lunedì 25 dicembre 2023

TESORI DI RACCONTI



La morte di una vanitosa.  

A Spoleto viveva una giovane, quanto avvenente di volto, altrettanto dissoluta di costumi, immersa nel fango d'ogni più sozza disonestà. Avvisata più volte a correggere una vita di tanta infamia, disprezzava le ammonizioni, le volgeva in beffe e continuava a sfoggiare in pompe, a trescare sfrontatamente ed appagare la sua brutale passione. La madre compiacendosi dell'avvenenza e del brio della figliola, e di vederla corteggiata da buon numero di amanti, lasciava correre la cosa senza farne gran rumore, colla speranza che alla fine troverebbe un buon partito di accasarsi, e dato poi già il bollore dell'età un po' alla volta si quieterebbe. Purtroppo si trovano di tali madri cieche e sconsigliate che tradiscono le loro figlie col tener mano alle loro bizzarrie, o almeno col non impedirle.  

Intanto avvenne che la figliuola gravemente infermò. Non giovando i rimedi, ed il male sempre più aggravando, alcune persone caritatevoli del vicinato, che venivano ad assisterla, la esortavano a ricevere i Sacramenti, e prepararsi alla morte. Ma la misera ostinata ed impenitente non dava retta alle loro esortazioni, anzi ne fremeva di rabbia e di dispetto. Animata dal sacerdote che l'assisteva a far senno, a raccomandarsi e a chiedere perdono a Gesù Cristo, stridendo coi denti come una furia d'inferno, e stralunando gli occhi orribilmente: Che perdono, urlava, che misericordia! Non me ne curo, non lo voglio. E che cosa ho io da fare con Cristo? Vieni, o diavolo, e pigliati l'anima mia, poiché tua sono stata, tua sono e tua sarò in eterno. E con tali parole sul labbro spirò.  

 DON ANTONIO ZACCARIA 

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