CAPITOLO XIV.
EUROPA. — I ROMANI
I.
Dopo la nostra rapida escursione nell' antica Asia, dirigiamo il nostro viaggio verso l'Europa. Senza dubbio questa parte del mondo privilegiata fra tutte, non ci offrirà lo spaventevole spettacolo dei sacrifici umani. I Romani almeno, oggetto d'ammirazione pe' collegi, pe' licei ed anche per certi piccoli seminarii, ebbero costantemente in orrore una simigliante barbarie. La educazione classica non li accusa mai d'avervi preso parte, è vero; ma l'educazione classica non è la storia. Questa ci aprirà i sanguinosi annali, e ci mostrerà che cosa fossero, non solo sotto il rapporto de' costumi, ma anche della crudeltà, que' Romani cosi vantati, che un cristiano non teme di scrivere, doversene adorar le reliquie.
IL
È noto che i Romani avean ricevuto dai Greci una parte delle loro istituzioni, tra le quali quella del sacrifìcio umano. I Romani dunque avevano, come i Greci, i loro pubblici espiatori, vittime, cioè, scelte e consacrate anticipatamente agli dèi. Nelle pubbliche calamità andavano a prenderle, affin di sgozzarle, nel luogo doveran nutrite, come il beccaio a pren dere nel pascolo il bue per condurlo al macello1
III.
Ecco, secondo Dionisio d'Alicarnasso , in qual modo andavan le cose : « Gli antichi Romani offrivano a Saturno delle vittime conforme a quelle che i Cartaginesi non cessarono di offrire per tutto il tempo che stette in piedi la loro repubblica, e conforme a quelle ancora offerte ai nostri giorni presso i Galli ed altri popoli dell'occidente, cioè a dire immolavano vittime umane, fanciulli.
« Non so per qual ragione, questa specie di sacrificio fu surrogata dalla seguente: invece degli uomini, che legati piedi e mani, eran precipitati nel Tevere per placare la collera degli dèi, fecero delle immagini simili a'medesimi uomini, rivestite nella stessa maniera.
Poco dopo l'equinozio della primavera, agl'idi di maggio, i pontefici, le vestali, i pretori e quelli che hanno il diritto d' assistere ai sacrificii religiosi, gettano nel Tevere dall' alto del ponte sacro trenta immagini o fantocci rappresentanti uomini che essi chiamano Argivi o Greci. Quest' uso i Romani han conservato sino a' tempi miei. »
IV.
I Romani non si contentaron mai di questi simboli di vittime umane, nè di alcune vittime isolate. Primieramente, ogni volta che davansi nell' anfiteatro i giuochi in onore di Giove Laziale 2 o Laziare, la festa cominciava col sacrificio d'una vittima umana. La festa si rinnovava ogni anno, e durava quattro giorni.
« Anche adesso, dice Lattanzio, Giove Laziale è onorato col sangue umano. »
Prudenzio, Dione Cassio e Tertulliano testificano il medesimo fatto. Il grande apologista cosi si esprime : « Ecco che in quella religiosissima città dei pietosi figli d'Enea, havvi un certo Giove, cui ne' loro giuochi essi bagnano di sangue umano. » 1
S. Cipriano conferma il fatto, e descrive la maniera con cui si fa l' immolazione. Il sacerdote scannava la vittima, ne raccoglieva ancor caldo il sangue in una coppa, e lo gettava in faccia all'idolo sitibondo.2
V.
Secondariamente, i combattimenti de' gladiatori nell' anfiteatro non erano altro che ecatombe umane offerte agli dèi, in rendimento di grazie per qualche vittoria, o per qualche grande avvenimento favorevole alla Repubblica. Era l'adempimento della promessa fatta dai generali romani, allorquando assediavano una città. Loro prima cura era di pronunciar la formola d'evocazione, colla quale pregavano le divinità protettrici della città, d'abbandonarla e di venire nel loro campo. A questa condizione lor promettevano dei templi e dei giuochi, vale a dire, combattimenti d'uomini, ovvero immo lazioni di vittime umane.
Per render grazie agli dèi della presa di Gerusalemme, Tito diede cinquemila coppie di gladiatori ; tuoi dire che fec' egli immolare, nello spazio di venti giorni, dieci mila vittime umane.
VI.
Ottavio, che fu poi l'imperatore Augusto, gliene avea dato l' esempio. Dopo la presa di Perugia, offri egli in sacrificio a'mani di Cesare trecento cavalieri o senatori romani.1
E con ciò non faceva che seguir l'esempio dello stesso Cesare, « Dopo i giuochi che fec'egli celebrare pel suo trionfo riportato sopra Vercingetorige (che fu scannato), i suoi soldati s'ammutinarono. 11 disordine non cessò che allor quando Cesare presentatosi nel mezzo di loro, afferrò di sua mano uno degli ammutinati per darlo al supplizio. Questi fu punito per tal motivo; ma due altri uomini furono inoltre scannati a mo 9di sacrificio. E furono immolati nel campo di Marte dai pontefici e dal flamine di Marte. Del resto, continua Tito Livio, era permesso al con sole, al dittatore ed al pretore, quando maledivan le legioni de' nemici, consacrare alla morte non solo sè stessi, ma anche uno de' cittadini scelto in mezzo ad una legione romana.1 »
VII.
Quel medesimo Spirilo che ordinava un di nel mondo pagano i sacrificii umani, gli ordina anche oggidì in tutti i paesi, ov' esso continua a regnare senza controllo: là sotto il nome di Marte, di Giove e d'Apollo: qui sotto il nome di Fetisci, o di Manitu. Cosi l'antropofagia sotto una o sotto un' altra forma continua il sacrificio. Gli abitatori dell'Oceania mangiano le loro vittime co' denti, mentre chè i Romani le divoravano cogli occhi, e le assaporavano con gusto. Quelli sono selvaggi incolti, questi erano inciviliti. Presso gli uni e presso gli altri tu trovi la sete, naturalmente inesplicabile, di umano sangue.
VIlI.
Guardata attraverso la Roma cristiana, dice il Sig. L. Veuillot,* la Roma antica ispira subito ribrezzo. Que' grandi Romani, que' padroni del mondo non appaion che letterati selvaggi. V'ha forse tra' cannibali cosa di più atroce, di più abominevole, o di più abietto che la più parte de' costumi religiosi, politici, o civili dei Romani? V'ha forse una lussuria più sfrenata, una crudeltà più infame, un culto più stupido? Qual differenza, fosse pur di semplice forma, può farsi tra i Fetisci e gli dèi Lari? Qual differenza tra il capo dell'orda antropofaga, che mangia il vinto suo nemico, ed il patrizio che compra de' vinti, perchè combattan sotto i suoi occhi, o si uccidan ne' banchetti? »
Questo accadeva presso i Romani avanti la predicazione del clericalismo! Ed oggi vogliono esterminarlo ! E dicono che tutte le religioni sono egualmente buone!
Monsignor Gaume
Nessun commento:
Posta un commento