Visualizzazione post con etichetta IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI. Mostra tutti i post

mercoledì 27 settembre 2023

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


IL PURGATORIO 

NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI


Il barone Giovanni Sturton, nobile inglese, quantunque  cattolico in fondo al cuore, per conservare le sue cariche a corte  e per sfuggire alle ire del Re, assisteva regolarmente al servizio  divino protestante, e apparentemente adempiva a tutti gli  obblighi del culto anglicano. Teneva però nascosto in casa sua  un prete cattolico a rischio dei più gravi pericoli, lusingandosi di potersi servire del suo ministero per riconciliarsi con Dio in  punto di morte. Colpito però da morte improvvisa, non ebbe  tempo di mandare ad effetto il voto della sua tardiva  conversione; nondimeno la divina misericordia, tenendo conto  di quanto egli aveva fatto per la Chiesa perseguitata nel suo  paese, gli aveva concesso la grazia della perfetta contrizione, e  quindi la salvezza eterna, condannandolo però a pagare ben  cara in Purgatorio la sua colpevole negligenza. Molti anni  passarono dal giorno della sua morte, durante i quali la vedova  di lui tornata a seconde nozze ebbe due figlie: una di esse,  testimonio oculare del fatto, racconta quanto segue: - Un  giorno mia madre pregò il P. Corneille della Compagnia di  Gesù, uomo di molti meriti e che più tardi morì martire della  fede, di celebrare la Messa pel riposo dell'anima del suo primo  marito Giovanni Sturton: accettò egli l'invito, e mentre era  all'altare, fra la consacrazione e il memento, restò lungo tempo  assorto in orazione: finita poi la Messa, fece un'esortazione,  nella quale raccontò: d'avere avuto in quel tratto di tempo la  seguente visione: Stendevasi dinanzi a lui un'immensa foresta  in fiamme, in mezzo alla quale si divincolava il povero barone,  emettendo grida compassionevoli, piangendo ed accusandosi  della vita colpevole che aveva menata nel mondo e alla corte, e  dopo aver fatta la confessione dettagliata delle sue colpe  l'infelice aveva terminato con quelle parole che la Scrittura  pone in bocca di Giobbe: Pietà, pietà almeno voi che mi siete  amici, poiché la mano del Signore si è aggravata sopra di me. Il  P. Corneille nel raccontare queste cose piangeva a calde  lacrime, e tutta la famiglia nostra e tutti i parenti in numero di  ottanta persone piangevano pure, quando scorgemmo sul muro  al quale era addossato l'altare, un bagliore simile al riflesso di  carboni ardenti. - Tale è il racconto di Lady Arundell, che  ognuno può leggere nella storia d'Inghilterra del Daniel.

Sac. Luigi Carnino

domenica 30 aprile 2023

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Più rigorosamente fu punito un ecclesiastico, per mancanza per  ben più grave. (Vedi Michele Alix, Hortus pastorum, trait. VI,  capo 2). Trovandosi egli in punto di morte, o sia perché non  volesse riconoscere la propria posizione per quell'illusione  troppo comune nei sacerdoti, abituati a veder morire, o sia  perché si trovasse sotto il dominio di quel fatale pregiudizio  che fa paventare a tanti malati gli ultimi Sacramenti, tanto  tardò e temporeggiò che se ne morì senza i conforti della  Chiesa. Mentre veniva condotto alla sepoltura, il misero  sacerdote, aprendo gli occhi, fece intendere chiaramente queste  parole: - In punizione del ritardo da me frapposto nel ricevere  la grazia dell'estremo lavacro, mi trovo condannato a lunghi  anni di Purgatorio. Se avessi ricevuto l'Olio Santo, come era  mio dovere, io sarei scampato alla morte in grazia della virtù  propria di questo Sacramento di ridare talvolta al malato la  salute temporale, e così avrei avuto tempo di far penitenza,  mentre ora sto soffrendo acerbi tormenti. - Ciò detto,  richiudendo gli occhi, lasciò i presenti nella più grande  costernazione.

A coloro poi, la cui vita intera trascorse abitualmente in  peccato mortale, e che differiscono la conversione al punto di  morte, sono riservate pene, delle quali il seguente esempio può  dare appena una languida idea.

Sac. Luigi Carnino,

martedì 1 novembre 2022

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


La tiepidezza ha pure la sua punizione in Purgatorio. Santa  Maria Maddalena de' Pazzi, mentre un giorno pregava dinanzi  al santissimo Sacramento, vide uscir di sotterra l'anima d'una  religiosa, la quale avendo avuto l'unico difetto di omettere  talvolta la comunione nei giorni stabiliti dalla regola, era  coperta in punizione da un manto di fuoco, di sotto al quale  mostravasi una veste candidissima, ed osservò che  avvicinandosi all'altare con gran rispetto fece una profonda  genuflessione passando dinanzi al santo tabernacolo; e là  rimase un'ora in adorazione. Maddalena conobbe poi per  rivelazione che quell'anima, in pena della sua tiepidezza nel  ricevere la santa Eucaristia, era condannata a venire ogni  giorno ad adorare la sacra Ostia con quel mantello di fuoco, per  compensare così le sue passate freddezze; e che la veste bianca  che la difendeva in parte da quel tormento significava la  ricompensa dovuta alla sua perfetta verginità. Continuò per  vario tempo quell'anima in tale quotidiana adorazione, finché le preghiere della Santa, unite alla propria espiazione, la  condussero in Paradiso.

Sac. Luigi Carnino

venerdì 12 agosto 2022

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Quanto al peccato della menzogna, abbiamo già veduto dalla  rivelazione di S. Maria Maddalena de' Pazzi come sia punito in  modo singolarmente terribile, poiché Iddio, eterna Verità, ha in  orrore la bugia. In molte apparizioni noi vediamo le povere  anime raccomandarci di astenerci dalla menzogna, e dichiarare  che all'altro mondo quelle che da taluni si considerano come  cose da poco o semplici esagerazioni sono severamente punite.

Raccomandano parimente quelle anime sante di astenersi dal  fare i voti alla leggera e quando siano fatti, di osservarli  scrupolosamente, poiché la giustizia di Dio è inesorabile. Sul  qual proposito voglio qui raccontare il seguente fatto, tratto  dalla vita del venerabile Dionigi Cartusiano. - Questo santo  religioso stava assistendo un novizio moribondo, il quale  parecchi anni prima avendo fatto voto di recitare per due volte  l'intero Salterio e non avendo poi adempiuto mai la sua  promessa, si trovava molto perplesso sul letto di morte,  paventando la severità dei divini giudizi. Allora Dionigi per  incoraggiarlo e consolarlo in quei momenti supremi, gli  promise che avrebbe soddisfatto a quell'obbligo in vece sua,  ma, così forse permettendo la giustizia di Dio, dopo la morte  del novizio il buon Padre dimenticò anch'egli la promessa,  mentre intanto quello sventurato era trattenuto fra le fiamme  del Purgatorio. Un giorno finalmente avendogli Iddio concesso  di comparire a Dionigi per ricordargli l'impegno preso, il  defunto mostrandosi tutto mesto e addolorato, pronunziò  sospirando queste due parole: - Pietà, pietà! - Stupito e desolato  allora della sua dimenticanza, il buon Padre voleva spiegare a  quell'anima la causa di tanto oblio, ma il defunto con voce  supplichevole gridò: - Ohimè! se voi soffriste la millesima  parte de' miei tormenti non ammettereste scusa di sorta, anche  se in apparenza legittima, e in quest'istante medesimo  soddisfereste all'obbligo contratto in mio nome dinanzi a Dio. -  E così dicendo scomparve.

Bisognerebbe che gli uomini del mondo, la cui vita molle e  sensuale non è altro che una catena continua di peccati,  pensassero per qualche momento alla penitenza che dovranno  fare nell'altra vita, prescindendo dal grave pericolo di  dannazione al quale espongono la loro anima. La venerabile  suor Francesca di Pamplona, celebre per le sue visioni sul  Purgatorio, vide una volta un uomo di mondo, il quale del resto era stato un buon cristiano, condannato a penare lunghi anni in  Purgatorio, per aver desiderato troppo i comodi della vita. La  causa di così gravi e lunghe pene è che in mezzo ad una vita  dissipata e mondana è impossibile non commettere una gran  moltitudine di difetti, i quali non venendo cancellati dalla  penitenza, accumulano un debito enorme davanti al tribunale di  Dio, e così quello che avremmo potuto scontare facilmente in  questa vita con qualche mortificazione o penitenza od opera  buona, bisognerà pagare nell'altra vita inevitabilmente con un  lungo Purgatorio. Lo scrupolo non è un peccato di per sé, ma  siccome disgraziatamente ne fa commettere molti alle anime  per il troppo attaccamento alla propria volontà e per l'orgoglio  di cui è quasi sempre figlio, è punito da Dio molto  severamente. La suddetta suor Francesca da Pamplona vide  molte anime straordinariamente scrupolose essere tormentate in  Purgatorio da dubbi, da oscurità e da incertezze.

