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mercoledì 6 settembre 2023

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Unità e fedeltà

Vivere in dipendenza dallo Spirito Santo vuol dire perciò mantenere la propria fisionomia. Evidentemente la vita implica una continuità, una fedeltà, e vi sono delle famiglie di anime che hanno particolari caratteri. Non è detto che i santi, pur essendo tutti perfetti nella carità, si somiglino; al contrario, quanto più divieni santo, tanto più hai caratteri propri. I bambini più o meno si somigliano tutti; fanno capricci, giocano ... È crescendo che le diversità si manifestano, ma queste diversità di carattere implicano una continuità nel cammino. Fin da bambino si vedono le predisposizioni; così avviene anche nella vita spirituale. La continuità!

Voi avete ricevuto una vocazione, che probabilmente affonda nella vostra puerizia, nella vostra infanzia. Certo non vivete oggi quello che vivevate trent'anni fa, se avete vissuto siete cresciute; è mai possibile arrestare la vita? Così anche nella vita spirituale, certamente se si vive si cresce; ma il crescere non vuol dire che diveniamo diversi: cresciamo in una certa direzione, perché fin da giovani avevamo una certa vocazione, non carmelitana, non benedettina; una vocazione che poi si è chiarita, per esempio alla spiritualità salesiana, che vi ha realizzate sul piano cristiano.

Continuità nel cammino, fedeltà alla stessa vocazione. Non saremo mai santi se non saremo fedeli alla prima vocazione che ci ha dato Dio, perché Dio non cambia, siamo noi che cambiamo; ma il cambiamento nostro vuol dire sottrarci alla mano di Dio. Quello che Dio ha voluto per noi fin dall'eternità, quello rimane: egli ci ha chiamati con un nome fin dall'eternità, e soltanto realizzando quel nome noi saremo santi, non altrimenti, in nessun modo. Il cammino nostro verso Dio è uno, ed è la realizzazione di quella Parola, di quel nome con cui ci ha chiamati quando ci ha creati. La nostra vocazione è la creazione medesima, che poi si compie nel tempo; ecco perché dicevo che la creazione dell'uomo è un atto continuo che dura per tutta la vita.

Fedeltà, ecco la prima esigenza dello Spirito di Dio. Siamo sicuri che non è lo Spirito di Dio che ci chiama se oggi vogliamo essere un’anima di austere mortificazioni e ci mettiamo addosso chili di ferro tra cilici, corde e catenelle, e domani vogliamo essere un'anima di fuoco predicando a tutto il popolo cristiano, e il terzo giorno vogliamo essere un'anima contemplativa che vive soltanto nelle nuvole; così non viviamo né la vita contemplativa, né la mortificazione, né l'apostolato, ma soltanto la nostra volontà, anche se questa volontà si esprime in una vita di mortificazione, o in una vita di apostolato, perché non abbiamo cercato che noi stessi, non siamo stati in ascolto di Dio.

Non c'è un essere più santi qui, un essere più santi là; la carità può assumere tutte le forme, può seguire tutte le vie, ma una cosa sola si impone all'anima che vuole avere carità: il dono totale di sé e l'abbandono totale di sé all'azione dello Spirito Santo, che porta un'anima per una via e l'altra anima per un'altra via. Non possiamo essere gelosi degli altri o invidiosi di un’altra anima che Dio chiama per un'altra strada; sarebbe un amare noi stessi, il nostro pensiero, la nostra volontà, non Dio.

La fedeltà è la prima cosa che si impone; senza la fedeltà non c'è continuità di un cammino, e senza la continuità di un cammino non c'è nemmeno un progresso.

È evidente che la strada rimane unica e si deve proseguire per quella, perché l'instabilità non viene da Dio; da Dio viene la fedeltà, non l'instabilità. Ecco il primo carattere in cui si riconosce l'azione dello Spirito Santo, se il nostro cammino è continuo; certo, siamo cresciuti, ma rimaniamo gli stessi. Come nella vita naturale si cresce, ma si rimane gli stessi, così anche nella vita spirituale: si cresce, ma sempre mantenendo lo stesso spirito; cresce in noi il possesso che lo Spirito ha di noi stessi, ma nella continuità e nella fedeltà allo stesso ideale.

don Divo Barsotti

domenica 5 marzo 2023

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


L'AZIONE DELLO SPIRITO SANTO IN NOI


Il discernimento degli spiriti

Se vogliamo capire come Dio agisce in noi, per riconoscere la sua azione, dobbiamo ricordare che lo Spirito di Dio è Creatore. Con questa parola si intende dire che l'azione dello Spirito Santo in noi ha i caratteri di una creazione, che si dilata e cresce. Quali sono i caratteri propri dell'azione dello Spirito Santo, come possiamo riconoscerli, e sapere se veramente siamo condotti dallo Spirito di Dio?

La dottrina che risponde a questa domanda è antica quanto il cristianesimo, anzi più del cristianesimo, perché si trova già negli scritti di Qumran e nel Vangelo. Dopo il Vangelo, uno degli scritti fondamentali della prima letteratura cristiana è «Il Pastore» di Erma, scritto nel 140; poi la troviamo in sant'Agostino e in tanti altri Padri della Chiesa, fino a san Bernardino da Siena, all'Imitazione di Cristo, a sant'Ignazio di Loyola e altri santi: È la «discretio spirituum», il discernimento degli spiriti.

Un grande scrittore di spiritualità cristiana del quinto secolo, Diadoco di Foticea, in un libro di cento capitoli sulla perfezione spirituale ci aiuta a capire quando e come lo Spirito Santo agisce in noi. È importantissimo, perché noi possiamo essere condotti dallo spirito del maligno anziché dallo Spirito di Dio.

Come conoscere dunque l'azione dello Spirito Santo in noi? Rispondo: lo Spirito è Creatore, l'azione dello Spirito di Dio in noi è un'azione che continua la creazione dell'uomo. Questa continuità di creazione importa una fedeltà. Noi dobbiamo dubitare delle anime instabili, delle anime che oggi vogliono essere contemplative e vivere soltanto nell'estasi, e domani vogliono invece vivere un servizio al prossimo che non le lasci più in riposo. Evidentemente qui non vi è lo Spirito di Dio.

Lo Spirito di Dio esige continuità, cioè la fedeltà ai suoi impulsi, che portano l'anima in una data direzione.

Nella vita spirituale non si può pretendere di giungere a nessuna mèta se andiamo vagando qua e là, diretti ora da una parte ora dall'altra, se ora vogliamo una cosa e ora un'altra. Per questo, in tante Congregazioni religiose è legge che non si prenda mai una persona che venga da un’altra Congregazione, da un altro Istituto. Ci possono essere casi eccezionali, lo si è visto anche nella storia della santità cristiana: persone che appartenevano a un certo Istituto e poi Dio le ha portate a fondare altre Congregazioni. Ma anche in questo caso conservano lo stesso spirito; è indubbio, per esempio, che la beata Anna Michelotti, cresciuta alla spiritualità salesiana, l'ha mantenuta nella fondazione della sua Congregazione di vita attiva. È indubbio che Luisa Margherita Claret de la Touche ha conservato la spiritualità salesiana, anche se ha fondato Betania. Dio può anche volere che escano da una Congregazione delle anime, ma per una particolare missione, che non potrebbe essere vissuta rimanendo nello stesso Istituto.

