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mercoledì 13 marzo 2024

Chi è lo stolto? È colui che ha disprezzato la sapienza e l’educazione alla sapienza. Quale sarà il frutto di questo disprezzo? L’infelicità eterna.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


11Infatti è infelice chi disprezza la sapienza e l’educazione. Vana è la loro speranza e le loro fatiche inutili, le loro opere sono senza frutto. 

Chi è lo stolto? È colui che ha disprezzato la sapienza e l’educazione alla sapienza. Quale sarà il frutto di questo disprezzo? L’infelicità eterna. 

Quale ancora il frutto di questo disprezzo? La vanità della loro speranza e l’inutilità delle loro fatiche. Ogni loro opera è senza frutto. 

Se ciò che l’uomo fa non genera, non produce la sua vita eterna, allora veramente tutto è inutile, tutto vano, tutto senza frutto. 

Noi siamo sulla terra per produrre un solo frutto: la vita eterna. Se questo frutto da noi non è prodotto, ogni altra cosa è vana, inutile, senza vera speranza. 

La sapienza, l’educazione alla sapienza a questo servono: insegnarci come si produce questo frutto di vita eterna. 

Tutto il Vangelo cosa è? È l’insegnamento operato da Gesù Signore per educarci a produrre il frutto della nostra vita eterna. 

Se la vita eterna è solo dono di Dio e non anche frutto dell’uomo, il Vangelo è inutile e tutta la speranza posta in esso è vana. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

domenica 28 gennaio 2024

Oggi è proprio questa verità che fa difetto nei cristiani. Si sceglie di camminare oggi con Satana e domani si vuole avere Dio per l’eternità.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


Ma gli empi riceveranno una pena conforme ai loro pensieri; non hanno avuto cura del giusto e si sono allontanati dal Signore. 

Ecco invece quale sarà la sorte eterna dell’empio. Egli riceverà una pena conforme ai suoi pensieri. Ha scelto il male, male avrà per l’eternità. 

Hanno scelto di non avere cura del giusto e di allontanarsi dal Signore. Saranno eternamente lontani sia dal giusto che dal Signore. Nessuna comunione. 

Ognuno avrà nell’eternità ciò che avrà scelto in vita. Se avrà camminato con Dio, avrà Dio. Se avrà camminato con Satana, avrà Satana e il suo inferno.  

Oggi è proprio questa verità che fa difetto nei cristiani. Si sceglie di camminare oggi con Satana e domani si vuole avere Dio per l’eternità. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 29 dicembre 2023

Confidare nel Signore è prima di tutto credere in Lui, fidarsi di Lui, ascoltare Lui. Si crede, ci si fida, lo si ascolta, si comprende la verità.



 LIBRO DELLA SAPIENZA 


9Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti. 

Questa verità può essere compresa? Può essere accolta nel cuore? Chi la potrà comprendere e porre nel cuore? 

La risposta è immediata da parte del Signore. Comprenderanno la verità coloro che confidano nel Signore. Chi non confida in Lui, mai giungerà alla verità. 

Confidare nel Signore è prima di tutto credere in Lui, fidarsi di Lui, ascoltare Lui. Si crede, ci si fida, lo si ascolta, si comprende la verità. 

Chi rimane in eterno presso il Signore? Chi abiterà con Lui? Solo i suoi fedeli. Quanti rimangono fedeli a Lui nell’amore e mai escono dalla sua Parola. 

A costoro il Signore concede la sua grazia e la sua misericordia. Per gli empi nessuna misericordia, perché essi hanno negato la stessa esistenza di Dio. 

Dio accoglierà nella sua tenda eterna solo quanti sono rimasti fedeli al suo amore. Anche questa è verità consolidata nel popolo del Signore.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI


lunedì 20 novembre 2023

Il governo del Signore è nel purissimo dono della vita eterna. Dio governa i giusti conducendoli alla sorgente della vera vita.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


8 Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. 

Gli empi hanno tolto i giusti dalla terra. Dio li innalza sopra la terra e sopra le nazioni. Darà ad essi potere sui popoli. 

Però sopra i giusti regnerà per sempre solo il Signore. Gli empi non avranno più alcun potere sui giusti. I due regni vengono separati per sempre. 

L’empio ha potere sul giusto solo per un istante. Il suo potere è quello di calarlo nel crogiolo perché si possa purificare da ogni scoria. 

Fatto questo lavoro, l’empio scompare dalla vita del giusto. Su di lui non ha alcun potere. Potere sul giusto lo esercita solo il Signore.  

