L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.
Il 5 maggio 1931 il Resto del Carlino di Bologna, pubblicò un brillante articolo, di Alberto Spaini, che riporto quasi per intero.
PELLEGRINAGGIO SUL GARGANO
VISITA A PADRE PIO, FIGLIO DI SAN FRANCESCO
Foggia, maggio
Ma, se fra tutti i paesi del mondo, San Giovanni è il solo che non sia mai stato teatro di qualche memorabile miracolo, in compenso gli è stato concesso in questi anni di albergare un sant'uomo che non fa scendere meno consolazione e conforto sul paese e su tutti i suoi abitanti, e non mette in moto meno pellegrini abbandonati da tutto fuorché dalla speranza in Dio. Nel Convento dei Cappuccini abita infatti quel Padre Pio di Pietrelcina che da dieci anni ha commosso il cuore dei credenti con tanti meravigliosi avvenimenti, e che in tutto il Gargano viene chiamato semplicemente il Padre santo.
Sotto le ali del Santo .
Il Convento dei Cappuccini è fuori del paese, là dove la strada, cingendo il monte, corre tutta fra uliveti e campi di grano, e la petraia, quando affiora, si riveste di arbusti aromatici e s'incorona di qualche pino, di qualche cipresso. Il convento stesso, colla sua chiesa, forma una bianca macchia, molto allegra in mezzo ai grandi alberi di un piccolo giardino che lo circonda; ed una larga strada vi sale lentamente ed in meno di mezz'ora vi arriva.
Or questa gente, che sosta immobile, o passeggia con lento sussiego, sulla piazza superba ed impenetrabile, ha invece tutt'un'altra espressione in volto, quando sale o scende per la strada del convento, e non c'è bisogno di dire che va o è stata a «visitare il Padre santo». Chi si muoverebbe, se non per lui? E così lo straniero che si mostra a San Giovanni, è certo di sentirsi chiedere subito se va a trovare il Padre; ed avuta, nove volte su dieci, risposta affermativa, la seconda domanda che gli si rivolge, è questa:
- Siete bolognese?
Giacché per devozione verso Padre Pio, Bologna è la prima fra le città d'Italia.
Il miracolo più grande .
Ma dopo questa breve conversazione, la gente non si lascia più distrarre: la visita a Padre Pio non è infatti così semplice cosa, e chi va e chi ne viene, sente di dover fare la strada in un particolare stato di animo. Passano così in frotte le donnette, clacchete clacchete sui loro zoccoletti, e recitando a mezza voce il rosario. Passano gruppi di quegli omenoni ammantellati, sostengono il passo su nodosi randelli, nascondono gli occhi infocati sotto la falda protervamente piegata del cappello - ma i loro discorsi sono d'indole singolarissima. «È un simbolo di passione», dice passando uno spettacoloso bovaro, o è una sciocchezza». E due colleghi che lo seguono, accennano di sì col capo, assorti.
Tutti hanno l'aria preoccupata: seria ed ansiosa. In questo momento, si vede, tutte le loro speranze sono messe nelle mani e nel cuore di Padre Pio. Siete sicuri ch'essi aspettano che le montagne si muovano, per loro. Ma quest'ansia non è triste. Si respira un'aria di buona novella: il cielo è indicibilmente chiaro, i campi pieni di sorrisi. È proprio in mezzo a quest'aria che può compiersi il miracolo più grande: mantenere viva la speranza e la bontà in cuore agli uomini.
Su al Convento, dieci anime pie vi vengono incontro: «Volete parlare col Padre santo? Fatevi annunciare, ora riposa, ma certo verrà».
«Viene sempre quando qualcuno chiede di parlargli»
«Se lo merita.».
«Ma come sa se lo merita?».
«Oh, lui sa tutto».
Noi non abbiamo meritato di vedere il Padre santo. L'abbiamo atteso lunghissimo tempo accanto alla porta della sua cella, abbiamo sentito i suoi sospiri, a qualche passo, ma la porta non si è aperta. Su quella porta era scritto: «La gloria del mondo ha sempre per compagna la tristezza». Bolognesi, non rattristate Padre Pio, mostrandogli ch'egli possiede la gloria del mondo!
Abbiamo intanto guardato dalla finestra lo spettacolo che Padre Pio ha da quindici anni sotto gli occhi: un rapido declinare del monte inargentato dagli olivi, verso la pianura, tutta azzurra là in basso; e più lontano, fra la nebbia dell'orizzonte, due grandi linee bianche, lunate, la spiaggia del mare. A destra, irreale e rosea nel tramonto, la neve dei monti. Il corridoio del convento è lungo e stretto, tutto bianco fra le porte fitte e basse delle celle; scritte esemplari ed immagini sante pendono, semplicemente inquadrate di nero.
Arriva un uomo forte e rosso, dall'aria di meccanico; sorride con orgoglio vedendo ci là in attesa. «Chi vi ha indicato la cella del Padre?».
- «Un converso».
Leggenda aurea.
Sembra deluso, che non sia stata una voce angelica a guidarci fin là. In cambio vuole però mostrarci qualche cosa di raro e di prezioso: al muro è appesa la fotografia di un affresco che sembra antico, con San Francesco e San Giovanni in mezzo ad altri santi.
San Francesco è il ritratto esatto di Padre Pio, come risulta da una fotografia che il rosso meccanico mi fa vedere. Fra le figure che pregano inginocchiate, una assomiglia fortemente a Mussolini. Una folla di idee si presentano confuse alla testa - è un miracolo? No: l'affresco porta una data: 1928. Ma la cosa è interessante lo stesso.