Ma la vita è una sola, e anche se voi siete venute fuori dalla vostra famiglia, non vi hanno cambiato il sangue; voi rimanete figlie di una certa famiglia con un certo tipo sanguigno, perché l'uomo non può cambiare sostanzialmente; e se non cambia sostanzialmente sul piano biologico per quanto riguarda la vita fisica, non può cambiare nemmeno spiritualmente per quanto riguarda la vita spirituale. La spiritualità è una sola. Non si può essere Carmelitana e poi diventare Salesiana, altrimenti non è né Salesiana né Carmelitana. Lo spirito è uno, quando veramente lo si possiede.


sabato 29 ottobre 2022

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Sulle ali dello Spirito

Per quanto riguarda l'intelligenza, bisogna che sia totalmente illuminata da Dio. Avete mai visto le stelle di giorno? Le sapete contare di giorno? Così la presenza di Dio, la luce divina, deve cancellare ogni altro pensiero: Dio solo!

E come la vostra intelligenza non deve conoscere che Dio, così la vostra volontà non deve amare che lui.

Raggiunta questa purezza, interviene lo Spirito e ci porta e ci solleva. È necessario che sia lo Spirito a sollevarci, perché per giungere al cielo bisogna volare, essere portati via dallo Spirito, che conosce una sola dimora, il Seno del Padre, in modo da ascendere al di sopra di tutti i cieli, nell'ascensione stessa del Cristo, come Maria. E si noti bene, Gesù ascende ed è attivo, è lui che ascende, invece Maria santissima non ascende, è assunta. Anch'io devo essere assunto, debbo essere portato via, devo essere totalmente abbandonato all'azione dello Spirito, perché lo Spirito mi porti con sé: «Qui Spiritu Dei aguntur ii sunt Filii Dei!».

Bisogna volare come tanti aquilotti portati sulle ali dell'Aquila Reale, che è lo Spirito Santo. È quello che cantiamo con Mosè nelle lodi del sabato della seconda settimana della Liturgia delle Ore: «Come un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali» (Dt 32,11).

Attente a stare ferme, perché se vi muovete e volete guardare in basso, abbandonate le ali dell'aquila e precipitate giù nel fondo. Per camminare bene, per volare bene voi lo sapete quale è la legge fondamentale: quella di stare fermi; tanto più si vola quanto più si sta fermi, in Dio però, in Dio. Sono le ali dell'Aquila divina che ci sollevano a Dio, fermi in Dio; questa è la prima legge che si impone all'anima che veramente vuole ascendere fino al cielo.

Che il Signore ci doni questa purificazione del cuore, e poi questo rimanere fermi in Dio, questo abbandonarci a Dio e non riprenderci più, perché Dio ci sollevi a sé. Mi sembra che sia questa la prima condizione per vivere la nostra risposta al Signore.

don Divo Barsotti


martedì 9 agosto 2022

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Con Dio c'è tutto

La cosa più importante è che Dio si dona all'anima; una cosa meravigliosa! Si può desiderare di più? Diceva la beata Maria dell'Incarnazione: è ben avara quell'anima che non si contenta di Dio. Che cosa mi rimane da desiderare se Dio è tutto per me? Ricordate la preghiera di san Giovanni della Croce: miei sono i cieli, mia è la terra, mia è la Madre di Dio, miei gli angeli e i santi. .. perché Gesù è tutto mio e tutto per me, e prima di Gesù è lo Spirito Santo che mi è stato donato, Dio stesso. Non posso desiderare più nulla, non posso volere più nulla, già posseggo ogni cosa. La mia gioia è già immensa anche se vivo nella pena; è certo una gioia tutta dello spirito, perché rimane la sofferenza fisica, può rimanere anche l'angoscia interiore sul piano psicologico, ma lo spirito, almeno il vertice dello spirito, già è toccato dalla luce indefettibile di Dio: Dio è mio, è tutto per me!

Vivere questa consapevolezza, e poi capire che Dio si è dato a noi per fare di noi, del nostro corpo, del nostro essere, lo strumento delle sue operazioni. Il <<Veni, Creator» dice che lo Spirito Santo è il dito della destra dell’Altissimo: «Dextrae Dei tu digitus». Ebbene, l'uomo è come un'arpa. Avete mai sentito suonare l'arpa da sé? Bisogna che ci passi un dito, allora emette un suono meraviglioso; ognuno di noi è questa arpa su cui passa il dito di Dio. Lo Spirito Santo ci è donato perché attraverso di noi si elevi a Dio un canto di lode, un canto di amore. Il dono dello Spirito ci è dato per trasformare tutta la nostra vita in un canto di pura lode al Signore, come la vita degli angeli, come la vita dei santi. Ma perché tutto questo avvenga bisogna accordare l'arpa, bisogna acquistare la purezza di cuore.

Prima di tutto bisogna crescere, crescere anche umanamente, e non solo sul piano fisico del corpo ma sul piano morale delle virtù, liberarci dunque da tutti i vizi, purificarci da tutto quello che è impedimento e ostacolo a Dio: l'impurità del cuore, la deviazione dell'intelligenza, la deviazione della volontà; tutto deve sciogliersi, dobbiamo liberarci da ogni legame che ci impedisca di correre, di essere portati via dallo Spirito.

La purità di cuore: il cammino dell'anima per raggiungere Dio è questa purificazione. Questa è attiva, certo, ma in ordine a una passività. La nostra attività nell'esercizio delle virtù è soltanto una preparazione perché poi Dio intervenga e prenda il timone della nostra nave e ci porti. L'esercizio della nostra attività è dunque in ordine a questa purificazione, purificazione dei sentimenti, purificazione della volontà, purificazione dell'intelligenza, purificazione di tutte le nostre potenze interne; della memoria, per non vivere che la pura presenza di Dio, perché Dio non è nel passato e non è nel futuro, egli è il presente, egli è l'eterno presente.

Don Divo Barsotti


sabato 8 gennaio 2022

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


I nostri peccati

La prima condizione necessaria per essere ben certi dell'azione dello Spirito, è che la nostra anima raggiunga una certa purezza interiore. Prima di tutto la purezza abituale dal peccato, non solo dal peccato grave, ma anche dai peccati veniali pienamente deliberati. Quello che ostacola enormemente l'azione di Dio non sono le nostre mancanze, egli sa che siamo delle povere creature, ma l'amore che abbiamo alle nostre mancanze. Diceva santa Bernardetta che a Dio non dispiacciono i nostri peccati, purché non li amiamo.

Come possono non dispiacere a nostro Signore i nostri peccati? Perché quello che dispiace a Dio è il peccato, sia pure leggero, quando è amato, quando l'anima antepone la sua volontà alla volontà del Signore. Le mancanze di pura fragilità forse il Signore le permetterà nella nostra vita fino alla morte, ed è una grande provvidenza" è una grande bontà che egli permetta le nostre mancanze, altrimenti alzeremmo subito la cresta. E invece no, ci sentiamo così poveri, così meschini anche dopo tanti anni di vita religiosa; ci fa molto bene, perché dobbiamo sapere che Santo unicamente è il Signore. Però se queste mancanze non sono volute, se non sono amate, se sono puri atti di fragilità, atti primo-primi della nostra natura, tutto questo non impedisce il nostro cammino verso il Signore. L'ostacolo fondamentale alla docilità allo Spirito Santo, all'azione dello Spirito Santo in noi, è una volontà che si rifiuta, e non dico nelle cose gravi, ma anche nelle cose leggere.

