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giovedì 6 febbraio 2025

TRATTATO SULL’INFERNO

 


I MEZZI CHE ABBIAMO PER NON FINIRE ALL'INFERNO LA NECESSITA’ DI PERSEVERARE

 

Che cosa raccomandare a chi già osserva la Legge di Dio? La perseveranza nel bene! Non basta essersi incamminati sulle vie del Signore, è necessario continuare per tutta la vita. Dice Gesù: "Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato" Mc 13, 13).

Molti, finché sono bambini, vivono cristianamente, ma quando cominciano a farsi sentire le bollenti passioni giovanili, imboccano la via del vizio. Come è stata triste la fine di Saul, di Salomone, di Tertulliano e di altri grandi personaggi!

La perseveranza è frutto della preghiera, perché è principalmente per mezzo dell'orazione che l'anima riceve gli aiuti necessari a resistere agli assalti del demonio. Nel suo libro 'Del gran mezzo della preghiera' Sant'Alfonso scrive: "Chi prega si salva, chi non prega si danna". Chi non prega, anche senza che il demonio lo spinga... all'inferno ci va con i propri piedi!

 

È consigliabile la seguente preghiera che Sant'Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull'inferno:

'O mio Signore, ecco ai tuoi piedi chi ha tenuto in poco conto la tua grazia e i tuoi castighi. Povero me se tu, Gesù mio, non avessi pietà di me! Da quanti anni mi troverei in quella voragine ardente, dove già bruciano tante persone come me! O mio Redentore, come non bruciare di amore pensando a questo? Come potrò, in avvenire, offenderti di nuovo? Non sia mai, Gesù mio, piuttosto fammi morire. Già che hai iniziato, compi in me la tua opera. Fa' che il tempo che mi dai io lo spenda tutto per te. Quanto vorrebbero i dannati poter avere un giorno o anche solo un'ora del tempo che a me concedi! E io che ne farò? Continuerò a spenderlo in cose che ti disgustano? No, Gesù mio, non permetterlo per i meriti di quel Sangue che finora mi ha impedito di finire all'inferno. E Tu, Regina e Madre mia, Maria, prega Gesù per me e ottienimi il dono della perseveranza. Amen."

 

L'AIUTO DELLA MADONNA

La vera devozione alla Madonna è un pegno di perseveranza, perché la Regina del Cielo e della terra fa di tutto affinché i suoi devoti non vadano eternamente perduti.

La recita quotidiana del Rosario, sia cara a tutti!

Un grande pittore, raffigurando il Giudice divino nell'atto di emettere la sentenza eterna, ha dipinto un'anima ormai vicina alla dannazione, poco distante dalle fiamme, ma quest'anima, aggrappandosi alla corona del Rosario, viene salvata dalla Madonna. Quanto è potente la recita del Rosario!

Nel 1917 la Vergine Santissima apparve a Fatima a tre fanciulli; quando aprì le mani ne sgorgò un fascio di luce che sembrava penetrasse la terra. I fanciulli videro allora, ai piedi della Madonna, come un grande mare di fuoco e, immersi in esso, neri demoni e anime in forma umana simili a braci trasparenti che, trascinati in alto dalle fiamme, ricadevano giù come faville nei grandi incendi, fra grida di disperazione che facevano inorridire.

A tale scena i veggenti alzarono gli occhi alla Madonna per chiedere soccorso e la Vergine soggiunse: "Questo è l'inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Recitate il Rosario e aggiungete ad ogni posta: `Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia:".

Quanto è eloquente l'accorato invito della Madonna!


martedì 20 agosto 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


I PECCATI CHE REGALANO PIU’ CLIENTI


IL SACRILEGIO

 

Un peccato che può condurre alla dannazione eterna è il sacrilegio. Disgraziato colui che si mette su questa strada! Commette sacrilegio chi volontariamente nasconde in Confessione qualche peccato mortale, oppure si confessa senza la volontà di lasciare il peccato o di fuggirne le occasioni prossime. Quasi sempre chi si confessa in modo sacrilego compie anche il sacrilegio eucaristico, perché poi riceve la Comunione in peccato mortale.

 

Racconta San Giovanni Bosco...

"Mi trovai con la mia guida (l'Angelo custode) in fondo a un precipizio che finiva in una valle oscura. Ed ecco comparire un edificio immenso con una porta altissima che era chiusa. Toccammo il fondo del precipizio; un caldo soffocante mi opprimeva; un fumo grasso, quasi verde e guizzi di fiamme sanguigne si innalzavano sui muraglioni dell'edificio.

Domandai: 'Dove ci troviamo?'. 'Leggi l'iscrizione che c'è sulla porta'. mi rispose la guida. Guardai e vidi scritto: 'Ubi non est redemptio! , cioè: `Dove non c'è redenzione!', Intanto vidi precipitare dentro quel baratro... prima un giovane, poi un altro e poi altri ancora; tutti avevano scritto in fronte il proprio peccato.

Mi disse la guida: 'Ecco la causa prevalente di queste dannazioni: i compagni cattivi, i libri cattivi e le perverse abitudini'.

Quei poveri ragazzi erano giovani che io conoscevo. Domandai alla mia guida: “Ma dunque è inutile lavorare tra i giovani se poi tanti fanno questa fine! Come impedire tutta questa rovina?” – “Quelli che hai visto sono ancora in vita; questo però è lo stato attuale delle loro anime, se morissero in questo momento verrebbero senz'altro qui!” disse l'Angelo.

Dopo entrammo nell'edificio; si correva con la velocità di un baleno. Sboccammo in un vasto e tetro cortile. Lessi questa iscrizione: 'Ibunt impii in ignem aetemum! ; cioè: `Gli empi andranno nel fuoco eterno!'.

