lei e tutto andrà bene.

Anzi soggiunse che non avrebbe liberato Maria Tien, e l’avrebbe fatta restare immobile al suolo, là  nella piazza della missione, finché il padre non si fosse deciso a dare il permesso di tenere la  predica ai pagani della città. Ma padre Kalvey non era ancora convinto e per due giorni interi Maria  Tien rimase immobile a terra nel cortile senza che la potessero portare in una stanza. Quattro uomini forti e robusti avevano provato, ancora la prima sera, a sollevarla, ma non ci erano riusciti. Così per  due giorni e due notti la donna giacque immobile nel cortile.

— Andate a chiamare il forestiero (padre Kalvey), disse il demonio, egli è molto più forte di voi, e  crede di essere anche più forte della vostra Nyang (Madre). Che provi a farlo lui se è capace! Neppure al terzo giorno il padre voleva dare il permesso. La gente cominciava a dare segni di  impazienza e alla fine cedette anche lui. I fatti straordinari che avvenivano nella missione cattolica  di Junan non tardarono ad essere conosciuti anche dalla popolazione buddista della città — ciò che  esce dall’ordinario fa sempre notizia — ed era facile capire la curiosità con cui i fatti erano seguiti.  Quando i pagani seppero che anche per loro c’era un corso speciale di predicazione da parte dello  strano predicatore, l’interesse aumentò ancora di più.

La predicazione durò anche questa volta tre giorni. Il primo giorno il pubblico non fu tanto  numeroso, una settantina di persone. Il secondo giorno erano già qualche centinaio, e l’ultimo  giorno quasi un migliaio. Il cortile della missione era stipato di uomini seduti sui muri e sui tetti. La  predica durava, come le altre volte, circa tre ore, e tutti ascoltavano attenti, senza muoversi e senza  perdere una parola. I diversi temi delle massime eterne, morte, giudizio, inferno, erano esposti con  tanta vivacità e chiarezza che l’uditorio ne restava come incantato. Erano toccati anche altri temi  teologici, che Maria Tien non poteva assolutamente conoscere. I padri tentarono talvolta di  sorprendere il predicatore in errore, ma non ci riuscirono mai. Un giorno padre Kalvey gli contestò  quanto egli aveva detto sui bambini morti senza battesimo, ma il demonio pronto e sarcastico  replicò:

— Dove hai studiato la tua teologia? Fatti ridare indietro i soldi che hai speso!

Parlando ai pagani, tra l’altro, rinfacciava loro la durezza di cuore, la cattiveria e l’ostinazione a  convertirsi e la loro ingratitudine verso i missionari che avevano rinunciato a tutto per dedicarsi  interamente al loro bene ed erano ripagati con calunnie, ostruzionismo e ogni genere di  persecuzioni. Al sentire ciò padre Heier e Kalvey si nascosero, pensando che si potesse sospettare  essere stati loro a suggerire queste cose a Maria Tien (il diavolo parlava attraverso la bocca e con la  voce della donna e queste osservazioni potevano sembrare venute da lei e non dal demonio). Il  diavolo allora si rivolse direttamente ai missionari, davanti a tutti, e per un quarto d’ora li abbordò  con questa «lavatura di testa», come la chiamò padre Kalvey:

— Qualunque cosa accada non perdetevi di coraggio. La vostra buona Madre Maria permette che soffriate, ma vi segue ad ogni passo e sta sempre al vostro fianco. Essa si prende cura di voi ancora  più del suo Figlio che si deve interessare del governo di tutto il mondo. Essa invece, che non ha da  fare altro, si prende cura dei suoi figli. Non affliggetevi neppure quando siete calunniati e accusati  ingiustamente. La vostra Nyang sa tutto e tien conto di tutto quello che è detto contro di voi e ne  soffre più di voi. Al suo Figlio non è andata meglio, e voi non dovete desiderare che vada  diversamente per voi. Essa provvede a che non vi succeda nessun male, non vi dimentica mai, vi  accompagna a ogni passo e movimento che fate.

Padre Heier diceva che questo breve discorso gli aveva fatto bene allo spirito più che un intero  corso di esercizi spirituali. E possiamo credergli.

Profonda impressione aveva lasciato in tutto l’uditorio, cristiani e pagani, la predica del diavolo sul  giudizio universale. Padre Heier commentava:

— Potessi predicare anch’io così!

Il predicatore aveva preso lo spunto dal racconto biblico del diluvio universale per dipingere lo  spavento e il terrore che prenderà gli uomini alla fine del mondo. Gli animali che annegavano nelle  acque tumultuose erano descritti in maniera così viva e toccante che la gente li poteva subito  individuare anche se non erano nominati. Nel descrivere l’arca di Noè padre Kalvey credette  trovarvi un’inesattezza, ma fu subito corretto e rimproverato dal demonio, il quale concluse:

Alla fine del mondo avverrà esattamente come ai giorni di Noè, nessuno penserà o crederà che la  fine sia ormai vicina. I diavoli però fanno già adesso quello che possono per perdere le anime. Tre  quarti di coloro che muoiono sulla terra, muoiono a causa del diavolo134.

Interrogato sulla data della fine del inondo non volle rispondere dicendo che il saperlo non serviva a nulla, che stessero in guardia e preparati, e ciò bastava.

Interrogato anche se le sue prediche avessero portato frutto e aumentato le conversioni, rispose: — No, il frutto non sarà grande.

Durante la predica gli uditori erano senz’altro profondamente impressionati e anche, per il  momento, decisi a migliorare la loro condotta, ma, arrivati a casa, e raccontato agli altri ciò che  avevano sentito e veduto, sarebbero stati presi in giro e il loro coraggio sarebbe venuto meno. A  poco a poco tutto quello che avevano sentito era dimenticato e solo più tardi, forse, richiamatolo  alla memoria, si sarebbero decisi a entrare nella chiesa cattolica.

- Ma voi missionari non dovete affliggervi troppo per questo — disse ancora il predicatore — ve lo  dice la vostra Nyang. Fate tutto quello che potete e riceverete la vostra ricompensa. Il resto  lasciatelo al cielo.

Così finì il corso di predicazione del diavolo, che migliore non avrebbe potuto essere. Le sedici  divinità della vicina pagoda, le cui statue erano state distrutte dai soldati — ne abbiamo già fatto cenno a principio — si mostrarono oltremodo indignate di queste prediche,  tutte a favore dell’odiata religione cattolica (dal che si vede chi sono veramente gli idoli del  paganesimo, la personificazione di satana). Il diavolo aveva parlato anche di quelle divinità e ai  pagani presenti aveva svelato segreti che li avrebbero dovuti profondamente disingannare: le  presunte guarigioni operate da quelle divinità — per esempio — erano di malati diventati tali per  loro malefìcio e poi guariti perché offrissero sacrifici e, con quei presunti miracoli, fosse confermata nel popolo la fede negli idoli. Tra le sedici divinità c’erano anche tre «Grandi madri», divinità  femminili alle quali le donne cinesi si raccomandavano per avere figli. Anche le divinità femminili  dovevano a un certo punto riconoscere la grandezza e la potenza della vera ed unica «Grande  Madre», Maria santissima.

— Come altrettanti porcellini — concludeva il demonio — la Vecchia ci spinge avanti e ci obbliga a farci da noi stessi ridicoli davanti a voi.

Paolo Calliari

venerdì 5 agosto 2022

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930


Ancora battaglie e ancora vittorie

Era scritto che il caso di possessione diabolica di Maria Tien non dovesse terminare neppure con la  seconda liberazione avvenuta a Chumatien in seguito agli esorcismi fatti da padre Wittwer. Padre  Heier, presente a quella cerimonia, e con lui i confratelli e la popolazione cattolica della missione di Chumatien e di Junan erano convinti che quella fosse la volta definitiva e che l’infelice donna, già  da diversi anni provata, potesse finalmente godere un p0’ di pace.

