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sabato 20 aprile 2024

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI

 


IL "NUOVO CATECHISMO OLANDESE" 


Secondo gli autori di questo "Nuovo Catechismo" la verginità di Maria, come è stata espressa fino ad oggi dalla Chiesa, dev'essere riveduta e corretta. Le parole del Simbolo della fede "Nato dalla Vergine Maria" applicate a Gesù - secondo costoro - non sarebbero altro che un'espressione poetica, usata per significare che Egli è venuto al mondo come un singolare "dono" della grazia di Dio. Gli autori del famoso “Nuovo Catechismo Olandese” sono arrivati a dire che gli Evangelisti Matteo e Luca, asserendo che Gesù è stato concepito per opera dello Spirito Santo, non già per opera d'uomo, han voluto significare che Gesù è "nel più alto grado, il frutto di una promessa", frutto "superiore a tutte le possibilità dell'uomo", il "dono" di Dio all'uomo. Questo - secondo gli autori del Catechismo - sarebbe il significato "profondo" delle asserzioni dei due Evangelisti. "Dei grandi uomini dell'Antico Testamento - dice il "Nuovo Catechismo Olandese" - si narra come furono impetrati da Dio". E dopo aver nominato alcuni Patriarchi (Isacco, Giacobbe, Sansone, Samuele, il bambino della casa reale di Acaz e S. Giovanni Battista), prosegue rilevando che "di tutti i figli della promessa di Israele, Gesù è il punto più alto". Gesù, perciò, viene messo nella stessa linea di tutti gli altri (generati in modo ordinario) e questo sarebbe ciò che esprimono gli Evangelisti Matteo e Luca quando annunciano che Gesù non procedette dalla volontà di uomo. Questo sarebbe il senso "profondo" dell'articolo di fede: "nato da Maria Vergine". Questo fatto non avrebbe altro che una significazione "simbolica" esprimente la somma gratuità del "dono" fattoci da Dio. 

Ecco il testo completo del "Nuovo Catechismo olandese": "Contemporaneamente all'origine umana di Gesù, i Vangeli riferiscono anche la sua origine da Dio." Dei grandi personaggi del Vecchio Testamento si racconta spesso che furono implorati da Dio. Dopo invocazioni e preghiere e dopo la promessa di Dio, l'intimità coniugale di sposi che non avevano ancora avuto figli diveniva finalmente feconda. Fu così per i Patriarchi di Israele, Isacco e Giacobbe, così per Sansone e Samuele e il figlio della casata di Achaz, segno della fedeltà di Dio in tempi travagliati. Così fu per Giovanni il Battista. In quei racconti emerge in modo eccezionale ciò che palpita in ogni paternità e maternità: un nuovo essere umano (sempre ogni volta unico) è, in ultima analisi, un dono di Dio, 

Si usa dire che i genitori "hanno avuto" un bambino, più che non lo abbiano "fatto". 

"Fra tanti figli della promessa di Israele, Gesù è il più eccelso. Quando venne al mondo, era stato implorato da tutto un popolo, promesso da tutta una storia. Figlio di promessa come nessun altro, Oggetto del più profondo desiderio di tutta l'umanità. Nacque per pura grazia, per sola promessa, "concepito di Spirito Santo". Il dono di Dio all'umanità. 

"Gli evangelisti Matteo e Luca sottolineano tutto ciò quando affermano che Gesù non è nato per volontà di un uomo. Essi dicono che questa nascita, ben più della nascita di qualsiasi altra creatura umana, non sta in relazione alcuna con le capacità puramente umane. Appunto questo è il senso profondo dell'articolo di fede che dice: "nacque da Maria Vergine". Nulla esiste in seno all'umanità, nulla nell'umana fecondità, che possa generarlo. Lui dal quale dipende ogni fecondità umana, la formazione tutta del nostro genere umano: in Lui, infatti, tutto è creato. 

"In ultima analisi il genere umano deve la venuta di questo Promesso allo Spirito Santo. La sua origine non è né dal sangue ne dalla volontà della carne, né dalla volontà di un uomo, ma da Dio: da tanta altezza, da tanto lontano". (Il Nuovo Catechismo Olandese, Torino, ed. Elle di ci, pag. 92). 

