DELL'OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE: LA PERFEZIONE
1. Differenza tra anime perfette e anime virtuose
Sarà il numero delle anime perfette quello che dovrebbe essere? Sarà quel numero quello che il Signore avrebbe il diritto di aspettarsi? Purtroppo manca molto a questo, e non lo lamenteremo mai abbastanza. È certo che si trovano, ai nostri giorni, molte anime virtuose e solidamente pie. Per questo mondo, e, con maggiore ragione, nel clero, negli ordini religiosi dei due sessi, non sono numerosi i servitori di Cristo, in cui si nota un forte attaccamento al dovere, un sincero amore per la preghiera e per gli esercizi pii, un grande zelo e una vera dedizione. Questi buoni servitori del Signore difendono bene i suoi interessi, chiariscono, sostengono, correggono gli altri cristiani; tra questi e i comuni, che si accontentano di evitare i peccati gravi e di adempiere i doveri essenziali del cristianesimo, la differenza è immensa.
Ma quanto è grande anche la differenza tra queste anime virtuose, però imperfette, e le anime perfette di Dio! L'anima perfetta vive costantemente in presenza del suo Dio e non obbedisce più, nella direzione della sua vita, a considerazioni umane. I motivi di vita le sono così abituali, che ispirano, per così dire, tutti i suoi atti; l'amore di Dio, che è diventato il grande, l'unico motore della sua vita, la porta a praticare molte buone opere, atti santi, preghiere, lavori e sacrifici. Mentre l'anima pia, che oscilla tra l'amore di Dio e l'amore di se stessa, produce molto meno atti di virtù e se, nella sua vita, molti atti sono onesti e corretti, non obbediscono tuttavia a una orientazione soprannaturale.
Inoltre, nella disposizione fondamentale, in cui si trova abitualmente l'anima perfetta, ha un'influenza molto grande, ma che essa stessa non sempre percepisce, su tutto il complesso dei suoi atti. La disposizione ordinaria della volontà varia molto a seconda delle persone. Nella persona immersa nell'amore divino, la disposizione fondamentale è una volontà ferma di non vivere se non per Dio e di non concedere alla natura se non ciò che Dio vuole che le dia, ciò che le è necessario per ben adempiere ai suoi doveri.
E questa risoluzione non è il frutto di un entusiasmo e di un'immaginazione viva; si manifesta e si ferma per innumerevoli atti di rinuncia e di mortificazione, penetrando fino all'intimo della volontà. Così persiste sempre, anche quando non espressamente formulata, e gli atti minimi della vita, fatti con questa disposizione, che è quella dell'amore perfetto, acquistano per questo mezzo un grande valore agli occhi di Dio.
L'anima solidamente virtuosa, ma non perfetta, ha praticato nella sua vita molti atti che le sono costati: lotte contro i propri difetti, pratica fedele del regolamento che ha adottato, o della regola che ha abbracciato, adempimento esatto dei suoi doveri di stato, molte volte ben penosi. Questi sforzi, questi atti di rinuncia, hanno sviluppato in lei la pietà e fortificato la virtù. Ma essa non ha preso a cuore di riempire la sua vita di sacrifici; non ha lottato con ardore e perseveranza nel frenare l'attività della sua immaginazione, nel reprimere gli impulsi del suo cuore, come desideri umani, preoccupazioni temporali, gioie o tristezze puramente naturali; non è riuscita ancora a dominare perfettamente la sua natura; cede molte volte, e di pieno consenso, alle esigenze e repulsioni; cerca la propria soddisfazione, fugge con attenzione da ciò che la disturba, si preoccupa della stima e dei favori delle creature, teme le loro censure e le critiche, agirà, quindi, in molte circostanze, e quasi senza accorgersene, per amore di se stessa e non per amore di Dio. La sua disposizione fondamentale è molto meno elevata di quella dell'anima perfetta: è la risoluzione di piacere a Dio e di lavorare per lui, senza, però, rinunciare molto a se stessa e questa disposizione abituale dà agli atti ordinari della vita un valore molto minore. Quest'anima è come una serva fedele, docile, attaccata al suo signore, però più zelante dei propri interessi che di quelli del suo padrone.
L'anima perfetta è più che una ancella; è, per Dio, una sposa, e per le anime, una madre. La madre tanto amorevole e dedicata, non vive se non per il marito e i figli; pensa a loro senza cessare, lavora per loro, per loro si stanca, si sacrifica, non conta le pene e le fatiche, non si lamenta dei lavori, non misura ciò che dà, né ciò che soffre. Trova molto naturale lavorare e soffrire perché ama, e poco le importa ciò che dicano di lei, purché quelli che ama siano felici. Così l'anima unita a Dio per puro e perfetto amore non vive se non per lui, ha costantemente in vista i suoi interessi, è sempre pronta a immolarsi per la sua gloria, dà tutto di se stessa, pensando sempre che non fa mai abbastanza per il Bene-Amato.