Anche questa è verità purissima. Anche questa verità deve divenire fede purissima del vero adoratore di Dio. 

Nessuno ha potere sul giusto: né l’empio, né Satana, né la morte, né Angeli e né uomini. Solo il Signore lo governerà per l’eternità. 

Il governo del Signore è nel purissimo dono della vita eterna. Dio governa i giusti conducendoli alla sorgente della vera vita. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 20 ottobre 2023

Nel giorno del giudizio, quando empi e giusti si presenteranno al rendimento dei conti, gli empi vedranno i giusti risplendere. Li vedranno pieni di luce.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


7 Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. 

Anche questa è purissima verità di fede ormai consolidata nel popolo del Signore. Essa è chiaramente attestata. Leggiamo in Daniele e in Malachia.  

Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. 

Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre (Dn 12,1-3).  

Duri sono i vostri discorsi contro di me – dice il Signore – e voi andate dicendo: «Che cosa abbiamo detto contro di te?». Avete affermato: «È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti». Allora parlarono tra loro i timorati di Dio. Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno – dice il Signore degli eserciti – la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo. Avrò cura di loro come il padre ha cura del figlio che lo serve. Voi allora di nuovo vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo serve. 

Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla. Calpesterete i malvagi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti (Mal 3,13-21).  

Nel giorno del giudizio, quando empi e giusti si presenteranno al rendimento dei conti, gli empi vedranno i giusti risplendere. Li vedranno pieni di luce. 

Li vedranno come scintille nella stoppia che corrono di qua e di là. Le anime dei giusti sono state trasformate da Dio in luce eterna. 

Mentre le anime degli empi sono divenute tenebra eterna, morte eterna, perdizione eterna. Sono anime senza vera vita. 

Questa differenza è verità purissima. Deve anche divenire fede purissima del vero adoratore di Dio. Dalla giustizia alla luce, dall’empietà alla morte. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

domenica 24 settembre 2023

La sofferenza è vera via di purificazione, vera prova di fedeltà, vero sentiero per giungere alla gioia eterna. Nulla purifica quanto la sofferenza.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


6 li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. 

Ecco cosa è la sofferenza nella visione vera della fede: è mettere l’uomo nel crogiolo perché venga liberato da ogni scoria, imperfezione, difetto, neo. 

Come l’oro messo sul fuoco si fonde e libera tutte le scorie, così è l’uomo messo nel fuoco della sofferenza. Si fonde e libera da esso ogni imperfezione. 

Attraverso il crogiolo della sofferenza il giusto diviene gradito come l’offerta di un olocausto. Ogni vittima offerta al Signore deve essere senza difetti.  

Questa purissima verità di fede viene ripresa da San Pietro e ricordata ai cristiani delle prime comunità. 

Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadòcia, nell’Asia e nella Bitinia, scelti secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza. 

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. 

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime. 

Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo. 

Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo. 

E se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. 

Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno. 

E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato (1Pt 1,1-25).  

La sofferenza è vera via di purificazione, vera prova di fedeltà, vero sentiero per giungere alla gioia eterna.  Nulla purifica quanto la sofferenza. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI


venerdì 25 agosto 2023

In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé;

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


5 In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; 

Ecco un’altra verità che governa la speranza del giusto: la pena è breve. I benefici sono eterni. La pena è piccola. I benefici sono grandi. 

La pena serve per provare la loro fedeltà al Signore. Dio prova i giusti e li trova degni di sé. Sono degni di sé perché danno la vita per rimanere fedeli a Lui. 

Nessuna prova è più grande del dono della vita. Si perde la vita per il Signore per averla tutta dal Signore. 

Questa scienza, sapienza, verità con la quale si affronta il martirio è già patrimonio di fede del popolo del Signore già del Secondo Libro dei Maccabei. 


Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle leggi dei padri e a non governarsi più secondo le leggi di Dio, e inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizìm a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. Grave e intollerabile per tutti era il dilagare del male. Il tempio infatti era pieno delle dissolutezze e delle gozzoviglie dei pagani, che si divertivano con le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne, introducendovi pratiche sconvenienti. L’altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle leggi. Non era più possibile né osservare il sabato né celebrare le feste dei padri né semplicemente dichiarare di essere giudeo. Si era trascinati con aspra violenza ogni mese, nel giorno natalizio del re, ad assistere al sacrificio e, quando giungevano le feste dionisiache, si era costretti a sfilare in onore di Diòniso coronati di edera. Su istigazione dei cittadini di Tolemàide, fu poi emanato un decreto per le vicine città ellenistiche, perché anch’esse seguissero le stesse disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici e mettessero a morte quanti non accettavano di aderire alle usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse. Furono denunciate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero i bambini alle loro mammelle, e dopo averle condotte in giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. Altri che si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano riluttanza a difendersi per il rispetto di quel giorno santissimo. 

Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di pensare che i castighi non vengono per la distruzione, ma per la correzione del nostro popolo. Quindi è veramente segno di grande benevolenza il fatto che agli empi non è data libertà per molto tempo, ma subito incappano nei castighi. Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con le altre nazioni, attendendo pazientemente il tempo di punirle, quando siano giunte al colmo dei loro peccati; e questo per non doverci punire alla fine, quando fossimo giunti all’estremo delle nostre colpe. Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo. Ciò sia detto da noi solo per ricordare questa verità. Dobbiamo ora tornare alla narrazione. 

Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per attaccamento alla vita. Quelli che erano incaricati dell’illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest’uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare le carni sacrificate imposte dal re, perché, agendo a questo modo, sarebbe sfuggito alla morte e avrebbe trovato umanità in nome dell’antica amicizia che aveva con loro. Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia, della raggiunta veneranda canizie e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, ma specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero pure alla morte. «Poiché – egli diceva – non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant’anni Eleàzaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, per appena un po’ più di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. Infatti, anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell’Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo che le parole da lui pronunciate fossero una pazzia. Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il Signore, che possiede una santa scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell’anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». In tal modo egli morì, lasciando la sua morte come esempio di nobiltà e ricordo di virtù non solo ai giovani, ma anche alla grande maggioranza della nazione (2 Mac 6,1-31).  

Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco teglie e caldaie. Appena queste divennero roventi, il re comandò di tagliare la lingua a quello che si era fatto loro portavoce, di scorticarlo e tagliargli le estremità, sotto gli occhi degli altri fratelli e della madre. Dopo averlo mutilato di tutte le membra, comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo quando ancora respirava. Mentre il vapore si spandeva largamente tutto intorno alla teglia, gli altri si esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, dicendo: «Il Signore Dio ci vede dall’alto e certamente avrà pietà di noi, come dichiarò Mosè nel canto che protesta apertamente con queste parole: “E dei suoi servi avrà compassione”».  

Venuto meno il primo, allo stesso modo esponevano allo scherno il secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli domandavano: «Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato in ogni suo membro?». Egli, rispondendo nella lingua dei padri, protestava: «No». Perciò anch’egli subì gli stessi tormenti del primo. Giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». 

Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. 

Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». 

Subito dopo condussero il quinto e lo torturarono. Ma egli, guardando il re, diceva: «Tu hai potere sugli uomini e, sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. Quanto a te, aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua discendenza».  

Dopo di lui presero il sesto che, mentre stava per morire, disse: «Non illuderti stoltamente. Noi soffriamo queste cose per causa nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono cose che muovono a meraviglia. Ma tu non credere di andare impunito, dopo aver osato combattere contro Dio». 

Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi». 

Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quel linguaggio fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei padri, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il giovane non badava per nulla a queste parole, il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo. Esortata a lungo, ella accettò di persuadere il figlio; chinatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri: «Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia». 

Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. Noi, in realtà, soffriamo per i nostri peccati. Se ora per nostro castigo e correzione il Signore vivente per breve tempo si è adirato con noi, di nuovo si riconcilierà con i suoi servi. Ma tu, o sacrilego e il più scellerato di tutti gli uomini, non esaltarti invano, alimentando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo, perché non sei ancora al sicuro dal giudizio del Dio onnipotente che vede tutto. Già ora i nostri fratelli, che hanno sopportato un breve tormento, per una vita eterna sono entrati in alleanza con Dio. Tu invece subirai nel giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. Anch’io, come già i miei fratelli, offro il corpo e la vita per le leggi dei padri, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu, fra dure prove e flagelli, debba confessare che egli solo è Dio; con me invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l’ira dell’Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe». 

Il re, divenuto furibondo, si sfogò su di lui più crudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo scherno. Così anche costui passò all’altra vita puro, confidando pienamente nel Signore. Ultima dopo i figli, anche la madre incontrò la morte. 

Ma sia sufficiente quanto abbiamo esposto circa i pasti sacrificali e le eccessive crudeltà (2Mac 7,1-42). 