Il testo - come si vede - è per lo meno equivoco: sotto la cortina fumogena delle parole, si viene a negare velatamente il dogma. 

Con ragione, perciò, la "Commissione Cardinalizia" nominata dal S.P. Paolo VI per l'esame del "Nuovo Catechismo Olandese", dichiarava, fra l'altro: 

" 3. Circa la concezione di Gesù da Maria in modo verginale. 

- La Commissione dei Cardinali ha chiesto che il "Catechismo" proclami apertamente che la Madre Santissima del Verbo Incarnato ha sempre goduto dell'onore della verginità, e che affermi chiaramente il fatto stesso della concezione verginale di Gesù, che quantomai conveniva al mistero dell'Incarnazione; e che perciò non si dia alcuna ansa per abbandonare la realtà di questo fatto, contenuto nella tradizione della Chiesa fondata sulla Sacra Scrittura, conservandone soltanto una sua significazione simbolica, per esempio la somma gratuità del dono, che Dio ci ha fatto del Figlio Suo". [92. 95. 96. 188] (cfr. A.A.S. 60 [1968] p. 688). Per questo il S.P. Paolo VI, nella Lettera del 30 marzo 1967 al Card. Alfrink, Primate d'Olanda, chiedeva che fosse evitata qualsiasi ambiguità, trattandosi di un dogma di fede (cfr. Il Dossier del Catechismo Olandese, p. 146, 148). 

Il concepimento verginale di Cristo da Maria, negato velatamente o, per lo meno, esposto in modo equivoco, ambiguo nel "Nuovo Catechismo Olandese", è stato negato apertamente da alcuni teologi olandesi che hanno collaborato alla composizione del medesimo. 

1) Il P. PIET SCHOONENBERG S.J.. in una intervista radiofonica, osservava che per una retta interpretazione del cosiddetto "Vangelo dell'Infanzia" (Mt. 1, Lc. 1-2) andava tenuto presente il "genere letterario". "Basandoci - diceva - su questa nuova (...) comprensione (del Vangelo), possiamo domandarci se il racconto dell'annunciazione tramandatoci da Luca (1, 26-38) e da Matteo (1, 20-25) debba intendersi in senso letterale (proprio) o figurato" (cfr. I grandi temi del Catechismo Olandese, Brescia, Queriniana, 1968, p. 131-136). 

Secondo Schoonenberg, la verginità corporale di Maria non è da ritenersi come dogma, ma come "questione aperta". "Il Nuovo Testamento - secondo lui - nel suo insieme, da l'impressione che la nascita verginale (di Gesù) sia un modo di parlare poetico" (cfr. "De Tijd", 17 dic. 1966). 

2) Anche il P. VAN KILSDONK S.J. (collega del P. Schoonenberg ) dopo aver negato apertamente la verginità corporale di Maria, dichiara: "Il titolo di "Vergine", per Maria, non è altro che un'aggiunta della poesia religiosa del Nuovo Testamento". Per il P. Van Kilsdonk, " il concepimento di Gesù nel seno di sua madre, senza l'intervento di un uomo" dev'essere rigettato (cfr. "Confrontatie", 8 nov. 1966, pagina 29 s.), ove viene riportata una trasmissione fatta dal P. Van Kilsdonk alla radio cattolica olandese (K.R.O.) l'11 ottobre 1966. 

3) Anche il Cappellano olandese GROENENDIJK, ha negato recisamente il concepimento verginale come fatto biologico alla televisione olandese il 14 luglio 1966, ponendola sullo stesso piano dei sette giorni della creazione i quali - evidentemente - non van presi in senso storico, letterale (cfr, la protesta di P. Van Doornik M.S.C, su "De Tijd" del 20 luglio 1966). 

4) Il tedesco UBERTO ABEAS, facendo eco ai suddetti olandesi ha negato anche lui recisamente la verginità di Maria "prima del parto" nel concepimento di Cristo (cfr. Fundamental Katecketik, Dùsseldorf, 1968, p. 200 ss.). È stato però riprovato dalla Gerarchia cattolica tedesca (cfr. Herder-Korresp.; Heft 1, del 1969, pag. 15-18). 