Sac. Luigi Carnino

mercoledì 12 gennaio 2022

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Altra colpa alla quale Dio riserba severa punizione sono i  discorsi vani. Si quis in verbo non offendit, hic perfectus est vir  (Iac. 3, z), disse l'apostolo S. Giacomo e ben a ragione, poiché  la lingua è fomite di iniquità. Senza parlare delle bestemmie,  dei propositi licenziosi, delle maldicenze e calunnie, chi non ha  da rimproverarsi tante e poi tante di quelle parole vane e  leggere, delle quali il divin Maestro ha detto che ci domanderà  conto nel giorno del giudizio? L'esempio che qui sotto  riferiamo dovrebbe far riflettere quei faceti, maldicenti per professione, i quali occupano il posto d'onore nelle  conversazioni mondane e son sempre pronti a far ridere gli altri  a spese del prossimo. L'abate Durando, priore di un monastero  di benedettini, indi Vescovo di Tolosa, era uomo di rara pietà,  di singolare mortificazione e pieno di zelo pel suo spirituale  avanzamento; però amava troppo lo scherzo e non sapeva  frenare abbastanza la lingua. Fin da quando era semplice  monaco, il suo abate Ugo lo aveva parecchie volte ammonito,  predicendogli che se non si fosse emendato di questo difetto ne  avrebbe avuto a soffrire molto in Purgatorio, ma egli non diede  troppo ascolto a questo avviso e proseguì anche da vescovo a  dire facezie e scherzi in abbondanza. Dopo morto però si vide  quanto fosse giusta la predizione dell'abate Ugo, poiché  apparso Durando ad un religioso suo amico lo pregò vivamente  d'intercedere per lui, che trovavasi martoriato in Purgatorio da  strazi acutissimi a cagione dell'intemperanza usata nel parlare a  carico altrui. Radunatisi allora tutti quei monaci, si stabilì che  l'intera comunità avrebbe osservato per otto giorni un rigoroso  silenzio in suffragio di quell'anima penante. Ma ecco in capo a  questo tempo comparire di nuovo il defunto e lamentarsi,  perché uno dei monaci essendo venuto meno alla promessa del  silenzio, era riuscito sterile per la sua liberazione il frutto di  quel suffragio. Si ripeté allora dalla comunità la pia  mortificazione, la quale, essendo stata osservata fedelmente da  tutti, meritò al defunto vescovo Durando la liberazione dalle  pene del Purgatorio.

Sac. Luigi Carnino

martedì 9 novembre 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Un pittore di fama e buon cristiano; essendosi lasciato  trascinare per qualche tempo dal cattivo esempio, aveva dipinto  dei quadri sconci. Se ne era poi pentito e si era dato  esclusivamente alla pittura sacra. L'ultimo suo lavoro fu un  bellissimo dipinto in un Convento di Carmelitani Scalzi;  terminato il quale, essendo stato colto da mortale malattia,  chiese in grazia al priore di essere sepolto nella chiesa del  convento, lasciando alla comunità il prezzo assai alto della sua  opera col patto che dai religiosi fossero celebrate altrettante  Messe in suo suffragio. Era morto da pochi giorni nel bacio del  Signore, quando un frate rimasto in coro dopo mattutino, se lo  vide comparire tutto piangente e dibattendosi fra le fiamme.  Sbalordito a tal vista, gli domandò se fosse veramente egli il  buon pittore morto poco prima, e perché lo vedesse ridotto in sì  misero stato. - Allorché resi l'anima a Dio, rispose il defunto,  mi trovai al suo divin tribunale circondato da molte persone, le  quali deponevano a mio svantaggio, perché eccitate in vita a  malvagi pensieri ad impuri desideri da un quadro osceno da me dipinto, erano state condannate al Purgatorio; ma quel che più  mi atterrì fu il vederne uscire altre dall'Inferno, gridando, che  poiché io ero stato causa della loro eterna rovina, era giusto che  subissi lo stesso loro castigo. Per buona sorte accorsero dal  cielo molti Santi a prender le mie difese, dimostrando al divin  Giudice come quello fosse stato un lavoro di mia gioventù  inesperta, compensato da tanti altri che avevano servito di  edificazione a moltissime anime. Fui salvo allora dalla pena  eterna, ma condannato bensì a soffrire tra queste fiamme,  finché quella maledetta pittura sia bruciata e non possa più dare  scandalo ad alcuno. Vi prego adunque, mio buon Padre, di  recarvi dal proprietario del quadro, e dirgli in quale stato io mi  trovi per aver ceduto alle sue premure, supplicandolo da parte  mia a disfarsi di quella pittura, gettandola immediatamente alle  fiamme. Che se rifiutasse, guai a lui! In prova di quanto dico e  in punizione del suo delitto annunziategli poi che fra poco  perderà i suoi due figli, e qualora mancasse di ubbidire agli  ordini divini, egli stesso perirà di morte prematura. - Il  possessore del quadro, sapute tali cose, tosto lo bruciò; tuttavia  in meno di un mese vide morire i due suoi figli, per il quale  castigo fu preso da tanto dolore, che passa il resto della sua vita  nel far penitenza del fallo commesso coll'ordinare e conservare  quella pittura scandalosa. (Vedi: Rossignoli, Meraviglie del  Purgatorio, lib. IV, cap. 9).

Sac. Luigi Carnino

martedì 28 settembre 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


I PECCATI E LE LORO PENE


Pene particolari

Adesso entriamo ancora più addentro nelle particolarità di tante  sofferenze, e non contenti di questo, per dir così, panorama  generale delle pene del Purgatorio, audizione nelle rivelazioni  dei Santi le pene speciali inflitte dalla giustizia di Dio a quei  falli, che la maestà sua ha più particolarmente in orrore. Fra  codeste mancanze Iddio punisce molto severamente la vanità.  Citeremo qui due esempi che vorremmo facessero rinsavire  tanta frivola gioventù che consuma il tempo in acconciarsi ed  abbellirsi per piacere in questa vita, accumulandosi tormenti  inauditi per l'altra. Il primo è tratto dalle rivelazioni di santa  Brigida (lib. VI, capo 52), la quale, in una delle estasi che le  discoprirono il Purgatorio, osservò fra le altre una fanciulla di  alto lignaggio, che le fece conoscere quanto penasse in  espiazione dei suoi peccati di vanità. Quel capo, che con tanta  cura aveva coltivato, era divorato all'interno e all'esterno da  fiamme cocentissime; quelle spalle e quelle braccia, che tante  volte aveva amato di portar denudate, erano strette da catena di  ferro rovente; i piedi si agili nella danza erano avvinghiati e  morsi da vipere, che li insozzavano colla loro bava immonda; tutte le membra, che in vita, era solita di sopracaricare di  monili, di gioie, di perle, di fiori; erano torturate da  spaventevoli pene. E andava gridando: - Madre mia, madre  mia, quanto sei colpevole verso di me! La tua soverchia  indulgenza, peggiore dell'odio più atroce che tu avessi potuto  portarmi, mi ha fatto precipitare in queste orribili pene! Tu mi  conducevi alle feste, ai balli, agli spettacoli, a tutte le riunioni  mondane che sono la rovina dell'anima e per le quali ora soffro  miseramente, e quantunque talvolta mi consigliassi preghiere  ed atti di virtù, questi si trovaron sempre superati e quasi  perduti per i sollazzi e le compiacenze che io mi prendeva nella  vita. Nondimeno rendo grazie infinite al mio Dio perché non  permise la mia eterna dannazione. Prima di morire, presa da  pentimento, mi confessai, e quantunque lo facessi in  considerazione delle pene che mi potevano essere riservate nel  l'altro mondo, e quindi la mia confessione non fosse valida, nel  momento però d'entrare in agonia mi ricordai della dolorosa  passione del Salvatore, e potei così formare un atto di vera  contrizione, promettendo, se ne avessi avuto tempo, di riparare  colla penitenza alle mie colpe. - Lo storico soggiunge che la  Santa avendo raccontato l'apparizione ad una cugina della  defunta, l'impressione da questa riportata fu tale, che rinunziato  alle vane lusinghe del secolo, si rinchiuse in un monastero di  austerissima penitenza, dove santamente visse e morì.

Il secondo esempio è tratto dalla vita della beata Maria Villani,  scritta dal padre Maschi (lib. II, capo 5). - Mentre un giorno  questa serva di Dio pregava per le anime del Purgatorio, fu  condotta in ispirito nel luogo delle lor pene, e fra tutte quelle  infelici sofferenti ne vide una tormentata più delle altre da  orribili fiamme che da cima a pie' ravvolgendola, la  consumavano continuamente. Interrogata dalla Serva di Dio sul  perché di tanto soffrire, e se avesse mai un momento di tregua  fra quelle sofferenze, rispose: Già da molto tempo mi trovo qui a scontare severamente le mie vanità passate e il lusso  scandaloso in cui vissi, ma fino ad ora non ottenni mai il  benché minimo sollievo, avendo il Signore permesso nella sua  giustizia che io fossi completamente dimenticata dai miei  parenti, dai miei figlie dai miei amici, perché quando ero in  vita, tutta dedita alle vanità del mondo, alle feste e ai piaceri,  assai di rado pensavo a Dio e ai doveri del mio stato. Così ora  Iddio permette che sia dimenticata da tutti. - E ciò detto  disparve.

L'altro grave peccato che Iddio odia e punisce orribilmente è lo  scandalo. «Maledetto colui per cui viene lo scandalo» disse il  Maestro. « Se il tuo occhio ti scandalizza cavatelo e gettalo via  da te; è meglio entrare nella vita eterna con un solo occhio, o  con un sol piede, che andare all'Inferno con ambedue».

Sac. Luigi Carnino

giovedì 26 agosto 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


I PECCATI E LE LORO PENE

Una visione di S. M. Maddalena de' Pazzi Se dalle  considerazioni generali fin qui esposte sul rigore delle pene del  Purgatorio, noi passiamo ad esaminare particolarmente le pene  proprie a ciascun peccato, non potremo aver guida migliore  delle rivelazioni di santa Maria Maddalena de' Pazzi, la quale  fra tutte le Sante canonizzate dalla Chiesa è quella che, dopo  santa Francesca Romana, ci ha lasciato la descrizione più  minuziosa, e per così dire, la più esatta topografia del  Purgatorio. Una sera mentr'ella insieme con alcune suore  passeggiava nel giardino del monastero, fu all'improvviso  rapita in estasi ed intesa gridare più volte: - Sì ne farò il giro, sì  ne farò il giro. Colle quali parole voleva acconsentire all'invito  che dal suo Angelo custode le veniva fatto di visitare il  Purgatorio. Così le sue consorelle la videro con ammirazione e  terrore intraprendere quel doloroso viaggio di cui, cessata poi  l'estasi, scrisse una splendida narrazione: - Per due ore continue  fu veduta girare intorno al vasto giardino del monastero  fermandosi con attenzione a considerare quanto probabilmente  le veniva mostrato dall'Angelo, spesso torcendosi le mani dalla  commiserazione e divenendo pallidissima in viso. Inoltravasi  colla persona curva verso terra e come schiacciata sotto un  pesantissimo fardello, dando sì manifesti segni di orrore, che  solo a guardarla faceva paura. Le consorelle la seguivano  ascoltando con pia avidità le esclamazioni di terrore o di  compassione che le sfuggivano di tratto in tratto. Talora si  sentiva gridare: - Oh che pena! Misericordia, mio Dio,  misericordia! Sangue prezioso del mio Salvatore, scendete su  queste anime e liberatele dai loro spasimi. Povere anime quanto  soffrite! eppure vi vedo ilari e contente fra i vostri tormenti!  Eppure vi è ancora chi soffre di più! - Una volta esclamò: 