Vieni con me - soggiunse la guida. Mi prese per una mano e mi condusse davanti a uno sportello che aperse. Mi si presentò allo sguardo una specie di caverna, immensa e piena di un fuoco terrificante, che sorpassava di molto il fuoco della terra. Questa spelonca non ve la posso descrivere, con parole umane, in tutta la sua spaventosa realtà.

All'improvviso cominciai a vedere dei giovani che cadevano nella caverna ardente. La guida mi disse: 'L'impurità è la causa della rovina eterna di tanti giovani!'.

• Ma se hanno peccato si sono poi anche confessati.

• Si sono confessati, ma le colpe contro la virtù della purezza le hanno confessate male o del tutto taciute. Ad esempio, uno aveva commesso quattro o cinque di questi peccati, ma ne ha detto solo due o tre. Ve ne sono alcuni che ne hanno commesso uno nella fanciullezza e per vergogna non l'hanno mai confessato o l'hanno confessato male. Altri non hanno avuto il dolore e il proposito di cambiare. Qualcuno invece di fare l'esame di coscienza cercava le parole adatte per ingannare il confessore. E chi muore in questo stato, decide di collocarsi tra i colpevoli non pentiti e tale resterà per tutta l'eternità. Ed ora vuoi vedere perché la misericordia di Dio ti ha portato qui? - La guida sollevò un velo e vidi un gruppo di giovani di questo oratorio che conoscevo bene: tutti condannati per questa colpa. Fra questi ce n'erano alcuni che in apparenza avevano una buona condotta.

La guida mi disse ancora: 'Predica sempre e ovunque contro l'impurità! :. Poi parlammo per circa mezz'ora sulle condizioni necessarie per fare una buona confessione e si concluse: 'Bisogna cambiar vita... Bisogna cambiar vita'.

• Ora che hai visto i tormenti dei dannati, bisogna che anche tu provi un poco l'inferno!

Usciti da quell'orribile edificio, la guida afferrò la mia mano e toccò l'ultimo muro esterno. Io emisi un grido di dolore. Cessata la visione, notai che la mia mano era realmente gonfia e per una settimana portai la fasciatura."

Padre Giovan Battista Ubanni, gesuita, racconta che una donna per anni, confessandosi, aveva taciuto un peccato di impurità. Arrivati in quel luogo due sacerdoti domenicani, lei che da tempo aspettava un confessore forestiero, pregò uno di questi di ascoltare la sua confessione.

Usciti di chiesa, il compagno narrò al confessore di aver osservato che, mentre quella donna si confessava, uscivano dalla sua bocca molti serpenti, però un serpente più grosso era uscito solo col capo, ma poi era rientrato di nuovo. Allora anche tutti i serpenti che erano usciti rientrarono.

Ovviamente il confessore non parlò di ciò che aveva udito in Confessione, ma sospettando quel che poteva essere successo fece di tutto per ritrovare quella donna. Quando arrivò presso la sua abitazione, venne a sapere che era morta appena rientrata in casa. Saputa la cosa, quel buon sacerdote si rattristò e pregò per la defunta. Questa gli apparve in mezzo alle fiamme e gli disse: "lo sono quella donna che si è confessata questa mattina; ma ho fatto un sacrilegio. Avevo un peccato che non mi sentivo di confessare al sacerdote del mio paese; Dio mi mandò te, ma anche con te mi lasciai vincere dalla vergogna e subito la Divina Giustizia mi ha colpito con la morte mentre entravo in casa. Giustamente sono condannata all'inferno!". Dopo queste parole si aprì la terra e fu vista precipitare e sparire.

Scrive il Padre Francesco Rivignez (l'episodio è riportato anche da Sant'Alfonso) che in Inghilterra, quando c'era la religione cattolica, il re Anguberto aveva una figlia di rara bellezza che era stata chiesta in sposa da diversi principi.

Interrogata dal padre se accettasse di sposarsi, rispose che non poteva perché aveva fatto il voto di perpetua verginità.

II padre ottenne dal Papa la dispensa, ma lei rimase ferma nel suo proposito di non servirsene e di vivere ritirata in casa. II padre l'accontentò.

Cominciò a fare una vita santa: preghiere, digiuni e varie altre penitenze; riceveva i Sacramenti e andava spesso a servire gli infermi in un ospedale. In tale stato di vita si ammalò e morì.

Una donna che era stata sua educatrice, trovandosi una notte in preghiera, sentì nella stanza un gran fracasso e subito dopo vide un'anima con l'aspetto di donna in mezzo a un gran fuoco e incatenata tra molti demoni...

• lo sono l'infelice figlia del re Anguberto.

• Ma come, tu dannata con una vita così santa?

• Giustamente sono dannata... per colpa mia. Da bambina io caddi in un peccato contro la purezza. Andai a confessarmi, ma la vergogna mi chiuse la bocca: invece di accusare umilmente il mio peccato, lo coprii in modo che il confessore non capisse nulla. Il sacrilegio si è ripetuto molte volte. Sul letto di morte io dissi al confessore, vagamente, che ero stata una grande peccatrice, ma il confessore, ignorando il vero stato della mia anima, mi impose di scacciare questo pensiero come una tentazione. Poco dopo spirai e fui condannata per tutta l'eternità alle fiamme dell'inferno.

Detto questo disparve, ma con così tanto strepito che sembrava trascinasse il mondo e lasciando in quella camera un odore ributtante che durò parecchi giorni.

L'inferno è la testimonianza del rispetto che Dio ha per la nostra libertà. L'inferno grida il pericolo continuo in cui si trova la nostra vita; e grida in modo tale da escludere ogni leggerezza, grida in modo costante da escludere ogni frettolosità, ogni superficialità, perché siamo sempre in pericolo. Quando mi annunciarono l'episcopato, la prima parola che dissi fu questa: "Ma io ho paura di andare all'inferno."