Il peccato veniale deliberato, pienamente deliberato, pienamente cosciente, questo è l'ostacolo formidabile a un avanzamento nella vita spirituale. Non vi dico che perdete la grazia, vi dico però che non avanzate fin tanto che non c'è in voi quello che san Francesco di Sales chiamava «la santità del cuore». La santità della condotta potete averla forse dieci giorni prima di morire, perché è soltanto l'espressione esterna di quello che Dio opera nell'intimo. Spesso la scorza esterna rimane un po' rozza. Ma è bellissimo questo, è meravigliosa l'azione di Dio che lascia proprio la scorza e lavora nell'intimo; così si vive soltanto per lui e non per le consorelle, per farci da loro venerare. Lasciate pure che le Sorelle vi vedano imperfette; l'importante è che Dio lavori nella vostra anima e trasformi il vostro cuore.

È dunque questa la prima cosa che dovete vivere, la santità del cuore; questo donarvi a Dio pienamente, questa purezza di un'anima che non vuole consentire a nulla che si opponga alla volontà divina. Se possedete questa purezza, e la dovete possedere, allora si renderà in voi sensibile l'azione dello Spirito Santo.

don Divo Barsotti

domenica 7 novembre 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


La purificazione del cuore

C'è dunque la necessità non soltanto di crescere nell'età per essere docili allo Spirito, ma anche di crescere nella virtù, che implica la liberazione da tutti i pesi, una libertà da tutti i legami. Nella misura in cui l'anima si purifica diviene capace di essere docile a Dio.

Allora il cammino dell'anima verso la santità prima di tutto esige una purificazione del cuore, una purificazione delle nostre potenze, sia del sentimento, sia dell'intelligenza, sia della volontà. Nella misura in cui purificheremo le nostre potenze, esse diverranno atte ad essere spinte, portate e sollevate dallo Spirito di Dio. È la purezza totale dell'essere che dobbiamo raggiungere, se vogliamo diventare docili allo Spirito. Fintanto che non avremo acquistato questa purezza potremo vivere una certa attenzione allo Spirito, una certa docilità, ma ci muoveremo faticosamente, con grande stanchezza e con grande fatica.

Il più grande maestro della spiritualità antica, Cassiano, diceva che la purità del cuore si identifica con l'agàpe, la carità; cioè, saremo portati dallo Spirito nella misura in cui saremo purificati; perché la vita cristiana è faticosa all'inizio, ma via via che si procede diviene sempre più facile, e al termine è un purissimo volo: «Qui Spiritu Dei aguntur, ii sunt filii Dei» (Rm 8,14): sono figli di Dio quelli che sono guidati dallo Spirito Santo. È questo che dobbiamo vivere!

Ma come facciamo a riconoscere l'azione dello Spirito, per abbandonarci a lui? Questo è un problema grave per la vita spirituale, perché possiamo abbandonarci anche allo spirito del male, potremmo abbandonarci anche allo spirito naturale, al nostro spirito, piuttosto che allo Spirito Santo. Come facciamo a riconoscere lo Spirito Santo? Mediante la purificazione del cuore. Nella misura in cui non ci saremo purificati, possiamo sempre sbagliarci sull'origine di quelle mozioni che proviamo interiormente; crediamo di rispondere a Dio, di abbandonarci a Dio e invece ci abbandoniamo alla nostra natura. Non è sempre lo Spirito Santo che ci chiama a mortificarci, per esempio: può essere che sia proprio lo spirito del male che ci impone di mortificarci, per poi stancarci in questo cammino e farci rinunziare a tutti i nostri propositi per vivere la nostra vita, perché è troppo pesante quello che abbiamo intrapreso. È un problema molto grave questo, è una questione importante da affrontare, se vogliamo tendere verso il Signore.

don Divo Barsotti


sabato 25 settembre 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Capire il dono di Dio

La prima cosa dunque che dobbiamo cercare di comprendere è questo magnifico dono che Dio ci ha fatto di se stesso. Se Dio è in noi, e noi siamo in lui, siamo già in Paradiso. Importa poco che siamo nella luce o nelle tenebre, non cambia nulla essenzialmente. Siamo gli stessi sia che viviamo nella fede e sia che viviamo nella visione, perché Dio è con noi e noi siamo con lui.

Sì, siamo già in Paradiso; se ancora non possiamo vivere pienamente la luce di questa visione, non per questo il nostro stato è diverso. Siamo compagni degli angeli, siamo amici dei santi, viviamo con loro. La vita spirituale altro non è che una anticipazione nella fede della vita beata, perché la vita beata è il possesso di Dio e noi già lo possediamo: abbiamo ricevuto il dono dello Spirito. Se crediamo realmente che Dio si è donato a noi nel suo Spirito, già possediamo il cielo, nulla di meno, e quello che importa è questo, che ora possediamo Dio, proprio perché venga trasformata tutta la nostra natura, perché nella vita presente tutte le nostre operazioni divengano operazioni divine.

Il Battesimo ci dona il dono dello Spirito e col dono dello Spirito avviene che noi siamo fatti figli di Dio, riceviamo come una nuova natura, una partecipazione, dice san Pietro, alla natura divina; ma per vivere secondo questa natura divina che abbiamo ricevuto, ci vorrà tutta la vita, se basta. Per i santi è sufficiente questa vita, la maggior parte dei cristiani devono passare attraverso il Purgatorio ...

Chi di noi può dire di vivere pienamente come Dio, la vita stessa di Dio? Lo Spirito Santo che vive in noi può agire in noi solo se cresciamo in Dio. Bisogna crescere, come il bambino deve crescere per camminare, deve crescere per andare a scuola, deve crescere per arrivare ad essere professore d'Università. Ugualmente per la nostra vita soprannaturale abbiamo bisogno di tutta la vita per crescere in tal modo che l'azione dello Spirito Santo operi nelle nostre potenze. Fin tanto che le nostre potenze non sono capaci di accogliere l'azione dello Spirito, lo Spirito è in noi, ma noi non viviamo la vita divina. Lo Spirito Santo vive anche in un piccolo bambino, ma il bambino non è capace di vivere secondo la sua azione; lo Spirito Santo trova in lui delle potenze inadatte alla vita divina. Bisogna crescere, e nella misura in cui cresciamo lo Spirito agisce.

Quanto più l'anima nostra cresce non solo nella vita umana sul piano della intelligenza, ma sul piano della volontà, cioè delle virtù morali, tanto più acquista malleabilità e docilità all'azione dello Spirito. Per questo il cammino per giungere alla santità non è soltanto la docilità allo Spirito Santo. Lallemant diceva che, sì, la legge della santità è la docilità allo Spirito Santo, ma per essere docili allo Spirito Santo bisogna purificare il nostro cuore.