P. GABRIELE M. ROSCHINI O.S.M.

giovedì 10 agosto 2023

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI - INFLUSSO DEGLI ACATTOLICI SUI CATTOLICI

 


INFLUSSO DEGLI ACATTOLICI SUI CATTOLICI 

 

Le idee espresse da Campenhausen, da Dibelius e da Bultmann hanno esercitato un influsso nefasto sopra alcuni cattolici "progressisti ". Per questo la S. Congregazione per la Dottrina della Fede, in una Lettera in data 14 luglio 1966, tra i punti ai quali chiedeva alle Conferenze Episcopali delle varie nazioni una risposta intorno agli "errori" che circolano nei vari paesi, elencava anche quello della "concezione verginale" di Cristo, ridotta - secondo la suddetta Lettera - a "fatto puramente naturale". È nota la risposta data a tale domanda dall'Episcopato Olandese: 

"Per quanto concerne la concezione verginale di Cristo da Maria si deve stabilire anzitutto che tutti coloro che accettano il significato singolare e unico di salvezza di Gesù, ne vedono un'espressione nei racconti dell'Annunciazione di Luca 1 e Matteo 1. Questi difatti devono essere valutati anzitutto come una confessione di Cristo da parte della novella Chiesa, come anche l'articolo del simbolo apostolico "che è concepito dallo Spirito Santo, nato da Maria Vergine". 

"Ora però c'è diversità di idee sulla questione se si tratti di un racconto oppure di un avvenimento nel corpo di Maria; in altre parole cioè se questo racconto e l'articolo di fede corrispondente debba essere compreso metaforicamente o letteralmente. 

"Benché sia significativo che i racconti così differenti di Mt. e Lc. sull'infanzia descrivono ciascuno nel proprio modo la nascita verginale di Cristo, questa tradizione non sembra però farsi strada in tutto il Nuovo Testamento. In favore di una interpretazione letterale dei racconti si ha il fatto che le genealogie di Gesù evitano di nominare Giuseppe padre di Gesù (Mt. 1, 16; Lc. 3, 23); contro di essa si sa che la paternità di Giuseppe è espressa altrove senza riserva anche se sempre sulla bocca di altri e non dell'evangelista (Lc. 2, 48; 4, 22 contro Mc. 6, 3; Gv. 1, 45; 6, 42). Ciò che restava indeciso dentro la tradizione biblica e non del tutto deciso anche nella tradizione post-biblica. È vero che nei testi liturgici e dogmatici Maria viene quasi sempre designata come vergine e spesse volte come "sempre vergine" ma mai è stato definito con la pienezza del Magistero se questo termine "vergine" debba essere compreso letteralmente. Certo, il Concilio Lateranense del 649 si è pronunciato in questo senso (Denz. Schon. 503. Denz. 256), ma questo era un Concilio provinciale, non universale. Anche in una bolla di Papa Paolo IV del 1555 (Denz. Schòn. 1880; Denz. 993) il senso letterale, insieme ad altri punti dottrinali, viene difeso contro gli Unitari, ma questo è detto di passaggio, non nella forma di una risposta diretta ad una controversia. Ovviamente non si può trascurare il magistero ordinario, ma si richiede uno studio più preciso per sapere se esso si pronunzi anche in modo diretto in favore della interpretazione letterale della concezione verginale" (cfr. "Il Regno", Documentazione Cattolica 1968, n. 6, p. 105). 

P. GABRIELE M. ROSCHINI O.S.M. 


giovedì 22 dicembre 2022

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI - SENTENZE DI MODERNISTI E PROTESTANTI

 


GLI ERRORI E I DUBBI DI OGGI 

Secondo i Modernisti la verginità di Maria "prima del parto" (ossia il concepimento verginale) dev'essere negata, perché sarebbe stata introdotta nella Chiesa nel secolo II, sotto l'influsso dei Doceti, i quali negavano la realtà dell'umanità di Cristo (così p. es. il TURMEL o ps. HERZOG, La Sainte Vierge dans l'histoire, Parigi, 1908); oppure perché, anziché un fatto storico, non sarebbe altro che un "mito", del quale han cura di indicare persino i vari stadi che avrebbe percorso (così p. es. H. KOCH, Virgo Eva-Virgo Maria, Berlin Leipzig, 1917; Idem, Adhuc Virgo; Tùbingen 1929). 