 

Il Signore prova sempre i suoi figli, anche con la richiesta del dono di tutta la loro vita, facendola divenire vero olocausto, vero sacrificio, nella sofferenza. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 20 luglio 2023

Il giusto ha una visione soprannaturale delle cose. Vede con gli occhi dello spirito ciò che è invisibile agli occhi della carne.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


3 la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. 

Gli empi vedono la morte dei giusti, causata dalla loro empietà e malvagità come una rovina. Mentre essi godono della vita. Ai giusti la vita è tolta. 

Questa è la rovina: la perdita della vita. Essi invece non hanno perso la vita. Sono nella pace. Sono nella vita eterna. Vivono una vita di gaudio eterno. 

Questa differenza va colta, va insegnata, va gridata, va predicata. Empi e giusti non hanno la stessa fine dopo la morte. La fine è ben diversa. 

Oggi è questa la stoltezza anche del mondo cattolico: l’abolizione, la negazione, la cancellazione di questo duplice sbocco della nostra vita. 

Il giusto per l’empio è precipitato in una sventura, nella rovina di aver perso la vita. Non sa che chi perde la vita è proprio lui, l’empio. La perde per sempre. 

4 Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. 

Il giusto ha una visione soprannaturale delle cose. Vede con gli occhi dello spirito ciò che è invisibile agli occhi della carne.  

Vede il dolore, la sofferenza, la stessa morte come porta verso l’immortalità. Si compie in lui il fine per cui è stato creato: per l’immortalità. 

Questa verità è già stata annunziata nel capitolo secondo: “Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura”. 

La natura di Dio è incorruttibile e immortale. Il castigo, la morte, la sofferenza del giusto è porta, via che conduce all’incorruttibilità e all’immortalità. 

Sofferenze e dolori sono il sentiero per il compimento del fine per cui l’uomo è stato creato. Gli empi cooperano a che questo fine sia raggiunto rapidamente.  

Questa è la speranza del giusto: raggiungere l’immortalità. Se per essa è opportuno passare per la morte, che si passi per la morte.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 


mercoledì 21 giugno 2023

La cecità spirituale produce la malvagità. La malvagità conduce alla morte eterna. Essi non vedono il dopo del giusto e neanche il loro dopo.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


2 Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, 

Gli stolti vedono solo il momento presente. Vedono la morte fisica da essi inflitta ai giusti e non sanno andare oltre.  

Vedono il male loro fatto e ritengono la fine fatta fare loro un vera sciagura. Non vedono oltre il momento. Si fermano alle apparenze storiche. 

Mancano di occhi che sanno andare oltre la morte, oltre la storia, oltre la sofferenza, oltre i tormenti da essi inflitti. 

Questa cecità spirituale fa sì che essi vedano solo la materia. Non possono andare oltre. È l’empietà che produce questa cecità. 

La cecità spirituale produce la malvagità. La malvagità conduce alla morte eterna. Essi non vedono il dopo del giusto e neanche il loro dopo. 

La cecità è universale. È verso i giusti, ma anche verso la loro vita. È una cecità che li immerge in una depravazione e immoralità di morte anche sulla terra.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

domenica 28 maggio 2023

La differenza tra le anime degli empi e quelle dei giusti è sostanziale. Le prime sono in un tormento eterno. Le seconde vivono di gioia eterna.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA


1 Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. 

Questo versetto è in contrapposizione a ciò che è stato detto sulle anime degli empi: queste sono in mano della morte. Esse appartengono alla morte. 

“Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono”. Le anime degli empi sono del diavolo. 

Le anime dei giusti, invece, non appartengono al diavolo. Esse sono nelle mani di Dio e non vi è tormento per esse. 

Mentre le anime degli empi vivranno una morte eterna di tormenti, quelle dei giusti vivranno una vita eterna di gaudio. Non conosceranno il tormento. 

La differenza tra le anime degli empi e quelle dei giusti è sostanziale. Le prime sono in un tormento eterno. Le seconde vivono di gioia eterna.  

Le prime appartengono alla morte e al diavolo. Le seconde appartengono alla vita e a Dio. Queste ultime sono nelle mani di Dio. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

venerdì 5 maggio 2023

Vanno incontro alla morte coloro che appartengono alla morte, quanti appartengono alla vita vanno nella vita.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA

4 Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono. 

Da dove viene allora la morte? Essa viene dall’invidia del diavolo. Essa è frutto del non ascolto della Parola del Signore. 