Gli atti d'amore, che tanto merito hanno, l'anima unita a Dio li moltiplica senza sforzo nel corso della giornata. Ben diversi dalle anime piene di egoismo, ma non unite, che si annoiano quando sono sole, che cercano nelle distrazioni, nelle conversazioni, nelle novità, nelle letture futili, le anime unite hanno un grande amore per la solitudine, dove trovano il loro Dio, e non hanno mai tempo sufficiente per conversare con Lui intimamente.
L'amore dell'anima unita cresce costantemente per la molteplicità degli atti che produce, poiché l'amore aumenta con l'esercizio, e questi progressi sono tanto maggiori quanto più perfetto è questo amore. Le disposizioni, infatti, man mano che l'amore dilata l'anima, le grazie della Provvidenza producono un amore sempre maggiore; le preghiere, gli esercizi pietosi, i sacrifici, le provvidenze sono come scintille elettriche che accendono le mine: se la polvere è di qualità inferiore e poco abbondante, l'esplosione sarà debole; se è un monticello di qualità migliore, l'esplosione sarà formidabile. Così le contraddizioni, le umiliazioni, le malattie, le lotte sono incidenti provvidenziali destinati a provocare nell'anima fedele atti d'amore, ma il cui valore varia molto. L'anima buona e pietosa sente, e talvolta molto vivamente, tutto ciò che contraria la sua volontà o ferisce il suo amor proprio, e, riflettendo a lungo su tutto ciò che le causa tristezza, saprà ragionare e applicarsi a vedere, nella prova, la volontà di Dio; considerando i vantaggi del sottomissione, e così praticherà, talvolta rapidamente, altre con difficoltà e lentamente, atti di sincera rassegnazione.
L'anima unita non ha bisogno di tanta considerazione; anzi, anche senza ragionare, sente in sé stessa, nella parte superiore, una elevazione d'amore, o, almeno, una soddisfazione d'amore, un'attrazione verso Dio, prodotta, non dai suoi sforzi, ma dallo Spirito Santo, che la governa. La natura soffre, ma l'anima si alegra. Oh! come questo amore semplice, abbandonato, molto spontaneo, pieno e gioioso, ha valore agli occhi di Dio!
Ogni preghiera produce anche effetto di grazia in relazione ai sentimenti di fede, di fiducia e di amore di colui che prega. Gli atti perfetti, con fede così viva, fiducia così grande, amore così puro, raccolgono, dai loro esercizi di pietà, frutti molto più abbondanti degli imperfetti. La differenza è ancora maggiore nella ricezione dei sacramenti. La penitenza e l'Eucaristia, i cui effetti variano secondo le disposizioni di ciascuno, riversano nelle anime unite una quantità di grazia immensamente superiore a quella che ricevono i cristiani buoni e pietosi, ma che non si sono dati interamente a Dio. L'anima perfetta si impressiona molto di più delle grandezze di Dio e delle sue perfezioni rispetto all'anima pietosa; si riempie di ammirazione per un Dio così amante e amabile e le luci che riceve sulle amabilità divine danno al suo amore una elevazione molto maggiore e un merito molto maggiore. Diventa anche più fiduciosa: Gesù è, per lei, non un re o un signore, ma un amico molto affettuoso; la sua preghiera non è una serie di considerazioni destinate a portarla a buone risoluzioni. È l'incontro dolce con il Beneamato, fonte, per lei, di grande felicità. Sa che Gesù, che la ama molto più di quanto lei ami Lui, gode anche più di lei nel vederla al suo fianco. E mentre l'anima pietosa, ordinariamente fedele alla sua meditazione, la lascerà per un motivo insignificante, l'anima perfetta, al contrario, non lascerà la sua preghiera nemmeno quando, per lei, sarà di tutto impossibile. Cercherà, e riuscirà, a fare della sua vita una preghiera continua.
Non è solamente sui legami di Dio che l'anima perfetta riceve preziose luci; le riceve anche sulla sua propria miseria, sul suo nulla, di cui si persuade molto più dell'anima semplicemente pietosa. Possiede anche una umiltà molto più profonda, che la rende ancora più cara a Dio e attrae su di lei innumerevoli grazie. Infine, lo Spirito Santo, che la illumina, le fa comprendere più rapidamente e con maggiore certezza tutti i mezzi che deve impiegare per piacere a Dio; percepisce, molto meglio delle persone di una pietà comune, le occasioni di rinuncia che le si offrono ogni giorno, vede meglio ciò che piace all'amico divino, all'amico infinitamente santo, e anche ciò che gli dispiace: l'anima perfetta ha tutte le delicatezze dell'amore.