(Card. Giuseppe Siri)


lunedì 29 luglio 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


I PECCATI CHE REGALANO PIU’ CLIENTI


SPRECO DI BENI

Da quanto esposto finora e specialmente dal racconto di certi fatti, appare chiaro quali siano i principali peccati che portano alla dannazione eterna, ma si tenga presente che non sono solo questi peccati a spedire gente all'inferno: ce ne sono molti altri.

Per quale peccato il ricco epulone è finito all'inferno? Aveva tanti beni e li sprecava in banchetti (sperpero e peccato di gola); e inoltre si manteneva ostinatamente insensibile ai bisogni dei poveri (mancanza di amore e avarizia). Tremino dunque certi ricchi che non vogliono esercitare la carità: anche a loro, se non cambiano vita, è riservata la sorte del ricco epulone.

 

L’IMPURITA’

Il peccato che più facilmente porta all'inferno è l'impurità. Dice Sant'Alfonso: "Si va all'inferno anche solo per questo peccato, o comunque non senza di esso".

Ricordo le parole del demonio riportate nel primo capitolo: 'Tutti quelli che sono là dentro, nessuno escluso, ci sono con questo peccato o anche solo per questo peccato". Qualche volta, se costretto, anche il diavolo dice la verità!

Gesù ci ha detto: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5, 8). Ciò significa che gli impuri non solo non vedranno Dio nell'altra vita, ma neanche in questa vita riescono a sentirne il fascino, per cui perdono il gusto della preghiera, pian piano perdono la fede anche senza accorgersene e... senza fede e senza preghiera non percepiscono più per quale motivo dovrebbero fare il bene e fuggire il male. Così ridotti, sono attratti da ogni peccato.

Questo vizio indurisce il cuore e, senza una grazia speciale, trascina all'impenitenza finale e... all'inferno.

 

MATRIMONI IRREGOLARI

Dio perdona qualunque colpa, purché ci sia il vero pentimento e cioè la volontà di mettere fine ai propri peccati e di cambiare vita.

Fra mille matrimoni irregolari (divorziati risposati, conviventi) forse solo qualcuno sfuggirà all'inferno, perché normalmente non si pentono neanche in punto di morte; infatti, se campassero ancora continuerebbero a vivere nella stessa situazione irregolare.

C'è da tremare al pensiero che quasi tutti oggi, anche quelli che divorziati non sono, considerano il divorzio come una cosa normale! Purtroppo, molti ormai ragionano come vuole il mondo e non più come vuole Dio.


domenica 30 giugno 2024

ALL’INFERNO INSIDIE IN AGGUATO

 


I PECCATI CHE REGALANO PIU’ CLIENTI


ALL’INFERNO INSIDIE IN AGGUATO

È particolarmente importante tener presente la prima insidia diabolica, che trattiene tante anime nella schiavitù di Satana: è la mancanza di riflessione, che fa perdere di vista il fine della vita.

II demonio grida alle sue prede: "La vita è un piacere; dovete cogliere tutte le gioie che la vita vi regala".

Gesù invece sussurra al tuo cuore: 'Beati quelli che piangono." (cfr. Mt 5, 4)... "Per entrare in cielo bisogna farsi violenza." (cfr. Mt 11, 12)... "Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua." (Lc 9, 23).

Il nemico infernale ci suggerisce: "Pensate al presente, perché con la morte tutto finisce!".

II Signore invece ti esorta: "Ricordati dei novissimi (la morte, il giudizio, l'inferno e il paradiso) e non peccherai".

L'uomo impiega buona parte del suo tempo in tanti affari e dimostra intelligenza e scaltrezza nell'acquistare e conservare i beni terreni, ma poi non impiega neppure le briciole del suo tempo per riflettere sulle necessità molto più importanti della sua anima, per cui vive in un'assurda, incomprensibile e pericolosissima superficialità, che può avere conseguenze spaventose.

II demonio porta a pensare: "Meditare non serve a niente: tempo perso!". Se oggi tanti vivono in peccato è perché non riflettono seriamente e non meditano mai sulle verità rivelate da Dio.

II pesce che è già finito nella rete del pescatore, finché è ancora nell'acqua non sospetta di essere stato catturato, quando però la rete esce dal mare, si dibatte perché sente vicina la sua fine; ma ormai è troppo tardi. Così i peccatori...! Finché sono in questo mondo se la spassano allegramente e non sospettano nemmeno di essere nella rete diabolica; se ne accorgeranno quando ormai non potranno più rimediarvi... appena entrati nell'eternità!

Se potessero ritornare in questo mondo tanti trapassati che vissero senza pensare all'eternità, come cambierebbe la loro vita!


mercoledì 15 maggio 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


PARLA LUCIFERO

 

Nel libro 'Invito all'amore' è descritto un colloquio tra il principe delle tenebre, Lucifero e alcuni demoni. La Menendez così lo racconta. 

"Mentre ero discesa all'inferno, udii Lucifero dire ai suoi satelliti: 'Voi dovete tentare e prendere gli uomini ognuno per il suo verso: chi per la superbia, chi per l'avarizia, chi per l'ira, chi per la gola, chi per l'invidia, altri per l'accidia, altri ancora per la lussuria... Andate e impegnatevi più che potete! Spingeteli all'amore come lo intendiamo noi! Fate bene il vostro lavoro, senza tregua e senza pietà. Bisogna rovinare il mondo e far in modo che le anime non ci sfuggano'.

Gli ascoltatori rispondevano: `Siamo tuoi schiavi! Lavoreremo senza riposo. Molti ci combattono, ma noi lavoreremo giorno e notte... Riconosciamo la tua potenza'.

Sentii in lontananza come un rumore di coppe e di bicchieri. Lucifero gridò: 'Lasciateli gozzovigliare; dopo, tutto ci sarà più facile. Visto che amano ancora godere, finiscano il loro banchetto! Quella è la porta per cui entreranno'.