Vanno incontro alla morte coloro che appartengono alla morte, quanti appartengono alla vita vanno nella vita. 

Qui in verità non si parla della morte fisica che è per ogni uomo, ma della morte spirituale. Va nella morte eterna chi appartiene alla morte eterna. 

Chi appartiene alla morte eterna? Gli empi. Essi hanno deciso di vivere per la morte, alla morte essi appartengono, della morte eterna faranno esperienza. 

Perché gli empi andranno incontro alla morte eterna, perché si sono lasciati tentare dal diavolo e sono caduti nella loro falsità? 

Chi sono allora gli empi? Coloro che credono nella parola del diavolo: “Se ti prendi la vita nelle tue mani, sarai come Dio. Sarai Dio”. 

Chi è allora l’empio? È colui che nega l’esistenza di Dio, perché lui stesso si è proclamato dio. Un dio di materia, di tempo. Non certo di spirito, di eternità. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 15 aprile 2023

Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

23 Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. 

Ora viene confermata la visione che il giusto ha della vita: sì, veramente Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto ad immagine della propria natura. 

Sì, veramente esiste il prima del tempo, e il dopo del tempo. Esiste l’eternità, l’incorruttibilità, la trascendenza, la spiritualità, il premio.  

Esiste realmente Dio che ha fatto l’uomo a sua immagine. Dio è eternità, trascendenza, immortalità, incorruttibilità. È Questa la vocazione dell’uomo.  

L’uomo non è stato fatto per la morte, ma per la vita, è ad immagine del Dio che è vita eterna. La trascendenza dell’uomo va gridata con forza. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

martedì 21 marzo 2023

L’empio ha racchiuso la sua vita nella sola materia, nel solo presente. Oltre vi è il nulla. Per questo mettono alla prova il giusto: per attestare la verità del nulla.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 


21 Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati.  

Le parole del giusto non possono essere interpretate dagli empi. Sono parole di un cuore di luce. Un cuore di tenebra non può leggere un cuore di luce.  

Gli empi hanno messo alla prova il giusto. Hanno visto che le sue parole erano vere in tutto ciò che dipendeva da lui: mitezza, arrendevolezza, non reazione. 

Mancava quanto spettava al Signore. Ma anche questo è avvenuto, non però secondo i loro intendimenti, ma secondo la sapienza eterna di Dio. 

Gli empi si sono sbagliati. Sono stati accecati dalla loro malizia. Hanno fatto ogni cosa perché si dimostrasse falso il giusto in ogni sua parola ed opera.  

22 Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile. 

Dov’è l’errore degli empi? È quello di non conoscere i misteriosi segreti di Dio. Essi non conoscono la sapienza del Signore. Essa è oltre ogni mente. 

In più il loro materialismo esaurisce la vita nella materia, nel presente. Essi non sperano ricompensa per la rettitudine. Non c’è un dopo oltre il presente. 

Neanche credono che vi sia un premio per una vita irreprensibile. Non possono credere questo, perché tutto per essi è nell’attimo. È l’attimo il loro premio. 

L’empio ha racchiuso la sua vita nella sola materia, nel solo presente. Oltre vi è il nulla. Per questo mettono alla prova il giusto: per attestare la verità del nulla. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

domenica 19 febbraio 2023

Gli empi non credono in Dio. Il giusto si proclama figlio di Dio. Per attestare la sua falsità decidono di metterlo alla prova.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

17 Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. 

Gli empi non credono in Dio. Il giusto si proclama figlio di Dio. Per attestare la sua falsità decidono di metterlo alla prova. 

Essi vogliono vedere se le sue parole sono vere. Vogliono sperimentare empiricamente cosa gli accadrà alla fine. 

Lui dice che la sua fine è beata. Quindi se muore o se vive non ha alcuna importanza. Se vive cammina verso la fine beata. 

Se muore ha raggiunto la fine beata. Cosa realmente accadrà al giusto? Questo gli empi vogliono sperimentare per un fine di male, non di bene. 

Scagliandosi contro il giusto essi vogliono ratificarsi nella loro coscienza di piena falsità. Di quanto il giusto ha detto, nulla si è avverato storicamente. 

Questo essi vogliono provare. Non per convertirsi, ma per radicarsi, piantarsi ancora di più nella loro materialità e concezione materialista della vita. 

18 Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. 

Ecco il pensiero malvagio degli empi: il giusto dice di essere figlio di Dio. Se è vero figlio di Dio, Dio non lo lascerà nelle nostre mani. 