Don Divo Barsotti


martedì 24 agosto 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Come arrivare a Dio

Con le potenze puramente naturali dell'intelligenza, della volontà, del sentimento, possiamo vivere una vita umana, ma né la nostra intelligenza può conoscere Dio, né la nostra volontà può veramente amarlo così da unirsi a lui, perché Dio è inaccessibile. Come è possibile per una creatura umana, e anche per gli angeli, superare l'infinita distanza che separa la creatura dal Creatore? Dio è inaccessibile, non possiamo mai arrivare a lui, né con la conoscenza né con l'amore. Dice il Concilio Vaticano che noi possiamo arrivare a conoscere che Dio è, cioè l'esistenza di Dio, ma non che cosa Dio sia, la natura di Dio. Se Dio non si rivela, noi possiamo capire che c'è un primo principio, un primo motore, una prima causa di questo mondo, ma non lo conosciamo: la conoscenza di Dio è conoscenza di fede, l'amore di Dio è dono della carità.

Le virtù teologali sono tali proprio perché non soltanto hanno per oggetto Dio, ma in qualche modo hanno come soggetto Dio. Nella fede è Dio che ci comunica la conoscenza che egli ha di se stesso, nella carità è Dio che vive nei nostri cuori. L'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani dice che la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato: 

senza lo Spirito Santo dunque in noi non vi è la carità. Vi può essere la filantropia, vi può essere una benevolenza verso i poveri, vi può essere anche un certo desiderio inefficace di Dio, ma non l'amore di Dio, che a lui ci unisce.

Le virtù teologali suppongono lo Spirito Santo, che agisce in noi. Dio si è donato a noi nel suo Spirito, e con questo dono le nostre potenze spirituali hanno una nuova capacità, la capacità di raggiungere Dio, di unirsi a Lui, di conoscerlo, di amarlo, di vivere per lui.

Tutta la vita del cristiano è animata da questo divino Spirito, affinché le sue operazioni possano accostare Dio, raggiungere Dio, unirlo a Dio. Dobbiamo dunque prima di tutto comprendere che senza l'azione dello Spirito noi siamo totalmente avulsi a Dio, separati da lui, non solo in forza del peccato, ma in forza del fatto che siamo creature, e fra la creatura e il Creatore l'abisso è infinito. Rendiamoci conto che nemmeno gli astronauti riescono a raggiungere gli estremi confini della creazione, perché la vastità della creazione è sconfinata; chi potrebbe mai abbracciarla, chi potrebbe mai raggiungere il fine della creazione? Che presunzione stupida e assurda che la creatura possa raggiungere Dio per sé! È nello Spirito di Dio che questo è possibile.

Allora prima di tutto dobbiamo comprendere la necessità di questa presenza dello Spirito in noi. Vi è una differenza qualitativa infinita tra chi possiede la grazia e chi non la possiede, perché chi possiede la grazia possiede Dio, e Dio è infinito. Che cosa sono tutte le grandezze del mondo nei confronti di una piccola suora che vive in unione con Dio? Può aggiungere qualche cosa l'essere Presidente della Repubblica Italiana? Sono sciocchezze tutte le grandezze umane, sono pure sciocchezze nei confronti di questa grandezza: Dio è in me, egli vive in me e io vivo in lui!

Si tratta di crederlo davvero, questo, per viverlo: Dio vive in noi! E la presenza di Dio in noi imprime nelle nostre potenze spirituali una capacità nuova, la capacità della fede, la capacità dell'amore, la capacità della pura speranza, le virtù teologali.

Si parlava stamane della semplicità, ieri della purezza, si può parlare dell'umiltà, tutte queste virtù morali non sono che espressioni delle virtù teologali, perché in fondo non si vive la fede se non si vive l'umiltà, non si vive l'amore di Dio se non si vive la purezza del cuore; sono frutto ed espressioni della nostra vita teologale, della nostra unione con Dio.

don Divo Barsotti


domenica 18 luglio 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


L'inabitazione divina

Il mistero della Trinità noi possiamo concepirlo sia in un circolo chiuso, sia in una linea discendente. Quale è la concezione più vera? Anche qui i teologi possono essere di diversa opinione. Secondo la concezione teologica dell'Occidente, specialmente quella che deriva da sant'Agostino, il mistero della Trinità è concepibile, tanto per capirei, in un circolo chiuso. II Padre genera il Figlio, il Padre e il Figlio come da unico principio spirano lo Spirito Santo, che è la loro unità. Secondo la concezione greca, e anche quella di san Basilio e di altri Padri dell'Oriente, che è stata riconosciuta ortodossa dalla Chiesa cattolica nel Concilio di Firenze, la Santissima Trinità può pensarsi in linea discendente. Dal Padre il Figlio, dal Padre per il Figlio lo Spirito Santo; è nello Spirito Santo che Dio si comunica al mondo. Non è che Dio debba donarsi; lo Spirito Santo viene chiamato dono -lo dice anche l'inno «Veni, Creator» -, non in quanto egli necessariamente debba donarsi; il dono è sempre gratuito, ma lo Spirito Santo è dono in quanto è donato. Se Dio si vuole donare, è nello Spirito Santo che si dona.

Naturalmente però, donandosi lo Spirito Santo, non possono non venire a noi anche il Padre e il Figlio, perché le Persone divine sono inseparabili fra loro; ma il dono è nel dono dello Spirito, è nello Spirito Santo che Dio si dona alle anime. Nel dono dello Spirito tutta la Santissima Trinità inabita, dimora nel cuore dell'uomo. Ricevere il dono dello Spirito vuol dire che noi ne diventiamo in qualche modo i possessori. Lo Spirito Santo diviene in qualche misura la nostra proprietà, noi possiamo usarne, ed egli può usare di noi. È proprio di qui che deriva la vita soprannaturale, per il fatto cioè che lo Spirito Santo, donandosi all'uomo, diviene in noi una capacità nuova di vita e di operazione.

don Divo Barsotti

domenica 2 maggio 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Docilità allo Spirito Santo

 Se dunque il segreto della santità è nell'abbandono all'azione dello Spirito, ne viene che tanto più saremo santi quanto più lasceremo che lo Spirito Santo viva in noi. Secondo l'autore principale della mistica della Compagnia di Gesù, Luigi Lallemant, la legge della santità è una sola: la docilità all'azione dello Spirito. Tanto questo è vero che san Giovanni della Croce poteva dire della Vergine: «In nostra Donna non vi fu operazione che non fosse di Spirito Santo». Queste parole fanno paura, perché in ogni ora che viviamo compiamo migliaia di atti fra esterni e interni. Pensare che nessun atto, in tutta la sua vita, non fu che di Spirito Santo, vuol dire che veramente Maria santissima viveva in Dio; la sua vita era in una pura e assoluta dipendenza dall'azione dello Spirito Santo, anche per ogni movimento intimo della sua immaginazione, del suo sentimento, della sua volontà, della sua intelligenza; in tutto viveva questa dipendenza assoluta dallo Spirito di Dio.

Dicevo che queste parole ci fanno anche paura, perché noi viviamo una vita così dispersa, così superficiale ...