E invece non fu così. Tornata verso la metà di settembre a Junan, dove Vivevano i suoi genitori, fu  presto assalita da nuove crisi, ma questa volta in una forma tanto misteriosa che, forse, il lettore  stenterà a crederla. Noi ci atteniamo fedelmente e scrupolosamente alle stesse testimonianze che  abbiamo utilizzato e seguito finora, cioè alle relazioni dettagliate che ne hanno lasciato i diversi  testimoni oculari dei fatti. Essi da principio, come si è già detto, erano scettici e con difficoltà si erano arresi per costatare la realtà dei fatti che avevano dovuto, per dir così, toccare con mano. Del  popolo semplice di Chumatien e di Junan si poteva forse affermare la facile credulità, ma non  certamente dei padri che spesso si trovarono coinvolti nella vicenda nella parte di protagonisti. La  straordinarietà dei fatti investe in certo senso la loro credibilità. E in base alle ripetute affermazioni  dei testimoni oculari e più accreditati che anche noi accettiamo la veridicità dei fatti narrati, anche  di quelli che saranno riferiti nelle pagine che seguono, e invitiamo il lettore ad accettarli. Diciamo di più:

lo scetticismo e la diffidenza di fronte a fatti insoliti e straordinari, ma corredati da testimonianze  fondate e sicure, non è più segno di prudenza, o di intelligenza, o di serietà scientifica, ma diventa  un mito da mettersi sullo stesso piano della credulità.

Maria Tien era stata liberata dalla Madonna. La cosa era evidente. Bisognava quindi farla conoscere al gran pubblico. Per questo padre Wittwer aveva deciso di far tornare la graziata ajunan, città più  grande di Chumatien, perché fossero confermati nella fede e infervorati nella devozione alla  Madonna i cristiani della città. Cominciava così la terza e conclusiva fase della vicenda di Maria  Tien.

La quale ancora il primo giorno del suo arrivo aJunan si trovò assalita dal demonio come le altre  volte. Gli assalti si ripetevano tutti i giorni, anche più volte al giorno, con grande disappunto  dell’interessata e dei padri missionari.

Gli spiriti cattivi che si alternavano nel corpo della donna dicevano chiaramente che quella volta  erano venuti non spontaneamente e volentieri, ma — cosa degna di nota e che stupisce parecchio — costretti dalla «Vecchia», cioè dalla Beata Vergine che li costringeva anche a comportarsi come lei  avrebbe stabilito: è questo il lato più misterioso e più sconcertante di questa terza fase della vicenda. La venuta del demonio era sempre improvvisa, senza nessun segno che la avvertisse o annunziasse.  Maria Tien sveniva di colpo, gli occhi apparivano stralunati, cominciava a parlare, a ridere, a  gridare in modo scomposto. Il demonio che parlava in lei diceva che l’anima della donna durante la  crisi era separata dal corpo e presa in custodia da Maria Santissima. Accennando al quadro della  Madonna diceva:

— Guardate, non vedete come la Vecchia la tiene sulle sue braccia?

Ogni tanto il demonio si lanciava verso il quadro come per strappare l’anima dell’ossessa, ma poi di colpo si tirava indietro come respinto da una forza invisibile. Diceva che l’angelo che sta sopra  l’immagine — della Madonna del perpetuo soccorso — non lo lasciava avvicinare.

La partenza del demonio era avvertita da un secondo svenimento dell’ossessa. Uno sbadiglio e poi  perdeva conoscenza e cadeva come morta al suolo senza respiro e senza battito del polso.  Lentamente poi tornava in sé, riprendeva il respiro, apriva gli occhi, si guardava intorno senza  sapere perché si trovava là circondata da quella gente, ricordando solo dov’era prima di cadere in  coma. Di quello che era successo durante la crisi non ricordava nulla. Solo più tardi, da altri, venfie  a sapere i fatti e ne ebbe tanta vergogna che tentò di fuggire dalla missione.

La prima volta fu impedita a tempo, ma un secondo tentativo ebbe più successo. Per qualche tempo  le fu permesso di restare in famiglia e poi fu ripresa nella casa della missione.

Paolo Calliari

lunedì 27 dicembre 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930


Quattordici demoni a turno assaltano Maria Tien 15 luglio-5 agosto 1930

Padre Heier, ottenuta la liberazione di Maria Tien, pensò bene di allontanarla per qualche tempo dal  suo ambiente e di mandarla nella stazione missionaria di Chumatien, distante una trentina di  chilometri da Junan, dove i suoi confratelli avrebbero dato alla donna l’assistenza necessaria. Là  Maria Tien si sarebbe riposata dagli strapazzi e dalle prove subite e avrebbe completato la sua  istruzione religiosa che a Junan non aveva potuto svolgersi regolarmente, interrotta spesso dalle  vicende che conosciamo. Superiore della missione di Chumatien era padre Wittwer, amico di padre  Heier. Maria fu affidata alle suore Oblate della Sacra Famiglia.

Comincia così per la povera indemoniata la seconda fase delle sue sofferenze che doveva essere  peggiore e più dolorosa della prima, e nella quale doveva rifulgere ancor più che nella prima fase  l’assistenza e la potenza di Maria. Sorvolando molti particolari di secondaria importanza, riferiremo soltanto gli aspetti più significativi della vicenda, sufficienti a farci comprendere da una parte la  malizia e la falsità del demonio, dall’altra il potere del sacerdote, e specialmente di Maria  Santissima, contro di lui.

Maria Tien arrivò a Chumatien ai primi di luglio dei 1930. Per circa due settimane il suo stato si  presentò normale, ma poi, una prima e una seconda volta, fu presa da crisi fortissime coi soliti  fenomeni e le solite manifestazioni delle altre volte, tutte e due le volte liberata con l’esorcismo di  padre Wittwer.

Il 15 luglio, mentre stava in chiesa, improvvisamente si mise a gridare che vedeva il diavolo:

— Non lo vedete là? E in piedi accanto alla porta. E lui che mi ha rovinata.

Nessuno Io vedeva. Essa lo descrisse come lo vedeva: due corna, coda e una faccia orribile. Poco dopo la donna tornò in sé.

Il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, seguì un totale cambiamento nel corso di questa  dolorosa vicenda in quanto la Vergine — a confessione del demonio stesso — prendeva sotto la sua  protezione l’ossessa. Il che si avverò in pieno. C’era nella cappella delle suore, a destra dell’altar  maggiore, un bel quadro della Madonna del perpetuo soccorso, particolarmente venerata nei paesi  di lingua tedesca. Il diavolo di turno — ve ne saranno successivamente quattordici come diremo  subito — cominciò subito un dialogo col quadro, e disse più volte che «Essa», cioè la Madonna, che non volle mai chiamare per nome, avrebbe preso sotto la sua protezione la «bimba», cioè Maria  Tien, e che egli, il diavolo, non avrebbe potuto fare più nulla senza il suo permesso. Era obbligato,  suo malgrado, a obbedirla in tutto.

Negli esorcismi di Jenfu il demonio era stato più volte interrogato — come prescrive il rituale —  sul suo nome, ma il demonio non aveva mai voluto dirlo:

— Non ho nessun nome —, aveva risposto a padre Heier il 17 maggio. Ma per il comando ricevuto  da «Essa» questa volta lo spirito fu obbligato a manifestarsi. Il suo nome era, in cinese, Chang-Ping, il nome di un ladrone e assassino ucciso anni prima nelle vicinanze di Junan: Egli disse ancora che  tra poco se ne sarebbe andato per ordine di «Essa», ma che dopo di lui altri tredici demoni sarebbero venuti nel corpo di Maria Tien, più forti e più terribili di lui, i quali tutti, a loro volta,  sarebbero stati debellati e ricacciati nell’inferno da «Essa».