Aggiunse poi cose orribili che non si possono dire né scrivere. Satana gridava rabbiosamente per un'anima che gli stava sfuggendo: 'Istigatela al timore! Spingetela alla disperazione, perché se si affida alla misericordia di quel... (e bestemmiava Nostro Signore) siamo perduti. Riempitela di timore, non lasciatela un solo istante e soprattutto fatela disperare'."

Così dicono e purtroppo così fanno i demoni; la loro potenza, anche se dopo la venuta di Gesù è più limitata, è ancora spaventosa.


mercoledì 24 aprile 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


È SCESA DA VIVA... ALL’INFERNO!


Ci sono nel mondo alcune persone privilegiate che sono scelte da Dio per una missione particolare.

A costoro Gesù si presenta in modo sensibile e le fa vivere nello stato di vittime, rendendole compartecipi anche dei dolori della sua Passione. 

Perché possano soffrire di più e così salvare più peccatori, Dio permette che alcune di queste persone siano trasportate, anche se viventi, nell'ordine soprannaturale e che patiscano per qualche tempo all'inferno, con l'anima e col corpo.

Come avvenga questo fenomeno non possiamo spiegarlo. Si sa solo che, quando tornano dall'inferno, queste anime vittime sono afflittissime.

Le anime privilegiate di cui si parla, improvvisamente scompaiono dalla propria camera, anche alla presenza di testimoni, e dopo un certo periodo, talvolta di diverse ore, riappaiono. Sem- brano cose impossibili, ma ci sono documentazioni storiche.


Si è già detto di Santa Teresa d'Avita.


Ora citiamo il caso di un'altra Serva di Dio: Josepha Menendez, vissuta in questo secolo. Ascoltiamo dalla stessa Menendez la narrazione di qualche sua visita all'inferno.

"In un istante mi trovai nell'inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte, e proprio come vi devono cadere i dannati. L'anima vi si precipita da se stessa, vi si getta come se desi- derasse sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire.

L'anima mia si lasciò cadere in un abisso di cui non si poteva vedere il fondo, perché immenso... Ho visto l'inferno come sempre: antri e fuoco. Benché non si vedano forme corporali, i tormenti straziano le anime dannate (che tra loro si conoscono) come se i loro corpi fossero presenti.

Fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre roventi e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate si infiggessero nel mio corpo.

Ho sentito come se, pur senza riuscirci, si volesse strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore. Gli occhi mi sembrava che uscissero dall'orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente.

Non si può né muovere un dito per cercare sollievo, né cambiare posizione; il corpo è come compresso. Gli orecchi sono come storditi dalle grida orrende e confuse che non cessano un solo istante.

Un odore nauseabondo e una ripugnante asfissia invade tutti, come se bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo. 

Tutto questo l'ho provato come nelle altre occasioni e, sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l'anima non soffrisse; ma essa soffre in modo indicibile per la privazione di Dio.

Vedevo e sentivo alcune di queste anime dannate ruggire per l'eterno supplizio che sanno di dover sopportare, specialmente alle mani. Penso che durante la vita abbiano rubato, poiché gridavano: 'Maledette mani, dov'è ora quello che avete preso?'... 

Altre anime, urlando, accusavano la propria lingua, o gli occhi... ognuna ciò che è stato la causa del suo peccato: 'Ora paghi atrocemente le delizie che ti concedevi, o mio corpo!... E sei tu, o corpo, che l'hai voluto!... Per un istante di piacere, un'eternità di dolore!:.. 

Mi sembra che all'inferno le anime si accusino specialmente di peccati di impurità.

Mentre ero in quell'abisso, ho visto precipitare delle persone impure e non si possono dire né comprendere gli orrendi ruggiti che uscivano dalle loro bocche: 'Maledizione eterna!... Mi sono ingannata!... Mi sono perduta!... Sarò qui per sempre!... per sempre!!... per sempre!!!... e non ci sarà più rimedio... Maledetta me!:.. 

Una ragazzina urlava disperatamente, imprecando contro le cattive soddisfazioni che ha concesso in vita al suo corpo e maledicendo i genitori che le avevano dato troppa libertà nel seguire la moda e i divertimenti mondani. Era dannata da tre mesi.

Tutto ciò che ho scritto - conclude la Menendez - è soltanto una pallida ombra al confronto con ciò che si soffre veramente all'inferno."


martedì 2 aprile 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


IL CORPO RISORTO


L'anima dannata soffrirà all'inferno da sola, cioè senza il suo corpo, fino al giorno del giudizio universale; poi, per l'eternità, anche il corpo, essendo stato strumento di male durante la vita, prenderà parte ai tormenti eterni.

La risurrezione dei corpi avverrà certamente.

È Gesù che ci assicura questa verità di fede: "Verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene, per una risurrezione di vita e quanti fecero il male, per una risurrezione di condanna" (Gv 5, 28-29).

Insegna l'Apostolo Paolo: "Tutti saremo trasformati in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità" (1 Cor 15, 51-53).

Dopo la risurrezione, dunque, tutti i corpi saranno immortali e incorruttibili. Non tutti però saremo trasformati allo stesso modo. La trasformazione del corpo dipenderà dallo stato e dalle condizioni in cui si troverà l'anima nell'eternità: saranno gloriosi i corpi dei salvati e orrendi i corpi dei dannati.

Perciò se l'anima si troverà in paradiso, nello stato di gloria e di beatitudine, rifletterà nel suo corpo risorto le quattro caratteristiche proprie dei corpi degli eletti: la spiritualità, l'agilità, lo splendore e l'incorruttibilità.

Se invece l'anima si troverà all'inferno, nello stato di dannazione, imprimerà nel suo corpo caratteristiche del tutto opposte. L'unica proprietà che il corpo dei dannati avrà in comune col corpo dei beati è l'incorruttibilità: anche i corpi dei dannati non saranno più soggetti alla morte.