A me sembra più che straordinario il fatto che santa Gemma Galgani potesse dire che il suo peccato più grande era stato quello di dimenticarsi per un minuto di Dio, mentre aiutava il figlio dell'avvocato Giannini a fare un compito di matematica. Io penso che anche per voi, che pure vivete in monastero, passi qualche volta qualche minuto senza che vi sia il pensiero attuale di Dio. Se non altro la cuoca quando 'attende al soffritto, perché non bruci, oppure una che sta alla ruota e deve ascoltare una persona che le parla di là ... Ma non si tratta di stare un minuto senza pensare a Dio, si tratta invece di non vivere nessun atto interno ed esterno, se non in dipendenza dello Spirito di Dio.

Dobbiamo allora capire come è che questo Spirito vive in noi, e in che modo possiamo vivere la nostra dipendenza da lui. Prima di tutto, come è che lo Spirito vive in noi? Qui la teologia ha due soluzioni. Una soluzione, fino a poco tempo fa, la più comune, insegnava che tutta la Santissima Trinità vive in noi, ma senza che la distinzione delle Persone importasse un particolare rapporto dell’anima con ogni Persona divina. Tutto quello che si attribuisce al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo è per appropriazione, diceva la teologia fino poco tempo fa, comunemente. Oggi si preferisce dire che la Santissima Trinità abita in noi per il dono ipostatico dello Spirito Santo (non si tratta dei doni dello Spirito Santo: essi sono una conseguenza e un frutto del dono di lui stesso alla nostra anima).

 don Divo Barsotti

sabato 3 aprile 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


IL SEGRETO DELLA SANTITA’

 

Si è detto che l'atto supremo della Vergine per divenire Madre di Dio è stato il suo abbandono allo Spirito divino; è in questo abbandono il segreto di ogni santità, perché santo è e rimane Dio solo, Dio che viene nel cuore dell'uomo, se l'uomo lo lascia vivere in sé.

Allora noi dobbiamo comprendere come il segreto della santità importi prima di tutto la presenza dello Spirito, e poi l'abbandono alla sua azione. Come si vive perché vi è in noi un primo principio semplice che ci dona la vita, l'anima, così possiamo vivere una vita soprannaturale se lo Spirito di Dio anima la nostra anima, la vivifica, ed è principio primo delle nostre operazioni soprannaturali.

Secondo il Concilio di Trento lo Spirito Santo è la causa «quasi» formale della nostra vita soprannaturale. È una espressione estremamente ardita, e la si comprende solo se noi ci ricordiamo che l'anima è considerata, dalla teologia e dalla filosofia scolastica, la forma del corpo, cioè il principio vitale che dona la vita all'uomo.

Se dunque lo Spirito Santo è la causa «quasi formale della nostra vita soprannaturale, ne viene che il principio primo delle nostre operazioni soprannaturali è lo Spirito Santo; e perché non sembri un cadere nell'eresia del panteismo, il Concilio di Trento non dice: «la causa formale», ma: la «causa quasi formale»: infatti le operazioni soprannaturali sono insieme dell'uomo e dello Spirito Santo.

San Paolo nella Lettera ai Galati (4,6) scrive: «Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida Abbà, Padre!». Invece nella Lettera ai Romani (8,15) dice: «Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!». Chi è che grida? È l'uomo o è lo Spirito Santo? È lo Spirito Santo, ma è anche l'uomo. Pur essendo lo Spirito Santo il principio delle nostre operazioni soprannaturali, esse sono anche nostre. Il soggetto sembra essere duplice, e ciò dice quanto lo Spirito Santo è intimo alla vita del cristiano. Sant'Agostino afferma che lo Spirito Santo è quasi l'anima della nostra anima.

Divo Barsotti


martedì 23 febbraio 2021

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


LA MATERNITÀ DI MARIA E LA NOSTRA MATERNITÀ


Responsabilità

È ben grande la vostra responsabilità davanti al Signore, grande come la dignità a cui Dio vi ha chiamate.

Non importa se il mondo non vi conosce. È così di fatto che Dio opera, così non altrimenti; solo quando il Cristo apparirà; apparirà anche la vostra grandezza, solo allora. Ora d6\!de vivere questa grandezza nel sacrificio, nella semplicità, e nell'umiltà, nel nascondimento più fondo, come Maria. Chi la conobbe fin tanto che visse quaggiù sulla terra? Ma ella è creazione nuova, che in sé tutti ci aduna perché tutti siamo nel suo seno, perché tutti siamo nel suo cuore.

E così tutti devono ricevere da voi la vita, che è Cristo Signore. Viviamo la partecipazione al mistero della Vergine; a questo ci chiama la nostra vita consacrata.

Don Divo Barsotti


martedì 17 novembre 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Le consolazioni di Dio 

È facile credere quando Dio ci dà le sue consolazioni, ma questa fede che è facile, è una fede impura, perché noi crediamo che l'amore di Dio abbia un suo corrispettivo, una sua prova, una sua misura nelle consolazioni che egli ci dà. Quanto è più bello che Dio ci privi di ogni consolazione, perché allora la nostra fede può maggiormente adattarsi a Dio di quando egli ci dà le consolazioni. Quasi fatalmente noi adattiamo Dio alle consolazioni che riceviamo, e lo rendiamo abbastanza meschino, infatti, le consolazioni che Dio può darci su questa terra sono un nulla, paragonate alla gloria che egli ci riserva nel cielo. E proprio perché sono nulla non solo le tribolazioni, ma anche le gioie, dobbiamo saper rinunciare a queste consolazioni; chiederle soltanto nella misura nella quale ci sono necessarie per la povertà della nostra anima, convinti che è infinitamente più grande il peso di gloria che ci attende domani.

Viviamo questo mistero di una divina maternità come l'ha vissuto Maria, nell'umiltà, nella semplicità di una vita nascosta; viviamo la grandezza di questo mistero anche nella tribolazione di una vita che forse non conosce le gioie che hanno conosciuto altre anime. Facciamo credito a Dio anche nei momenti più duri della nostra esistenza; facciamo credito a Dio, egli ci ama. Non dubitiamo del suo amore, non dubitiamo della sua presenza, non dubitiamo della vocazione che egli ci ha dato alla santità. Lasciamoci possedere da lui, perché in noi viva lui solo. «In te ho posto le mie radici», dice la Sapienza nel libro del Siracide, come abbiamo ascoltato stamane.

Che in noi davvero getti le sue radici profonde, e nessuno possa più svellere questo albero della divina Sapienza che di noi si nutre, per vivere in noi. E non si tratta soltanto di un crescere del Cristo in noi; la Sapienza ha posto la sua dimora nella Santa Città, ognuna di voi è anche la santa città. San Pier Damiani dice che la Chiesa è una in tutti, ma è anche tutta in ciascuno. Perché voi, che dovete partecipare alla maternità di Maria, non dovete in qualche modo essere responsabili di questa Diocesi, di questa città, che Dio vi ha affidato? Ognuna di voi è la città, come Maria è la Città nella quale tutti nascono; ognuna dirà: sono nata in essa, ricordate il Salmo? Che tutte le anime possano dire di essere nate in voi, di ricevere la vita per la vostra preghiera, per il vostro sacrificio, per la vostra umiltà.