Già all’inizio della crisi erano apparsi nel corpo di Maria Tien, specialmente sulla scapola, bubboni  e bernoccoli di ignota origine. Non era la prima volta che il fatto avveniva. Ditale fenomeno parla  anche il rituale romano e lo ritiene come segno della presenza diabolica. Questi bernoccoli erano  instabili, si spostavano continuamente da una parte all’altra. Le suore vi piantavano un lungo ago e  così riuscivano a fermarli nello stesso posto. Il demonio, obbligato a confessare il potere di Maria  Santissima su di lui, disse che se ne sarebbe andato definitivamente se fossero stati tolti gli aghi  piantati nei bubboni. Il che fu fatto e Maria Tien si sentì immediatamente libera. Il diavolo era  sparito.

Sì, il diavolo era finalmente sparito, questo era il punto. Le brave suore che avevano tanto pregato,  nella loro semplicità non ne fecero nessun problema, la Madonna era intervenuta e la donna era  stata liberata. Tutto lì, senza andare a cercare altre ragioni e altri perché.

Ma per padre Wittwer non era così. Da buon teologo egli si domandava come mai la Madonna si  servisse di un diavolo per far conoscere i suoi messaggi. Era mai possibile? Era mai successa prima  una cosa del genere? Non poteva essere. Questo era un nuovo e più pericoloso trucco del demonio.  Il buon padre non riusciva a trovare una risposta a queste domande, e ciò sarà causa — come  vedremo — del prolungarsi della vicenda.

I diavoli che dovevano presentarsi erano in tutto quattordici, come aveva detto Chang-Ping.

Il secondo apparve dieci giorni più tardi, il 20 luglio, e il suo nome era — come egli stesso dichiarò  — Sah-Wang di Lucifero, cioè «bugiardo e falso Lucifero», cioè — diciamo noi — il vero Lucifero, capo di tutti i diavoli, che era stato cacciato dal paradiso. Anch’egli, come il suo predecessore, fu  tenuto a bada dalla Madonna del perpetuo soccorso, col quadro della quale tenne un lungo discorso: — Dubbio? E chi è che dubita?

Era il Shenf, il padre, che dubitava, che non credeva al «miracolo», ossia che la Madonna avesse  preso sotto di sè la cosa e che avesse fatto sapere la sua volontà per bocca del primo diavolo. No,  soggiungeva Lucifero, tutti dovevano credere. I quattordici diavoli sarebbero stati tutti cacciati dal  corpo dell’ossessa per l’intervento diretto della Vergine Maria. Lucifero stesso, poco dopo, per  l’ordine venuto dal quadro, se ne andò. Maria Tien fece un lungo sbadiglio e il diavolo era via.

Di questi quattordici spiriti solo quattro erano demoni veri, gli altri dieci erano anime di dannati,  quasi tutti giovani dai 20 ai 30 anni, ladri, grassatori, assassini, che dopo una vita di delitti avevano  trovato tutti una morte violenta

— parecchi di essi erano stati impiccati o decapitati — e poi l’eterna condanna nell’inferno. Tra essi una sola donna, il settimo demonio apparso il i agosto, della famiglia Fu di Junan, chiamata dai  demoni «la grande figlia», che non volle dire mai il suo nome né le ultime vicende della sua vita.

Il terzo diavolo apparve il 30 luglio. Si chiamava LiDacheng. Era stato un grande imbroglione e  aveva danneggiato parecchie persone. Finì con la raccomandazione, strana sulla sua bocca:

— Se voi farete come ho fatto io, anche voi verrete all’inferno con me.

Dicendo la parola inferno era tutto agitato. Uno sbadiglio e Maria era nuovamente libera, ma solo  per pochi minuti, perché il quarto diavolo era già lì che aspettava: un diavolo, si direbbe, allegro e  burlone, il quale sembrava avesse il compito di disturbare le suore e la comunità e di impedire che  attendessero alla preghiera e al lavoro. Nonostante la gravità e la serietà del momento, tutti furono  presi da una gran voglia di ridere alle uscite e alle nuove stramberie del diavoletto. Interrogato  quanti fossero i dannati rispose:

— Arrivano laggiù uno dopo l’altro con tale velocità che non si possono neppure distinguere tra loro133.

Fu il primo a confermare che era la Madonna a obbligare lui e gli altri suoi compagni a dire queste  cose.

Il quinto demonio si presentò come Lui-Godra, famoso ladrone della zona finito sul capestro e  decapitato. Parlando col quadro nominava solo «Maria». Padre Wittwer gli osservò che Maria aveva anche dei titoli: o nominarla con tutti i titoli dovuti o tacere del tutto! Da allora in poi Lui-Godra  disse sempre «la Santa Vergine Maria» e così anche gli altri demoni venuti dopo di lui.

Il sesto demonio, chiamato anche lui, come il secondo, Sah-Wohngdi, cioè falso e bugiardo, fece di  sé un autoritratto: egli aveva due corna, una grossa coda, quattro ali, grossi occhi e una grande  bocca. Motivo della sua condanna all’inferno — disse — era la sua superbia, e disse questa parola  in tono particolarmente drammatico.

Il settimo demonio fu, come si è detto, di sesso femminile, «la grande figlia».

L’ottavo si chiamava Wang-Mao, già membro di una banda di assassini, che era stato fucilato anni  prima, a 28 anni, dal suo capobanda. Anche lui trattenne per due ore la comunità con stupidaggini e  spassi ridicoli. Portato in cappella si chetò alquanto. Prima di andarsene annunziò il suo successore: — Ha quattro corna, due davanti e due dietro la testa, una grossa coda (la indicò con la mano)  simile a quella di un canguro e due denti canini sporgenti dalla bocca.

La presenza del nono demonio durò tre ore e fu molto drammatica.

Prima di partire disse:

— Ora devo andarmene all’inferno e non potrò mai più far vedere la mia faccia. Non voglio! non  voglio! Ma sono obbligato. La Santa Madre Maria dice che se non avesse il potere di ricacciarmi  nell’inferno non sarebbe più la santa Madre Maria.

Che cosa farà nell’inferno? gli fu chiesto. Ed egli gemendo profondamente disse che da allora in poi mangerà scorpioni, serpenti, millepiedi e berrà zolfo e ferro liquefatto. Alla fine disse il suo nome:  satana; obbligato ora a tornare all’inferno:

— Venite qua, fatevi avanti anche voi — concluse con voce rauca e piena di rantoli — e vedete  come la santa Vergine Maria caccia satana nell’inferno in punizione della sua superbia.

Padre Wittwer dice che non potrà mai dimenticare l’impressione provata a quella scena.

Il decimo demonio, Zu-Kauchang, un ladrone di strada e assassino che era stato fatto a pezzi dagli  abitanti infuriati di un villaggio era uno dei più chiassosi e allegri, ma alla fine, coi soliti gemiti e  sospiri dovette anche lui andarsene e tornare donde era venuto. Maria Tien, rinvenuta per qualche  tempo, si era risvegliata libera.

Essa era appena tornata in convento con le suore quando annunciò la sua presenza l’undicesimo  diavolo di nome Li-Guefang, prima ladrone, poi graduato nell’esercito con molti soldati sotto di sé,  infine, dopo che la sua divisione era stata dispersa in uno scontro, di nuovo predone di strada, finché fu preso e massacrato dalla popolazione inferocita. Aveva 32 anni. Anch’egli prendeva un gusto  matto a far ridere e a far dispetti. Arrivò perfino a tirare il rocchetto e la stola del padre e a metterlo  in ridicolo davanti a tutti. Il padre prese allora un’altra stola e legò le mani dell’ossessa, cioè del  demonio, che non si potè più muovere come se fosse sotto catene di ferro con suo grande  disappunto e rabbia. Lo si liberasse da quei legami — disse — e allora avrebbe lasciata libera anche la sua vittima. Il padre fece tacere lui e l’assemblea delle suore. Il diavolo ricominciò con le sue  boccacce e i suoi scherzi e non era facile impedire che nella sala scoppiasse di tanto in tanto qualche risata. Il diavolo sapeva imitare alla perfezione il tossire e lo starnutire e contraffaceva anche nel modo più buffo le parole e i gesti del padre, tanto che il padre, indispettito, se ne andò dalla stanza.  Il diavolo allora si rivolse alle suore:

— Vedete, vorrei andarmene, ma sono legato (con la stola). Come posso andarmene se sono legato? Fu avvertito il padre che tardò a venire. Una suora cominciò a dar segni di impazienza per questo  ritardo. Il demonio disse, non certo di spontanea volontà ma per ordine di Maria:

— Non dovete perdere la pazienza. Aspettate che arrivi il Shenfu. Egli vi ha ordinato di tacere e  dovete obbedire. La vostra obbedienza sarà premiata. Aspettate che venga lo Shenfu e io dovrò  dirgli qualche cosa. Egli non ha creduto alle parole di Chang-Ping (il primo diavolo). Se ci avesse  creduto vi sarebbero stati risparmiati tutti questi fastidi e non sarebbe venuto nessun altro diavolo. Poi disse ancora un’altra cosa molto importante:

— Dovete sapere che queste parole che sentite dalla bocca di Maria Tien non sono di Maria Tien.  Sono parole del diavolo. Può il diavolo parlare? Sì, perché gli è stato dato il permesso di parlare con la bocca di Maria Tien. Ma sappiate anche che il diavolo non avrebbe mai detto questo di sua  iniziativa se non fosse stato costretto a farlo dalla santa Vergine.

Prima di uscire dal corpo dell’ossessa assicurò che altri tre diavoli in quel tempo stavano vagando  per la missione in attesa di entrare nel corpo di Maria Tien. E tutto questo a causa dell’incredulità  dello Shenfu, per avergli egli legate le mani e per avergli impedito di toccano. Le ultime parole  furono:

— Venite a vedere come la santa Madre Maria castiga LiGiu-Fang e lo ricaccia nell’inferno. L’ossessa svenne e poco dopo si svegliò libera e in perfetta normalità.

Restavano dunque ancora tre demoni. I primi due, furfanti di tre cotte, erano morti di morte violenta a causa dei loro misfatti. Il secondo di essi, di nome Wang, prima di andarsene aveva detto:

— Domani arriva l’ultimo, il più cattivo, il più terribile, il più crudele e selvaggio di tutta la nostra  compagnia. Egli ha le ali, corna e coda.

L’indomani, 5 agosto, era la festa della Madonna della neve, una giornata mariana non senza  significato, che doveva restare memorabile nella storia della missione. L’assalto diabolico avvenne  nella cappella poco dopo la celebrazione della Messa. Tutta la comunità era presente.

L’indemoniata fu subito portata nella sala accanto. Urlava, gesticolava, dava in sghignazzi osceni e  scomposti. Il suo viso era diventato irriconoscibile, orribile. Arrivato padre Heier, che era stato  richiamato da Junan, gli si mise di fronte contraffacendo e imitando le sue parole e i suoi gesti. Il  padre cambiò continuamente posto, ma non c’era verso di farla smettere. Finalmente pensò di fare  un bel segno di croce e subito la scena cambiò. La faccia di Maria Tien si trasformò in una smorfia  orribile e il padre da allora fu lasciato in pace.

Poco dopo l’ossessa domandò da bere. Le fu presentato un bicchiere d’acqua benedetta. Trangugiò  un sorso che rimase in gola senza poterlo trangugiare e senza poterlo sputare. Solo dopo averne  chiesto e ottenuto licenza dal sacerdote poté sputar fuori l’acqua.

Alcuni ragazzi della scuola, curiosi come tutti i ragazzi del mondo, si erano arrampicati sulla  finestra per vedere quello che capitava nella sala. Due di essi non erano ancora battezzati. Il diavolo si gettò come una bestia su quei due e stava già per saltare dalla finestra, ma lo trattennero in tempo. Anche in altri casi i demoni sapevano distinguere i battezzati dai non battezzati, e mentre  dimostravano interesse e simpatia a questi ultimi, difficilmente si azzardavano ad assalire o a far del male ai primi: chiara prova dell’efficacia del battesimo per tener lontano il demonio.

Padre Wittwer comincio l’esorcismo. Domandò al demonio se conosceva i nomi coi quali la chiesa  definiva i suoi simili. No, non li conosceva. E allora il padre prese il rituale e glieli lesse:  «Persecutore degli innocenti, nemico di ogni virtù, autore e maestro di eresia e di empietà,  seduttore, inventore di ogni opera sacrilega e di tutte le azioni più sporche e più oscene».

Il diavolo si turava le orecchie per non sentire. Poi disse:

— Ma che orecchie son queste? Le chiudo e sento tutto lo stesso. Fu letto il vangelo che parlava  dell’indemoniato liberato dagli apostoli. L’esorcista domandò:

— Sai che la chiesa ha il potere di cacciare i demoni?

Nessuna risposta. La domanda fu ripetuta e il diavolo fu costretto a rispondere:

— Sì lo so, la chiesa ha questo potere.

Di colpo si mise a piangere e a lamentarsi perché il tempo di andarsene si faceva sempre più vicino.  Di sua iniziativa tornò nella cappella. Il quadro della Madonna del perpetuo soccorso gli fu subito  messo davanti agli occhi e sembrò che una scossa elettrica lo avesse colpito. Interrogato del suo  nome, come prescrive il rituale, dapprima disse che non aveva nome, ma l’esorcista non mollò:

— Domanda ora alla santa Madre che cosa essa dice di te.

Il demonio gettò gli occhi di traverso sul quadro e balbettò:

— Sa.. .tana, Lucifero. Essa dice: Satana Lucifero.

Tutti i presenti capirono la risposta. Nella lingua cinese i due nomi sono uguali a quelli della lingua  latina.

Era dunque un demonio vero, anzi il capo di tutto l’inferno, che però in quel momento non agiva  come capo ma obbediva a un comando di un potere superiore a lui, la Vergine Maria.

Detto il suo nome, Satana-Lucifero, ormai rassegnato alla sua sorte, aggiunse:

— Io sono l’ultimo dei quattordici. Per più di quattro anni noi abbiamo dominato e fatto quello che  abbiamo voluto del corpo di Maria Tien. Dovunque andava noi eravamo al suo fianco. Fin da  principio abbiamo fatto di tutto per avere la sua anima, ma abbiamo perduto la partita. Io sono  l’ultimo dei quattordici, ora devo tornare all’inferno. Gli altri mi hanno già preceduto, tutti  quattordici siamo stati ricacciati nell’inferno dalla Santa Madre Maria. Mai più ci lasceremo vedere. Ciò che desideravo avere di Maria Tien era la sua anima, ma ormai tutto è finito. Io non la potrò mai avere.

Erano le ultime battute. Maria Tien svenne e cadde come morta al suolo. Poi rinvenne, si alzò, tornò al suo solito posto e si inginocchiò davanti all’altare. Non si era accorta di nulla di ciò che era  avvenuto in lei.

La Messa solenne fu cantata in onore della Madonna della neve, di cui ricorreva quel giorno la festa liturgica, e in ringraziamento della grande grazia che aveva concessa alla povera ossessa e a tutta la  comunità della missione. Seguì il canto del Te Deum.

Le molte preghiere e le molte sofferenze dei padri, delle suore, dei fedeli, erano state  abbondantemente esaudite e premiate.

Paolo Calliari

venerdì 5 novembre 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


Dove non arriva lo stregone arriva il missionario


La storia di Maria Tien-Wei, la protagonista, comincia aJ unan, nella provincia cinese di Honan, e  termina a Chumatien, nella stessa provincia, nell’ambito della missione cattolica tenuta dai padri  verbiti tedeschi. Il nome Maria le fu dato nel battesimo, ma noi la chiamiamo subito così.

Quando essa incontrò i missionari cattolici aveva circa 32 anni.

La sua vita precedente non era stata delle più fortunate e felici. Sposata in giovane età — come si  usava un tempo in Cina — era fuggita dal marito, dal quale era stata sempre trattata male, spesse volte picchiata e svergognata in pubblico. Il marito, giocatore impenitente,  dedito alla droga dell’oppio, dopo aver dato fondo a tutti i beni della famiglia, era arrivato perfino a  vendere un figlio di 6-7 anni per procurarsi la droga. Quest'ultima mascalzonata fu per la povera  donna, una donna seria, laboriosa e onesta, la goccia che fece traboccare il vaso. La disperazione  che la prese fu tale che arrivò fino a tentare il suicidio.

In casa dei genitori, dove si era rifugiata, trovò un p0’ di pace, ma per poco tempo. Nel 1929  un’incursione di ladroni su Junan — in quegli anni queste incursioni erano piuttosto frequenti in  tutta la Cina — aveva obbligato gli abitanti a rifugiarsi all’interno della città che, circondata da  robuste mura, poteva meglio difendersi dai predoni. Anche Maria Tien e i genitori si rifugiarono in  città, ma non trovando alloggio per il gran numero di rifugiati, si fermarono in una pagoda dove,  poco prima, avevano pernottato i soldati. I soldati avevano distrutto le sedici statue di divinità che vi si trovavano.

Le prime manifestazioni diaboliche si avverarono appunto in questo periodo, quando la donna era  nel tempio pagano di Junan, e continuarono, sempre peggiorando, dopo che essa tornò coi suoi  genitori a casa. La circostanza di luogo non pare del tutto indifferente coi fatti che seguirono. Una  voce misteriosa parlava dalla sua bocca: essa doveva adorare Io spirito che parlava in lei, costruire  una tenda e bruciare incenso in suo onore, astenersi da certi cibi, specialmente dalla carne di animali e dai latticini. Se avesse fatto ciò avrebbe avuto in premio il dono di guarire i malati e di conoscere  il futuro.

La donna si vide costretta ad accettare queste richieste, o meglio queste imposizioni dello spirito. Se qualche volta prendeva cibi proibiti era obbligata al vomito. Diventò così sempre più debole e più  macilenta, prendeva poco cibo, e con difficoltà, e presto si trovò in pericolo di vita. I medici non  sapevano che cosa fare. Dissero: «Va dai bonzi, qui si tratta di una Sie-bing, di una “malattia del  diavolo”». Ma anche i bonzi non poterono far nulla e il male della donna continuò tale e quale, anzi  peggiorò sempre più.

Maria Tien aveva già in precedenza avuto contatti coi cattolici. Era stata al convento delle Oblate  della Sacra Famiglia, una congregazione religiosa locale, aveva avuto la prima istruzione  catechistica e aveva promesso di tornare per completare la sua preparazione, ma poi diverse cause  glielo impedirono.

Visto che i bonzi e gli stregoni non potevano nulla e che il pericolo di morte si faceva sempre più  vicino e più certo, i genitori della donna, saputo che i cristiani potevano mettere fuori  combattimento anche gli spiriti, li invitarono a casa loro. Essi vennero, pregarono, aspersero la casa  di acqua benedetta e i fenomeni diabolici cessarono. Maria sembrava tornata a vita nuova, serena,  allegra, di buon umore e di buon appetito.

Ma lo spirito del male se n’era andato solo per poco tempo. Quando tornò un’altra volta, furono  rinnovate le preghiere e gli scongiuri, e il demonio dovette fuggire anche quella volta. Così per la  terza, la quarta e la quinta volta. Si vede che il diavolo stava troppo bene là e voleva restarci a tutti i  costi.

Fu allora che i cristiani ne informarono il missionario, padre Domenico Heier, dei verbiti, e gli  domandarono di interessarsi del caso.


La prima liberazione di Maria Tién 24 maggio 1930

Anche i genitori di Maria, convinti della potenza della fede cristiana contro i demoni, si erano fatti  istruire nella religione cattolica e si erano fatti battezzare. Si sbarazzarono di tutte le statue e  immagini di divinità e degli altari che avevano in casa e cominciarono a frequentare con assiduità la cappella della missione. E anche Maria Tien, che nel frattempo era stata ritirata nel reparto  femminile della missione, si era preparata al battesimo e alla prima comunione. Il battesimo le fu  amministrato il 17 maggio col nome di Maria in onore della Madonna sotto la cui protezione era  messa, e la prima comunione le fu amministrata il 19 maggio successivo.

Gli assalti demoniaci non erano del tutto cessati, ma erano sporadici, talvolta più deboli talvolta più  forti, talvolta di breve durata, talvolta di più lunga. Nei piccoli assalti bastavano le preghiere delle  suore e delle donne e l’aspersione dell’acqua benedetta per riportare alla calma l’ossessa; negli  assalti più forti era necessaria la presenza di padre Heier. Questi alti e bassi e il timore di nuovi  interventi diabolici tenevano in continua agitazione il padre missionario e tutta la comunità della  missione.

Non è possibile riferire tutti i particolari della lunga relazione che ci hanno lasciato gli interessati.  Basti dire che, o in un modo o nell’altro, nel periodo che va dal 18 al 24 maggio 1930, si ebbero  tutte le manifestazioni diaboliche ricordate nel rituale romano, con lo scopo — come si legge nello  stesso rituale — di stancare e scoraggiare l’esorcista e di fargli credere che la persona da esorcizzare non è indemoniata. Nel caso di Maria Tien si ebbero tutti questi trucchi e molti altri ancora.

Dalle interrogazioni dell’esorcista si venne a sapere qualche cosa di più riguardo al demonio che  teneva schiava l’ossessa. Il 16 maggio aveva detto:

— Io sono lo spirito della vendetta. In casa della Tien hanno distrutto il mio altare, non mi bruciano  più incenso e non mi fanno più il kotu, cioè l’inchino.

Un’altra volta disse:

— Strano, prima (del battesimo) potevo entrare liberamente anche nel suo cuore e adesso non lo  posso più. Il battesimo aveva trasformato il cuore di Maria Tien in tempio dello Spirito Santo, ormai inaccessibile al demonio che fino allora vi aveva spadroneggiato senza trovare ostacolo.

La lotta del demonio col padre esorcista si faceva sempre più serrata.

— Perché non te ne vai? — domandava il padre.

— Me ne andrò se mi permetti di far venire via anche lei con me. Essa è mia e voglio la sua anima. — L’anima di Maria appartiene a Dio e tu non l’avrai mai.

— Allora le prenderò la vita, la strangolerò.

L’ossessa si era portata la mano al collo e stava per strozzarsi se non fossero intervenuti  prontamente gli astanti per impedirlo.

Altre volte la poveretta era presa da una fame insaziabile — e fame di carne umana — e diceva che  avrebbe fatto fuori ora questo ora quello per divorarlo. I pasti di Maria Tien erano in quelle  circostanze un grosso problema per i padri e le suore della missione. Essa avrebbe divorato tutto  quello che le capitava per mano se non l’avessero impedito con la forza. Quando era nello stato  normale era una cara persona, di compagnia, scherzava volentieri, rideva, pregava e si faceva il  segno della croce con molta devozione; ma quando era in crisi, sotto l’influsso del maligno, non  c’era verso di farla pregare o di farsi il segno della croce. Cominciava a guaire, a battere le mani, a  dir parolacce, a insultare i presenti, a cantare. I presenti, malgrado la triste situazione, talvolta non  potevano tenersi dal ridere.

Il demonio cercava di ingannare in tutti i modi il padre esorcista. Si era accorto che tutte le volte che usciva dal corpo dell’ossessa, essa sbadigliava come dopo essersi svegliata da un sonno. Lo  sbadiglio era generalmente il segno della partenza del demonio. Egli finse più volte lo sbadiglio per  ingannare il missionario. Una volta gli disse:

— Tu dici sempre diavolo, diavolo, diavolo. Di quale diavolo parli? Io sono la Tien.

Ma lo diceva con voce da basso profondo che non era certo la voce di Maria Tien. Un’altra volta gli disse:

— Come sono strane le tue mani! Non sono uguali alle mani degli altri uomini.

Il demonio doveva riconoscere il potere misterioso delle mani consacrate del sacerdote cattolico che toccano il corpo del Signore. Le mani del sacerdote, posate sugli occhi dell’indemoniata, facevano  lo stesso effetto dei carboni ardenti.

Padre Heier credeva di conoscere tutti i trucchi e gli inganni del demonio, ma si illudeva  fortemente. Più tardi riconobbe che il demonio più volte l’aveva preso in giro facendogli credere il  falso come vero.

Il 20 maggio la crisi di Maria Tien fu più violenta e mise tutti in allarme. Il demonio aveva detto: — Fate quello che volete. Io la voglio, io la strozzerò.

E difatti il respiro della poveretta venne meno fino a cessare del tutto, la lingua cominciò a  balbettare e la gola a emettere suoni come di chi sta per essere strozzato. Un minuto, due minuti,  nessun respiro, nessun battito di polso. Il sacerdote si spaventò. E se morisse? E se fosse già morta?  Fu aspersa con acqua benedetta, furono iniziate le preghiere dell’esorcismo: «O glorioso principe  delle schiere celesti, o arcangelo san Michele, difendici nella lotta..

A poco a poco il polso riprese a battere, ma il respiro non tornava. Finito l’esorcismo Maria riaprì  gli occhi:

— Shenfu (padre), il cuore non mi regge più. Lasciami andare a casa.

— Ma tu sei guarita, rispose il padre.

Ed effettivamente credeva che fosse guarita davvero, ma si ingannava ancora una volta.

Il 21 maggio mandò un corriere ai confratelli della stazione missionaria di Chumatien per chiedere  il loro aiuto. Nella lunga lettera accompagnatoria riferiva gli ultimi aspetti della vicenda:  l’improvviso aumento di peso della donna che normalmente poteva essere portata in chiesa in  barella da quattro ragazze, ma in altri casi diventava come un blocco di marmo e otto robuste ragazze non riuscivano a muoverla; la sua doppia personalità per cui si aveva l’impressione che  nella stessa persona ce ne fossero due che parlavano con voce diversa e agivano in contrasto; a un  certo punto il diavolo era entrato nel corpo del papà di Maria Tien, ma ne era uscito presto perché  trovato troppo «coriaceo» e rientrato nel corpo di Maria.

Da Chumatien dopo tre giorni arrivarono a cavallo i due padri verbiti Rosenbaum e Irsigler, col  permesso di fare l’esorcismo che era stato dato dal Vicario apostolico Monsignor Frowis.

Dopo un primo esorcismo tenuto da padre Heier il 23 maggio, che non ebbe effetto, ne fu tenuto un  secondo il giorno dopo, e questa volta, per intercessione della Madonna di Lourdes a cui la cosa era  stata raccomandata, la grazia fu ottenuta con grande gioia di Maria Tien e di tutta la comunità.

Paolo Calliari

venerdì 24 settembre 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930

Documentazione

Il fatto qui narrato è ambientato nella missione cattolica di Junan e di Chumatien, provincia di  Honan, Ciiia, tenuta dai padri del Verbo Divino (S.V.D.), negli anni 1929-1930. Diversi missionari verbiti, tra i quali ricordiamo padre Kalvey, padre Heier, padre  Wittwer, a voce o per iscritto confermarono l’autenticità del racconto. Diversi articoli di riviste e di  giornali ne avevano parlato, ma sempre parzialmente, limitandosi a pochi particolari o a episodi isolati, senza mai arrivare a una esposizione completa dei fatti. Ne troviamo cenno nella  Katholische Kirchenzeitung (bollettino diocesano) di Salisburgo, Austria, nel 1929, a firma del  padre Fròwis, SVD, missionario nell’Honan per 28 anni e poi Vicario apostolico, e nel 1930 in  alcune riviste della Germania e nella rivista Our Missions, a firma del padre Heier, uscita negli Stati Uniti.

Nel 1965 padre Kalvey si incontrava con padre Benedikt Stolz, benedettino dell’abbazia della  Dormizione della Vergine in Gerusalemme e lo metteva al corrente di quanto aveva visto e  sperimentato trent’anni prima nella sua missione cinese, esprimendo nello stesso tempo il desiderio  che quelli avvenimenti fossero fatti di pubblica ragione e messi a disposizione del pubblico sia per  far conoscere meglio la presenza del demonio nel mondo e nella chiesa in un tempo in cui era  particolarmente messa in dubbio o negata, sia per far risaltare la potenza sopra il demonio di Maria,  a cui si doveva la liberazione dell’ossessa, sia infine per far conoscere al mondo incredulo che il  demonio stesso era, suo malgrado, «il nostro miglior missionario», come dicevano i missionari, «in  quanto i nostri migliori cristiani sono quelli convertiti dal demonio, ossia quei cinesi che avevano  trovato rifugio e protezione contro le vessazioni del diavolo solo nella nostra chiesa». Così avevano  detto i missionari italiani del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) di Milano che nel 1923  avevano ceduto il posto ai missionari verbiti. «Noi critici tedeschi», proseguiva padre Kalvey,  «abbiamo preso questa informazione con beneficio d’inventano senza darle troppa importanza  pensando che gli italiani fossero abbastanza creduloni e ingenui in queste cose. Ben presto però  abbiamo dovuto convincerci anche noi che era tutto vero quello che ci avevano detto».

Padre Stolz, scrittore già affermato, si disse pronto a preparare una relazione il più possibile  completa di quei fatti straordinari. La documentazione — lettere, testimonianze, scritti — che gli  aveva fornito padre Kalvcy fu ordinata nel libro Die IVIachi Maricns iiher die Diimonen (il potere  di Maria sui demoni) pubblicato nel 1972 da Miriam Verlag,Jenstetten, Germania Occidentale, pp•  105, che noi utilizziamo per un breve riassunto.

Il libro porta l’Imprimatur del patriarca latino di Gerusalemme Giacomo Giuseppe Beltritti in data  19 settembre 1972.


1. «Il diavolo è il nostro miglior missionario»

Nella Cina, come in genere in tutti i paesi di missione, i pagani hanno una grande paura del diavolo  e delle anime dei morti e credono che essi si vendichino dei torti ricevuti o se non sono loro resi i  dovuti onori. Di qui l’autorità e il prestigio che godono presso di loro le streghe e gli stregoni ai  quali spesso ricorrono per essere liberati e difesi dalle frequenti infestazioni degli spiriti maligni,  infestazioni e vessazioni che il più delle volte non sono affatto immaginarie.

I morti, nella mentalità pagana, tornano sulla terra per vendicarsi dei torti ricevuti in vita. Giudici e  magistrati che hanno dovuto condannare a morte delinquenti comuni, ricorrono a stregoni per  mettersi al riparo di eventuali vendette. I demoni, all’esistenza dei quali credono fermamente,  stanno generalmente nei templi e nelle pagode, ma anche in certi alberi e in certi animali.

I missionari verbiti, dopo il loro arrivo aJunan e a Chumatien, centro della missione, nel fondo che  avevano comperato trovarono un grosso albero che gli abitanti dicevano abitato dagli spiriti: guai se l’albero fosse abbattuto, gli spiriti si sarebbero certamente vendicati. I missionari non tennero conto  dell’avvertimento, abbatterono l’albero e non successe niente, ma tutto il villaggio era sottosopra.  Prima di allora molte donne e ragazze avevano avuto assalti diabolici che cessarono soltanto dopo  che esse frequentarono la missione e si fecero battezzare.

In un villaggio vicino, nella grande piazza dove due volte la settimana si teneva il grande mercato,  sorgeva una vecchia pianta, anche quella abitata dagli spiriti. Spesso sotto quell’albero persone  cadevano in trance e predicavano cose future o davano informazioni su cose nascoste. Un giorno,  dopo l’arrivo dei missionari, l’indovino di turno disse che da allora in poi non avrebbe predetto più  nulla finché non fosse allontanata di là «certa gente» che non gli era favorevole. E indicò alcune persone, tutte cristiane.

