LA PENA DEL SENSO
Oltre alla pena del danno che, come si è visto, consiste nel dolore atroce per la perdita di Dio, ai dannati è riservata nell'altra vita la pena del senso.
Si legge nella Bibbia: "Con quelle stesse cose per cui uno pecca, con esse è poi castigato" (Sap 11, 10).
Quanto più dunque uno avrà offeso Dio con un senso, tanto più, sarà tormentato in esso.
E’ la legge del contrappasso, di cui si servì anche Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia'; il poeta assegnò ai dannati pene diverse, in rapporto ai loro peccati.
La più terribile pena del senso è quella del fuoco, di cui ci ha parlato più volte Gesù.
Anche su questa terra la pena del fuoco è la maggiore tra le pene sensibili, ma c'è una grande differenza tra il fuoco terreno e quello dell'inferno.
Dice Sant'Agostino: "A confronto del fuoco dell'inferno il fuoco che conosciamo noi è come se fosse dipinto". La ragione è che il fuoco terreno Dio l'ha voluto per il bene dell'uomo, quello dell'inferno, invece, l'ha creato per punire le sue colpe.
II dannato è circondato dal fuoco, anzi, è immerso in esso più che il pesce nell'acqua; sente il tormento delle fiamme e come il ricco epulone della parabola evangelica urla: "Questa fiamma mi tortura!" (Lc 16, 24).
Alcuni non possono sopportare il disagio di camminare per strada sotto un sole cocente e poi magari... non temono quel fuoco che dovrà divorarli in eterno!
Parlando a chi vive incoscientemente nel peccato, senza porsi il problema della finale resa dei conti, San Pier Damiani scrive: "Continua, pazzo, ad accontentare la tua carne; verrà un giorno in cui i tuoi peccati diventeranno come pece nelle tue viscere che farà più tormentosa la fiamma che ti divorerà in eterno!".
È illuminante l'episodio che San Giovanni Bosco narra nella biografia di Michele Magone, uno dei suoi migliori ragazzi. "Alcuni ragazzi commentavano una predica sull'inferno. Uno di essi osò dire scioccamente: 'Se andremo all'inferno almeno ci sarà il fuoco per riscaldarsi!'. A queste parole Michele Magone corse a prendere una candela, l'accese e accostò la fiammella alle mani del ragazzo spavaldo. Questi non si era accorto della cosa e, quando sentì il forte calore alle mani che teneva dietro la schiena, scattò subito e si arrabbiò. “Come - rispose Michele - non puoi sopportare per un momento la debole fiamma di una candela e arrivi a dire che staresti volentieri tra le fiamme dell'inferno?.”
La pena del fuoco comporta anche la sete. Quale tormento la sete ardente in questo mondo!
E quanto più grande sarà lo stesso tormento all'inferno, come testimonia il ricco epulone nella parabola narrata da Gesù! Una sete inestinguibile!!!
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