- Come vorrei non rimirar da vicino quelle povere tormentate! -  Nondimeno dovette obbedire e discendere eziandio in altri  abissi. Ma dopo aver fatto alcuni passi eccola fermarsi ad un  tratto spaventata e tremante e mandando alte grida esclamare:  Come! Sacerdoti e religiosi in questo luogo sì orribile! Ah! mio  Dio, mio Dio, come li veggo tormentati! - E l'orrore e il tremito  che agitava il suo corpo dava a conoscere l'intensità delle  sofferenze che in quel momento contemplava. Uscita dal  carcere dei sacerdoti traversò luoghi meno lugubri ed andò in  quello delle anime semplici, dei bambini e di coloro, le cui  colpe sono attenuate dall'ignoranza. Là non v'era che ghiaccio e  fuoco, e le anime passavano alternativamente dall'uno all'altro.  Ivi la Santa riconoscendo l'anima del suo fratello morto poco  prima, fu intesa gridare: - Povera anima del fratello mio,  quanto soffri! eppure te ne consoli: bruci eppur sei contenta,  perché sai che queste pene sono strada alla felicità. - Fatti altri  passi ancora, fece capire che stava contemplando anime assai  più infelici, e gridò: - Ahimè quanto è orribile questo luogo!  Come e pieno di schifosi demoni e di incredibili tormenti! Chi  sono mai, o mio Dio, questi infelici tormentati? Oh! come li  vedo trafitti da punte d'aghi acutissimi e quasi fatti a brani! -  Allora le fu risposto che quelle erano le anime di coloro che in  vita avevano cercato di piacere agli altri ed avevano talvolta  peccato di ipocrisia. Ancora più innanzi vide una turba spinta  verso un dato luogo e quasi schiacciata sotto un enorme peso, e  capì per rivelazione che quelle erano le anime impazienti e  disobbedienti. Mentre le guardava, faceva gesti svariatissimi,  ora chinando il capo fino a terra, ora fissando l'occhio atterrito  su qualche punto, ora sospirando con atteggiamenti di profonda  compassione. Dopo un pò di tempo sembrò anche più afflitta,  ed emise un grido di spavento: entrava allora nel carcere dei  bugiardi. Dopo averla attentamente osservata, disse ad alta  voce che i bugiardi stanno in un luogo vicinissimo all'Inferno,  che grandi sono le loro pene e che nella loro bocca viene versato piombo fuso, mentre stanno immersi in uno stagno  ghiacciato, così che bruciano e gelano al tempo stesso. Arrivata  poi alla prigione di coloro che peccarono per troppa fragilità,  gridò: - Ahimè! m'ingannai credendovi insieme a coloro che  peccarono per ignoranza, giacché vi vedo bruciare in un fuoco  assai più ardente. - Più lontano riconobbe gli avari che si  liquefanno come il piombo nella fornace. Quindi passò tra  coloro che sono debitori alla divina giustizia per i peccati  d'impudicizia, perdonati, ma non abbastanza espiati in vita. La  loro prigione era talmente sudicia e fetente, che solo a vederla  da lungi chiudeva il cuore. La Santa passò oltre senza dire  parola, ma alla fine del suo doloroso pellegrinaggio fu intesa  gridare: - Ditemi, o mio Signore Gesù, quale sia stata la vostra  sublime intenzione nello svelarmi pene così orribili. Forse per  appagare il mio desiderio di sapere dove fosse l'anima del mio  fratello, o per spingermi a pregare di più per le anime del  Purgatorio?... No ora comprendo: voi avete voluto così, onde  conoscessi meglio la vostra immacolata purezza! Dal carcere  degli impudici, la Santa passò a quello degli ambiziosi e  superbi, i quali soffrono acerbamente in mezzo a foltissime  tenebre. - Miseri, disse, costoro, che per aver voluto elevarsi  sugli altri, sono ora condannati a vivere in tanta oscurità! - Vide  poi le anime di quelli che, ingrati verso Dio e duri di cuore, non  hanno mai conosciuto cosa volesse dire amare il loro Creatore,  Redentore e Padre. Costoro sono immersi in un lago di piombo  fuso, in pena di aver fatto rimanere sterili con la loro  ingratitudine le sorgenti della grazia. Finalmente in un'ultima  prigione le furono mostrate quelle anime che pur non avendo  avuto in vita alcun vizio particolare, si macchiarono di tanti  piccoli falli, ed osservò che per pena dovevano subire tutti i  castighi propri ai vizi stessi, ma in piccola proporzione. Dopo  due ore di sì penoso e duro pellegrinaggio, la Santa ritornò in  sé, ma in tale stato di debolezza e di prostrazione morale, che le  occorsero parecchi giorni per rimettersi dall'impressione del terribile spettacolo che aveva avuto sott'occhi.

Tali particolarità sul Purgatorio, che troviamo nella vita di S.  M. Maddalena de' Pazzi, le ritroviamo nelle rivelazioni di molti  altri Santi, che con le anime purganti ebbero particolare  relazione. Nella vita di S. Bernardino da Siena (Bollandisti,  Vita S. Bernardini Sen., 20 Maji, in Supplemento) si legge il  fatto seguente.

Un giovanetto, morto all'età di undici anni, mentre gli si  facevano i funerali, per la preghiera di San Bernardino si  scosse come da un sonno profondo e postosi a raccontare quel  che aveva veduto nell'altra vita, descrisse con straziante  precisione i tormenti dei dannati nell'Inferno, raccontò quindi  le gioie ineffabili dei beati in Paradiso e le pene delle povere  anime del Purgatorio. A proposito di queste ultime, descrisse le  precise particolarità che si trovano nelle rivelazioni di quei  Santi, i quali, come S. M. Maddalena de' Pazzi, S. Francesca  Romana o la venerabile Maria Francesca del Sacramento,  ebbero particolarmente a cuore la causa delle anime purganti. Nella vita del P. Nicola Zucchi della Compagnia di Gesù  troviamo raccontato quanto segue.

Un cavaliere desiderava in matrimonio una nobile fanciulla  romana, la quale dietro consiglio del P. Zucchi, suo confessore;  aveva fatto voto a Dio della sua verginità, ed osava  importunarla con le sue sollecitazioni persino nel santo asilo  dove ella aveva ricoverato la sua innocenza. Un giorno il P.  Zucchi, incontratolo per una strada di Roma, lo rimproverò  aspramente per l'indegnità della sua condotta, minacciandolo di  tutto il rigore dei castighi divini, ma inutilmente. Quindici  giorni dopo il cavaliere morì, e dopo qualche tempo la novizia s'intese un giorno tirar per le vesti, e udì una voce chele disse: -  Venga al parlatorio. - Ella vi andò, e veduto un uomo che ivi  passeggiava, gli chiese ansiosamente chi fosse, cosa fosse  venuto a fare a quell'ora, e che cosa volesse da lei. Allora  quegli, senza nulla rispondere, le si fermò davanti, sicché essa  ben lo riconobbe per quel cavaliere suo amante. A questo punto  costui, aperto il mantello in cui era avvolto, le fece vedere delle  catene di ferro, delle quali alcune gli pendevano dal collo, altre  gli stringevano i polsi, ed altre le gambe sotto le ginocchia:  castigo ben meritato da chi aveva voluto incatenare una sposa  di Cristo con amore profano. Quindi il cavaliere disse con voce  lugubre: - Pregate per me - e disparve.

Sac. Luigi Carnino,

martedì 27 luglio 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


A proposito  dell'eccessiva facilità di giudicar santi alcuni defunti,  riportiamo un esempio tratto dalla Cronaca dei Frati Minori.  (Parte II, libro IV, cap. 7).

Nel convento dei Frati Minori di Parigi, essendo morto un  santo religioso, che per la sua eminente pietà veniva  soprannominato l'Angelico, uno de' suoi confratelli, dottore in  teologia e uomo di molte virtù omise di celebrare le tre Messe  solite a dirsi dai religiosi alla morte di ciascun confratello,  sembrandogli di far quasi ingiuria alla misericordia e giustizia  di Dio pregando per la salvezza di un uomo sì santo e che,  secondo lui, doveva già trovarsi elevato al più alto grado di  gloria. Ma ecco che in capo a pochi giorni, mentr'egli stava  passeggiando assorto in meditazione per un viale del giardino,  gli apparve il defunto tutto circondato di fiamme, gridando con  voce lamentevole: - Caro maestro, ve ne scongiuro, abbiate pietà di me e soccorretemi. - E qual bisogno avete de' miei  poveri aiuti, o anima santa? rispose il religioso. – Ahimè!  Ahimè! Io sono ancor trattenuto nel fuoco del Purgatorio, in  attesa delle tre Messe che voi avreste dovuto celebrare per me.  Se aveste esattamente soddisfatto all'obbligo che le nostre  costituzioni c'impongono, a quest'ora sarei già nella celeste  Gerusalemme. - E poiché il religioso allegava per iscusa la vita  santa ch'egli aveva menato, le preghiere, le penitenze,  l'esattezza scrupolosa da lui usata nell'osservanza della regola e  tante altre sublimi virtù, il defunto esclamò: - Ahimè! Ahimè!  Nessuno crede, nessuno comprende con quanta severità Iddio  giudica e punisce le sue creature. L'infinita purezza di lui  scopre difetti in tutte le nostre azioni. Se i cieli medesimi non  vanno esenti da imperfezioni davanti ai suoi occhi purissimi,  come l'uomo, creatura tanto miserabile, potrà comparire  davanti a lui? Occorre rendere conto a Dio fino all'ultimo  centesimo, usque ad novissimum quadrantem. Se con tutta la  scienza che possedete, voi aveste compreso un po' meglio la  santità infinita di Dio, oh! non mi avreste trattato con tanto  rigore! - E ciò detto scomparve. Affrettatosi il buon religioso a  celebrare le tre Messe domandate, nel terzo giorno gli apparve  di nuova quell'anima benedetta per ringraziarlo e per  annunziargli che, finite le pene, se ne andava a ricevere la  ricompensa delle sue virtù. Da tutto questo dobbiamo  concludere che purtroppo non si pensa abbastanza ai rigori del  Purgatorio e alla santità di Colui che non tollera la più lieve  macchia nei suoi Santi. Se si meditassero un po' più spesso  queste verità si eviterebbero con maggior cura quei falli  leggeri, di cui facciamo si poco conto, e si pregherebbe con più  fervore per quelle povere anime martoriate, che mentre  viviamo ci sarebbe tanto facile soccorrere.