La teologia liberale o razionalistica, nega il concepimento verginale di Cristo non già per motivi di scienza biblica, ma unicamente perché ritiene impossibile qualsiasi prodigio. Per spiegare poi in che modo, per quale via, un tale concepimento verginale è penetrato nei Libri sacri del Nuovo Testamento, ha proposto due soluzioni: 1) esso è sorto - dicono - nell'ambiente palestinese, sotto l'influsso di Isaia, 7, 14: "Ecco che una vergine concepisce e partorisce un figlio..."; 

2) esso è sorto sotto l'influsso della mitologia pagana. La prima soluzione è stata sostenuta da Adolfo Harnack. S. Matteo infatti (1, 22) si rifà esplicitamente al celebre testo di Isaia del quale vede una realizzazione della nascita di Gesù. San Luca (1, 31) poi allude allo stesso testo di Isaia. È ben noto però come nell'Antico Testamento il testo di Isaia non fu affatto interpretato nel senso di un concepimento e di un parto verginale; una tale idea era del tutto estranea al giudaismo, e perciò non poteva venire dal giudaismo. Per S. Matteo infatti non è il testo di Isaia che lo guida alla comprensione della realizzazione del parto verginale, ma è la realizzazione del parto verginale che lo guida alla comprensione del testo di Isaia, il quale solo per ispirazione profetica divina (non già da miti orientali preesistenti) poté avere l'idea di un concepimento e di un parto verginale (secondo un'indagine di G. DALLING, Theologisches Worterbuch, V, 824-835, Is. 7, 14, è la testimonianza certa più antica di una tale idea). 

Altri razionalisti, messa da parte questa prima soluzione, danno la seconda, ossia, ritengono che il concepimento verginale sia stato originato da idee mitologiche pagane (ossia, dalla mitologia babilonese, egiziana, persiana, e, specialmente, greca). La storia delle religioni pagane, infatti, ci parla del mito dell'unione di qualche dio con qualche donna, dalla quale unione sono nati gli uomini grandi, divini (filosofi, re, imperatori, eroi, ecc.). Di qui l'idea mitica delle dee-madri. Così, per esempio, secondo il mito, sarebbero nati Platone, Pitagora, Alessandro, Augusto, ecc. Essi sarebbero figli di un padre celeste e di una madre terrena. Ciò posto, i cristiani di formazione ellenistica provenienti dal paganesimo - secondo i razionalisti - avrebbero ammesso una simile origine divina, una origine verginale anche per Cristo. 

Tra i Protestanti di oggi han negato in modo radicale il concepimento verginale H. von Campenhausen e M. Dibelius, luterani, nonché il razionalista Bultmann. Tutti e tre hanno influenzato alcuni cattolici. 

H. VON CAMPENHAUSEN (Die Jungfrauengeburt in der Theologie der Alten Kirche [Sitzungsbericht Heidelberger Akad. Wiss. phil.-hist. Klasse, 3] 1962) ha presentato un breve studio critico secondo il quale il concepimento verginale non sarebbe altro che uno sviluppo leggendario, estraneo a Paolo e a due degli Evangelisti (Marco e Giovanni), tardivamente sviluppato dagli altri due (Matteo e Luca) partendo da elementi che, all'inizio, erano differentemente orientali. Egli sottolinea il relativo silenzio dei primi Padri e ciò che potrebbe limitare le loro affermazioni, cercando tutte le vie per minimizzarle. 