Riflettano molto e molto bene coloro che vivono nell'idolatria del loro corpo e lo appagano in tutte le sue voglie peccaminose! I piaceri peccaminosi del corpo saranno ripagati con un cumulo di tormenti per tutta l'eternità.


lunedì 4 marzo 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


SEMPRE!... SEMPRE!!... SEMPRE!!!

 

Si narra negli "Esercizi Spirituali" del Padre Segneri che a Roma, essendo stato chiesto al demonio che stava nel corpo di un ossesso, per quanto tempo dovesse stare all'inferno, rispose con rabbia: "Sempre!... Sempre!!... Sempre!!!".

Fu così grande lo spavento che molti giovani del seminario romano, presenti all'esorcismo, fecero una confessione generale e si incamminarono con più impegno nella via della perfezione.

Anche per il tono in cui furono gridate, quelle tre parole del demonio: "Sempre!... Sempre!!... Sempre!!!' fecero più effetto di una lunga predica.


lunedì 5 febbraio 2024

TRATTATO SULL’INFERNO

 


IL GRADO DELLA PENA

 

A chiusura del capitolo sulle pene dei dannati è bene accennare alla diversità del grado di pena.

Dio è infinitamente giusto; e come in paradiso assegna gradi maggiori di gloria a coloro che più lo hanno amato durante la vita, così all'inferno dà pene maggiori a chi l'ha offeso di più.

Chi è nel fuoco eterno per un solo peccato mortale soffre orribilmente per quest'unica colpa; chi è dannato per cento, o mille... peccati mortali soffre cento, o mille volte... di più.

Più legna si mette nel forno, più aumenta la fiamma e il calore. Perciò chi, tuffato nel vizio, calpesta la legge di Dio moltiplicando ogni giorno le sue colpe, se non si rimette in grazia di Dio e muore nel peccato, avrà un inferno più tormentoso di altri.

Per chi soffre è un sollievo pensare: "Un giorno finiranno queste mie sofferenze".

II dannato, invece, non trova alcun sollievo, anzi, il pensiero che i suoi tormenti non avranno fine è come un macigno che rende più atroce ogni altro dolore.

Chi va all'inferno (e chi ci va, ci va per sua libera scelta) vi resta... in eterno!!!

Per questo Dante Alighieri, nel suo "Inferno", scrive: "Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate!".

Non è un'opinione, ma è verità di fede, rivelata direttamente da Dio, che il castigo dei dannati non avrà mai fine. Ricordo soltanto quanto ho già citato delle parole di Gesù: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25, 41).

 

Scrive Sant'Alfonso:

"Quale pazzia sarebbe quella di chi, per godersi una giornata di spasso, accettasse la condanna di star chiuso in una fossa per venti o trent'anni! Se l'inferno durasse cento anni, o anche solo due o tre anni, pure sarebbe una grande pazzia per un attimo di piacere condannarsi a due o tre anni di fuoco. Ma qui non si tratta di cento o di mille anni, si tratta dell'eternità, e cioè di patire per sempre gli stessi atroci tormenti che non avranno mai fine."

I miscredenti dicono: "Se esistesse un inferno eterno, Dio sarebbe ingiusto. Perché castigare un peccato che dura un momento con una pena che dura in eterno?".

Si può rispondere: "E come può un peccatore, per il piacere di un momento, offendere un Dio di infinita maestà? E come può, con i suoi peccati, calpestare la passione e la morte di Gesù?".

"Anche nel giudizio umano - dice San Tommaso - la pena non si misura secondo la durata della colpa, ma secondo la qualità del delitto". L'omicidio, anche se si commette in un momento, non viene punito con una pena momentanea.

Dice San Bernardino da Siena: "Con ogni peccato mortale si fa a Dio un'ingiustizia infinita, essendo Egli infinito; e a un'ingiuria infinita spetta una pena infinita!".


sabato 30 dicembre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO - LA TESTIMONIANZA DI UNA SANTA

 


LA TESTIMONIANZA DI UNA SANTA

 

Santa Teresa d'Avila, che fu una delle principali scrittrici del suo secolo, ebbe da Dio, in visione, il privilegio di scendere all'inferno mentre era ancora in vita. Ecco come descrive, nella sua “Autobiografia” ciò che vide e provò negli abissi infernali. 

"Trovandomi un giorno in preghiera, improvvisamente fui trasportata in anima e corpo all'inferno. Compresi che Dio voleva farmi vedere il luogo preparatomi dai demoni e che avrei meritato per i peccati in cui sarei caduta se non avessi cambiato vita. Per quanti anni io abbia a vivere non potrò mai dimenticare l'orrore dell'inferno. 

L'ingresso di questo luogo di tormenti mi è sembrato simile a una specie di forno, basso e oscuro. Il suolo non era che orribile fango, pieno di rettili velenosi e c'era un odore insopportabile. 

Sentivo nell'anima mia un fuoco, del quale non vi sono parole che possano descrivere la natura e il mio corpo contemporaneamente in preda ai più atroci tormenti. I grandissimi dolori che avevo già sofferto nella mia vita sono nulla in confronto a quelli provati all'inferno. Inoltre, l'idea che le pene sarebbero state senza fine e senza alcun sollievo, completava il mio terrore.

Ma queste torture del corpo non sono paragonabili a quelle dell'anima. Provavo un'angoscia, una stretta al cuore così sensibile e, nello stesso tempo, così disperata e così amaramente triste, che tenterei invano di descriverla. Dicendo che in ogni momento si soffrono le angosce della morte, direi poco. 

Non potrò mai trovare espressione adatta per dare un'idea di questo fuoco interiore e di questa disperazione, che costituiscono appunto la parte peggiore dell'inferno. 

Ogni speranza di consolazione è spenta in quell'orribile luogo; vi si respira un'aria pestilenziale: ci si sente soffocare. Nessun raggio di luce: non vi sono che tenebre e tuttavia, oh mistero, senza alcuna luce che rischiari, si vede quanto vi può essere di più ripugnante e penoso alla vista. 