Sac. Luigi Carnino

mercoledì 19 maggio 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Dalla vita della beata Stefanina Quinzana togliamo un esempio,  che avvalora quanto stiamo asserendo. Una religiosa  domenicana, chiamata Suor Paola, era morta a Mantova dopo  una lunga vita menata nell'esercizio delle più eroiche virtù. Il  cadavere di lei, portato in chiesa, era stato posto in mezzo al  coro, e mentre, secondo il rito ecclesiastico, ne veniva fatta  l'assoluzione, la beata Stefanina Quinzana, che era legata da  stretta amicizia alla defunta, inginocchiatasi presso la bara, si  pose a raccomandare a Dio con tutto il fervore dell'anima la  compianta amica. Quand'ecco questa all'improvviso lasciar  cadere il crocifisso che teneva fra le mani, tendere la sinistra,  ed afferrando con questa la mano destra della beata, stringerla  con tanta forza, da non poterla più svincolare. Per più di un'ora  quelle due mani restarono così serrate, durante il qual tempo  Suor Stefanina sentiva in fondo al suo cuore una voce  inarticolata, che diceva: - Soccorretemi, sorella mia,  soccorretemi negli spaventosi supplizi che mi tormentano. Oh!  se sapeste la rabbia dei nostri nemici invisibili nell'ora della  morte, e la severità del Giudice che esige il nostro amore, che  esamina le nostre più indifferenti operazioni, e l'espiazione da  farsi prima di giungere alla ricompensa! Se sapeste come  bisogna esser puri per ottenere la corona immortale! Pregate  molto per me, sorella mia; ponetevi mediatrice fra la giustizia di Dio e i falli di me meschina; pregate, pregate e fate  penitenza per me che non posso più aiutarmi. - Tutta la  comunità rimase stupita a quel fatto, quantunque nessuno  intendesse i lamenti della defunta; finalmente intervenne il  superiore che in virtù di santa obbedienza comandò a suor  Paola di lasciare Stefanina. Ubbidì subito la defunta, e la sua  mano ripiombò inanimata sul feretro. - La storia della Beata  riferisce che ella fu fedele alla preghiera dell'amica, e si diè ad  ogni sorta di penitenze e di opere soddisfattorie, finché una  nuova rivelazione le fece conoscere che suor Paola era stata  finalmente liberata da quei tormenti ed ammessa alla gloria  eterna.

Vorremmo che le anime pie restassero colpite da questi esempi  e ne approfittassero per emendarsi, considerando che quelle  piccole imperfezioni, quei difetti di ogni giorno, di cui si  accusano sì spesso al santo tribunale della penitenza,  senz'averne però quasi mai una sufficiente contrizione, trovano  nell'altra vita una rigorosa espiazione. Il fatto seguente valga ad  affermare quanto andiamo dicendo.

Cornelia Lampognana fu una santa matrona che visse a Milano,  ad imitazione di Santa Francesca Romana, nella professione  perfetta dei tre stati di vergine, di sposa e di vedova. Essendo  strettamente in santa amicizia con una religiosa del terz'Ordine  di san Domenico, un giorno in cui s'intrattenevano delle cose  dell'altra vita, si promisero scambievolmente che se così fosse  piaciuto a Dio, la prima di loro che morisse, apparirebbe  all'altra. Dopo cinque anni Cornelia passò da questa vita, e in  capo a tre giorni si presentò alla sua compagna, mentre era in  cella inginocchiata ai piedi del crocifisso. Stupita a tal vista, la  religiosa esclamò: - O Cornelia, Cornelia mia, come sono felice  di rivederti! Dove ti trovi tu dunque? Certo sarai già nel seno di  Dio, che servisti in questa vita con tanto zelo ed amore! – 

Ahimè! Ancora no, rispose l'altra. Vedi come sono diversi i  giudizi di Dio da quelli degli uomini! Io sono in luogo di pena  e vi dovrò restare ancora per qualche tempo in espiazione dei  falli della mia vita, che avrebbe potuto essere più fedele e più  fervente. - Prendendo poi per mano la sua amica, soggiunse: -  Vieni con me, e ti farò vedere cose meravigliose. - E postosi in  cammino, arrivarono in un vasto campo tutto ripieno di  bellissime viti, sulle cui foglie erano impressi dei caratteri. -  Leggi - disse Cornelia alÍ'amica. Si chinò allora la suora e con  grandissima sorpresa avendo letto su quelle foglie i propri  difetti ed imperfezioni quotidiane, domandò attonita che cosa  volesse ciò significare. Nulla di strano, sorella mia - rispose la  defunta non hai forse letto spesse volte quelle parole  pronunziate da nostro Signore nell'ultima cena: «Io sono la vite  e voi i tralci»? Ogni nostra azione buona o cattiva è una foglia  di questa mistica vigna; per entrare in cielo è necessario che le  foglie del male siano distrutte e consumate dal fuoco: ma,  consolati, sorella mia, poiché guardando ben da vicino, vedrai  che poco ti resta a distruggere, avendo tu fedelmente  perseverato nelle tue promesse verginali, e servito con zelo il  tuo buon maestro. Sono è vero ancor numerose le tue  mancanze, ma non tanto quanto le mie che percorsi sulla terra  stati sì differenti e te ne voglio far convinta. - E avanzandosi di  pochi passi si trovarono di nuovo in una località ripiena di viti  serpeggianti e intrecciantesi da tutte le parti, in maniera che le  foglie ricoprivano il suolo; ed appressandosi ansiosamente la  suora per vedere che cosa fosse scritto su queste: - Fermati, le  disse l'amica: il mio divin Salvatore non permette che tu  conosca fin d'ora le offese che io gli feci, e vuol risparmiarmi  tanta vergogna. Leggi soltanto quel che troverai scritto sulle  foglie che vedi vicine a te. - Allora ella posando lo sguardo su  quelle che le erano più dappresso, vide registrate tutte le  mancanze commesse dalla defunta nel luogo santo, le  irriverenze, le distrazioni, i discorsi inutili fatti in chiesa. - O mio Gesù, gridò allora la religiosa, che s'avrà da fare per  rimediare a tanti falli? Come mai dopo le tue confessioni e  comunioni sì frequenti, dopo le indulgenze da te guadagnate ti  resta ancor tanto da espiare? - Giusto è quanto dici, o sorella,  ma sappi che per la mia tiepidezza e per l'abitudine presavi, io  non trassi tutto quel frutto che avrei dovuto dalle mie  comunioni e confessioni, e quanto alle indulgenze avendone  guadagnate pochissime, tre o quattro al più, a motivo delle mie  abituali distrazioni e della mancanza di fervore, bisogna che  faccia ora quella penitenza che non feci quando pur mi sarebbe  riuscito si facile.  Ragionerebbe quindi da insensato colui che  dicesse di non pregare per un defunto, perché visse e morì da  santo. Quante anime deploreranno amaramente in Purgatorio  questi giudizi troppo favorevoli sulla loro sorte di oltretomba.  Noi abbiamo visto che S. Agostino aveva tutt'altra idea del  rigore dei divini giudizi, dal momento che dopo venti anni  pregava tutti i giorni e scongiurava i suoi lettori pel riposo  dell'anima della sua santa madre Monica.

Sac. Luigi Carnino, Rev. Del.

mercoledì 7 aprile 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Si legge nella vita della ven. Agnese di Gesù, religiosa  domenicana, che per più di un anno sottopose il suo corpo ad  asprissime penitenze, ed innalzò a Dio molte e ferventi  preghiere pel defunto padre del suo confessore. Quest'anima le  appariva sovente implorando i suffragi di lei, e un giorno  avendole toccata una spalla con la mano, ebbe a soffrirci per  più di sei ore gli ardori intollerabili del Purgatorio: finalmente  il defunto fu liberato dopo tredici mesi da quelle torture. Sopra  di che gli autori delle memorie sulla vita della madre Agnese  fanno osservare il rigore dei divini giudizi; poiché il defunto  avea santamente vissuto nel secolo, era un confessore della  fede, essendo stato perseguitato dai protestanti di Nimes, i  quali si erano impadroniti de' suoi beni, l'aveano gettato in  prigione e vessata con ogni sorta di angherie; prima di morire  aveva sopportato con pazienza esemplare una lunga e dolorosa  malattia; eppure nonostante tanti meriti acquistati, nonostante i  digiuni, le preghiere, le discipline della caritatevole Agnese,  nonostante le numerose Messe celebrate dal figlio suo, ei restò  più di un anno in mezzo a quelle torture spaventose. Ma udite  un esempio ancor più meraviglioso. Allorché questa stessa  madre Agnese era priora del suo monastero, una delle religiose  per nome suor Angelica, venuta a morte, il dì seguente a quello  in cui era spirata, il confessore della comunità ordinò alla  superiora che si recasse a pregare sulla tomba di lei. Vi andò  ella infatti, e trovandosi là inginocchiata tutta sola e nel cupo della notte, fu assalita da un subitaneo timore, insinuatole forse  dal demonio, che voleva distrarla da quel caritatevole officio.  Abituata però com'era alle sue astuzie, si tenne salda ed offrì a  Dio quello spavento in espiazione per la defunta,  rappresentandogli come non fosse curiosità ma obbedienza che  la induceva ad interessarsi dello stato di quell'anima, e poiché  era a lui piaciuto di farla custode in vita di quella povera  pecorella, fosse naturale ch'ella trepidasse per lei dopo la  morte. Ed ecco venirle innanzi la morta in abito da religiosa,  emettendo dal capo come una fiamma ardente, il cui calore  bruciava quasi il viso della priora, alla quale suor Angelica con  grande umiltà domandò perdono dei dispiaceri causatile  durante la vita, ringraziandola dell'affettuosa assistenza che le  avea prodigata nell'ultima malattia. La madre Agnese, da parte  sua, tutta confusa, domandava perdono alla suora, pretendendo  nella sua umiltà di non averle prestato tutte quelle cure, alle  quali sarebbe stata tenuta nella sua carica di superiora. Ma suor  Angelica seguitava a ringraziarla e ad attestarle la sua  riconoscenza, perché in vita le aveva spesso inculcate quelle  parole del Vangelo: «Maledetto colui che compie con  negligenza l'opera di Dio». La spronava in pari tempo ad  eccitare le suore a servir Dio con sollecitudine e ad amarlo con  tutto il cuore, e soggiunse: - Se si potesse arrivare a  comprendere quanto son grandi i tormenti del Purgatorio, si  starebbe sempre all'erta per cercare di evitarli.