MARTIN DIBELIUS (che ha influito non poco - come vedremo - su alcuni cattolici "progressisti") ha cercato di spiegare la primitiva fede cristiana nel concepimento verginale di Cristo da parte di Maria come uno sviluppo normale e una rielaborazione progressiva delle idee veterotestamentarie e giudaiche intorno all'origine di alcuni insigni personaggi della Storia Sacra, origine dovuta ad uno speciale intervento di Dio (Isacco, Sansone, Samuele, ecc.). Il giudaismo palestinese - dice Dibelius - afferma una tale idea, ma non arrivò fino all'esclusione dell'opera dell'uomo. Il giudaismo ellenista, invece, sotto l'influsso della versione del versetto 14 del capo VII di Isaia fatta dai Settanta e sotto l'influsso delle idee elleniche (sopra esposte), arrivò all'idea di un concepimento meraviglioso, per opera dello Spirito Santo di Dio nel seno di una Vergine, senza parlare di un padre umano. Un esempio di ciò il protestante Dibelius lo trova in San Paolo allorché descrive, nella lettera ai Galati, la doppia maternità di Sarà (moglie di Abramo): costei ebbe un figlio "secondo la carne", Ismaele; e un figlio "secondo lo spirito", Isacco. Certo - dice Dibelius – San Paolo sapeva che Isacco era figlio naturale di Abramo; non per questo però esclude l'idea che un eletto da Dio venga generato in modo meraviglioso in quanto che, in luogo del padre umano, entra in azione la forza dello spirito di Dio. Anche in Filone - rileva inoltre Dibelius - si incontra, in forma allegorica, l'idea che alcune insigni donne ottengono la fecondità mediante il meraviglioso intervento divino, senza intervento di alcun mortale. L'esempio di Paolo e di Filone – secondo Dibelius - giustificano la conclusione che il giudaismo ellenico conosceva l'idea del concepimento miracoloso di uomini santi sotto l'azione di Dio, con esclusione di padre umano. Ciò posto, qual è - si chiede Dibelius - il senso di tale affermazione? Con essa - dice Dibelius - non si intendeva affermare un fatto storico, ma si intendeva affermare un'idea teologica: il dominio assoluto di Dio, il quale dispone della vita dell'uomo e dirige provvidenzialmente l'apparizione degli uomini grandi predestinati a qualche missione. All'avvento del Cristianesimo - prosegue Dibelius - era quasi inevitabile che venisse applicata a Cristo una simile teoria, cioè: essere "generato secondo lo spirito". In tal modo fin dai primi anni del Cristianesimo, l'idea della origine verginale di Cristo ("secondo lo spirito") fu creduta e predicata come un "teologumenon" cristiano, prima di passare ad essere descritta, sensibilizzata e sceneggiata da S. Luca in una narrazione ("leggenda"), quale la possediamo oggi. Con l'espressione "teologumenon" si intende dire che i cristiani primitivi non sapevano in modo fisso come venne al mondo Gesù e che a loro neppure interessava saperlo. Con l'espressione: concepito "secondo lo Spirito", essi intendevano esprimere questa idea teologica: il supremo dominio di Dio sopra tutte le circostanze concrete che hanno accompagnato la venuta del Messia in questo mondo (cfr. DIBELIUS M., Jungfrauensohn und Krippenkind: Untersuchungen zur Geburtsgeschichte Jesu in Lukas-Evangelium: Botschaft und Geschichte, Gesammelte, Autsatze von Martin Dibelius, 1° vol., p. 1-78. J.C.B. Mohr-Tubingen, 1953, p. 18 ss., 25-35, 35-38, 36-39. Fu pubblicato per la prima volta nel 1932, nella collezione "Sitzungsberichte der Heidelberg Akademie der Steinmetzer Fr. X: Klasse Abh. 4"). 

Una discreta eco ha avuto anche fra i cattolici "progressisti", la cosiddetta "demitizzazione" proclamata dal protestante evangelico RUDOLF BULTMANN negli articoli pubblicati nel fascicolo VII dei Beitràge zur Evangelischen Theologie del 1941. Nel secondo di questi articoli (Neues Testament una Mythologie, ripubblicato nel volume Kerigma und Mythos, vol. I, Hamburg, 1954), Bultmann, parte dalla constatazione che una delle maggiori fonti di difficoltà incontrate dall'uomo contemporaneo (formatosi alla scuola della scienza e della tecnica) è dovuta al fatto che le varie confessioni religiose gli impongono una specie di "sacrificio dell'intelletto" (sacrificium intellectus) che, in realtà, non è affatto necessario, poiché il Nuovo Testamento espone il Kerigma divino in forma di mito, ossia, quel modo di rappresentare il divino come umano, l'al di là come l'al di qua (op. cit., p. 23, 1).  

