È creato Sommo Penitenziere, viene innalzato ad altre dignità, e si fa prete dopo la morte del fratello.
Ai carichi impostigli dal Sommo Pontefice non sottrasse egli mai gli omeri suoi, né si guardò da fatica veruna, sebbene fosse in quell'età così verde; anzi servì con somma fede e pazienza e con incredibile diligenza e sollecitudine, mostrando molta integrità ed un animo incorrotto; in guisa tale che non si mosse, né si lasciò mai piegare da favore veruno umano a far cosa non dovuta, ma eseguì sempre e nelle consulte e ne' giudizi ciò che era giusto e di dovere; e particolarmente andò molto avvertito nel proporre al Papa soggetti da promuovere a chiese, o ad altre dignità e benefizi ecclesiastici, non volendo favorire se non quelli che ei giudicava degni e meritevoli di tali dignità e cariche. E molto più anelava circospetto circa quelli che si promovevano al cardinalato, non movendosi per affezione, né per avere aderenti e né meno per altri interessi, a portar alcuno se non lo giudicava per altra via meritevole di un così eminente grado. E maggior sospetto aveva nel proporre e favorire i propri parenti che gli altri, dubitando sempre che l'affezione alla propria carne non lo accecasse.
Per tanto, voleva piuttosto parer loro ingrato e lasciarli disgustati di lui, che esporsi a pericolo di fare cosa non lodevole, o veramente in detrimento della sua coscienza. Però discorrendo egli un giorno con un cavaliere suo parente, che lo serviva in Roma con molto affetto e con gran soddisfazione, gli disse: vedete, signore, io riconosco i vostri meriti e vi amo assai; ma sappiate che non vi posso riconoscere con darvi entrate ecclesiastiche, poiché di buona coscienza non posso farlo: se volete servire a Dio in istato e professione ecclesiastica, allora non mancherò di provvedervi d'onesto impiego. Mostrò ancora ne' suoi negozi gran pazienza, accompagnata da un'esemplarissima mansuetudine, in tanto che in un pelago quasi infinito di negozi che in ogni ora egli trattava con tanta varietà e diversità di persone, non fu notato mai d'un atto di sdegno, né d'una parola sconcia detta per collera, né manco con i propri suoi famigliari, così sedate aveva egli le sue passioni. Non si astenne dalla molta fatica nello scrivere di propria mano e nel dettare ad altri secondo i bisogni e le occorrenze; ed era piacevolissimo e molto assiduo nel dare udienza a chiunque la ricercava.
Veggendo in lui il Sommo Pontefice questa santa disposizione, ed una così mirabile attitudine nel trattare i negozi della Santa Sede Apostolica, gli aggiunse appresso agli altri carichi eziandio l'uffizio della Sacra Penitenzieria (1), il qual peso ricevé egli prontamente, non perché bramasse che se gli accrescessero gli onori, che questo pensiero era da lui molto lontano (come si vide apertamente quando Sua Santità gli volle conferire il Camerlengato vacato per la morte del cardinal Santa Fiore, che assolutamente lo ricusò sebbene ve n'era fatta grande istanza); ma l'accettò con animo di servir bene in questo uffizio al Signor Iddio ed alla Santa Chiesa, sapendo che aveva bisogno di buona riforma. Laonde creato sommo penitenziere, oltre il fare la sua parte con molta integrità in ciò che apparteneva a quel carico, ne trattò anche col Sommo Pontefice con grande consiglio e prudenza, e procurò che si facesse la bolla di riforma di essa Penitenzieria, che fu poi pubblicata sotto il dì 4 di maggio 1562. Nella quale il Papa stesso afferma d'aver fatto tal riforma col consiglio del sommo penitenziere (2). Ond'egli diede una grandissima soddisfazione a tutti quelli che bramavano ed aspettavano un ottimo governo in questa parte, e fu di molto frutto alla Chiesa universale.
Né qui terminarono gli onori e carichi suoi: poiché fu fatto anche Legato di Bologna, della Romagna e della Marca Anconitana, provincie dello stato ecclesiastico, e Protettore del regno di Portogallo, della Germania inferiore, e de' Cantoni cattolici de' signori Svizzeri. Furono similmente sotto la protezione di lui tutti gli Ordini di san Francesco, i Carmelitani, gli Umiliati, i Canonici Regolari di santa Croce di Coimbra, i Sacri Cavalieri Gerosolimitani, che si chiamano di Malta, e quelli della Croce di Cristo in Portogallo, il gran maestro de' quali è il re stesso. Ne' quali carichi soddisfece egli molto bene all'obbligo suo con mirabile vigilanza e sollecitudine.
Ma mentre era intento con ogni applicazione di animo a tali maneggi e governi con una soddisfazione incredibile di tutti quelli che seco trattavano, crescendogli sempre più l'animo di porgere i maggiori aiuti ch'ei poteva alle stanche membra del vecchio Zio, per sostenere con frutto grande della repubblica cristiana tutto il peso del governo pontificio, ecco che la Maestà di Dio si compiacque di mandargli una visita salutare, la quale quantunque al senso di lui molto acerba, allo spirito però gli apportò giovamento infinito. Questa fu l'infermità e la morte del conte Federico suo unico fratello, che seguì il mese di novembre 1562. Camminava a gran passi questo onoratissimo cavaliere a sommi gradi ed onori, portato dal Sommo Pontefice suo zio, dal quale per le rare sue qualità era sommamente amato; e nel più felice corso della sua fiorita età fu assalito repentinamente da una gravissima infermità, che pur troppo presto lo levò di vita: Nella quale il caro fratello non mai l'abbandonò: poiché siccome l'amava cordialissimamente, così gli fu assistente in tutto il suo male fino alla morte; non tralasciando di usare seco lui tutti quegli uffizi di pietà cristiana, a cui l'ardente affetto dell'amor fraterno lo spingeva.