Posso assicurare che tutto quanto si può dire dell'inferno, quanto si legge nei libri di strazi e di supplizi diversi che i demoni fanno subire ai dannati, è un nulla in confronto alla realtà; c'è la stessa differenza che passa tra il ritratto di una persona e la persona stessa. 

Bruciare in questo mondo è pochissima cosa in confronto a quel fuoco che provai all'inferno.

Sono ormai trascorsi circa sei anni da quella spaventosa visita all'inferno ed io, descrivendola, mi sento ancora presa da tale terrore che il sangue mi si gela nelle vene. In mezzo alle mie prove e ai dolori richiamo spesso tale ricordo ed allora quanto si può soffrire in questo mondo mi sembra cosa da ridere.

Siate dunque eternamente benedetto, o mio Dio, perché mi avete fatto provare nel modo più reale l'inferno, ispirandomi così il più vivo timore per tutto ciò che può ad esso condurre."


venerdì 8 dicembre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO - LA PENA DEL SENSO

 


LA PENA DEL SENSO


Oltre alla pena del danno che, come si è visto, consiste nel dolore atroce per la perdita di Dio, ai dannati è riservata nell'altra vita la pena del senso. 

Si legge nella Bibbia: "Con quelle stesse cose per cui uno pecca, con esse è poi castigato" (Sap 11, 10). 

Quanto più dunque uno avrà offeso Dio con un senso, tanto più, sarà tormentato in esso.

E’ la legge del contrappasso, di cui si servì anche Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia'; il poeta assegnò ai dannati pene diverse, in rapporto ai loro peccati.

La più terribile pena del senso è quella del fuoco, di cui ci ha parlato più volte Gesù.

Anche su questa terra la pena del fuoco è la maggiore tra le pene sensibili, ma c'è una grande differenza tra il fuoco terreno e quello dell'inferno. 

Dice Sant'Agostino: "A confronto del fuoco dell'inferno il fuoco che conosciamo noi è come se fosse dipinto". La ragione è che il fuoco terreno Dio l'ha voluto per il bene dell'uomo, quello dell'inferno, invece, l'ha creato per punire le sue colpe.

II dannato è circondato dal fuoco, anzi, è immerso in esso più che il pesce nell'acqua; sente il tormento delle fiamme e come il ricco epulone della parabola evangelica urla: "Questa fiamma mi tortura!" (Lc 16, 24).

Alcuni non possono sopportare il disagio di camminare per strada sotto un sole cocente e poi magari... non temono quel fuoco che dovrà divorarli in eterno! 

Parlando a chi vive incoscientemente nel peccato, senza porsi il problema della finale resa dei conti, San Pier Damiani scrive: "Continua, pazzo, ad accontentare la tua carne; verrà un giorno in cui i tuoi peccati diventeranno come pece nelle tue viscere che farà più tormentosa la fiamma che ti divorerà in eterno!". 

È illuminante l'episodio che San Giovanni Bosco narra nella biografia di Michele Magone, uno dei suoi migliori ragazzi. "Alcuni ragazzi commentavano una predica sull'inferno. Uno di essi osò dire scioccamente: 'Se andremo all'inferno almeno ci sarà il fuoco per riscaldarsi!'. A queste parole Michele Magone corse a prendere una candela, l'accese e accostò la fiammella alle mani del ragazzo spavaldo. Questi non si era accorto della cosa e, quando sentì il forte calore alle mani che teneva dietro la schiena, scattò subito e si arrabbiò. “Come - rispose Michele - non puoi sopportare per un momento la debole fiamma di una candela e arrivi a dire che staresti volentieri tra le fiamme dell'inferno?.”

La pena del fuoco comporta anche la sete. Quale tormento la sete ardente in questo mondo!

E quanto più grande sarà lo stesso tormento all'inferno, come testimonia il ricco epulone nella parabola narrata da Gesù! Una sete inestinguibile!!!


martedì 31 ottobre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO - IL TORMENTO DEL RIMORSO

 


IL TORMENTO DEL RIMORSO


Parlando dei dannati, Gesù dice: "Il loro verme non muore" (Mc 9, 48). Questo "verme che non muore", spiega San Tommaso, è il rimorso, dal quale il dannato sarà in eterno tormentato. 

Mentre il dannato sta nel luogo dei tormenti pensa: "Mi sono perduto per niente, per godere appena piccole e false gioie nella vita terrena che è svanita in un lampo... Avrei potuto salvarmi con tanta facilità e invece mi sono dannato per niente, per sempre e per colpa mia!". 

Nel libro "Apparecchio alla morte" si legge che a Sant'Umberto apparve un defunto che si trovava all'inferno; questi affermò: "Il terribile dolore che continuamente mi rode è il pensiero del poco per cui mi sono dannato e del poco che avrei dovuto fare per andare in paradiso!". 

Nello stesso libro, Sant'Alfonso riporta anche l'episodio di Elisabetta, regina d'Inghilterra, che stoltamente arrivò a dire: "Dio, dammi quarant'anni di regno e io rinuncio al paradiso!". Ebbe effettivamente un regno di quarant'anni, ma dopo la morte fu vista di notte sulle sponde del Tamigi, mentre, circondata da fiamme, gridava: "Quarant'anni di regno e un'eternità di dolore!...".


lunedì 16 ottobre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 


IL PENSIERO DI ALCUNI SANTI

 

La perdita di Dio, dunque, è il più grande dolore che tormenta i dannati.

 

San Giovanni Crisostomo dice: "Se tu dirai mille inferni, non avrai ancora detto nulla che possa uguagliare la perdita di Dio".

Sant'Agostino insegna: "Se i dannati godessero la vista di Dio non sentirebbero i loro tormenti e lo stesso inferno si cambierebbe in paradiso". 