I miracoli, secondo lui, non sono affatto qualcosa di eccezionale...: sono, elementi mitologici, i quali non possono essere credibili per l'uomo d'oggi. Conseguentemente, la predicazione del Nuovo Testamento, presentata in forma mitica, se si vuole che sia valida per l'uomo d'oggi, dev'essere "demitizzata", attraverso l'interpretazione esistenzialistica del mito. Tra questi "miti" vi è anche, ovviamente, il prodigio del concepimento verginale di Cristo. Anche questo "mito" perciò dovrebbe essere sottoposto al trattamento della demitizzazione: un tale prodigioso concepimento non esprimerebbe altro che la trascendenza del Figlio (la sua origine dal Padre) e la perfetta santità della Madre (la sua purezza morale totale), dimenticando – evidentemente - di riflettere che un tale concepimento verginale è un'esigenza sia della trascendenza del Figlio, sia della perfetta santità della Madre. 

P. GABRIELE M. ROSCHINI O.S.M. 


sabato 8 ottobre 2022

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI

 


"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO" 

LA VERGINITÀ DI MARIA "PRIMA DEL PARTO" 


1. IL CONCETTO PRECISO E COMPLETO DELLA VERGINITÀ "PRIMA DEL PARTO" 

Per la chiarezza di idee, è necessario distinguere bene tra il concetto che ne hanno il volgo e i biologi, e il concetto che ne hanno i Teologi. 

Secondo il volgo, ed anche secondo i biologi, la verginità è una qualità puramente fisiologica o organica, consistente nell'integrità corporale (la quale viene ordinariamente compromessa dall'atto coniugale). 

Secondo i teologi, invece, la verginità è una virtù morale, e perciò risiede formalmente nell'anima, quantunque dica relazione all'integrità corporale. La verginità teologicamente considerata, perciò, si divide in tre elementi di valore distinto e diverso: I) l'integrità corporale (elemento accessorio rispetto alla virtù morale in quanto tale); II) l'immunità dalla piena soddisfazione venerea liberamente ammessa (elemento materiale); III) il fermo proposito di astenersi per sempre dal detto piacere carnale (elemento formale della virtù morale della verginità). 

Il dogma della verginità di Maria "prima del parto" si riferisce, direttamente, alla verginità nell'atto del concepimento di Cristo, che è miracoloso (3); suppone però, evidentemente (poiché, in caso diverso, non si potrebbe neppure parlare di verginità nel concepimento) la verginità anteriore ad un tale atto. Si tratta perciò di una maternità singolare, che non ha esempio. 

Il concetto completo del concepimento verginale di Cristo da parte di Maria, contiene cinque elementi (cfr. DOMINGUEZ O., O.M.J., Virginidad antes del parto, in "Est. Mar" 21 1960 p. 211 ss.): 

1) Maria SS. non concepì Cristo per opera d'uomo, 2) o mediante il germe di qualche uomo; 3) ma per opera dello Spirito Santo, 4) senza ombra di concupiscenza, 5) come persona già consacrata a Dio. 

1. Maria SS. non concepì, in primo luogo, per opera d'uomo: cosa affermata formalmente e categoricamente - come vedremo - dai Vangeli dell'infanzia (Matteo e Luca). Il seme virile, infatti, non avrebbe potuto, in un istante, dar piena formazione all'organismo umano; e un intervento di padre umano sarebbe stato ordinato intrinsecamente all'esistenza di una persona umana (mentre la persona di Cristo è divina). 