È per questo che chi ha raggiunto la perfezione, rispetto al cristiano buono e virtuoso, ma imperfetto, è sempre nella disposizione abituale di fare di più per il suo Dio. Vuole più energicamente e vuole per motivi più elevati: i suoi atti d'amore sono più generosi, più intensi, più nobili; sono anche più numerosi e più delicati. Ora, poiché Dio misura tutto per amore, si compiace di più in un'unica anima perfetta che in un gran numero di anime pietose; l'uomo pietoso e virtuoso è un servo di Dio, docile e fedele; ma l'uomo perfetto è per Dio un amico intimo. Ora, un amico affettuoso e dedicato porta molta più gioia al cuore di quanto possano fare mille buoni servitori. Possiamo e dobbiamo aspirare a diventare perfetti! Ma non sarà presuntuoso aspirare alla perfezione? Chi è perfetto sulla terra? In molti offendiamo tutti: "Peccammo tutti in molte cose", dice l'apostolo S. Giacomo (3, 2). No, non c'è temerarietà nel mirare alla perfezione. La perfezione della terra non è la perfezione del cielo; essa esclude le mancanze di pura fragilità, sentendosi riparate, solo commettendo, e la cui ripetizione cerchiamo di evitare. I religiosi devono tendere alla perfezione, il cui impegno hanno assunto pronunciando i voti che mirano, appunto, a facilitare loro questa acquisizione. I sacerdoti del Signore, chiamati a riprodurre Gesù, - il sommo sacerdote, - i pastori delle anime, tutti dovrebbero possederla. E devono, possono. L'impegno è, quindi, meno difficile di quanto molti immaginino. "Colui che una volta è entrato nel cammino della perfezione e non lo abbandona, dice S. Alfonso, può essere certo che con il tempo lo conseguirà" (Opere complete, vol. X, cap. VI). In verità, se non ci sono tante anime perfette quanto sarebbe da desiderare, chi, tuttavia, non le ha trovate nella vita? E anche in certi ambienti, dove la formazione alla vita spirituale è ben diretta, sono abbastanza numerose le anime unite a Dio e molto distaccate da se stesse. Si sono distaccate da ogni affezione terrena, come raccomanda S. Ignazio; già non hanno, dice S. Francesco di Sales, l'amore delle futilità; hanno rinunciato a tutto ciò che impedisce al cuore di consegnarsi interamente a Dio, la condizione e l'essenza della perfezione, secondo S. Tommaso, in una parola, avendosi spogliate di ogni volontà propria, queste anime si mantengono nella disposizione abituale di non volere altro se non ciò che Dio vuole. Tali anime non sempre sono apprezzate come meritano e la causa è, molte volte, un'invidia inconscia: "Voi mi fate sapere, scriveva B. Vincenzo di Paolo, che la virtù di N. e N. pesa un po' sugli altri, e io lo credo, in relazione a coloro che hanno meno conformità alla regola e meno vigilanza per il proprio avanzamento e quello dei loro Fratelli. Lo zelo e la puntualità fanno soffrire coloro che non possiedono tali virtù, perché il fervore condanna loro la fragilità. Alcuni non osano censurare il merito degli altri perché non hanno il coraggio di imitarli" (Vita, per Abelly, 1. III, cap. XXIV). Accade anche che queste anime coraggiose diano occasione a giudizi meno favorevoli. A volte conservano qualche difetto esteriore, in cui la volontà non prende parte. Altre volte, sebbene signore di se stesse e dominando le passioni, devono sopportare certi assalti violenti, perché i demoni si irritano contro di esse; queste lotte, che sono per loro, come per tutti, mezzi di progresso e di grandi vittorie, causano anche lievi tremori, che le mantengono nella conoscenza delle loro miserie; questi sbandamenti, che diminuiscono man mano che diventano più amanti e più forti, sono per loro, però, come nuvole nella virtù. A causa di queste imperfezioni, non dobbiamo ignorare la purezza, la fermezza, la generosità dell'amore. Ma quante altre, che avrebbero potuto elevarsi fino a lì, sono rimaste in uno stato inferiore. Alcune, sebbene pie, mescolano un grande amore per se stesse all'amore di Dio. Altre, meno avanzate delle anime di una pietà comune, più mortificate, meno distaccate e che nelle prove si mostrano forti e rassegnate, si avvicinano alle anime perfette senza avere, tuttavia, con il Signore quelle relazioni costanti, intime, piene di familiarità e di abbandono, che tanto piacciono al Cuore di Dio. Alcune e altre, le ultime principalmente, hanno lavorato, tuttavia, nell'opera della loro santificazione, si sono applicate a combattere i loro difetti, hanno raccontato fedelmente le loro vittorie e sconfitte, hanno letto molti libri spirituali in cui hanno trovato utili consigli. I loro sforzi non sono stati vani e sono progredite nella virtù. Perché, allora, non vivono in modo abituale, nella pratica del puro e perfetto amore?