Se è vero figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Essi dicono queste cose perché convinti della non esistenza di Dio. 

Se Dio non esiste, mai lo potrà liberare. Noi proveremo così che è falso il giusto. Non sono essi i falsi. Essi sono nella verità: Dio non esiste. 

È questo il loro ragionamento perverso, frutto della loro empietà e ateismo. 

19 Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. 

La decisione è presa: Il giusto dovrà essere provato con violenza e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione.  

Lui dice di non amare la violenza. Vediamo se queste sue parole sono vere. Ciò che dice lo compie anche? 

Lui dice che è capace di sopportare ogni cosa. Saprà sopportare le loro violenze e tormenti? Reagirà ad esse? Manifesterà la sua potenza? 

Cosa succederà? Sarà paziente? Sarà mite? Sarà arrendevole? Sopporterà ogni cosa? Sarà come un mite agnello condotto al macello? 

20 Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». 

Ecco in cosa consiste la prova: il giusto dovrà essere condannato ad una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà. 

Tutto questo avviene non perché essi vogliono aprirsi alla fede, ma per potersi maggiormente radicare nella loro empietà ed idolatria. 

Queste parole degli empi riferite al giusto, sono vera profezia di Gesù Signore. La passione di Gesù è stata vissuta tutta nel compimento di questa profezia. 


Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. 

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. 

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito (Mt 27,33-50).  


Gesù è tentato perché scenda dalla croce. A Lui vengono rivolte proprio queste parole. Viene sfidato, ma non per aprirsi alla fede. Non è questo il loro intento. 

Quanti sfidano Gesù lo fanno con arroganza. Tu sei crocifisso e non puoi sfuggire alle nostre mani. Noi siamo nella verità. Tu sei nella falsità. 

Non sanno gli empi che la risposta di Dio non è mai secondo il pensiero dell’uomo, né tanto meno secondo quello degli empi. 

La risposta di Dio è dettata dalla sua sapienza eterna. Per Cristo è la liberazione non dalla croce, ma dalla stessa tomba, dal sepolcro. 

Così la Lettera agli Ebrei e anche la Lettera ai Filippesi. 


Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. 

Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. 

Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).  

Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,6-11). 


I pensieri degli uomini da quelli di Dio sono distanti più che l’oriente dista dall’occidente. La profezia è il pensiero di Dio. Non è pensiero dell’uomo. 

Essendo pensiero di Dio, da Dio soltanto dovrà essere interpretata. L’uomo mai potrà interpretare il pensiero di Dio. Lo può se lascia che lo faccia lo Spirito di Dio.  

Gli empi neanche credono in Dio, mai potranno sapere cosa è scritto nel pensiero di Dio. Dio libera il giusto, ma a modo suo, non a modo loro. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 12 gennaio 2023

La sorte finale dei giusti è detta da lui beata. È beata perché è nell’eternità che la vita trova il suo vero compimento. Senza eternità tutto è senza valore.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

16 Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. 

Il giusto considera l’empio moneta falsa, moneta senza alcun valore, quindi moneta inutile. In più non cammina sulle vie dell’uomo. Esse sono impure. 

La sorte finale dei giusti è detta da lui beata. È beata perché è nell’eternità che la vita trova il suo vero compimento. Senza eternità tutto è senza valore. 

Questa verità la proclama San Paolo ai Corinzi a proposito della risurrezione di Gesù. Se Cristo non è risorto, nessuno risorge. La fede è cosa vana.  

Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! 

A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 

In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto. 

Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. 

Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. 

Altrimenti, che cosa faranno quelli che si fanno battezzare per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Tornate in voi stessi, come è giusto, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna. 

Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non tutti i corpi sono uguali: altro è quello degli uomini e altro quello degli animali; altro quello degli uccelli e altro quello dei pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. 

Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste. Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità. 

Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: 

La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? 

Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore (1Cor 15,1-58).  

È questa la sorte finale del giusto: la vita eterna con Dio. Abitare con Lui nella sua tenda. Secondo la rivelazione del Secondo Maccabei: anche con il corpo.  

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

mercoledì 7 dicembre 2022

Più il giusto cresce nella sua giustizia e più è preso in odio dall’empio, perché visto come pubblica condanna dei suoi pensieri e delle sue azioni.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

14 È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo,  

Più il giusto cresce nella sua giustizia e più è preso in odio dall’empio, perché visto come pubblica condanna dei suoi pensieri e delle sue azioni. 

La sola vita del giusto gli è insopportabile. Realmente lo vede come la sua coscienza esterna. Non può tollerare una vita così diversa. 