2. Maria SS. non concepì, in secondo luogo, mediante il germe umano (di San Giuseppe) introdotto miracolosamente nel seno di Lei. Così han ritenuto, recentemente, Corbatò (Vindicaciones josephinas, n. 109 e 123) e Petrone (La paternità di San Giuseppe, in "Divus Thomas" Plac., 1928, p. 29-49), strenui difensori della paternità verginale di San Giuseppe. Lo Spirito Santo - secondo il Corbatò - col suo intervento, avrebbe unito i due germi immacolati (quello di Maria e quello di Giuseppe) per produrre Gesù. Però il libro del Corbatò fu messo all'Indice; e l'articolo di Petrone fu riprovato dal S. Uffizio. San Matteo e San Luca - come vedremo – attribuiscono tutto il concepimento di Cristo all'opera dello Spirito Santo, ed escludono così, implicitamente, qualunque cooperazione di uomo, sia prossima che remota. Inoltre, l'angoscioso imbarazzo di San Giuseppe dinanzi alla gravidanza di Maria, nell'ipotesi di una tale cooperazione, non si spiega. E l'Angelo nello svelargli il mistero, gli avrebbe sicuramente svelato - se ancora non lo avesse saputo - la cooperazione di lui al concepimento di Cristo. 

3. Maria concepì per opera dello Spirito Santo. Sia San Matteo sia San Luca - come vedremo - asseriscono categoricamente una tale verità. Lo Spirito Santo supplisce l'assenza dell'agente umano. Ebbe perciò un'azione fecondante e verginizzante. 

4. Maria SS. concepì Cristo senza ombra di concupiscenza. 

Maria SS. Immacolata, infatti, appunto perché Immacolata, aveva il dono preternaturale dell'integrità consistente nel pieno assoggettamento dell'appetito inferiore (dei sensi) alla ragione, per cui non ebbe mai alcun movimento disordinato dei sensi, sia pure involontario. Dalla Vergine si deve quindi escludere non solo il consenso al piacere causato dai movimenti disordinati, dal fomite della concupiscenza, ma lo stesso piacere, gli stessi movimenti disordinati, lo stesso fomite della concupiscenza; e questo durante tutta la sua vita. Si ebbe dunque, in Maria, un concepimento immune da qualsiasi ombra di sensualità (a differenza dei concepimenti ordinari). Grazie al divino intervento dello Spirito Santo, il concepimento verginale - come si è espresso S. Agostino - si operò "non concupiscentia carnis urente, sed fìdei caritate fervente" (Serm. 214, 6, PL 38, 1069). Ai piaceri della carne vengono sostituite le ineffabili e caste delizie dello spirito, a causa della nuova ineffabile unione con Dio che, incominciando ad essere suo figlio, stringeva con Lei una relazione del tutto nuova, del tutto singolare. 

La moderna biologia esclude, nel concepimento (ossia, nell'atto della fecondazione) qualsiasi impressione o commozione sensuale, sia pure minima o indeliberata. 

5. Maria SS. concepì Cristo come persona già consacrata a Dio. La verginità, come virtù morale, ha le sue radici nella volontà, ossia, nella ferma determinazione di astenersi totalmente e perennemente dai piaceri sensuali "per amore del Regno dei cieli" (Mt 19, 12). Presa in questo senso, la verginità comporta una vera consacrazione dell'anima e del corpo a Dio, suggellata o con voto o, per lo meno, con un fermo proposito: "la vergine è tutta sollecita delle cose del Signore, al fine di essere santa di corpo e di spirito" (1 Cor., 7, 32). Che Maria, prima dell'incarnazione del Verbo, fosse consacrata a Dio, appare chiaramente dalla domanda da Lei opposta alla proposta dell'Angelo: "Come avverrà ciò, dal momento che io non conosco uomo?" (Lc. 1, 34). Non avrebbe pronunziato queste parole se non fosse stata di già consacrata a Dio. Questa sua consacrazione a Dio è parte integrante e principale del dogma della sua verginità. In tal modo la Vergine, prima di aprire al Verbo il suo seno, gli aveva aperto il suo cuore verginale, in modo totalitario e perenne. 

Tale è la verginità di Maria nei vari elementi che la compongono, nella pienezza del suo significato. I primi tre elementi riguardano la verginità fisiologica del corpo; il quarto riguarda la verginità del senso; il quinto riguarda la verginità dell'anima. Essi costituiscono il concetto integrale della verginità "prima del parto". 

P. GABRIELE M. ROSCHINI O.S.M.