sabato 25 ottobre 2025

L'ANIMA DI SANTA TERESA DEL BAMBINO GESÙ



I. — CARATTERISTICHE FISICHE  


Impressione che suscitava in coloro che la conoscevano  


A nessuno che rifletta, crediamo sembrerà fuori strada che, cercando di riprodurre l'immagine spirituale di Santa Teresa del Bambino Gesù, ci soffermiamo un po' sui suoi tratti fisici o esterni. Nella vita presente, sia in quella puramente naturale che in quella soprannaturale, la nostra anima non agisce se non in funzione del corpo, e tutte le nostre azioni sono pienamente umane perché tutte dipendono immediatamente o mediamente dall'anima e dal corpo.  

La grazia soprannaturale è come la linfa vitale che da Gesù Cristo viene a noi, modellandoci a sua immagine e somiglianza. Gesù Cristo è Dio e vero Uomo, e tutte le sue facoltà umane, fino a quelle puramente naturali, sono elevate per essere in Lui strumento altissimo della divinità. Allo stesso modo, le anime sante, cooperando con tutte le loro facoltà all'opera della loro divinizzazione per grazia, comunicano al loro esteriore trasparenze di un incanto inconfondibile, che ci lasciano intravedere le preziosità soprannaturali del loro spirito.  

Tutte le persone che hanno trattato con la Santa, senza eccezione per quelle di più elevata gerarchia, come il vescovo di Bayeux e forse lo stesso Papa Leone XIII, notarono in sé stessi l'influsso potente del suo esteriore.  

Lei stessa riconosce che attira le novizie e che agli occhi degli altri tutto le riesce bene, e che anche nella stessa vita religiosa si apre per lei il sentiero pericoloso dell'onore. L'attrazione che esercitava non era certo un'attrazione sentimentale e stucchevole, ma dolce e forte allo stesso tempo. Mai, neppure essendo laica, sentì il desiderio di interessare gli altri con le sue grazie naturali, né si dedicò poco o molto a coltivare questa tendenza istintiva nella donna; al contrario, confessa lei stessa che non ha mai fatto apprezzamento del suo corpo, che è sempre stato per lei piuttosto un ostacolo che altro, che le ispirava vergogna, e che non sapeva guardarlo se non come una prigione della sua anima, dalla quale avrebbe desiderato fuggire.  

Quando conobbe quell'immagine del Volto Santo di Gesù Cristo, amata da lei con un amore così acceso, desiderò di non avere tratti distintivi e di essere, come lei, coperta agli occhi degli altri.  

Gesù Cristo, al contrario, volle che il volto della sua sposa carissima conservasse fino alla morte la pienezza dei suoi attrattivi. La crudele malattia che per tanti mesi distrusse e consumò il suo corpo, decomponendolo e perforandolo con le ossa come con ferri appuntiti, rispettò sempre il suo volto, specchio tersissimo della sua anima angelica.  

Nel suo letto di agonia, mentre si applicava a sé stessa quelle parole che Davide pronuncerebbe in nome di Gesù Cristo «Ego sum vermis et non homo» (1), io sono un verme e non un uomo, nessuno notò che le sue guance si facessero smunte, né che si offuscasse il suo sguardo d'Angelo, né che si oscurasse il suo sorriso celestiale, né che evaporasse quella sua grazia infantile che catturò sempre così dolcemente le anime.  

Non ci allontaneremo, dunque, dal cammino pensando che il Signore avesse posto nella sua figura esterna qualcosa di ineffabile che doveva essere un mezzo efficace per produrre nelle anime gli effetti spirituali che in esse stesse notavano.  


Ritratti letterari e grafici  

Coloro che non abbiamo avuto il consueto di vederla e conoscerla, dobbiamo supplire la sua presenza corporea con le fotografie e i ritratti letterari che ci hanno lasciato coloro che con lei vissero. Cerchiamo, dunque, con essi di riprodurre la Santa nel modo più reale possibile.  

Quando Teresita del Bambino Gesù aveva solo nove mesi, scrive sua madre: «Sorride sempre e ha un'espressione di predestinata.» A diciotto mesi: «La mia Teresita è incantevole. Cinguetta di mattina e di sera. Ci canta canzoncine, anche se bisogna essere molto abituati ad ascoltarle per capirle. Dice le sue preghiere come un Angelo. È un'idealità.» Potrebbero, è vero, prendere queste espressioni come fantasie di una madre innamorata, che vede nella sua bambina tutte le grazie del cielo e della terra, se poi, durante il corso della sua vita, non sentissimo ovunque simili encomi e lodi.  

Quando aveva cinque anni, la gente si fermava per le strade di Lisieux per guardarla dicendole che portava un cielo dentro gli occhi. Una vecchietta, vedendola in una processione mentre gettava fiori davanti al Santissimo, esclamò: «Questa creaturina è un Angelo. Mi stupirebbe che vivesse a lungo; ma se vive vedrete come si parlerà di lei come di una Santa.» Un'altra donna, che svolgeva i lavori di casa, chiese di poter tagliare un ricciolo dei suoi capelli, da portare via come una reliquia.  