San Brunone, parlando del giudizio universale, nel suo libro dei "Sermoni" scrive: "Si aggiungano pure tormenti a tormenti; tutto è nulla davanti alla privazione di Dio". 

Sant'Alfonso precisa: "Se udissimo un dannato piangere e gli chiedessimo: 'Perché piangi tanto?, ci sentiremmo rispondere: “Piango perché ho perduto Dio!”. Almeno il dannato potesse amare il suo Dio e rassegnarsi alla sua volontà! Ma non può farlo. È costretto a odiare il suo Creatore nello stesso tempo che lo riconosce degno di infinito amore".

Santa Caterina da Genova quando le apparve il demonio lo interrogò: "Tu chi sei?" - "lo sono quel perfido che si è privato dell'amore di Dio!".

 

ALTRE PRIVAZIONI

Dalla privazione di Dio, come dice il Lessio, derivano necessariamente altre privazioni estremamente penose: la perdita del paradiso, cioè della gioia eterna per la quale l'anima è stata creata e a cui naturalmente continua a tendere; la privazione della compagnia degli Angeli e dei Santi, essendoci un abisso insuperabile tra i Beati e i dannati; la privazione della gloria del corpo dopo la risurrezione universale.

 

Ascoltiamo che cosa disse un dannato riguardo alle sue atroci sofferenze.

Nel 1634 a Loudun, nella diocesi di Poitiers, si presentò ad un pio sacerdote un'anima dannata. Quel sacerdote chiese: "Che cosa soffri all'inferno?" - "Noi soffriamo un fuoco che non si spegne mai, una terribile maledizione e soprattutto una rabbia impossibile a descriversi, perché non possiamo vedere Colui che ci ha creati e che abbiamo perduto per sempre per colpa nostra!... ".


sabato 23 settembre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 


AMORE IMPEDITO

Chi non conosce la potenza dell'amore umano e gli eccessi a cui può giungere quando sorge qualche ostacolo? 

Visitavo l'ospedale Santa Marta di Catania; vidi sulla soglia di un camerone una donna in lacrime; era inconsolabile. 

Povera madre! Stava morendo suo figlio. Mi sono soffermato con lei per dirle una parola di conforto ed ho saputo...

Quel ragazzo amava sinceramente una ragazza e voleva sposarla, ma non era da questa corrisposto. Davanti a questo ostacolo insuperabile, pensando di non poter più vivere senza l'amore di quella donna e non volendo che sposasse qualcun altro, giunse al colmo della follia: diede diverse coltellate alla ragazza e poi tentò il suicidio.

Quei due ragazzi spirarono nello stesso ospedale a poche ore di distanza.

Che cos'è l'amore umano in confronto all'Amore divino...? Che cosa non farebbe un'anima dannata pur di arrivare a possedere Dio...?!?

Pensando che per tutta l'eternità non potrà amarlo, vorrebbe non essere mai esistita o sprofondare nel nulla, se fosse possibile, ma essendo questo impossibile sprofonda nella disperazione.

Ognuno può farsi una sia pur debole idea della pena di un dannato che si separa da Dio, pensando a ciò che prova il cuore umano alla perdita di una persona cara: la sposa alla morte dello sposo, la madre alla morte di un figlio, i figli alla morte dei loro genitori... 

Ma queste pene, che sulla terra sono le sofferenze più grandi tra tutte quelle che possono straziare il cuore umano, sono ben poca cosa davanti alla pena disperata dei dannati.


lunedì 4 settembre 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 


LA DISPERAZIONE E I DOLORI SOFFERTI DAI DANNATI IL DOLORE PIU’ ATROCE: 


LA PENA DEL DANNO


Provata l'esistenza dell'inferno con gli argomenti della ragione, con quelli della Rivelazione divina e con episodi documentati, consideriamo ora in che cosa consista essenzialmente la pena di chi cade nel baratro infernale.

Gesù chiama gli abissi eterni: "luogo di tormento" (Lc 16, 28). Molte sono le pene sofferte dai dannati all'inferno, ma la principale è quella del danno, che San Tommaso d'Aquino definisce: “privazione del Sommo Bene”, cioè di Dio.

Noi siamo fatti per Dio (da Lui veniamo e a Lui andiamo), ma finché siamo in questa vita possiamo anche non dar alcuna importanza a Dio e tamponare, con la presenza delle creature, il vuoto lasciato in noi dall'assenza del Creatore. 

Finché è qui sulla terra, l'uomo può stordirsi con delle piccole gioie terrene; può vivere, come purtroppo fanno tanti che ignorano il loro Creatore, saziando il cuore con l'amore a una persona, o godendo della ricchezza, o assecondando altre passioni, anche le più disordinate, ma in ogni caso, anche qui sulla terra, senza Dio l'uomo non può trovare la vera e piena felicità, perché la vera felicità è solo Dio.

Ma appena un'anima entra nell'eternità, avendo lasciato nel mondo tutto ciò che aveva ed amava e conoscendo Dio così com'è, nella sua infinita bellezza e perfezione, si sente fortemente attratta ad unirsi a Lui, più che il ferro verso una potente calamita. Riconosce allora che l'unico oggetto del vero amore è il Sommo Bene, Dio, l'Onnipotente.

Ma se un'anima disgraziatamente lascia questa terra in uno stato di inimicizia verso Dio, si sentirà respinta dal Creatore: "Via, lontano da me, maledetta, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!" (Mt 25, 41).

Aver conosciuto il Supremo Amore... sentire il bisogno impellente di amarlo e di essere riamati da Lui... e sentirsene respinti... per tutta l'eternità, questo è il primo e più atroce tormento per tutti i dannati.


sabato 26 agosto 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 


RAIMOND DIOCRÉ

Ed ecco un altro fatto sconvolgente, avvenuto alla presenza di migliaia di testimoni ed esaminato in tutti i particolari dai dottissimi Bollandisti. 