 

sabato 26 settembre 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE

 


Abbandonarci alla potenza di Dio

Quale misura può avere in noi la Parola di Dio se non la misura della nostra fede? In sé la Parola di Dio ha l'immensità stessa di Dio, ha l'onnipotenza stessa di Dio, ma siamo noi a dare una misura a questa Parola secondo la nostra fede. Ecco perché Elisabetta può dire alla Vergine: «Beata, tu che hai creduto, perché si compirà in te tutto quello che ti ha detto il Signore». E voi, mie care Sorelle, avete fede? Sì certo, una qualche fede l'avete; ma avete una fede grande, come è grande il dono che Dio vuole fare di sé alla vostra anima? Nessuno di noi ce l'ha! Perché? Perché il dono di Dio supera sempre la possibilità umana di aprirsi ad accoglierlo. Dio è l'infinito, Dio è l'immenso, e la creatura non potrà mai aprirsi tanto da accogliere l'immensità divina, così come essa è.

Tuttavia se non possiamo dilatarci nella misura di Dio, possiamo però crescere ogni giorno più nella fede. Ed ecco quello che si impone nella vita spirituale; il progresso dell'anima nella vita spirituale è il progresso della fede, come dice san Paolo nella Lettera ai Romani: «Ex fide in fidem». Tutto qui è il progresso, da una fede imperfetta a una fede più perfetta, ogni giorno più perfetta.

Voi tutte forse avete rinunziato ad essere sante come Margherita Maria, ad essere sante come Giovanna Francesca Frémyot di Chantal, ad essere sante come Francesco di Sales. Se avete rinunziato, non va bene, non potete rinunziare a nessuna santità. Forse non sarete sante come san Francesco, ma quello che si impone è che voi, cominciando il vostro cammino verso Dio, non poniate una misura al vostro crescere in lui. Voi dovete andare oltre, oltre ogni santo, oltre ogni coro degli Angeli, dovete salire fino al Trono dell'Altissimo, dovete divenire veramente le Spose del Verbo, dovete divenire veramente come la Madre; e della Madre di Dio è detto che è esaltata al di sopra del coro degli Angeli. Il nostro cammino tende a trascendere ogni limite, ogni misura. Forse poi, come ho detto prima, non raggiungeremo neppure la santità di quelli che oggi veneriamo quaggiù sulla terra, ma questo non è di per sé un motivo per rinunciare fin da oggi ad essere santi, come i più grandi santi della Chiesa, ad essere santi anche più dei santi canonizzati.

Non possiamo rinunziarvi, farà Dio. Se abbiamo questa fede, non è per presunzione e orgoglio, non è per ambizione umana, ma perché sentiamo nel cuore l'esigenza di un Dio che ci impedisce di dare una misura del suo crescere in noi. Non è per noi che vogliamo la santità, è per lui che vuole vivere in noi, perché nella misura in cui poniamo una misura alla nostra santità, in qualche modo contristiamo lo Spirito di Dio, soffochiamo lo Spirito di Dio in noi, lo costringiamo nelle nostre misure umane, lui che è l'infinito.

La Vergine, ecco il modello della vita dell'anima consacrata che sta in ascolto di Dio; che custodisce in un raccoglimento profondo la Parola che ha ascoltato e che si abbandona totalmente a questa Parola. È difficile l'ascolto perché la nostra anima troppo spesso è in ascolto di altre parole; non vogliamo ascoltare soltanto il Signore. Ma se difficile è l'ascolto, più difficile è custodire nel cuore questa Parola. Ci sembra di impoverire la nostra vita nel custodire soltanto quella Parola che abbiamo ascoltato.

Anche Eva, anche Adamo in un primo tempo ascoltarono la Parola di Dio, ma poi Eva ascoltò anche la parola del serpente. E noi dobbiamo mantenerci aperti soltanto alla divina Parola, per custodire questa sola Parola. Difficilissimo però, più difficile di qualsiasi altra cosa è questo abbandono puro nelle mani di Dio; un abbandono che esige una fede assoluta; una fede assoluta nei momenti di stanchezza, una fede assoluta nei momenti di aridità, una fede assoluta nelle tenebre, nella desolazione dello spirito, nel vuoto interiore, un abbandono totale alla onnipotenza divina. Credere sempre all'amore, credere anche quando tutto ci sembra vuoto, anche quando tutto ci sembra irreale, abbandonarci all'amore di Dio, non dubitare mai di Dio.

Spesso noi adattiamo Dio alla nostra anima, piuttosto che adattare la nostra anima a Dio, spesso noi adattiamo Dio, costringiamo Dio negli stretti confini della nostra piccola anima, della nostra piccola volontà, dei nostri desideri, ambizioni anche; ma tutte le ambizioni dell'uomo sono nulla, in paragone di quello che Dio vuole fare di un'anima che in lui si abbandona.

Certo, si paga la grandezza a cui egli ci chiama, come l'ha pagata la Vergine. Esaltata sopra tutti i cori degli Angeli, ella ha vissuto sulla terra una vita di nascondimento, di povertà, di martirio. Certo si paga, ma la vita di povertà, di nascondimento, di martirio non ha impedito alla Vergine di credere e di abbandonarsi totalmente all'amore. Così anche voi, se vivete una vita povera e umile, se vivete anche una vita di desolazione interiore, di aridità e di vuoto, tutto questo non vi impedisce di abbandonarvi, con un abbandono totale, a un amore che rimane onnipotente, che rimane infinito ed ha per termine voi, perché ciascuno di noi è amato da Dio, come se fosse unico per il suo amore infinito.

Abbandonatevi a Dio, di questo abbandono umile e pieno; non dubitate di Dio, ma tanto più cresca in voi la fede nell'amore divino quanto più Dio vi sottopone alle prove perché la vostra fede sia pura.