L'indomani, invece, abbiamo meritato di avvicinare il Padre. Siamo entrati in chiesa durante la funzione; fra gli altri frati c'era Padre Pio, figura molto alta, molto esile, un poco curva, molto elegante; portava guanti viola alle mani; quando si è voltato, ha mostrato un volto oltremodo giovane, un poco contratto, come per un forte dolore fisico, due grandi occhi perduti sotto una grande fronte bianca, il resto scomparso sotto la barba. Ma solo gli occhi e la fronte contano. È quel suo aspetto fragile e doloroso che ce lo fa riconoscere?
Involontariamente nasce l'idea che i santi possano essere fatti in un modo solo, così com'è fatto Padre Pio.
Non spetta certo a noi, frivoli turisti, di fare il processo per la canonizzazione di Padre Pio né di narrare la sua aurea leggenda; d'altra parte tutti sanno i segni straordinari ch'egli ha dato di sé; scienziati hanno discusso sulle stigmate che gli insanguinano le mani, i piedi ed il costato; benefici straordinari, ricevuti da molti credenti, sono attribuiti al suo miracoloso intervento, guarigioni ed apparizioni in momenti di pericolo o di dolore. Innumerevoli sono anche le conversioni ch'egli ha compiuto: molti pellegrini, giunti quassù, avvolti dal sacro profumo che emanano le sue piaghe, acciecati dalla luce che irraggia dal suo volto, hanno gridato al miracolo; molti increduli, venuti qui a combatterlo, si sono convertiti. La gente di San Giovanni racconta con maliziosa superbia che si convertì anche il funzionario di P. S. andato ad ammonirlo. Tutto questo è già consegnato alla storia, e non spetta a noi confermarlo.
Ma quello che ha colpito la nostra curiosità forse un poco irriverente, per il Padre, è stato l'animo particolare con cui egli si accosta agli uomini. Finita la funzione, nella sacrestia i frati depongono i paramenti, ed una vera folla li circonda: donne e uomini fanno ressa per poter baciare la mano o la spalla occultamente sanguinante di Padre Pio. Ed il Padre attende ai suoi paramenti, senza mostrare di avvedersi di tutto quello che lo circonda: sol sul volto ha sempre quel sorriso doloroso. Ma non è difficile comprendere qual è veramente la potenza ch'egli possiede: in pochi minuti gli passano davanti quaranta persone, forse più; ognuno ha una parola da dirgli, e ad ognuno egli risponde in altro modo, sorridendo amabile, confortando, incoraggiando, facendo un cenno di rassegnazione, respingendo, accogliendo; come uno specchio si tramuta il suo volto e la sua anima che gli parla dagli occhi, come uno specchio che diversamente risponde ad ogni anima che vi si affacci a interrogare. Questa istantanea ed esatta maniera di accogliere ognuno in modo diverso, e come ha bisogno di essere accolto, è il dono speciale che è stato concesso a Padre Pio e che gli permette di fare tanto bene; questo dono di dare forza e coraggio a tutti, e ad ognuno nel suo modo particolare.
Il consolatore
È tutta umile gente questa che lo circonda, piena di povertà. Ma come cambia d'aspetto il Padre quando noi ci accostiamo; con che aria mondana ci saluta e ci sorride! Non è più il confessore, il consolatore; è un frate che parla indifferente con un viaggiatore. Quanto era vicino a quella gente umile, tanto è lontano da noi. Non vogliamo importunarlo, d'altra parte; la sacrestia è piena di gente che attende per confessarsi. Diciamo che ci basta averlo avvicinato.
«Avvicinarmi? Ma certamente!» e ci butta le mani sulle spalle, ci scuote in un rude abbraccio. Le sue esili mani, livide più che bianche, nascoste nei mezzi guanti viola, stringono forte come una morsa, per un secondo. «Più avvicinarci di così, non è possibile». Ed è di già seduto sulla sua scranna di paglia, il cappuccio gli vela tutto il volto, un pastore calvo e nero gli è inginocchiato ai piedi. «Confiteor tibi, domine ...»
Ecco la storia della nostra visita a Padre Pio, il frate miracoloso del Gargano. Breve, ma sostanziosa. E meglio ne abbiamo sentito il riposto senso, ripensando a quanto avevamo visto negli altri santuari del Gargano, grevi ancora del superstizioso feudalismo spagnolo. Là dovizie di marmi, architetture splendenti, ma tutto fosco d'una nebbia che mette la Divinità sconsolatamente lontana. Qui una nuda chiesetta, le lisce pareti di un convento imbiancate alla calce; ma aperti campi, indorati dal sole. Qui incomincia l'Italia di San Francesco, là sono ancora le dominazioni straniere che riuscirono persino a mettere un ostacolo fra la miseria del popolo e Dio.
Le stigmate e le guarigioni miracolose di Padre Pio, sono poca cosa in confronto del grande respiro di libertà di consolazione che egli spande attorno al suo convento. (È povero chi ha bisogno di miracoli per credere!). Sotto il muro dell'orto dei frati, un gruppo di modeste casette sorge: vi abitano uomini e donne venuti di lontano, che si sono costruiti la loro casa qui per poter essere tutta la vita vicini al frate consolatore. Ed egli vive così in esemplare semplicità, senza rifiutarsi a nessuno, senza clamorose opere di penitenza, né castighi, né eremitaggi. Insegnando una sola cosa: a portare con gioia la croce della vita, ognuno la propria croce.
ALBERTO SPAINI
Da S. Giovanni Rotondo, che ben pochi conoscevano allora, gli ammalati cominciarono a ritornare sani: gli atei tornarono credenti, e i tristi lieti.
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