Era morto a Parigi il professore della Sorbona Raimond Diocré. Nella chiesa di Nòtre Dame si svolgevano i solenni funerali. Oltre a molti semplici fedeli vi parteciparono numerosi professori e discepoli del defunto. 

La salma era collocata nel mezzo della navata centrale, coperta, secondo l'uso di quel tempo, da un semplice velo. Cominciate le esequie, allorché il sacerdote disse le parole del rito: "Rispondimi: quante iniquità e peccati hai...?", si udì una voce sepolcrale uscire da sotto il velo funebre: "Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato!".

Fu tolto subito il drappo mortuario, ma si trovò il defunto immobile e freddo. La funzione, improvvisamente interrotta, fu subito ripresa fra il turbamento generale. Poco dopo il cadavere si alzò davanti a tutti e gridò con voce ancora più forte di prima: "Per giusto giudizio di Dio sono stato giudicato!".

Lo spavento dei presenti giunse al colmo. Alcuni medici si avvicinarono al defunto, ripiombato nella sua immobilità, e constatarono che era veramente morto. Non si ebbe però il coraggio, per quel giorno, di continuare il funerale e si rimandò al domani.

Intanto le autorità ecclesiastiche non sapevano che cosa decidere. Alcuni dicevano: "E’ dannato; non è degno delle preghiere della Chiesa!". Altri osservavano: "Non si può essere sicuri che Diocré sia dannato! Ha detto di essere stato accusato e giudicato, ma non condannato".

Anche il Vescovo fu di questo parere. II giorno seguente fu ripetuto l'ufficio funebre, ma giunti alla stessa frase prevista dal rito: “Rispondimi...” il cadavere si alzò nuovamente da sotto il velo funebre e gridò: "Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all'inferno per sempre!".

Davanti a questa terribile testimonianza, cessarono i funerali e si decise di non seppellire il cadavere nel cimitero comune.


Il prodigio era evidentissimo e molti si convertirono. 

Tra i presenti c'era un certo Brunone, discepolo e ammiratore del Diocré; era già un buon cristiano, ma in quell'occasione decise di lasciare le attrattive del mondo e di darsi alla penitenza. Altri seguirono il suo esempio. Brunone divenne fondatore di un Ordine Religioso, il più rigoroso della Chiesa Cattolica: l'Ordine dei Certosini. In seguito morì da Santo. 

Chi va oggi a Serra San Bruno, in Calabria, può visitare il monastero fatto costruire dal Santo, ove sono sepolti, tra gli altri, non pochi uomini illustri che hanno lasciato tutto per dedicarsi interamente alla preghiera, al lavoro, all'aspra penitenza e al più rigoroso silenzio.

 

• Il mondo potrà giudicare pazzi costoro, ma in realtà sono sapienti; seguendo le orme del fondatore, al pensiero dell'inferno, perseverano nella vita di mortificazione per guadagnarsi il paradiso.


venerdì 11 agosto 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 

UN PROFESSORE DI PARIGI

 

Sant'Alfonso Maria De' Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, e quindi particolarmente degno di fede, riporta il seguente episodio.

Quando l'università di Parigi si trovava nel periodo di maggior splendore, uno dei suoi più celebri professori morì improvvisamente. Nessuno si sarebbe immaginato la sua terribile sorte, tanto meno il Vescovo di Parigi, suo intimo amico, che pregava ogni giorno in suffragio di quell'anima.

Una notte, mentre pregava per il defunto, se lo vide apparire davanti in forma incandescente, col volto disperato. II Vescovo, compreso che l'amico era dannato, gli rivolse alcune domande; gli chiese tra l'altro: "All'inferno ti ricordi ancora delle scienze per le quali eri così famoso in vita?".

"Che scienze... che scienze! In compagnia dei demoni abbiamo ben altro a cui pensare! Questi spiriti malvagi non ci danno un momento di tregua e ci impediscono di pensare a qualunque altra cosa che non siano le nostre colpe e le nostre pene. Queste sono già tremende spaventose, ma i demoni ce le inaspriscono in modo da alimentare in noi una continua disperazione!"


sabato 5 agosto 2023

TRATTATO SULL’INFERNO

 


RACCONTA UN ARCIVESCOVO...


Mons. Antonio Pierozzi, Arcivescovo di Firenze, famoso per la sua pietà e dottrina, nei suoi scritti narra un fatto, verificatosi ai suoi tempi, verso la metà del XV secolo, che seminò grande sgomento nell'Italia settentrionale. 

All'età di diciassette anni, un ragazzo aveva tenuto nascosto in Confessione un peccato grave che non osava confessare per vergogna. Nonostante questo si accostava alla Comunione, ovviamente in modo sacrilego.

Tormentato sempre più dal rimorso, invece di mettersi in grazia di Dio, cercava di supplire facendo grandi penitenze. Alla fine decise di farsi frate. "Là - pensava - confesserò i miei sacrilegi e farò penitenza di tutte le mie colpe". 

Purtroppo, il demonio della vergogna riuscì anche là a non fargli confessare con sincerità i suoi peccati e così trascorsero tre anni in continui sacrilegi. Neanche sul letto di morte ebbe il coraggio di confessare le sue gravi colpe. 

• suoi confratelli credettero che fosse morto da santo, perciò il cadavere del giovane frate fu portato in processione nella chiesa del convento, dove rimase esposto fino al giorno dopo.

AI mattino, uno dei frati, che era andato a suonare la campana, tutto a un tratto si vide comparire davanti il morto circondato da catene roventi e da fiamme.

Quel povero frate cadde in ginocchio spaventato. II terrore raggiunse il culmine quando sentì: "Non pregate per me, perché sono all'inferno!"... e gli raccontò la triste storia dei sacrilegi.

Poi sparì lasciando un odore ripugnante che si sparse per tutto il convento. I superiori fecero portare via il cadavere senza i funerali.