Per uno dei consigli dati dalla Santa a una sua novizia, conosciamo uno dei segreti di quella dolce serenità che rifletteva sempre il suo volto.

Il volto è il riflesso dell'anima; deve, dunque, in ogni occasione mostrare un'espressione tranquilla e serena, come un bambino sempre contento. Quando si trova sola, agisca allo stesso modo, perché è continuamente un spettacolo per gli Angeli (C. R., 276).

Confessò che per questa ragione ha sempre paura di avere una ruga sulla fronte. Questa maestosa serenità fu una delle cose che più vivamente la colpirono quando entrò nel noviziato, come dichiara la sua Maestra. «Immediatamente — dice — impressionò la Comunità il suo modo di procedere, con quel certo aria di maestà, che tutte si aspettavano ben lontano da una novizia di quindici anni.» Questo fu il suo comportamento costante fino alla morte.

Le descrizioni letterarie di coloro che la trattarono per molti anni e con molta intimità possono essere riassunte nelle seguenti note caratteristiche: era alta, snella e ben proporzionata, con un'aria di distinzione mescolata a naturalezza e grazia. Aveva una grande e bella chioma bionda, che ancora oggi è l'ammirazione di coloro che la contemplano, una bianchezza di giglio su un volto di linee fini, armoniose e molto proporzionate. Bocca piccola con la tenerezza di una bambina. Occhi a mandorla, grandi, penetranti e intelligenti che illuminavano tutto il suo viso con una luce serenissima che, secondo afferma una sua contemporanea, non lasciava che si potesse guardarla a lungo. Un sorriso delizioso, espressione di una pace intima e celestiale. Tutte queste cose e molte altre sono un glossario di quelle due frasi di sua madre: espressione di predestinata, un essere ideale. I documenti grafici confermano queste descrizioni letterarie.

Possediamo due tipi di documenti grafici: le fotografie e i dipinti di sua sorella Celina. Le fotografie possiamo ancora dividerle in due serie: la prima, della sua infanzia, che arriva fino al giorno della sua vestizione, in cui fu ritratta ai piedi della croce di pietra che si erge nel mezzo del chiostro di Lisieux; la seconda comprende la sua vita religiosa fino alla morte. La prima serie ha un valore più autentico della seconda, perché è più spontanea e naturale. Nel convento sentiva repulsione per la macchina fotografica, che si traduceva in una scomposizione automatica della sua fisionomia quando si trovava davanti all'obiettivo. Tra la dozzina di cliché degli anni della sua vita religiosa potremmo, forse, escludere da questo difetto solo quello dell'ingresso nel noviziato, che abbiamo appena menzionato, e quello in cui è seduta con le mani raccolte sulla gonna nel viale dei castagni, con sullo sfondo le croci del cimitero. Questi due ritratti hanno l'espressione franca e profonda del suo carattere e sono una via sicura per arrivare alla sua anima.

Il pennello di Celina, amorevole e abile allo stesso tempo, volle dare una sintesi di tutte le qualità della sua santa sorella, trasfigurate dalla sua vita interiore, che come un raggio splendente salta dall'interno all'esterno. Come garanzia di questi dipinti, oltre ai testimoni oculari, abbiamo il carattere sincerissimo della pittrice, chiaramente dimostrato nei processi di beatificazione.

Presentando l'interrogatorio, in certi numeri che presentavano come frequenti e abituali, fenomeni della Santa, che lei sapeva essere stati rari nella vita di sua sorella, dichiara che li considera esagerati. «Io — dice — preferisco che non sia beatificata piuttosto che smettere di dare di lei il ritratto che credo esatto in coscienza... Non abbiamo mai percepito odori celestiali che lei esalasse. Ciò che abbiamo visto è tanto bello quanto tutto questo, ma molto più semplice, ed è quella fusione del soprannaturale e del naturale che dà a Suor Teresa il profumo squisito che le è proprio.» Chi sente così e ha inoltre anima di artista, è perfettamente adatta a darci il vero ritratto. Aggiungeremo ancora: quanto più leggiamo le cose della nostra Santa, più ci persuadiamo che Celina penetrò fino all'essenza dello spirito della sua santa sorella.

Due sono i principali ritratti dipinti da Celina: il busto ovale che guarda verso sinistra, e quello a mezzo busto in cui la Santa avvicina il Santo Cristo al suo cuore coprendolo di rose, con lo sguardo rivolto verso lo spettatore. Il primo può essere il più dettagliato nelle fisionomie, più realistico, copia quasi esatta della fotografia del viale dei castagni, che abbiamo lodato prima. Il secondo è più ideale e, per così dire, glorificato. Questo è il più frequente nell'immaginario devozionale, e a ciò ha contribuito più potentemente di qualsiasi altra cosa il fatto che la stessa Santa, quasi sempre che si è lasciata vedere, in qualche apparizione, lo ha fatto in quella posizione così amorevolmente espressiva. Per il fine che ci proponiamo qui di arrivare fino all'anima stessa, attraverso l'espressione del suo volto, i due ritratti ci possono essere di grandissima aiuto.

R. P. IGNACIO CASANOVAS, S. I.


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