Pensammo che molti di questi servitori di Dio, ai quali non manca buona volontà né coraggio, sono rimasti nei gradini inferiori perché non hanno vissuto abbastanza in alto: hanno desiderato la virtù, non hanno aspirato alla perfezione, o, se hanno avuto questo desiderio, non è stato né forte né costante. In generale, queste persone virtuose evitano, di proposito, di leggere i lavori che considerano troppo elevati per loro. S. Teresa, S. Giovanni della Croce, il Trattato dell'Amore di S. Francesco di Sales, e altri simili, così incoraggianti, così pieni di utili insegnamenti, sembrano loro troppo mistici. La maggior parte dei libri spirituali con cui si nutrono sono quelli che tracciano bene le regole della via purgativa e illuminativa, ma che smettono di parlare della via unitaria e perfetta. Per mancanza di una formazione adeguata, le anime non prendono il cammino che conduce più direttamente e più sicuramente all'unione con Dio, come la resa universale, il raccoglimento continuo, la umiltà piena di tenerezza con Gesù. Non si applicano abbastanza a vivere di fiducia e di amore; riflettono troppo e pensano a se stesse piuttosto che a Dio. Parlando di queste anime più generose, quando sono pronte a ricevere grazie più elevate e che Dio le chiama a entrare in un cammino più semplice e allo stesso tempo più proficuo, non comprendono che è necessario riposare affettuosamente in Dio e prestarsi a ciò che lo Spirito Santo desidera esercitare su di loro, dovendo, pertanto, moderare l'eccessiva attività delle loro facoltà naturali, frenare la loro immaginazione e evitare l'abuso delle riflessioni e delle considerazioni. D'altra parte, sono molto numerosi i padri, gli educatori, le educatrici di anime che non presentano a coloro che formano alla vita di pietà un ideale abbastanza elevato. A volte, infatti, si trovano alcuni che, diffidando troppo dell'immaginazione dei loro discepoli, si preoccupano prima di tutto di tagliar loro le ali. S. Paolo diceva: "Non spegnete lo Spirito Santo" (I Tess 5, 19); ma questi presunti saggi, che hanno un timore eccessivo di tutto ciò che è mistico e considerano imprudente la mortificazione, trasgrediscono assolutamente questo consiglio divino e tendono a spegnere lo Spirito Santo nei cuori. Ah! se solo sapessero il bene che farebbero alle anime ispirando loro la generosità,
persuadendole che Dio, che le ama con un amore immenso, le chiama al distacco perfetto, a una dolce e costante intimità! I loro direttori desiderano, tuttavia, che i loro discepoli progrediscano nell'amore di Dio. Ora, la misura di questo amore, disse S. Bernardo, è non avere misura. Perché allora trattenerli invece di incoraggiarli? Nutriamoci, dunque, noi stessi di sante ambizioni e sappiamo ispirarle agli altri. L'amore perfetto ci è possibile, ci è proposto e, se mettiamo tutta la nostra buona volontà per ottenerlo, certo è che ci sarà concesso. Coloro che spingono le anime verso i vertici dell'amore, offrono a Gesù il più gradito dei piaceri. Una santa religiosa che, avendo ricevuto da Dio grandi luci, aveva spinto e diretto S. Alfonso nella fondazione dell'Istituto dei Redentoristi, Suor Marta Celeste, gli trasmise un giorno - il santo si trovava allora in lotta contro orribili timori di dannazione - un messaggio molto consolante. Lei vide il trono di gloria che gli era preparato in cielo e udì Gesù dirgli: "Annuncialo da parte mia che considero gradevoli i lavori che egli intraprende per convertire i peccatori, e, soprattutto, i disagi che si dà per portare i giusti alla perfezione dell'amore divino, poiché è per questi specialmente (per i perfetti) che io sono glorificato, ed è per loro che concedo al mondo le mie grandi misericordie" (Vita, per il P. Berthe, I. I, cap. IX).
MONS. AUGUSTO SAlJDREAU
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