Madre mia Maria,
conducimi teco
nella grotta di Betlemme
e fammi inabissare
nella contemplazione
di ciò che di grande e sublime
è per svolgersi
nel silenzio di questa
più grande e bella notte
che il mondo abbia mai visto.
(Epist. IV 868)
«Queste impotenze, o figliuole, non v'impediscono l'entrare in voi stesse, ma sibbene il compiacervi di voi medesime. Ricordatelo che una cosa è necessaria, di essere appresso a Gesù. Ditemi, mie care figliuole, voi sapete bene che alla nascita di nostro Signore i pastori udirono i canti angelici e divini degli spiriti celesti, la scrittura lo dice, ma non dice però che la Vergine sua Madre e san Giuseppe, che erano i più vicini al Bambino, udissero le voci degli Angeli o vedessero quei miracolosi splendori, anzi per contrario, invece di udire gli angioli cantare, udivano piangere il Bambino, e videro a qualche lume, mendicato da una lampada vile, gli occhi di questo divino Infante, tutte bagnate di lagrime nel pianto, tremanti pel freddo.
Ora vi domando: non avreste voi eletto di essere nella stalla oscura e piena di grida del piccolo Bambino, più tosto che essere coi pastori?».
(Epist. III, 565)
«Il celeste Bambino faccia sentire anche al vostro cuore tutte quelle sante emozioni che fé sentire a me nella beata notte, allorché venne deposto nella povera capannuccia!
Oh Dio, padre mio, non saprei esprimervi tutto quello che sentii nel cuore in questa felicissima notte. Mi sentivo il cuore traboccante di un santo amore verso il nostro Dio umanato. La notte nello spirito durò anche allora, ma, lo dico pure, in mezzo a un sì buio pesto, feci una fortissima indigestione spirituale.
Oh quante volte il mio pensiero si portò dal Bambino a voi, e da voi al Bambino!
Io non saprei ridirvi tutto ciò che avvenne in me in questa notte, passata tutta in piedi, senza aver chiuso un occhio. Piaccia a Dio esaudire i voti che feci per voi e che incessantemente li vado ripetendo dinanzi alla grotta di Betlemme».
(Epist. I, 981-982)
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