lunedì 31 maggio 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta

IL SESTO COMANDAMENTO: “NON COMMETTERE ATTI IMPURI”. 


Castigo  

Non sproporzionato, ma giusto. 

Per capirlo bisogna considerare la perfezione di Adamo ed Èva.  

Considerando quel vertice, si può misurare la grandezza della caduta in quell'abisso. 

Se alcuni di voi venissero presi da Dio e messi in un nuovo Eden, lasciandovi quello che siete, ma dandovi gli stessi comandi che dette ad Adamo, e voi disubbidiste come Adamo, credete voi che Dio vi condannerebbe con l'uguale rigore con cui condannò Adamo? No. Dio è giusto. Sa quale tremenda eredità è in voi. 

Le conseguenze del peccato d'origine sono state riparate dal Cristo, per quanto è la Grazia. Ma la debolezza della lesione alla perfezione originale rimane. E questa debolezza è costituita dai fomiti, simili a germi infettivi rimasti nell'uomo in latenza, ma sempre pronti ad entrare in potenza e soverchiare la creatura. Anche nei santi più santi essi sono. E la santità altro in fondo non è che frutto della lotta e vittoria continua che l'anima e la ragione del giusto sostengono e riportano per e sugli assalti dei fomiti, per rimanere fedeli all'Amore. 

Ora Dio, che è infinitamente giusto, non sarebbe inesorabile con un di voi come con Adamo lo fu. Perché considererebbe la vostra debolezza. 

Con Adamo lo fu, essendo Adamo dotato di tutto quello che lo poteva far vincitore, e facile vincitore, sulla tentazione. Onde il castigo. Quel castigo in cui si vede che se l'uomo prevaricatore non rispettò i limiti messi da Dio, Dio rispettò i limiti che si era messo verso l'uomo. 

Dio non violentò il libero arbitrio dell'uomo.  

Mentre l'uomo violentò i diritti di Dio. Né prima, né dopo la colpa, Dio violentò la libertà d'azione dell'uomo.  

Lo sottopose ad una prova. Non ignorava, essendo Dio, che l'uomo non l'avrebbe superata. Ma era giusto che ve lo sottoponesse per confermarlo in grazia, come aveva, per lo stesso fine, sottoposto alla prova gli angeli, e confermato in grazia quelli tra loro che avevano vinto la prova. E, sottoponendolo alla prova, lo lasciò libero di agire rispetto ad essa. 

Se Dio avesse voluto violentare la libera volontà dell'uomo di scegliersi il suo destino, o non gli avrebbe proposto la prova, o gli avrebbe legato le potenze del volere in modo che l'uomo fosse impedito di agire male.  

Così pure, se lo avesse voluto premiare nonostante tutto, gli avrebbe o perdonato tutto in anticipo o, per avere base a perdonarlo, gli avrebbe suscitato nel cuore la contrizione perfetta, o quanto meno un'attrizione per i beni che aveva perduto, aiutando, con un suo raggio d'amore, a volgere l'imperfetto dolore di attrizione, per la perdita dei beni presenti in quell'istante e futuri, in perfetto dolore di contrizione per l'offesa fatta a Dio e per la perdita della sua Grazia e Carità. 

Ma tutti questi casi sarebbero stati delle ingiustizie verso gli angeli, che furono sottoposti alla prova, che non ebbero legate le potenze del volere, che non furono perdonati in anticipo, e che non ebbero suscitato nel loro essere, e da Dio stesso, alcun moto di contrizione o attrizione, atto a suscitare un perdono divino.  

Vero è che gli angeli erano più degli uomini favoriti al non peccare per i doni di grazia e per quelli di natura (spiriti privi di corpo e perciò di sensi) e per essere quindi esenti da pressioni interne di senso e da pressioni esterne (il Serpente), e soprattutto per la conoscenza di Dio; e ciononostante peccarono, senza attenuanti d'ignoranza e di stimolo di senso, per pura malizia e sacrilego volere.  

Ma non ci fu nulla di quanto detto prima. Né da pa rte di Dio, né da parte dell'uomo. 

Dio rispettò la volontà umana. L'uomo perseverò nel suo stato di rivolta verso il suo divino Benefattore. Superbamente uscì dall'Eden dopo aver mentito — perché ormai il suo congiungimento con la Menzogna era avvenuto — e l'aver addotto povere scuse al suo peccato, mentre che l'essersi fatto cinture di foglie testimoniava che, non perché erano nudi e di apparir tali a Colui che li aveva creati e conservati vestiti solo di grazia e innocenza si vergognavano, ma perchè erano colpevoli avevano paura di comparire davanti a Dio. 

Paura, sì. Pentimento, no. Onde Dio, dopo averli cacciati dall'Eden, ''pose due cherubini sulle soglie dello stesso 110 ", onde i due prevaricatori non vi rientrassero fraudolentemente per fare bottino dei frutti dell'albero della vita, rendendo nulla una parte del giusto castigo e defraudando ancora una volta Dio di un suo diritto: quello di dare e levare la vita dopo averla conservata sana, lieta e longeva coi frutti salutari dell'albero della vita. 

Castigo giusto, dunque. Privazione di quanto spontaneamente l'uomo aveva spregiato: la Grazia, l'integrità, l'immortalità, la immunità, la scienza. E perciò la perdita della paterna carità di Dio, del suo aiuto possente; e perciò la debolezza dell'anima ferita, la febbre della carne svegliata, delirante e soverchiante la ragione; e perciò la paura di Dio, la perdita dell'Eden dove senza fatica e dolore era la vita; e perciò la fatica, la morte, la soggezione della donna all'uomo, l'inimicizia tra uomo e uomo, tra i figli di un seno, il delitto, l'abuso, tutti i mali che tormentano l'umanità, la paura di morire e del giudizio, il tormento di aver provocato il dolore, e di trasmetterlo a quelli più amati, in un con la vita.». 

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini 

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