Divo Barsotti


martedì 25 agosto 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE



I santi sono necessari

Il Verbo di Dio, una volta asceso al cielo, si è reso invisibile al mondo; una volta asceso al cielo non opera più nella sua umanità, nella storia del mondo, e tuttavia il mondo ha necessità di vederlo, ha necessità di essere in qualche modo raggiunto dalla sua azione, dalla sua morte. Egli può essere reso visibile, egli può ancora operare attraverso di voi se in voi egli vivrà.
Ecco la necessità dei Santi. Il Santo non dice se stesso, dice Gesù; non è altro che una immagine vera del Cristo, non è altro che una presenza viva di Cristo Signore. Presenza viva, in cui egli si rende visibile al mondo, presenza viva in cui egli è operante ancora nella storia degli uomini. Se voi non dite Gesù, voi avete mancato alla vostra vocazione divina. Se voi non dite Gesù, voi non avete adempiuto quello che il Signore si aspettava da voi. Se attraverso la vostra vita non vivrà il Cristo, per le anime che a voi si avvicinano, voi non avrete vissuto fino in fondo quello che Dio vi chiedeva, perché Dio chiede a voi quello che ha chiesto a Maria: «Ecco, concepirai nel tuo seno, e darai al mondo un Figlio, e lo chiamerai Gesù».
Questa medesima parola è stata rivolta oggi a voi, e che cosa aspetta da voi il Signore se non il puro abbandono della Vergine all'azione della Spirito, perché in voi si compia la divina volontà? Fiat, ecco l'unica parola dell'anima: «Si faccia di me ... ». La parola di Maria è un verbo al passivo, non dice: «Farò» ... Che cosa possiamo fare noi nei confronti di quella vocazione divina a cui Dio ci ha chiamato? Troppo grande è quello che Dio ci chiede. L'unica cosa è il puro abbandono all'onnipotenza dello Spirito di Dio, perché in voi si prolunghi il mistero di questa Incarnazione divina, e voi siate oggi nel mondo sacramento vivo di Cristo, presenza vera e viva di Cristo Signore, perché questo è il mistero di una divina maternità.
Come il mistero della paternità di Dio: il Padre genera il Verbo, lo genera nel suo seno; così il Verbo divino è concepito e si incarna in voi, ma non viene partorito come qualcosa di distinto da voi, diviso da voi, voi dovete essere lui. Ascolto della divina Parola, umile custodia di questa Parola divina nel cuore, abbandono di noi stessi alla forza di questa Parola, tutto qui. Dio non ci chiede altro.
La vita cristiana, come vedete, è una cosa ben semplice; difficile perché noi siamo dispersi, difficile perché noi siamo superficiali, difficile sì, ma non complicata; è un atto di amore che sempre più ci stacca da noi stessi per donarci a lui, per essere posseduti da lui, perché egli possa fare di noi secondo la sua volontà, come dice la Vergine all’Angelo: si faccia di me secondo la  tua volontà, secondo la forza della tua Parola, secondo la onnipotenza della tua Parola, secondo l'universalità di questa Parola.

 Don Divo Barsotti

giovedì 2 luglio 2020

Spose e madri



LA MATERNITÀ DI MARIA E LA NOSTRA MATERNITÀ

Voi dovete essere spose e madri: spose del Verbo, e madri del Cristo. Dovete essere madri, non solo nei riguardi di Gesù, Figlio di Dio, ma nei riguardi anche della Chiesa intera, perché il Cristo non è soltanto Gesù Figlio di Maria, è tutto il mistico corpo che egli unisce a sé, nell'unione di tutti i figli di Dio.
Non so se avete notato che nella Liturgia la Chiesa contempla il suo mistero non tanto negli apostoli o nei pastori della Chiesa, quanto nelle vergini e martiri nei primi secoli. È tipo della Chiesa intera la Vergine santa, è tipo delle Chiese locali, molto spesso, una beata o una santa: Lucia per Siracusa, Agata per Catania, Agnese per Roma, Blandina per Lione. Comunque è certo che la Chiesa si riconosce soprattutto nell'anima sposa e nell'anima madre, madre per una sua missione di maternità, nei confronti dei figli di Dio. Perché è vero che il Pastore della Chiesa deve guidare il gregge ai pascoli eterni, ma è vero che vi è una missione più segreta, e non per questo meno efficace, della donna che è madre.
La madre sta in casa, ma è lei che dona la vita; la madre non vive una vita pubblica come il Pastore di una Diocesi, ma è lei che ottiene e dona la vita ai suoi figli. Ed è per questo che in ogni Diocesi come è importante l'Episcopio così è importante il Monastero. Nella Curia Vescovile e nell'Episcopio sta il Pastore che guida, nel Monastero sta l'anima verginale, che non solo ottiene per sé che il Cristo viva nell'anima sua, ma ottiene per tutta quanta la Chiesa una fecondità che da lei soltanto può derivare, da lei in quanto è la Sposa del Cristo, da lei in quanto nell'unione col Cristo deve generare i figli di Dio.
Voi celebrate oggi la festa di Maria. La celebrate non solo perché è la vostra Madre, ma perché è il modello della vostra medesima vita, perché dovete contemplare in lei il vostro stesso mistero, perché noi tutti siamo partecipi della grazia cui ella è stata chiamata. Certo, in lei questa grazia è piena, in lei questa è la grazia di una maternità che si estende a tutta la Chiesa: ella è Madre di tutta la Chiesa.
Ma anche voi dovete essere in qualche modo partecipi di questa divina maternità. Pensate a Teresa di Gesù Bambino; è vissuta nel monastero, nascosta agli occhi degli uomini, è vissuta pochi anni e la sua pura maternità si estende a tutte le Missioni. Pensate alle vostre Sante; esse esercitano su tutta la Chiesa una missione di grazia per la quale, in qualche misura, la vita delle anime dipende dalla loro preghiera e dalla loro carità.
Come dunque vivere questa maternità divina? Si tratta di sgombrare il terreno perché la vostra anima accolga soltanto la Parola di Dio. Non avete bisogno di altre parole, solo la Parola di Dio viva in voi. Questa Parola ha tale potere da trarre a sé tutta la vostra vita, tutto l'essere vostro; ha bisogno, per nutrirsi e vivere in voi, di tutto quello che siete, di ogni vostro pensiero, di ogni vostro affetto, di ogni vostro sentimento. Non vi può essere sentimento, pensiero, non vi può essere affetto di cui egli non voglia nutrirsi: tutto dovete riservare a lui. Ecco l'esigenza viva di una divina maternità, che vi fa in qualche misura partecipi del privilegio stesso della Vergine pura: riservare a Dio tutta la vostra forza, riservare a Dio ogni vostro amore, ogni vostro pensiero. Tutto quello che sottraete a Dio, lo sottraete all'amore! Tutto quello che sottraete a Dio vi fa in qualche misura colpevoli di adulterio, rende impossibile in voi una divina maternità.

don Divo Barsotti

martedì 2 giugno 2020

Il Cristo non sarà più soltanto il Figlio di Maria, sarà il figlio di tutta la terra, sarà il figlio di ogni anima che avrà accolto in sé la Parola.



L'ascolto della Parola

È ben questo che inizia una divina maternità: l'ascolto della Parola. Perché che cosa è la Parola di Dio, secondo il Vangelo? «Semen est Verbum Dei», la Parola di Dio è «seme» che deve essere concepito nel cuore dell'uomo. La Parola di Dio non è vana, ma è il seme in cui si contiene la vita, e che attende soltanto di essere seminato in un terreno fertile e buono, perché possa attecchire, germinare e nascere.
Che cosa dice la Sacra Scrittura della vita spirituale della Vergine? San Luca lo ripete due volte: ella accoglie la Parola e la va meditando nell'intimo del suo spirito. Anche voi avete accolto la Parola di Dio. Avete ascoltato Dio che vi chiamava, avete ascoltato la Parola nel vostro cuore, avete risposto a questa Parola di Dio. Perché possiate, come Maria, essere partecipi a una divina maternità, si impone per voi di fare quello che ha fatto la Vergine: ascoltare la Parola, accogliere la Parola nel cuore, custodirla gelosamente nell'intimo. È la Parola stessa che in sé è efficace di vita, non siete voi a dare la vita alla Parola di Dio, ma siete voi che potete impedire questa vita così come un terreno non fertile, come un terreno non lavorato, come un terreno sassoso, come un terreno in cui germinano innumerevoli altri semi, che possono impedire il germinare, l'attecchire, il crescere di questa Parola in voi.
S'impone dunque, prima di tutto, che la vostra anima rimanga sgombra di ogni altra parola, si offra a Dio in purezza di amore, e si offra a Dio senza altro desiderio, altra volontà che quella di offrirsi alla efficacia di questa divina Parola. Allora la Parola di Dio in voi prenderà carne e si prolungherà in voi l'incarnazione del Verbo, non nel senso che si rinnovi l'Incarnazione - il mistero dell'Incarnazione è uno solo -, ma questo mistero coinvolgerà anche la vostra anima, così come coinvolge la vostra anima il mistero della divina maternità.
Il Cristo non sarà più soltanto il Figlio di Maria, sarà il figlio di tutta la terra, sarà il figlio di ogni anima che avrà accolto in sé la Parola. Mie care Sorelle, la grandezza della donna, la perfezione della donna è di essere sposa e madre. Voi non avete rinunciato né all'unione nuziale, né alla maternità; sarebbe una mutilazione della grandezza e della dignità della donna, e nemmeno Dio può chiedere tale mutilazione; può chiedere invece soprattutto un espandersi, un dilatarsi di questa stessa grandezza. Questa grandezza e questa dignità in voi non sarà una maternità umana, sarà l'unione nuziale con il Verbo, perché da voi nasca il Verbo medesimo, come vostro figlio.