Recò gran mestizia e dolore alla Corte Romana un sì tristo accidente, e grandissimo affanno ne prese particolarmente lo Zio e gli altri parenti, e tutti lo piansero assai, eccetto Carlo, il quale rappresentandosegli avanti gli occhi nell'acerba morte del prosperoso fratello vivamente la instabilità e volubilità delle vane ombre di queste fallaci cose umane, comprimendo il gran dolore che di quella morte sentiva il suo debole senso, con una virtù meravigliosa d'animo, mentre i parenti davano agio agli occhi di sfo gare l'intimo dolore del cuore con abbondanti lagrime, ritiratosi in se stesso, si mise a pensare seriamente che si moriva e che alla morte riparo nessuno ritrovare si poteva. E passando più oltre considerò, che è gran pazzia quella dell'uomo ragionevole, che pone affetto alla vanità de' beni apparenti di questa vita mortale, i quali a viva forza, chi troppo gli aderisce, ritraggono l'uomo dall'amore del sommo ed eterno Bene, e lo ritardano nelle opere necessarie per conseguire la propria salute. E veggendo egli esser errore pur troppo intollerabile il curarsi d'altro che di servire a Dio perfettamente ed incamminarsi per la via sicura di poter conseguire le immense ricchezze della celeste patria, fece un stabile proponimento di mandare egli tosto ad effetto così santi pensieri (1). E poiché il demonio disturbatore di ogni bene non avesse tempo di mettervi fra mezzo qualche grave intoppo, mandò l'istessa notte, dopo il transito del fratello, per il suo confessore, col cui consiglio stabilì allora, come per fondamento d'una vita santa, alcuni punti principali per fare una segnalata riforma di tutta la sua vita: la quale determinazione gli fu poscia molto giovevole per resistere più virilmente alla battaglia che subitamente, come adesso diremo, gli fu apparecchiata.
Essendo restale Carlo per la morte del fratello unico erede de' suoi beni paterni e signore di molti castelli e domini nobilissimi, il Sommo Pontefice col consiglio di altri personaggi amici e parenti, conchiuse di volergli dar moglie ed accrescer gli stati e titoli principali per farlo grande nel secolo: il che non fu poca tentazione ad un giovane dell'età e qualità sua. Ma egli, che si era stabilito benissimo nel proposito già narrato, per venirne tosto all'esecuzione e levare affatto ogni speranza a chi aveva altri disegni su di lui, prese gli Ordini Sacri e fecesi consacrar Sacerdote dal cardinal Federico Cesis nella chiesa di santa Maria Maggiore (2), non senza cordoglio grande dello Zio, e d'altri signori suoi stretti parenti. E perché Sua Santità, veggendo andare errati gli stabilimenti fatti, ne fece seco lui grave lamento, gli rispose egli costantemente in questa guisa: Padre Santo, ella non si quereli di me, poiché ho presa la sposa lungo tempo fa molto da me desiderata (1).
Fatto prete (per il che mutò il titolo cardinalizio di diacono di san Martino ne' Monti, nel presbiterale di santa Prassede) (2) non solamente levò la speranza dello Zio e de' parenti e liberò se stesso dallo stimolo che gli mettevano, ma fece anche risoluzione ferma di camminare a grandi passi alla cristiana perfezione. Onde cominciò a mostrare maggiore austerità di vita, e con gran fervore e frequenza si diede all'esercizio dell'orazione e delle sante virtù. E per sfuggire il pericolo d'errare in cosa tanto grave ed importante, pigliò per guida della sua vita spirituale un padre in ciò molto esperto, della Compagnia di Gesù, uomo di gran virtù e dottrina, domandato il padre Giovanni Battista Ribera; il quale, veggendo la buona disposizione del cardinale, e conoscendo che egli era chiamato da Dio a gran santità di vita, cominciò attendervi davvero, e dopo avergli dati gli esercizi spirituali istituiti dal beato Ignazio fondatore di essa Compagnia, l'andò incamminando per le vere e solide virtù cristiane, esercitandolo negli atti più perfetti di esse. Però soleva visitarlo ogni giorno, e trattenersi con esso lui lungo tempo per questa causa. Il che veggendo il serpente infernale e prevedendo il bene che seguire doveva da questo gran profitto spirituale di Carlo, cominciò ad adoperare le sue arti e diaboliche insidie per impedirlo; mettendo nel cuore d'alcuni principali parenti del cardinale che assistevano alla persona di lui, cattivi pensieri contro questo buon padre, dispiacendo loro che il cardinale si desse a far vita tanto ritirata e spirituale; desiderando eglino piuttosto che aderisse} loro pensieri e disegni mondani di grandezze, onori e fasti temporali. Perciò cominciarono mostrare turbata faccia a questo padre, e burlarlo e schernirlo in varie guise ed impedirgli l'ingresso al cardinale; il quale tosto che lo riseppe, vi provvide con far entrare il padre nelle sue camere per vie segrete.