L’esistenza del giusto è condanna dell’empio, perché rivelazione della sua falsità e della sua immoralità. Il giusto introduce un elemento nuovo nella vita. 

Introduce la trascendenza, la soprannaturalità, la divinità, la religione, la fede, l’eternità, l’immortalità, la responsabilità, il giudizio. Introduce Dio nella vita. 

Tutte queste cose le introduce per il fatto di essere giusto, di non seguire la via degli empi, di non abitare nella loro tenda, di non fare ciò che essi fanno. 

Quando si chiede ad un cristiano: ma cosa tu fai per essere cristiano? Il cristiano deve rispondere: essere solamente vero cristiano. 

Se è vero cristiano, diviene coscienza visibile del mondo. Condanna il mondo con il suo stesso essere. Non si ha bisogno di altro.  

15 perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. 

Chi è il giusto? È colui che non ha una vita come quella degli altri. Anche le sue strade sono del tutto diverse. Nel giusto vi è un pensiero diverso. 

È il pensiero che determina la strada. Il pensiero dell’empio è un pensiero di sola materia, di esclusione di ogni relazione con il divino. 

Il pensiero del giusto invece è un pensiero di purissima fede. Lui vive di Dio e con i pensieri di Dio. È questa la vita e le strade diverse del giusto. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

giovedì 17 novembre 2022

Se manca la giustizia, le opere, una condotta pienamente manifestativa della fede, della speranza, della carità, la parola perde di valore e di significato.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

12 Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. 

Chi è il giusto per l’empio? É la sua coscienza esterna. La sua giustizia rivela all’empio il materialismo, la sua malvagità, la sua assenza di trascendenza. 

Il giusto, non giustificando le azioni dell’uomo, è come se si opponesse ad esse. Per questo è di incomodo. L’empio non vuole alcuna coscienza. 

Il giusto con la sua giustizia è come se gli rimproverasse le colpe contro la legga e gli rinfacciasse le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. 

Indipendentemente dalla parola che dice, dal ricordo che fa della legge, il giusto, proprio perché giusto, è vera coscienza esterna dell’empio.  

È quella voce non udibile ma visibile che è dinanzi ai suoi occhi e che sempre gli ricorda che l’uomo non è solo materia. È altra cosa molto diversa. 

Questo è il vero cristiano: coscienza visibile e udibile del mondo. È però la coscienza visibile che dona verità alla coscienza udibile, di parola. 

Se manca la giustizia, le opere, una condotta pienamente manifestativa della fede, della speranza, della carità, la parola perde di valore e di significato. 

Si è in tutto come gli empi. L’empio non riceve alcun fastidio da un cristiano che compie le sue stesse opere. Di parole ne può dire quante ne vuole. 

Anche di liturgie ne può celebrare quante ne vuole. Il fastidio l’empio lo riceve dalle opere che sono in tutto contrarie e opposte alle sue. 

13 Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. 

Il giusto però non è solo coscienza visibile, esterna, è anche coscienza udibile. È coscienza che grida la sua verità. Lui conosce Dio. Lui di Dio è figlio. 

Questa coscienza udibile avvalorata dalla coscienza visibile, cioè dalle opere contrarie e opposte operate dal giusto, mette in crisi l’empio. 

È come se lui negasse la luce mentre viene accecato dal sole. Dicesse che il fuoco non esiste, mentre è immerso in esso a bruciare. 

Questo è il giusto per l’empio: fuoco, sole, verità, trascendenza, perfetta moralità, assenza di ogni dissolutezza.  

L’empio non sopporta che vi possa essere una vita diversa, una non materia, non violenza, non depravazione, non vizio, non immoralità. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI


domenica 30 ottobre 2022

L’empio è l’antivangelo, l’antidio, l’anticristo, l’antireligione, l’antiumanità, l’antispiritualità, l’antitrascendenza, l’antidivino. L’empio è materia.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

10 Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. 

La dissolutezza non deve risparmiare nessuno. Anche sul giusto si deve spadroneggiare, anche se lui è povero.  

Il giusto è il povero del Signore, nel Signore. Neanche per lui vi dovrà essere rispetto e neanche le vedove vanno risparmiate. 

Di tutti si deve abusare. Tutti vanno trattati come materia, carne da consumo, godimento. Né vi deve essere rispetto per la canizie di un vecchio attempato.  

Per l’empio non si fa alcuna distinzione: giovane, uomo, donna, adulto, vecchio, vedova, giusto, povero. Tutti sono carne, materia da consumo. 