Anche animali sono abitati dagli spiriti. Attorno ai templi pagani e alle pagode si aggirano —  dicono — animali misteriosi e spaventosi. Le divinità stesse sono rappresentate con volti orribili a  vedersi, non certo adatti a favorire la fiducia e la devozione, volti più diabolici che umani, quasi a  indicare meglio ciò che sono e ciò che rappresentano. Anche le epidemie e le malattie degli animali  sono attribuite alla vendetta dei demoni. Il cinese in genere conosce poco del cristianesimo, della  sua dottrina e della sua morale, sa però una cosa: che i cristiani hanno un potere speciale sui  demoni. Per questo va a cercare aiuto e rifugio da essi quando si sente maggiormente in pericolo e  perseguitato.

I cristiani, se richiesti, vanno nelle case dei pagani, pregano, spargono acqua benedetta e di solito  ottengono la liberazione dagli spiriti. Di qui l’invito a farsi istruire nella religione cristiana e a farsi  battezzare, che spesso è accolto. Molte conversioni al cristianesimo in Cina e altrove hanno questa  origine. E una volta battezzato, il cristiano non ha più paura del diavolo, vive tranquillo e comunica  la sua tranquillità agli altri.

Così il diavolo diventa, suo malgrado, un efficace collaboratore del missionario cattolico.

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Paolo Calliari


venerdì 20 agosto 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


MARIA DIEM PHAT-DIEM, VIETNAM, 1924-1925


Documentazione

Il caso avvenne nel 1924-25, ma la prima ampia relazione dei fatti fu pubblicata solo nel 1949-50  nel bollettino delle Missioni Estere di Parigi uscito a Hong-Kong col titolo: Ricordi di un esorcista.  L’esorcista autore dell’articolo è Monsignor de Cooman, più tardi Vicario Apostolico di Than-Hoa,  Viet Nam, la cui testimonianza, trattandosi del principale interessato della vicenda, non può essere  messa in dubbio. Al tempo degli avvenimenti qui descritti egli era sul posto in qualità di vescovo  ausiliare (li Monsignor Marcou vescovo di Phat-Diem, dal quale aveva ricevuto l’incarico di  visitare e riformare tutte ie comunità delle suore della Santa Croce, una congregazione locale. Anche questa relazione è riportata in riassunto da P. Sutter, nella VII edizione dell’opera citata,  Satans Macht und Wirken, pp. 163-176, che noi teniamo davanti agli occhi nello stendere queste  pagine.

1. Il demonio si fa sentire nel convento delle suore

La protagonista principale dei fenomeni diabolici di Phat-Diem è una giovane del luogo di nome  Maria Diem. Al tempo degli avvenimenti, 1924, essa aveva 17 anni ed era novizia nel convento  delle suore della Santa Croce. Da tempo, cioè da circa due anni, era disturbata dal demonio, ma per  un po’ non ci fece caso. Quando però la situazione diventò insopportabile anche per l’agitazione e il subbuglio che creava in tutta la comunità, si dovette avvertire Monsignor de Cooman, delle  Missioni Estere di Parigi, incaricato dal vescovo di visitare e di riformare tutte le comunità della  stessa congregazione nel VietNam. Monsignor de Cooman si recò nel convento, ascoltò le otto  novizie che erano state più volte testimoni oculari dei fatti straordinari capitati nella loro comunità  intorno alla loro consorella.

I fatti capitavano generalmente di notte. Rumori strani si facevano sentire. Per ore e ore Maria Diem si sentiva percossa da colpi provenienti da una mano invisibile. Pietre, pezzi di legno e altri oggetti  erano lanciati con forza contro di lei e contro le persone che la assistevano. Una voce misteriosa e  insistente diceva che Maria avrebbe dovuto lasciare il convento perché un giovane della città, un  certo Minh, la voleva prendere in sposa. Era andato in pellegrinaggio alla celebre pagoda di Den-Song e aveva pregato gli dei che gli ottenessero di sposare la novizia. La stessa voce riferiva i difetti e le mancanze delle suore, dalla superiora all’ultima postulante, non escluso il vescovo visitatore. Il  quale non tardò molto a convincersi della verità delle informazioni e della gravità della cosa, e  cercò subito di porvi rimedio perché il male non aumentasse, non fosse conosciuto fuori del  convento e non portasse disastri ancora maggiori. Per prima cosa proibì in modo assoluto alle  novizie di parlare col demonio o di riferire la cosa agli estranei. Raccomandò di moltiplicare le  preghiere a Dio e distribuì loro medaglie benedette della Madonna e di san Benedetto, benedì  nuovamente la casa, consacrò la comunità al Sacro Cuore di Gesù e la mise sotto la protezione  speciale di santa Teresa del Bambino Gesù che era stata canonizzata in quell’anno.

2 La tregenda diabolica continua

L’audacia e la sfacciataggine del demonio non si fermò per questo. Il 22 settembre 1924, anzi, si  fece vedere a Maria Diem, le diede un forte ceffone in faccia e sulla bocca in punizione perché  aveva parlato della cosa, aggiungendo:

— Il giovanotto è stato già quattro volte alla pagoda e vuole la tua mano. Verrò io stesso a prenderti  quanto prima.

Il fracasso notturno aumentava sempre più. La maestra delle novizie diede a Maria Diem un  crocifisso alto 20 centimetri, e poi un altro ancora più grande. Tutte e due le volte il Cristo fu  strappato dal legno da una mano invisibile. Per tutto un intero mese la novizia fu fatta bersaglio di  ogni sorta di oggetti, pietre, pezzi di legno, bottiglie vuote, patate e altra frutta. Mentre una volta  Monsignor de Cooman era a colloquio con lei la sentì uscire in un grido acutissimo: un pezzo di  mattone era caduto improvvisamente sulle sue spalle e l’aveva ferita. Il diavolo disse in quella  circostanza che il peggio non era ancora venuto.

Le notti erano diventate sempre più un incubo pauroso per la novizia e per le sue consorelle, e ciò  per ben due lunghi anni. Ma, com’è, ci si abitua a tutto, e anche quelle visite e quella presenza  maledetta a poco a poco diventarono abituali e le vittime non ci fecero più gran caso. I rumori  prendevano le forme più impensate, strida di uccelli notturni, nitriti di cavallo, clacson di  automobili, sirene di nave, brontolamento di tuono, passi pesanti di persone invisibili che si  bisticciavano nel corridoio. Talvolta il rumore si cambiava in musica col suono di tamburi, di  chitarre, di mandolini, di trombe e di altri strumenti musicali del posto, giovani cantori apparivano e cantavano con bellissima voce da tenore, si trattenevano con le novizie e ne chiedevano la mano. I  quattro cani del convento a quei rumori insoliti abbaiavano e mugolavano inquieti e nervosi: tutti e quattro, nel giro di poche settimane, senza sapere da chi, furono trovati uccisi.

Un giorno Maria era al confessionale. Il confessore a un tratto sentì dei colpi e delle percosse. Uscì  dal confessionale per vedere che cosa fosse successo e vide che la penitente era stata maltrattata dal  diavolo perché aveva manifestato al confessore le prove a cui era soggetta. Questi fatti erano noti a  tutti nella casa delle suore e cinquanta persone li potevano confermare.

3. Infestazioni e possessioni collettive

Nei fenomeni di Phat-Diem non vediamo soltanto la possessione diabolica di diverse persone —  vedremo subito che altre novizie, oltre Maria Diem, erano vittime del demonio — ma anche  l’infestazione nella forma più odiosa e più paurosa.