Tutti sanno quanto grande fosse il fervore delle prime  compagne di S. Teresa, di quelle anime elette, che ella si era  associate per la riforma del Carmelo. Eppure malgrado la loro  santità e le loro eroiche penitenze, quasi tutte dovettero provare  le pene del Purgatorio. Ecco quanto racconta a tal proposito la  Santa stessa (Vita S. Teresa, scritta da lei stessa, cap. 30).  « Una religiosa di questo monastero, gran serva di Dio, essendo  morta appena da due giorni e recitandosi per lei in coro l'Ufficio dei defunti, mentre una suora leggeva una lezione ed  io ero in piedi per dire il versetto, alla metà della lezione vidi  l'anima della suddetta uscire dal fondo della terra e salire al  cielo. Nello stesso monastero moriva, in età di diciotto o venti  anni circa, un'altra religiosa vero modello di fervore e di virtù,  la cui vita era stata una serie non interrotta di patimenti e di  dolori sofferti con ammirabile pazienza. Io non dubitavo che  sarebbe libera dalle fiamme del Purgatorio; eppure, mentre  circa quattro ore dopo la sua morte recitavo l'Ufficio, vidi  parimenti la sua anima uscir dalla terra e salire al cielo ».

Sac. Luigi Carnino,

mercoledì 10 febbraio 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Un altro fatto assai impressionante si legge nelle cronache  domenicane a proposito del fuoco del Purgatorio (v.  Ferdinando di Castiglia, Storia di S. Domenico, 2a parte, libro  I, cap. a3). A Zamora, città del regno di Leon in Spagna, viveva  in un convento di Domenicani un buon religioso, legato in  santa amicizia ad un Francescano, uomo anch'egli di esimia  virtù. Un giorno in cui i due frati s'intrattenevano fra loro di  cose spirituali, si promisero scambievolmente che il primo che  fosse morto sarebbe apparso all'altro, se cosa Dio fosse  piaciuto, per informarlo della sarte toccatagli nell'altro mondo.  Morì per primo il Francescano e, fedele alla sua promessa,  apparve un giorno al religioso Domenicano mentre stava  preparando il refettorio, e dopo averlo salutato con  straordinaria benevolenza, gli disse di essere bensì salvo, ma  che gli rimaneva ancora molto da soffrire per una infinità di  piccoli falli, dei quali non si era emendato durante la vita. Poi  soggiunse: - Niente v'è sulla terra che possa dare un'idea delle  mie pene. - E perché l'amico ne avesse una prova, il defunto  stese la destra sulla tavola del refettorio, dove l'impronta rimase  così profonda, quasi vi avessero applicato sopra un ferro  rovente. Quella tavola si conservò a Zamora fino al termine del  ‘700, epoca nella quale le rivoluzioni politiche la fecero sparire  insieme con tanti altri ricordi di pietà dei quali abbondava  l'Europa.

«Usque ad novissimum quadrantem!»

Ma forse, dirà qualcuno, supplizi così atroci saranno riservati ai grandi peccatori o a coloro che avendo accumulato quaggiù in  terra colpe su colpe, si convertono solo in punto di morte senza  far penitenza dei loro falli. Purtroppo non è così: i fatti sopra  narrati e quelli che stiamo per raccontare dimostrano proprio il  contrario, che saranno cioè puniti anche i falli leggeri, anche le  mancanze che crediamo trascurabili e nelle quali cadiamo tanto  spesso e tanto volentieri, illudendoci di non doverne pagare poi  pena alcuna nell'altra vita.

Sac. Luigi Carnino,

lunedì 30 novembre 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE 

Assai interessante il fatto seguente, che leggiamo nella vita di  S. Nicola da Tolentino. Un sabato, di notte, mentre il Santo  dormiva, vide in sogno una povera anima del Purgatorio, che lo  supplicò di celebrare nella mattina seguente il divin Sacrificio  per lei e per molte altre anime che soffrivano in Purgatorio. Il  Santo, avendo riconosciuto la voce di chi gli parlava, senza  potersi tuttavia ricordare a quale persona a lui nota  appartenesse, domandò allo spirito chi fosse. - Io sono il tuo  defunto amico Fra Pellegrino da Osimo, che purtroppo sarei  andato dannato senza il soccorso della divina misericordia; mi  trovo in luogo di pena; ho bisogno del tuo aiuto, ed anche a  nome di molte altre anime infelici vengo a supplicarti di voler  celebrare per noi domani la santa Messa, dalla quale  attendiamo la liberazione, o almeno un gran sollievo dalle  nostre pene. - Voglia il Signore applicarti i meriti del suo  Sangue prezioso, rispose il Santo, ma in quanto a me, non  posso soccorrerti domani col suffragio che mi domandi, perché  essendo officiante di settimana, siccome domani è giorno di  festa, non potrei celebrare all'altare del coro la Messa dei  defunti. – Deh! vieni, vieni almeno con me, gridò allora il  defunto con lacrime e singhiozzi, te ne scongiuro per amor di Dio, vieni a contemplare le nostre sofferenze, e non sarai più sì  crudele da negarmi il favore che ti domando: so che il tuo  cuore è troppo buono perché tu possa più oltre lasciarci in tante  pene. Parve allora al Santo di essere trasportato in Purgatorio,  dove vide una vasta pianura, nella quale una moltitudine di  anime di tutte le età e condizioni erano tormentate con vari ed  atroci supplizi. E qui bisognerebbe la penna dell'immortale  Alighieri, del cantore sublime dell'Inferno e del Purgatorio per  riferire i tormenti indicibili da cui vide il Santo afflitte quelle  povere anime, e forse l'immaginazione stessa di Dante  impallidirebbe dinanzi a tanto spettacolo di dolore. Non ci  proveremo quindi a farlo, ma diremo solo che quegli spiriti  penanti imploravano in coro coi gesti e colla voce gemente  l'aiuto di san Nicola, al quale Fra Pellegrino disse: - Ecco,  come vedi, la situazione di quelli ché mi hanno a te inviato:  essendo tu caro al Signore, confidiamo che nulla rifiuterà egli  all'oblazione del santo Sacrificio compiuta dalle tue mani, e  siamo sicuri che la divina misericordia ci libererà. - Sparita in  tal modo l'apparizione, il Santo non poté frenare le lacrime alla  considerazione di sì straziante spettacolo, e postosi in preghiera  per tutto il resto della notte, appena albeggiato corse a trovare il  priore per raccontargli l'accaduto. Questi, penetrato dalla  descrizione di quelle pene, lo dispensò non solo per quel  giorno, ma per l'intera settimana dall'ufficio di ebdomadario,  onde potesse durante quel tempo offrire il divin Sacrificio a  sollievo di quelle povere anime. Il Santo in quel giorno e per  tutta la settimana celebrò la Messa con straordinario fervore,  dedicandosi inoltre giorno e notte alla pratica delle virtù e delle  penitenze più austere, prolungando le sue veglie e le sue  orazioni, digiunando a pane ed acqua, martoriando il suo corpo  con discipline e portando una catena di ferro strettamente  serrata ai fianchi. Al termine di quei sette giorni, il Santo ebbe  la consolazione di vedersi nuovamente comparire Fra  Pellegrino, non più in mezzo a quelle orribili torture, ma ricoperto di una veste candidissima e circondato di splendori  celesti, in mezzo ai quali gioivano molte altre anime benedette,  che tutte salutarono il Santo, chiamandolo loro liberatore, e  cantando mentre salivano al cielo: Salvasti nos de af fligentibus  nos, et odientes nos confudisti! (Ps. 43, 7)

Sac. Luigi Carnino

giovedì 1 ottobre 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE

Racconteremo ora quanto accadde a Sancio virtuosissimo re di  Spagna, com'è riferito da Giovanni Vasquez. (Cronica, an. 940)  - Questo principe, fervente cristiano, morì avvelenato da uno  de' suoi vassalli. Dopo la sua morte la consorte Guda non  cessava di pregare e di far pregare pel riposo di quell'anima:  fece celebrare un numero immenso di Messe, e per non  separarsi da quelle care spoglie, prese il velo nel monastero di  Castiglia, dove era stato sepolto il corpo del consorte. Indi a  qualche tempo mentre un sabato ella stava pregando con gran  fervore la SS. Vergine per la liberazione del defunto, le apparve  costui, ma oh Dio! in qual misero stato! Era vestito in  gramaglia, e per cintura portava doppio giro di catene  arroventate, e rivolgendosi a Guda, le disse: - Ti ringrazio delle  preghiere che fai per me e delle Messe che facesti celebrare in  mio suffragio, ma prosegui, te ne prego, in quest'opera  caritatevole. Se tu sapessi quanto io soffro faresti certamente  assai di più, e il tuo zelo nel sollevare me, che tanto amasti  sulla terra e che non hai cessato di amare, aumenterebbe  d'assai. Per le viscere della divina misericordia soccorrimi, o  Guda, soccorrimi, poiché queste fiamme mi divorano! 