Don Divo Barsotti

venerdì 15 maggio 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE



La nostra maternità

Questo testo, se si applica direttamente alla Vergine, indirettamente si applica ad ogni anima. Se Maria santissima è la Madre di Dio, questo non toglie che ciascuna anima sia partecipe di una divina maternità. È uno dei temi fondamentali della spiritualità cristiana, questa partecipazione alla maternità di Maria. In noi tutti il Cristo deve nascere, in noi tutti deve crescere e da noi tutti deve essere in qualche modo partorito e donato al mondo; e noi tutti dobbiamo imparare dalla lettura che abbiamo ascoltato stamane quello che importa questa maternità divina.
Che cosa dobbiamo vivere, perché possiamo partecipare a questo mistero? Certo, prima di tutto si impone la scelta di Dio. È Dio che sceglie, è Dio che elegge; fin dall'eternità ha eletto la Vergine pura per essere concepito nel suo seno e nascere da lei, ma l'elezione di ciascuno di noi non è meno vera della elezione di Maria. Certo, l'elezione di Maria è singolarissima, ma ciò non toglie che Dio ami anche noi, che abbia scelto anche noi fin dall'eternità. Una vocazione divina ci ha fatto suoi figli fin dalla nascita, e una volta battezzati, e una volta fatti figli di Dio, crescendo abbiamo ascoltato la sua Parola che ci invitava a una particolarissima unione con lui, ci invitava a vivere più intensamente la nostra vocazione cristiana chiamandoci alla divina intimità.

don Divo Barsotti

venerdì 1 maggio 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE



LA MATERNITÀ DI MARIA E LA NOSTRA MATERNITÀ

(Omelia nella Messa in onore di Nostra Signora della Guardia Prima Lettura: Sir 24,1 - 2.5 - 7.12 - 16; Vangelo: Le 1,39 - 47)

Ci piace stamane meditare la prima lettura. Perché questa lettura è stata assegnata a una festa della Vergine? Il Siracide non parla forse della sapienza di Dio? Non è applicabile letteralmente il testo soprattutto al Verbo di Dio? Certo, ma il Verbo di Dio in quanto si incarna getta le sue radici in un terreno propizio, in una città che egli sceglie. Ora nella officiatura della Madonna noi vediamo che la Santa Chiesa sempre applica a Maria i salmi della santa città di Gerusalemme, della terra di Israele.
Essa è la terra da cui Dio ha tratto il nuovo Adamo, Gesù; essa è la santa città in cui dimorano i figli di Dio, secondo il salmo sulle fondamenta di Sion. Dunque giustamente la liturgia della Chiesa applica il testo anche alla Vergine, oltre che al Verbo Incarnato, perché il Verbo si incarna in lei, perché la Sapienza divina in lei prende carne e sangue per farsi presente nel mondo.
Dunque possiamo dire che la prima lettura praticamente ci parla della maternità di Maria, di quella maternità per la quale il Verbo di Dio, come si è detto, trasse da lei la carne e il sangue, dimorò nel suo seno, pose le radici e nell'anima sua germinò.

mercoledì 15 aprile 2020

ALLA SCUOLA DELL'AMORE



I frutti di questa presenza

Si diceva all'inizio che le virtù sono secondarie; non perché siano meno importanti, ma perché vengono in seconda luogo, sono il frutto soltanto di una vita di amore e di fede. Prima dobbiamo vivere la realtà del mistero: nella misura in cui vivremo la realtà del mistero noi parteciperemo di quelle virtù che hanno distinto la vita della Vergine; allora vivremo la sua semplicità, e vivendo la semplicità sparisce la molteplicità di tutte le cose. Non è la stessa cosa essere in portineria o essere sacrestana? Non è la stessa cosa vivere in una cella piuttosto che in un'altra? Non è la stessa cosa essere la superiora o essere l'ultima della casa? È la stessa cosa perché l'amore di Dio rende tutto uguale.
Se si vive la comunione con Dio, c'è poca differenza tra essere Papa o essere spazzino. Che aggiunge essere Papa a quello che sono, se Dio vive in me? Ogni missione che io ricevo nella Chiesa, ogni grandezza umana, piuttosto che aggiungermi mi toglie qualcosa, perché mi dà l'impressione che quella sia la vera grandezza, mentre la vera grandezza è questa fede per accogliere il dono di Dio, questa semplicità dell'anima che vive l'unica cosa necessaria, la divina Presenza.
Ma si vivrà con la Vergine anche la sua purezza, e tutta l'anima nostra sarà data a lui solo; non soltanto una verginità fisica, ma una verginità anche spirituale che rifiuta ogni pensiero, ricordo e affetto che non sia per lui; tutto l'essere nostro si consuma in un atto di amore che ci unisce al nostro Sposo divino. E non solo la purezza, non solo la semplicità, ma anche l'umiltà; infatti, vivendo nella luce divina, avviene quello che avviene quando a mezzogiorno si vogliono guardare le stelle, e non si vedono più. E così io nella luce di Dio non mi vedo più, ho perso me stesso, non sono più nulla: egli solo è, lui solo l'Amato!
Non è questa la vera umiltà, l'oblio di noi stessi fino in fondo, fino a non saper più nulla di noi, nascosti, anzi cancellati dalla luce divina? Come dovremmo vivere le virtù di Maria! Vivremo le virtù di Maria se vivremo la nostra unione con Cristo, se vivremo il nostro abbandono allo Spirito, se impareremo dalla Vergine come si crede e come si ama.
Tutto qui; è tutto qui, ed è il Paradiso! Che il Signore ce lo faccia vivere oggi, e domani, e sempre; sia la nostra vita un crescere di questa luce, e sia la nostra vita un crescere della nostra fede, per accogliere sempre più la Vergine che viene, lo Spirito che ci investe, il Cristo che ci afferra e ci possiede. Sia questo il nostro cammino nella vita presente.

Divo Barsotti