Il diavolo si faceva vedere di giorno e di notte, ma più spesso di notte, negli aspetti più impensati e  più spaventosi, talvolta come un serpente con la lingua fuori dalla bocca e con un sibilo acuto,  talvolta come un bufalo sbuffante, talvolta come un gigante spaventoso. Una volta Maria Diem si  vide consegnare da un giovane sconosciuto una scatoletta rotonda nella quale c’era — diceva il  giovane — il suo cuore ardente di amore. Il demonio si presentava anche sotto l’aspetto del  superiore della missione e porgeva alla novizia un anello e una croce da baciare. Un giorno la sua  assistente, mentre le faceva la lettura spirituale, si era accorta che la novizia era distratta e non faceva attenzione alla lettura che del resto era molto interessante. Che cosa era successo? Maria  aveva visto alle spalle della lettrice due diavoli che le facevano gesti e boccacce. Di fatti simili se ne aveva tutti i giorni.

I fenomeni di levitazione non si contano. Nove volte Maria fu vista tirata fuori dal letto e gettata a  terra. Una notte le sparirono tutti i vestiti che poi furono trovati nel cestino delle immondizie. Il 12  ottobre 1924 il gatto di casa saltò improvvisamente nel letto di Maria: un diavolo era entrato nel  corpo del gatto che per tutta la notte imperversò furioso e mise sottosopra il dormitorio del  noviziato.

Il maleficio che aveva colpito Maria Diem a poco a poco si estese ad altre novizie. Per questo  motivo essa fu vista male dalla comunità e si sentì sempre più circondata da sospetto e antipatia e  irritazione che crebbero quando scoppiò un incendio che mandò in fumo il deposito di paglia e di  fieno del noviziato. Un altro incendio con gravi danni scoppiò due mesi dopo. Maria era sul punto  di impazzire e di domandare 1c dimissioni dal noviziato.

La possessione diabolica, come si è detto, passò presto anche ad altre novizie e postulanti. La  relazione del vescovo de Cooman ricorda il nome di sole quattro ossesse, Kihn, Rose, Lucia e Anna, ma devono essere state di più.

Il 19 novembre una postulante si arrampicò con la sveltezza di un gatto su un alto albero del  giardino. Essa se ne stava tra i rami con grande spasso dei passanti che si fermavano e ridevano.  Solo dopo ripetuti segni di croce si decise a scendere. Altre volte erano le novizie che si  arrampicavano su un’alta palma stando tranquillamente appollaiate sulla sottile cima della pianta.  Un’altra volta una novizia si distese con tutta la persona su un ramoscello di soli 3 centimetri di  spessore e rimase a lungo in quella posizione senza che il ramoscello si piegasse.

L’arrampicarsi sugli alberi era diventata per alcune di esse una mania. La superiora, per impedirlo,  aveva messo loro addosso delle croci benedette. Ma le novizie avevano trovato subito l’inganno,  con salti di due o tre metri arrivavano fino al soffitto e si nascondevano tra le travi e là restavano  distese. Se per caso cadevano sul pavimento, si rialzavano ridendo senza accusare nessun male.

La crisi diabolica delle giovani le spingeva talvolta a scappare di convento. Per questo si sentì il  bisogno di legar loro le mani e i piedi con robuste funi, ma spesso anche queste precauzioni non  servivano a nulla e le infestazioni continuavano come prima. Tanto in Maria Diem quanto nelle sue  compagne non mancarono gli altri fenomeni caratteristici della presenza diabolica: la conoscenza di altre lingue — nel loro caso, specialmente del latino — e di cose lontane e occulte. Spesso fu  rivelato da esse il contenuto di lettere che non avevano potuto certamente leggere, o la malattia che  qualche consorella avrebbe avuto poco dopo.

4. La liberazione: 29 gennaio 1925

Tutti questi fatti, ed altri che abbiamo omesso, avevano convinto Monsignor de Cooman della  presenza diabolica e della necessità di arrivare all’uso dei mezzi che la chiesa consiglia in simili  casi, ed egli, d’accordo col suo vescovo Monsignor Marcou, decise di iniziare gli esorcismi  prescritti dal rituale.

Il 10 novembre 1924 ordinò alla comunità di fare un triduo di preghiere in onore di santa Teresa del  Bambino Gesù. Finito il triduo iniziò gli esorcismi, ma da principio il risultato fu davvero  scoraggiante. Solo dopo il secondo esorcismo una novizia si trovò impossibilitata a farsi il segno  della croce: il suo braccio era diventato rigido come un pezzo di ferro e non poteva muoverlo. Una  seconda si rifiutò agitandosi furiosa e gridando:

— Il diavolo vuole impadronirsi di me. Io non voglio, io non voglio Undici persone non riuscivano a dominarla e a tenerla ferma.

Le novizie diedero una nuova prova della loro avversione alle cose sacre, segno evidente della loro  ossessione. Si opposero con ogni sforzo a che le facessero entrare nella piccola cappella dove l’esorcismo doveva essere fatto. Cinque robuste persone appena riuscivano a farle entrare una per  volta. Arrivato l’esorcista presero tutte il volo, chi in un angolo, chi sotto l’altare, chi addirittura nel  trogolo del maiale.

Il vescovo Marcou aveva raccomandato di continuare con gli esorcismi ogni giorno fino a  liberazione completa. Tutti i giorni si verificavano sempre gli stessi fenomeni e non era sempre  facile far tornare e conservare la calma nelle giovani indemoniate.

Si era così arrivati al 25 gennaio 1925. La comunità delle suore, unita alle altre comunità della  congregazione, si preparava agli esercizi annuali. Erano in tutte una sessantina di religiose. Un  triduo in onore di santa Teresa del Bambino Gesù doveva preparare la comunità al grande ritiro.  Ancora il primo giorno del triduo fu disturbato da un avvenimento fuori dell’ordinario: durante la  preghiera si sentì alla porta un battere furioso e poco dopo il rullare di un tamburo. Le giovani  indemoniate cominciarono a smaniare orrendamente, Kihn digrignava i denti, Rosa abbaiava, Lucia  grugniva, Anna fischiava, tutte poi caddero in paurose convulsioni. Il giorno dopo il convento  sembrava diventato un manicomio. Solo al quinto giorno era tornata la pace e poterono cominciare  gli esercizi spirituali. Sembrava che, finalmente, satana se ne fosse andato del tutto, ma era la solita  finta. Dopo pochi giorni, ecco, il frastuono e il fracasso ricominciarono come prima e peggio di  prima e questa volta non solo nel convento a PhatDiem, ma anche in altri tre conventi fuori città  della stessa congregazione.

Ma ormai anche per il demonio era venuta l’ora di andarsene. Furono rinnovate e moltiplicate le  preghiere a santa Teresa del Bambino Gesù e a san Giuseppe, e finalmente venne l’effetto  desiderato. San Giuseppe è invocato nelle sue litanie come «terrore dei demoni» e questa volta non  aveva deluso le speranze dei suoi devoti.

Il 29 gennaio 1925 era il giorno della liberazione del convento di Phat-Diem e della comunità che  ivi risiedeva, ma non di Maria Diem. Essa, anche dopo la sua professione religiosa nel luglio 1925,  rimase preda del demonio per altri sei mesi con comprensibile disagio di tutta la comunità, ma  finalmente, nel dicembre successivo, anche lei si vide completamente libera, e con lei tutto il  noviziato e tutta la casa.

Si può facilmente immaginare che cosa abbia rappresentato quella brutta avventura nella comunità  religiosa di Phat-Diem e quale dovette essere la vita una volta superata quella misteriosa esperienza. Dopo 25 anni, nel 1949, quando Monsignor de Cooman mise in carta e rese di pubblica ragione  quelle vicende, egli poteva affermare che la pace e il fervore religioso dominavano nel convento  delle suore della santa Croce. Tre delle cx indemoniate erano diventate ottime religiose. Maria Diem era stata nominata maestra delle novizie e morì nel convento dei Than-Hoa il 6 agosto 1944, festa  della Trasfigurazione del Signore.

Coll’avvento del comunismo 300 suore dovettero lasciare il nord Viet Nam e si portarono al sud  dove, cominciando da zero, disboscarono una parte della foresta e costruirono, quasi da sole, un  nuovo convento.

Paolo Calliari