La pia  Regina incominciò allora a raddoppiare preghiere, digiuni e  buone opere affin di sollevare quell'anima si duramente  martoriata. Per quaranta giorni non cessò di piangere a calde  lacrime per spegnere le fiamme che divoravano il suo povero  marito; fece dispensare larghe elemosine ai poveri a nome del  defunto, fece celebrare un gran numero di Messe, e a tal fine  donò al monastero splendidi arredi. Passati i quaranta giorni le  apparve nuovamente il Re, ma libero dalle catene di fuoco, e invece di gramaglia, ricoperto di un manto candidissimo, nel  quale Guda riconobbe con sorpresa quello da lei donato alla  chiesa del monastero, e che scomparso all'improvviso - dalla  sacristia, si credette involato dai ladri. - Ecco, le disse il Re;  grazie a te, io son libero e non ho più nulla a soffrire; sii  benedetta per sempre! Persevera nei tuoi pii esercizi, e medita  spesso sul rigore delle pene dell'altra vita e sulle gioie del  Paradiso, dove io vado ad aspettarti. - A tali detti la Regina,  piena di gioia, volle tendere le braccia verso il defunto  consorte, ma questo disparve lasciando in mano di lei il  mantello, che ella rese alla chiesa cui lo aveva donato la prima  volta.

Sac. Luigi Carnino,

sabato 12 settembre 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE 

***

Pena del danno e pena del senso

V'è nel Purgatorio, come nell'Inferno, doppia pena, quella del  danno, che consiste nella privazione di Dio, e quella del senso.  La pena del danno è senza paragone più grande, ed è tanto più  intensa in quantochè quelle anime vivendo nell'amicizia di Dio;  sentono più forte il bisogno di unirsi a lui (Id.). La Chiesa non si è mai pronunziata sulla natura della pena del senso. Nel  Concilio di Firenze fu lungamente dibattuta anche questa  questione fra i Greci e i Latini, ma per non porre ostacolo alla  desiderata unione delle due Chiese, nulla venne deciso. Però  siccome tutti i teologi insegnano che questa pena è quella del  fuoco, come pei dannati, sarebbe temerità allontanarsi da tale  opinione. 

Secondo S. Gregorio Magno, S. Agostino e S.  Tommaso, questo fuoco è sostanzialmente uguale a quello  dell'Inferno: la differenza consiste solo nella durata. Agli  insegnamenti dei Padri e dei Teologi, fanno eco gli  insegnamenti dei Mistici e le rivelazioni dei Santi. Nella storia  del Padre Stanislao Choscoa, domenicano, leggiamo il fatto  seguente (Brovius, Hist.Hist, de, Pologne, année 1590). Un  giorno, mentre questo santo religioso pregava per i defunti,  vide un'anima tutta divorata dalle fiamme, alla quale avendo  egli domandato se quel fuoco fosse più penetrante di quello  della terra: - Ahimè!, rispose gridando la misera, tutto il fuoco  della terra paragonato a quello del Purgatorio è come un soffio  d'aria freschissima. - E come ciò è possibile? soggiunse il  religioso. Bramerei farne la prova a condizione che ciò  giovasse a farmi scontare una parte delle pene che dovrò un  giorno soffrire in Purgatorio. - Nessun mortale, replicò allora  quell'anima, potrebbe sopportare la minima parte di quel fuoco  senza morirne all'istante tuttavia se tu, vuoi convincertene,  stendi la mano: - Il padre, senza sgomentarsi, porse la mano,  sulla quale il defunto avendo fatto cadere una goccia del suo sudore, o almeno di un liquido che sembrava tale, ecco all'improvviso il religioso emettere grida acutissime e cadere in  terra tramortito, tanto era grande lo spasimo che provava.  Accorsero i suoi confratelli, i quali prodigarono al poveretto  tutte le cure, finché non ottennero che ritornasse in sé. Allora  egli pieno di terrore raccontò lo spaventoso avvenimento, di cui  egli era stato testimone e vittima, conchiudendo il suo discorso  con queste parole – Ah! fratelli miei, se ognuno di noi conoscesse il rigore dei divini castighi, non peccherebbe  giammai facciamo penitenza in questa vita, per non doverla poi  fare nell'altra, perché terribili sono quelle pene; combattiamo i nostri difetti, e correggiamoli, e specialmente guardiamoci dai  piccoli falli, poiché il Giudice divino ne tiene stretto conto. La  maestà divina è tanto santa che non può soffrire nei suoi eletti  la minima macchia. - Dopo di che si pose in letto, ove visse per  lo spazio di un anno in mezzo ad incredibili sofferenze  prodottegli dall'ardore della piaga che gli si era formata sulla  mano. Prima di spirare esortò nuovamente i suoi confratelli a  ricordarsi dei rigori della divina giustizia, e quindi morì nel  bacio del Signore. 

Lo storico soggiunge che questo esempio  terribile rianimò il fervore in tutti i monasteri, e che i religiosi  si eccitavano a vicenda nel servizio di Dio, affine d'essere salvi  da così atroci supplizi. - Un fatto quasi uguale avvenne alla  beata Caterina da Racconigi (Diario Domenicano, Vita della  Beata, 4 Sett.). Una sera, mentre ella assalita dalla febbre stava  coricata in letto si mise a pensare agli ardori del Purgatorio, e  secondo la sua abitudine, rapita di lì a poco in estasi, fu  condotta da nostro Signore in quel luogo di pena. Mentre  osservava con terrore quegli ardenti bracieri e quelle fiamme  divoratrici, in mezzo alle quali son trattenute le anime che  hanno ancora da espiare qualche fallo, udì una voce che le  disse: - Caterina, affinché tu con maggior fervore possa  procurare la liberazione di queste anime, sperimenterai per un  istante nel tuo corpo le loro sofferenze. - In questo mentre una  favilla di quel fuoco andò a colpirla nella guancia sinistra: le  consorelle che si trovavano vicino a lei per curarla videro  benissimo questo fatto, e nel tempo stesso osservarono con  orrore che il viso di lei si gonfiò in maniera spaventosa,  mantenendosi poi per più giorni in quello stato. 

La Beata  raccontava alle sue sorelle che tutti i patimenti da lei sofferti  fino a quel momento (ed erano stati molti), erano nulla a  paragone di quello che le faceva soffrire quella scintilla. Fino a quel giorno erasi sempre occupata in modo tutto speciale di  sollevare le anime purganti, ma da allora in poi raddoppiò il  fervore e l'austerità per accelerare la loro liberazione, poiché  sapeva ormai per esperienza il gran bisogno che quelle hanno  d'essere sottratte ai loro supplizi.

***

Sac. Luigi Carnino

venerdì 17 luglio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE 


Pena del danno e pena del senso

Dopo, la divina sentenza, supposto che l'anima sia condannata  al Purgatorio, il desiderio di purificazione invade l'anima  stessa, che nella pena che le è riservata vede la via che la  condurrà più presto in Paradiso. S. Caterina da Genova, nel suo  meraviglioso Trattato del Purgatorio, dice che l'anima corre a  precipitarsi in Purgatorio, tanto è grande l'orrore che  concepisce dei suoi falli dinanzi alla purezza e alla santità di  Dio e tanto è impaziente di purificarsi dalle sue sozzure. Ecco  le parole della Santa: «Siccome lo spirito mondo e purificato  non trova luogo, eccetto Dio, per suo riposo, essendo stato  creato a questo fine; così l'anima in peccato, altro luogo non  trova adatto, salvo l'Inferno, avendole ordinato Iddio quel  luogo per fine suo: perciò in quell'istante in cui lo spirito è  separato dal corpo, l'anima corre verso l'ordinato suo luogo,  senz'altra guida che la natura del peccato, quando l'anima parte  dal corpo in peccato mortale. E se l'anima non trovasse in quel  punto quell'ordinazione (procedente dalla giustizia di Dio)  rimarrebbe in un maggiore inferno; perciò non trovando luogo  conveniente, né di meno male per lei, per l'ordinazione di Dio  vi si getta dentro, come nel suo proprio luogo.

«Così a proposito del Purgatorio, l'anima separata dal corpo,  non trovandosi in quella purezza nella quale fu creata, e  vedendo in sé l'impedimento che non le può essere levato se  non per mezzo del Purgatorio, presto vi si getta dentro, e  volentieri e se non trovasse questa ordinazione, atta a levarle  quell'impaccio, in quell'istante in lei si genererebbe un vero inferno, vedendo di non potere accostarsi (per l'impedimento)  al suo fine, che è Dio, il quale le è tanto a cuore, che in  comparazione al Purgatorio è da stimarsi nulla, benché, come si  è detto, sia simile all'Inferno (cap- 7)».

Le rivelazioni dei Santi confermano quanto dice S. Caterina da  Genova. Leggiamo in S. Geltrude come una religiosa del suo  monastero, nota per le sue austere virtù, essendo morta ancor  giovane con sentimenti di edificante pietà, si manifestasse alla  Santa, mentre questa stava pregando per lei. La defunta fu vista  innanzi al trono dell'Altissimo circondata da una brillante  aureola e ricoperta di ricche vesti tuttavia sembrava triste in  volto e pensierosa, e teneva gli occhi bassi quasi si vergognasse  di comparire innanzi a Dio. Sorpresa Geltrude, domandò al  divino Sposo delle vergini la causa di quella tristezza e di quel  timore, e lo pregò di invitare quella sua sposa presso a lui.  Allora Gesù, fatto cerino a quella buona religiosa di  avvicinarsi, le sorrideva con amore; ma ella sempre più turbata  ed esitante, dopo aver fatto un grande inchino alla Maestà di  Dio, si allontanò. Santa Geltrude, più che mai stupita,  rivolgendosi direttamente a quell'anima, le disse: - Figlia mia,  perché esiti e ti allontani, mentre il Salvatore t'invita? Hai  sempre desiderato questa suprema felicità durante la vita  terrena, ed ora che sei chiamata a goderne, te ne rimani così  fredda e impassibile? Non vedi forse che il buon Gesù ti  aspetta? - Ma quell'anima rispose - Ah! madre mia, io non sono  ancora degna di comparire innanzi all'Agnello immacolato,  poiché mi restano ancora alcune macchie da purificare. Per  potersi avvicinare al Sole di Giustizia bisogna essere più puri  della luce stessa ed io non ho ancora questa perfetta purezza  che egli brama di contemplare nei suoi Santi. Anche se le porte  del cielo fossero spalancate dinanzi a me e da me sola  dipendesse il varcarle, non oserei giammai di farlo prima di  essere intieramente purificata dalle più piccole colpe; mi sembrerebbe che il coro delle Vergini, che seguono di continuo  l'Agnello divino, mi dovesse scacciare lontano da lui per non  esserne degna. - Ma come può esser ciò che mi dici, rispose la  Santa, se io ti vedo, o mia figlia, circondata di luce e di gloria?  - Quanto voi vedete, rispose quella, non è che la frangia delle  vesti sublimi dell'immortalità. Ben altra cosa è il vedere Iddio,  il vivere in lui e possederlo per sempre! Per conseguire però  questa grazia è necessario che l'anima non abbia in sé la più  piccola macchia di colpa. Così, dopo il giudizio, si inizia la  purificazione, hanno inizio le pene. E quali pene! Vicino alla  bara di un nostro caro, che le sofferenze hanno consumato, ci  confortiamo ordinariamente dicendo: - Almeno ha finito di  patire!... - Oh! finissero veramente, col finire della vita  presente, le nostre pene! Il corpo cessa di soffrire, ma le  sofferenze dell'anima possono continuare, possono accrescersi,  e continuano e crescono generalmente. Infatti secondo quello  che insegnano i Dottori, i patimenti del Purgatorio non solo son  riservati a quasi tutte le creature umane, ma per la loro intensità  neppure sono da paragonarsi ai patimenti della vita presente.  Secondo S. Tommaso, il quale del resto non fa che riferire  l'unanime insegnamento dei Padri, le pene del Purgatorio in  nulla differiscono dalle pene dell'Inferno, eccetto che nella  durata. Altrettanto asseriscono i mistici. Ecco quel che  leggiamo in S. Caterina da Genova «Le anime purganti  provano un tal tormento, che lingua umana non può riferire, né  alcuna intelligenza darne la più piccola nozione, a meno che  Iddio non lo facesse conoscere per grazia speciale (Tratt. del  Purg., cap. 2).

***
Sac. Luigi Carnino

mercoledì 3 giugno 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



Dov'è il Purgatorio?

Ecco tracciata a grandi tocchi la storia del culto dei morti; dal  che risulta che le sentenze del Concilio di Trento, la Tradizione  cattolica e le rivelazioni dei Santi sono concordi nello stabilire  in modo irrefragabile la credenza del Purgatorio. Ora si  presenta l'altra questione importantissima del luogo ove il  Purgatorio si trovi. La Chiesa non si è mai pronunziata su  questo argomento, lasciando i teologi liberi nelle loro opinioni.  Vedremo quello che pensano i mistici, c'intratterremo sulle  rivelazioni dei Santi; intanto riportiamo una interessantissima  pagina del prof. Chollet (I nostri defunti; P. II, cap. II). “Fuor di  dubbio il Purgatorio è luogo di prigionia e può dirsi pure che  l'anima vi è in certo modo incatenata. Di fatti il Purgatorio è un castigo fatto di fuoco probabilmente materiale; ed ogni materia  occupa dello spazio. Di più l'anima è preda di questo fuoco e vi  è abbandonata per divina potenza ne può sfuggirne fino al  momento della sua completa purificazione. Tuttavia essa  conserva dei contatti col mondo esteriore. Vedremo più tardi,  che il fuoco della divina giustizia, sebbene terribile e materiale  realtà, è fornito di qualità che lo fanno ben differente da quello  che consuma il legno arido o rende liquido il metallo  arroventato. Sopratutto è fenomeno che appartiene al di là, vale  a dire ad un ordine materiale diverso da quello del nostro  mondo sensibile. Al modo stesso che i corpi risuscitati, sia  degli eletti che dei reprobi, sebbene corpi veri rivestiranno  delle qualità assolutamente diverse da quelle della vita  presente, così pure il fuoco che tormenterà questi ultimi  possederà un carattere speciale. Chi impedisce d'altronde di  considerare il fuoco del Purgatorio come una materia avente  analogia nelle sue qualità spirituali con quelle dei corpi  glorificati? E se così è, questo fuoco non potrebbe avere come  appunto i corpi glorificati, come il corpo eucaristico del  Salvatore, una localizzazione diversa da quella dei corpi  terrestri?”

«Oltre a ciò non è punto necessario supporre riunito in una sola  massa ardente tutto il fuoco che tormenta le anime; non v'è  nessuna necessità di sostenere che il fuoco che purifica l'anima  di Pietro abbia a trovarsi nel luogo stesso e insieme a quello  che purifica l'anima di Paolo. Questo fuoco si apprende  all'anima e la chiude fra le sue vampe; l'anima col suo senso  misterioso è avviluppata dentro questo ardore; ma perché non  potrebbe ella allo stesso tempo che vi è imprigionata raggiare  al di fuori, e vedere intorno a sé? Quel fuoco d'altronde non è  assegnato, come pare, ad un luogo fisso. Aderente all'anima, la  segue in ogni moto, l'invade tutta del suo misterioso ardore e  con lei si trasferisce, a guisa di fornace accesa nel cuore, che il suo ardore diffonde in tutto l'organismo, circola nelle vene e  nelle arterie, irraggia nei nervi e nei muscoli, in qualunque  luogo divora la sua preda.

Se così è, il Purgatorio parrebbe piuttosto uno stato che un  luogo; e lo stato delle anime giuste ma non del tutto purificate,  sarà simile alla condizione dolorosa dei figli che hanno offeso  il padre e son privi per qualche tempo di vederne l'aspetto; al  supplizio di cuori amanti, straziati dal rimorso delle offese che  rammentano fatte al padre amato. Nello stesso modo sarà il  castigo del fuoco. L'anima trascinerà seco il suo supplizio,  come l'augellino ferito dal piombo micidiale, porta seco infissa  nel fianco la morte e corre l'aria con volo doloroso. Essa non  avrà perduto perciò ogni contatto con questo mondo, come non  l'ha perduto col cielo.

Ciò premesso, dato che, come si è accennato sopra, siamo in un  campo assai libero, veniamo alle rivelazioni dei Santi. Santa  Francesca Romana ci fa sapere che il Purgatorio non è che uno  scompartimento dell'Inferno, che secondo la Santa sarebbe  diviso in quattro parti, la prima delle quali costituisce il vero e  proprio inferno dei dannati, che trovasi al centro, mentre le  altre parti costituirebbero il Purgatorio, il Limbo dei santi  Padri, e il limbo dei fanciulli morti senza battesimo. La  descrizione di Santa Francesca Romana è conforme alla  opinione di S. Tommaso, secondo il quale il fuoco del  Purgatorio è tutto simile a quello dell'Inferno. Tuttavia non è  escluso che la giustizia divina permetta talvolta che le anime  soddisfino alla pena dei loro falli nei luoghi stessi dove  peccarono o vissero, o si rivelino comunque in determinati  luoghi. Non mancano antiche rivelazioni narrate da S. Gregorio  Magno (libr. 4 Dial. cap. 40 e 55) e da S. Pier Damiani negli  scritti intorno ai miracoli del suo tempo. Noi riferiremo quanto  riporta Mons. Alfredo Vitali, nel suo volumetto Il Mese di Novembre a proposito di un'apparizione di questo genere. «Era  una fredda sera di Novembre del 1894 e il sacerdote D.  Fabiano Battaglini in sulle due ore di notte, dopo le funzioni di  chiesa, faceva ritorno alla sua abitazione sul colle Palatina. Da  più anni egli si occupava dell'Oratorio Notturno nella chiesa di  S. Lorenzo in Fonte sulla via Urbana, ove nel Novembre si  celebrava il devoto esercizio del Mese dei Defunti. « Per fare  ritorno alla sua casa il buon sacerdote doveva percorrere la via  del Colosseo e poi volgere a destra e percorrere la breve  stradicciola che mette sull'area del Tempio di Venere e Roma,  alle spalle della Chiesa di S. Maria Nuova o S. Francesca  Romana. In quell'epoca, al termine della stradicciola, per  entrare nell'area del tempio, si doveva attraversare uno stretto  passaggio tra due bassi muriccioli, uno dei quali, quello di  destra, si prolungava a fianco di un sentiero sassoso che,  dolcemente salendo, portava ad un orto, che ancora esiste, di  prospetto al Monastero di S. Maria Nuova. Costeggiava questo  muricciolo una fila di colonne spezzate ed abbattute, quelle che  ora formano riparo lungo il ciglio della platea del tempio, di  prospetto al Colosseo ed alla via Sacra. Un custode notturno  doveva vigilare, girando, quella zona solitaria e pericolosa;  quindi non era infrequente caso che D. Fabiano trovasse seduto  sopra uno dei due muriccioli l'uomo, cui toccava il turno di  servizio. « Il buon sacerdote, conosciuto da tutto il personale  addetto agli scavi del Palatino, soleva talora intrattenersi per  breve tempo con il custode, scambiare con lui una parola ed  offrirgli una presa di tabacco.   

- Buona sera, D. Fabià - era il consueto saluto d'ogni incontro.  
- Buona sera - la risposta di quella buona pasta d'uomo,  semplice e gioviale.

Era dunque una sera di Novembre del 1894 e Don. Fabiano se  ne tornava in casa questa volta in compagnia di un suo conoscente, un buon vecchio, impiegato dell'Ufficio Scavi.  Giunti entrambi al passaggio tra i due muriccioli, trovarono il  custode, che col suo bastone, seduto, passava le sue ore di  guardia. Lo salutarono e, scambiando qualche parola, si  allontanarono alquanto, poi si fermarono, perché lo sguardo di  tutti fu richiamato da una figura bianco vestita, che con passo  lento, il capo chino e i capelli disciolti lungo le spalle,  discendeva dal sentiero che costeggiava l'orto, di cui si è fatto  cenno. Tutti silenziosi osservavano con attenzione, compresi da  una certa meraviglia, la strana figura. Sembrava una donna, ma  la fioca cuce del lontano fanale non ne lasciava discernere i  lineamenti. Essa passò poco discosta dai tre, silenziosa, e  s'incamminò lentamente, come fosse stanca, alla volta delle  colonne, distese lungo il muricciolo; e quando fu presso la  seconda, a breve distanza dai suoi osservatori, alzò in alto le  braccia, accompagnandole con un moto del capo all'indietro e  gridando con accento lungo, doloroso, straziante: « quanto  soffro! » si abbandonò pesantemente sulla colonna. A quel  grido accorsero i tre, e: « Buona donna » dissero tosto, « che  cosa avete ? »... Ma quale fu la loro sorpresa nel non vedere più  alcuno!... La visione era sparita... Il custode allora disse che  altre volte aveva veduto aggirarsi quei fantasma per quei  luoghi, senza porvi mente e senza essere richiamato  all'attenzione da cenno o dà parola alcuna.  In tutti rimase la  persuasione trattarsi di una apparizione di anima del  Purgatorio, e perciò, tanto il sacerdote che i due secolari si  affrettarono a suffragarla con Messe ed altre opere espiatorie.  Questo fu narrato allo scrivente dal medesimo sacerdote, D.  Fabiano Battaglini  (Op. cit., pag. 5 1 segg.).

Alcune volte, specialmente per quelli che muoiono di morte  violenta, sembra che compiasi l'espiazione nel luogo stesso ove  furono uccisi. Le leggende di tutti i grandi campi di battaglia e  di tutti i luoghi nei quali il delitto ha fatto scorrere sangue umano, ci parlano di pianti e di grida ascoltate durante la notte  ed imploranti preghiere e suffragi. Per quanto vogliasi gridare  alla superstizione, non mi par possibile escludere tutti i fatti di  questo genere, che si trovano raccontati nelle storie, tanto più  che buon numero di essi son riferiti da autori seri ed imparziali.  Tritemio, nella sua Cronaca (anno 1058), racconta il fatto di  numerosi soldati che comparivano ad alcuni religiosi sul campo  di battaglia dove erano periti, per implorare suffragi; e in  un'opera più recente, La vita del P. Giuseppe Anchieta,  soprannominato, per il suo zelo, l'Apostolo del Brasile, si parla  d'infelici assassinati che comparivano sulla sponda del lago nel  quale erano stati gettati i loro cadaveri, per ottenere suffragi da  un santo religioso dimorante in quei dintorni. Altre volte infine  la giustizia divina assegna a certe anime un luogo speciale di  espiazione, senza che vi sia altra ragione tranne quella della  volontà di Dio, la quale così permette per ammaestramento dei  vivi o per procurare ai defunti quei suffragi dei quali hanno più  bisogno. Per questo motivo, secondo la testimonianza di S.  Gregorio Magno, il diacono Pascasio avrebbe fatto il suo  purgatorio nei bagni di Capua, dove fu visto dal santo Vescovo  Germano occupato a compiere gli uffici più vili finché non  fosse finito il tempo della sua espiazione. (Dialoghi, libro IV,  cap. 40). Con San Tommaso concluderemo dunque che in  quanto al luogo del Purgatorio nulla è espressamente  determinato nella Scrittura, ma che nondimeno è probabile e  conforme al sentimento dei Santi ed a molte rivelazioni, che  questo luogo sia duplice; il primo vicinissimo all'Inferno, di  modo che il fuoco che in questo tormenta i dannati, in quello  purifica i giusti; il secondo esistente quasi in forza di una  specie di eccezione o dispensa, ed è per questo che noi  leggiamo essere state punite delle anime in differenti luoghi,  sia per ammonimento dei vivi, sia per sollievo dei morti, ai  quali così riesce più facile implorare i nostri suffragi e veder  diminuite le loro pene (III parte in suppl. De Purgatorio, art. 2).

Sac. Luigi Carnino

mercoledì 20 maggio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



ESISTENZA DEL PURGATORIO

***

La preghiera per i morti

Nel sesto secolo si introduce l'uso dell'Ufficiatura dei Morti, e  da allora in poi le testimonianze della tradizione si accumulano  in modo che è impossibile citarle tutte. Sul finire del decimo  secolo nella Certosa di Cluny, per opera del santo abate  Odilone ebbe origine la Commemorazione dei Morti, che da  quel tempo si celebra ogni anno dalla Chiesa cattolica il 2 novembre, giorno seguente a quello in cui si celebrano le gioie  della Chiesa trionfante con la Festa di Tutti i Santi. Due secoli  più tardi il grande Alighieri, che va considerato come  l'interprete e lo specchio del suo tempo, riassumendo nella sua  magnifica epopea tutte le pie credenze dell'epoca, esponeva coi  canti più sublimi e con le più commoventi ispirazioni le pene  del Purgatorio. Sappiamo d'altra parte quanta fosse nel medio  evo la devozione verso i defunti. In alcune città quando  scendevano le ombre della notte e ciascuno si riposava dai  lavori della giornata, si udiva per le strade la voce del banditore  notturno, che in quel cupo silenzio andava ripetendo - O buoni  fratelli che vegliate, pregate per i defunti. - Gli uomini dei  nostri giorni, che aboliscono con tanta cura gli emblemi della  morte, troverebbero certamente troppo lugubre un simile  avvertimento, ma in quell'età di fede i popoli erano meno  delicati. La Chiesa militante formava una sola famiglia con la  Chiesa purgante: il ricordo dei poveri morti non turbava il  sonno di nessuno; col pretesto della sensibilità non si cercava  di farlo scomparire dalla mente di coloro che i trapassati  avevano amato. Ai nostri giorni tutto è cambiato. Il ricordo dei  defunti spesso ci riesce importuno: rari i pellegrinaggi alle  tombe, fievole la riconoscenza, pochi i suffragi. Si è tentato  perfino di distruggere i corpi dei nostri trapassati, per impedire  così le salutari lezioni che vengono dalle loro tombe: al rito  cristiano della inumazione si vorrebbe sostituire quello pagano  della cremazione.

Nel secolo decimoquinto il Concilio di Firenze si occupò  lungamente della questione del Purgatorio. Non già che la  Chiesa latina e la greca non si trovassero d'accordo circa  l'esistenza di codesto luogo di pena, ma la controversia era  sorta sulla natura è sulla durata delle pene e, come vedremo  altrove, per non porre ostacolo alla desiderata unione della  Chiesa greca alla latina, il Concilio si astenne dal pronunziarsi su questo punto. Nel secolo seguente una voce blasfema si fece  udire nella Chiesa, condannando per la prima volta la preghiera  per i defunti. Era la voce di Lutero, che voleva infrangere quei  vincoli sacri, che ci uniscono ai fratelli d'oltre tomba,  soffocando la preghiera sulle labbra e la speranza nel cuore di  coloro che rimpiangono dilette memorie. Non più Purgatorio,  non più stato intermedio tra la beatitudine del Cielo e le pene  eterne dell'Inferno; cose tutte contrarie, diceva l'eresiarca, ai  sentimenti più santi, alle ispirazioni più commoventi del cuore  umano. Per una felice incoerenza non pochi protestanti si  riconobbero cattolici presso la tomba di persone a loro care, e  malgrado i sofismi del loro spirito, uscì spontanea da quei petti  la preghiera in suffragio dei morti. Tolte però queste eccezioni,  è certo che il Protestantesimo non ammette la preghiera per le  anime dei trapassati. A codeste negazioni infondate, la Chiesa  cattolica, vera madre delle anime, oppose, una splendida  reazione, poiché dopo avere rivendicato solennemente nel  Concilio di Trento l'antica fede sul Purgatorio, dichiarando  anatema chiunque negasse la sua esistenza e l'utilità dei  suffragi pei morti (Sess. VI cap. 3o, Sess. XXII cap. 2, Sess.  XXV decretum), essa promosse per ogni parte la formazione di  pie Società con lo scopo di pregare per i defunti. Così vediamo  a Roma Paolo V autorizzare e incoraggiare la pia pratica di  comunicarsi in una domenica di ogni mese a suffragio dei  defunti, e a Bruxelles stabilirsi una Congregazione il cui scopo  è di pregare per la liberazione delle anime del Purgatorio,  poiché, dicono gli statuti di questa Congregazione, se vi sono  nella Chiesa Ordini religiosi fondati col pio scopo di redimere  gli schiavi, con più forte ragione devono esistere congregazioni  e confratelli che si occupino non a liberare dai ceppi i corpi dei  cristiani, ma a trarre le loro anime dalle pene del Purgatorio.  Queste pie confraternite si moltiplicarono e diffusero per tutto  il mondo cristiano, e dappertutto furono arricchite di privilegi e  di numerose indulgenze dai Vescovi e dai Sommi Pontefici. 

Pure ai nostri dì molto si prega per le anime sante del  Purgatorio. La pratica dell'atto eroico a vantaggio dei defunti,  che nei tempi passati era in uso solo qua e là, quasi come  eccezione, ai giorni nostri si è talmente generalizzata, che  intere comunità religiose hanno più volte rinunziato a tutto il  merito delle loro opere buone per convertirlo a pro dei defunti,  e in quasi tutte le parrocchie è invaso il pio costume di  consacrare l'intero mese di Novembre a suffragare le anime del  Purgatorio. Finalmente in questi ultimi anni si è formato un  Ordine religioso con lo scopo di procurare per mezzo della  preghiera e del sacrificio il sollievo di quelle povere anime.  Così il ricordo dei morti rimane, e rimane a dispetto della lotta  ché si è fatto e si sta facendo a danno di quei cari che,  lasciandoci, sperarono nel nostro soccorso, e non è un ricordo  sterile, ma fatto di rimedi efficaci, di preghiere, di sacrifici, di  opere buone, offerte alla giustizia divina, onde affretti il  soggiorno beato della perpetua pace nella visione beatifica alle  anime sante di coloro, che ci precedettero nel travaglio della  vita terrena.

Sac. Luigi Carnino