mercoledì 26 maggio 2021

Ritorno a casa

 


Cristiani, atei ed ebrei convertiti alla fede cattolica


PAUL CLAUDEL (1868-1955) grande poeta e drammaturgo francese, nacque nel 1868. Laureatosi in scienze politiche si dedicò alla carriera diplomatica, divenendo ambasciatore della Francia in diversi paesi del mondo. Durante la sua giovinezza fu totalmente coinvolto dal materialismo dominante e credeva esclusivamente nella scienza. Visse nell’oscurità per la mancanza di fede, credendo che l’universo fosse dominato da leggi inflessibili e automatiche. Ma nel 1886 avvenne un fatto decisivo per la sua vita. Egli stesso lo narra, ventisette anni dopo, nel suo libro La mia conversione: Così era il disgraziato ragazzino che il 5 dicembre 1886 andò a Notre Dame di Parigi per assistere alla messa natalizia. Allora, cominciavo a scrivere e mi sembrava che nei riti cattolici, osservati con un dilettantismo altero, potessi trovare uno stimolo valido e materia per alcuni esercizi letterari decadenti.

Con questa apertura dell’animo, oppresso e sospinto dalla folla, assistetti con un piacere mediocre a mess’alta. Dopodiché, siccome non avevo nulla da fare, tornai per i Vespri. I bambini del coro, vestiti di bianco... stavano cantando ciò che in seguito scoprii era il Magnificat. Io stavo in piedi in mezzo alla gente, presso il secondo pilastro posto vicino all’entrata del coro, a destra, dal lato della sacrestia.

Allora avvenne l’evento chiave: in un istante il mio cuore fu toccato e credetti. Credetti con un tale trasporto, con una tale agitazione di tutto il mio essere, con una convinzione tanto forte, con una tale certezza che non lasciava spazio a nessun tipo di dubbio. Tutti i libri, tutti i ragionamenti, tutte le vicissitudini della mia vita irrequieta non han potuto scuotere la mia fede, né, sinceramente, toccarla. D’improvviso provai il sentimento lacerante dell’innocenza, dell’eterna infanzia di Dio.

Era un’autentica rivelazione interiore. Fu come uno scintillio: “Dio esiste e sta qui! è qualcuno, è un essere tanto particolare come me! Mi ama!” Le lacrime e i singhiozzi mi colsero e il canto tanto tenero dell’“Adeste” accresceva la mia emozione.

Dolce emozione, nella quale, senza dubbio, si inseriva un sentimento di paura e quasi di orrore, giacché le mie convinzioni filosofiche rimanevano intatte... La religione cattolica continuava ad apparirmi lo stesso tesoro di assurdi aneddoti. I suoi sacerdoti e i fedeli mi ispiravano la stessa avversione, che arrivava all’odio, al disprezzo. L’edificio delle mie opinioni e delle mie conoscenze restava in piedi e io non vi trovavo alcun difetto. Ciò che era successo, semplicemente, è ciò che era traboccato da lui. Un essere nuovo, formidabile, con terribili esigenze per il giovane e l’artista che io ero, si era rivelato, e mi sentivo incapace di accordarmi con ciò che mi circondava.

L’unico paragone che riesco a trovare per esprimere questo stato di disordine completo, nel quale mi trovavo è quello di un uomo che, come in uno scippo, gli hanno strappato di colpo la pelle per sistemarla su di un altro corpo, in mezzo ad un mondo sconosciuto. Ciò che secondo la mia opinione e il mio gusto era la cosa più ripugnante, risultava, senza dubbio ora, la cosa veritiera, alla quale, volente o nolente, dovevo adattarmi. Almeno non sarebbe avvenuto senza che io opponessi tutta la resistenza possibile. Questa resistenza durò quattro anni. Oso dire che realizzai una difesa coraggiosa. E la lotta fu leale e totale. Nulla fu omesso.

Utilizzai tutti i metodi di resistenza immaginabili e provai ad abbandonare una dopo l’altra le armi che non mi servivano. Questa fu la grande crisi della mia vita, questa agonia del pensiero, riguardo alla quale Arthur Rimbaud scrisse: “La lotta interiore è tanto brutale quanto le battaglie tra gli uomini”.

I giovani che abbandonano tanto facilmente la fede non sanno quanto costi poi ritrovarla, e a costo di quali torture. Il pensiero dell’inferno, il pensiero di tutte le bellezze e di tutte le gioie alle quali avrei dovuto rinunciare, diveniva reale e mi dissuadeva da tutto. Ma, infine, la stessa notte di quel memorabile giorno di Natale, dopo esser ritornato a casa, presi una Bibbia protestante che un’amica tedesca aveva regalato a mia sorella Camilla in una certa occasione. Per la prima volta, ascoltai l’accento di questa voce tanto dolce e, al tempo stesso, tanto inflessibile della Sacra Scrittura, che mai ha smesso di riecheggiare nel mio cuore. Io conoscevo la storia di Gesù solo da Renàn e, fidandomi della parola di questo impostore, ignoravo perfino che si fosse dichiarato figlio di Dio. Ogni parola, ogni frase smentiva con la più maestosa semplicità le impudenti affermazioni di questo apostata, e mi aprivano gli occhi...

Sì; era a me, a Paolo tra tutti, che si rivolgeva e prometteva il suo amore. Ma, allo stesso tempo, se non lo seguivo, non mi lasciava altra alternativa che la dannazione.

Ah, non avevo bisogno che nessuno mi spiegasse cosa fosse l’inferno, poiché in esso avevo passato una “stagione”. Queste poche ore mi bastarono per capire che l’inferno sta lì dove non c’è Gesù Cristo. Cosa mi importava del resto del mondo, ora che questo essere nuovo e prodigioso veniva a rivelarmisi?

In una lettera che scrisse nel 1904 a Gabriel Frizeau afferma: Assistevo ai Vespri in Notre Dame e, ascoltando il Magnificat, ebbi la rivelazione di un Dio che mi tendeva le braccia... Ma l’uomo vecchio resisteva con tutte le sue forze a questa chiamata, e non voleva arrendersi a questa nuova vita che si apriva dinnanzi a lui... Il sentimento che più mi impediva di manifestare la mia convinzione era legato al rispetto degli altri. Il pensiero di rivelare a tutti la mia conversione e dirlo ai miei parenti... Mostrarmi come uno dei tanti ridicoli cattolici mi scatenava un sudore freddo. Non conoscevo un solo sacerdote. Né avevo un solo amico cattolico... Ma il grande libro che mi si aprì e nel quale feci i miei studi fu la Chiesa. Sia eternamente lodata questa grande madre nel cui grembo ho imparato tutto. Passavo molte domeniche e molti giorni infrasettimanali nella chiesa di Nostra Signora... Non riuscivo a saziarmi dell’evento della santa messa e ogni azione si imprimeva nel mio spirito e nel mio cuore... Come invidiavo i cristiani che andavano a comunicarsi!

In cambio, appena trovavo la forza, nei venerdì di Quaresima andavo ad intrufolarmi tra coloro che andavano a baciare la corona di spine... Infine, raccogliendo tutto il mio coraggio, mi recai in un confessionale a San Medardo, la mia parrocchia. Incontrai un sacerdote misericordioso e fraterno: padre Menard e, in seguito, incontrai padre Villaume, che mi fece da guida e da padre amato. Neppure ora ho smesso di sentire la sua protezione dal cielo. Feci la mia seconda comunione il giorno di Natale del 1890.

Padre ángel Peña


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