La dissolutezza dell’empio è universale, verso tutti. Nessuno viene risparmiato. È una visione della vita che deve indurci a riflettere, pensare. 

Questa visione non si può contrastare con la morale. Si può contrastare solo con una potente conversione. Qui occorre solo una potentissima grazia di Dio. 

L’empio però nega Dio. Nega la sua stessa esistenza. Nega l’origine soprannaturale della vita umana. Nega il fine trascendete di essa. 

Il suo cuore è solo materia che si nutre gustando la materia. Condurlo nella soprannaturalità della vita è  opera solo dello Spirito Santo di Dio. 

Ciò che è impossibile all’uomo, a Dio diviene possibile. Le risorse della sua grazia sono ogni pensiero dell’uomo. La conversione è possibile. 

11 La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile. 

È questa la  regola, la legge dell’empio: la forza, l’arroganza, la prepotenza, l’orgoglio, la dimostrazione pratica della sua superiorità. 

La giustizia per l’empio è la sua forza. Ciò che lui può è giusto, deve essere fatto. La debolezza è inutile alla vita. Nulla si ottiene con la debolezza. 

L’empio è l’antivangelo, l’antidio, l’anticristo, l’antireligione, l’antiumanità, l’antispiritualità, l’antitrascendenza, l’antidivino. L’empio è materia. 

Esso impone la legge della materia forte contro la materia debole. Lui è materia forte che deve divorare ogni materia debole. 

Questa visione dell’uomo non è di altri tempi. Non è visione di ieri. È di oggi, di domani, di sempre. È la visione dell’uomo governato dalla superbia. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI 

sabato 15 ottobre 2022

La materia non è di colui o colei che la possiede, è invece di colui che la conquista. Visione terrificante della vita umana.

 


LIBRO DELLA SAPIENZA 

7 Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, 

Tutto  la materia si deve concedere: vino pregiato e profumi. Tutto ciò che è fiore di primavera, che dona più dolcezza, è giusto che venga fatto proprio. 

Ecco come si giustifica pederastia, pedofilia, omosessualità, saffismo, unioni illegali, illegittime, divorzi, aborti, adulteri. Ogni corpo è materia da gustare. 

Ogni corpo è materia come la droga, l’alcool, il profumo, il cibo, le altre bevande. Se è materia ci si deve solo impadronire.  

La materia non è di colui o colei che la possiede, è invece di colui che la conquista. Visione terrificante della vita umana.  

8 coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano;  

Urge coronarsi di boccioli di rosa prima che avvizziscano. Compreso in senso di materia umana, il versetto rivela la crudeltà e la malvagità del materialismo.  

Boccioli sono le giovani vite, sono i ragazzi, le ragazze, sono tutti coloro che si aprono alla vita, visti dagli empi come materia da degustare, consumare. 

È tristissima questa visione, ma è la stessa che imperversa e regna ai nostri giorni. La materia più forte mangia la materia più raffinata. 

9 nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere,  perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. 

Ecco ancora un’altra decisione di queste tenebre veritative: tutti devono partecipare alle dissolutezze di tutti. È l’orgia. Il baccanale umano. 

In queste orge non si sa chi è uomo, chi è donna, chi è giovane, chi è anziano. Tutti devono gustare, degustare le dissolutezze, vivendo da dissoluti. 

Non vi è alcuna regola morale e d’altronde come potrebbe esistere dal momento che la sorgente e la fonte della verità è dichiarata non esistente? 

Tutti devono vedere il loro materialismo dissoluto. I segni vanno lasciati ben visibili. Tutti devono comprendere qual è il significato dato da essi alla vita. 

Questa è la cosa aberrante: la dissolutezza è un diritto. Spetta ad essi. È la loro parte. Se è la loro parte, è giusto possederla, gustarla, impadronirsene. 

I segni di questa dissolutezza non vanno nascosti. Non c’è vergogna per essa. È il loro orgoglio. Era ieri è anche oggi. Le mode passano, le falsità restano. 

Questa verità in qualche modo è così illustrata dall’Apostolo Paolo.


Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. 

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. 

Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,18-32).  


Di nulla si prova vergogna. D’altronde se è un diritto, se è la loro parte, se spetta loro, di che ci si deve vergognare? 

Se per un pedofilo, un boccio ancora immaturo, spetta loro, è la loro parte, ci si può vergognare se lo si degusta e lo si gusta anche uccidendolo? 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI