mercoledì 19 maggio 2021

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI

 


Dalla vita della beata Stefanina Quinzana togliamo un esempio,  che avvalora quanto stiamo asserendo. Una religiosa  domenicana, chiamata Suor Paola, era morta a Mantova dopo  una lunga vita menata nell'esercizio delle più eroiche virtù. Il  cadavere di lei, portato in chiesa, era stato posto in mezzo al  coro, e mentre, secondo il rito ecclesiastico, ne veniva fatta  l'assoluzione, la beata Stefanina Quinzana, che era legata da  stretta amicizia alla defunta, inginocchiatasi presso la bara, si  pose a raccomandare a Dio con tutto il fervore dell'anima la  compianta amica. Quand'ecco questa all'improvviso lasciar  cadere il crocifisso che teneva fra le mani, tendere la sinistra,  ed afferrando con questa la mano destra della beata, stringerla  con tanta forza, da non poterla più svincolare. Per più di un'ora  quelle due mani restarono così serrate, durante il qual tempo  Suor Stefanina sentiva in fondo al suo cuore una voce  inarticolata, che diceva: - Soccorretemi, sorella mia,  soccorretemi negli spaventosi supplizi che mi tormentano. Oh!  se sapeste la rabbia dei nostri nemici invisibili nell'ora della  morte, e la severità del Giudice che esige il nostro amore, che  esamina le nostre più indifferenti operazioni, e l'espiazione da  farsi prima di giungere alla ricompensa! Se sapeste come  bisogna esser puri per ottenere la corona immortale! Pregate  molto per me, sorella mia; ponetevi mediatrice fra la giustizia di Dio e i falli di me meschina; pregate, pregate e fate  penitenza per me che non posso più aiutarmi. - Tutta la  comunità rimase stupita a quel fatto, quantunque nessuno  intendesse i lamenti della defunta; finalmente intervenne il  superiore che in virtù di santa obbedienza comandò a suor  Paola di lasciare Stefanina. Ubbidì subito la defunta, e la sua  mano ripiombò inanimata sul feretro. - La storia della Beata  riferisce che ella fu fedele alla preghiera dell'amica, e si diè ad  ogni sorta di penitenze e di opere soddisfattorie, finché una  nuova rivelazione le fece conoscere che suor Paola era stata  finalmente liberata da quei tormenti ed ammessa alla gloria  eterna.

Vorremmo che le anime pie restassero colpite da questi esempi  e ne approfittassero per emendarsi, considerando che quelle  piccole imperfezioni, quei difetti di ogni giorno, di cui si  accusano sì spesso al santo tribunale della penitenza,  senz'averne però quasi mai una sufficiente contrizione, trovano  nell'altra vita una rigorosa espiazione. Il fatto seguente valga ad  affermare quanto andiamo dicendo.

Cornelia Lampognana fu una santa matrona che visse a Milano,  ad imitazione di Santa Francesca Romana, nella professione  perfetta dei tre stati di vergine, di sposa e di vedova. Essendo  strettamente in santa amicizia con una religiosa del terz'Ordine  di san Domenico, un giorno in cui s'intrattenevano delle cose  dell'altra vita, si promisero scambievolmente che se così fosse  piaciuto a Dio, la prima di loro che morisse, apparirebbe  all'altra. Dopo cinque anni Cornelia passò da questa vita, e in  capo a tre giorni si presentò alla sua compagna, mentre era in  cella inginocchiata ai piedi del crocifisso. Stupita a tal vista, la  religiosa esclamò: - O Cornelia, Cornelia mia, come sono felice  di rivederti! Dove ti trovi tu dunque? Certo sarai già nel seno di  Dio, che servisti in questa vita con tanto zelo ed amore! – 

Ahimè! Ancora no, rispose l'altra. Vedi come sono diversi i  giudizi di Dio da quelli degli uomini! Io sono in luogo di pena  e vi dovrò restare ancora per qualche tempo in espiazione dei  falli della mia vita, che avrebbe potuto essere più fedele e più  fervente. - Prendendo poi per mano la sua amica, soggiunse: -  Vieni con me, e ti farò vedere cose meravigliose. - E postosi in  cammino, arrivarono in un vasto campo tutto ripieno di  bellissime viti, sulle cui foglie erano impressi dei caratteri. -  Leggi - disse Cornelia alÍ'amica. Si chinò allora la suora e con  grandissima sorpresa avendo letto su quelle foglie i propri  difetti ed imperfezioni quotidiane, domandò attonita che cosa  volesse ciò significare. Nulla di strano, sorella mia - rispose la  defunta non hai forse letto spesse volte quelle parole  pronunziate da nostro Signore nell'ultima cena: «Io sono la vite  e voi i tralci»? Ogni nostra azione buona o cattiva è una foglia  di questa mistica vigna; per entrare in cielo è necessario che le  foglie del male siano distrutte e consumate dal fuoco: ma,  consolati, sorella mia, poiché guardando ben da vicino, vedrai  che poco ti resta a distruggere, avendo tu fedelmente  perseverato nelle tue promesse verginali, e servito con zelo il  tuo buon maestro. Sono è vero ancor numerose le tue  mancanze, ma non tanto quanto le mie che percorsi sulla terra  stati sì differenti e te ne voglio far convinta. - E avanzandosi di  pochi passi si trovarono di nuovo in una località ripiena di viti  serpeggianti e intrecciantesi da tutte le parti, in maniera che le  foglie ricoprivano il suolo; ed appressandosi ansiosamente la  suora per vedere che cosa fosse scritto su queste: - Fermati, le  disse l'amica: il mio divin Salvatore non permette che tu  conosca fin d'ora le offese che io gli feci, e vuol risparmiarmi  tanta vergogna. Leggi soltanto quel che troverai scritto sulle  foglie che vedi vicine a te. - Allora ella posando lo sguardo su  quelle che le erano più dappresso, vide registrate tutte le  mancanze commesse dalla defunta nel luogo santo, le  irriverenze, le distrazioni, i discorsi inutili fatti in chiesa. - O mio Gesù, gridò allora la religiosa, che s'avrà da fare per  rimediare a tanti falli? Come mai dopo le tue confessioni e  comunioni sì frequenti, dopo le indulgenze da te guadagnate ti  resta ancor tanto da espiare? - Giusto è quanto dici, o sorella,  ma sappi che per la mia tiepidezza e per l'abitudine presavi, io  non trassi tutto quel frutto che avrei dovuto dalle mie  comunioni e confessioni, e quanto alle indulgenze avendone  guadagnate pochissime, tre o quattro al più, a motivo delle mie  abituali distrazioni e della mancanza di fervore, bisogna che  faccia ora quella penitenza che non feci quando pur mi sarebbe  riuscito si facile.  Ragionerebbe quindi da insensato colui che  dicesse di non pregare per un defunto, perché visse e morì da  santo. Quante anime deploreranno amaramente in Purgatorio  questi giudizi troppo favorevoli sulla loro sorte di oltretomba.  Noi abbiamo visto che S. Agostino aveva tutt'altra idea del  rigore dei divini giudizi, dal momento che dopo venti anni  pregava tutti i giorni e scongiurava i suoi lettori pel riposo  dell'anima della sua santa madre Monica.

Sac. Luigi Carnino, Rev. Del.

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