lunedì 24 maggio 2021

VITA DI CRISTO

 


Giovanni il Battista  

L'austero silenzio trentennale fu interrotto soltanto dalla breve scena nel tempio. E ora si avvicinava il momento di passare dalla vita privata alla vita pubblica. E siccome tale evento avrebbe scrollato il mondo, Luca associa l'apparizione dell'araldo di Nostro Signore, Giovanni il Battista, con il regno del tiranno Tiberio, il reggitore di Roma. Plinio, che più tardi avrebbe scritto, in quanto storiografo romano, intorno a Cristo, aveva allora quattro anni; e Vespasiano, che poi, affiancato dal figlio Tito, avrebbe conquistato Gerusalemme, ne contava diciannove, e tra i matrimoni più importanti, che si celebrarono in quel tempo a Roma, troviamo quello della figlia di Germanico, la quale, nove anni dopo, avrebbe dato alla luce il massimo persecutore dei seguaci di Cristo: Nerone. Nel cuore di codesta relativa pace romana «la parola di Dio si fece udire a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (Luca 3: 2)  

Giovanni viveva in solitudine nel deserto, indossava un vestito di peli di cammello, con intorno ai fianchi una cintura di cuoio, e si nutriva di locuste e di miele selvatico. Il suo costume di vita intendeva probabilmente rassomigliare a quello di Elia, nel cui spirito egli si sarebbe presentato a Cristo. Giacché predicava la mortificazione, la praticava anche. Poiché doveva preannunziare Cristo, doveva anche evocare una penitente coscienza del peccato. Giovanni era un asceta severo, mosso dalla profonda convinzione del peccato nel mondo, sicché il nocciolo del suo messaggio ai soldati, ai pubblici funzionari, agli agricoltori, e a chiunque altro lo ascoltasse, era: «Pentitevi». La prima voce ammonitrice che si trovi nel Nuovo Testamento dice a tutti gli uomini di cambiare: i Sadducei devono smettere l'amor del mondo; i Farisei, l'ipocrisia e la presunzione di rettitudine; tutti quelli che vanno a Cristo devono pentirsi.  

Giacché il paese era sotto il giogo romano, Giovanni avrebbe potuto scegliere una strada più sicura per ottenere il favore popolare, quella cioè di promettere che Colui che stava per venire, Colui ch'egli annunziava, sarebbe stato un liberatore politico. Tale il mezzo cui sarebbero ricorsi gli uomini; ma Giovanni, invece che un appello alle armi, lanciò un appello per la riparazione dei peccati. E coloro che affermano di discendere da Abramo non devono vantarsene, perché, se volesse, Dio potrebbe dalle pietre stesse suscitare figli ad Abramo.  

«Chi vi ha insegnato, razza di vipere, a sfuggire l'ira che vi sovrasta?  

Fate dunque frutti degni di penitenza e non mettetevi a dire: 'Noi abbiamo Abramo per padre', perché io vi dico che Dio può da queste pietre medesime suscitare figli ad Abramo» (Luca 3: 7, 8)  

Parecchi secoli prima, Isaia aveva predetto che il Messia sarebbe stato preceduto da un messaggero:  «Ecco, io mando il mio angelo dinanzi a te, a prepararti la via. Voce di uno che grida nel deserto: 'Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri'.» (Mc 1: 2, 3)  

Trecento anni circa dopo Isaia, il profeta Malachia profetò che l'araldo Isaia aveva promesso che sarebbe venuto nello spirito di Elia:  «Manderò a voi il profeta Elia» (Malachia 4: 5)  

Ed ora, dopo che i secoli avevano turbinato nello spazio, ecco apparire nel deserto questo grand'uomo che assumeva lo stesso costume di vita di Elia.  

In tutti i paesi, quando il capo del governo desidera visitare un altro governo, manda messaggeri «dinanzi a sé». Così Giovanni il Battista venne mandato a preparare la strada di Cristo, ad annunziare le condizioni del Suo regno e governo; e, a malgrado delle profezie fatte su di lui, negò di essere il Messia, affermando d'essere soltanto  «la voce di uno che grida nel deserto» (Giov. 1: 23)  

Ancor prima d'incontrarsi col Messia, che gli era cugino, annunziò la superiorità di Cristo:  «Viene dopo di me colui che è più forte di me, al quale io non son degno di chinarmi a sciogliere il legaccio dei calzari» (Marco 1: 7)  

Giovanni si considerava indegno di sciogliere il legaccio dei calzari di Nostro Signore, ma Nostro Signore lo avrebbe superato in umiltà, con la lavanda dei piedi degli Apostoli. La grandezza di Giovanni consisteva nel fatto che a lui era stato concesso il privilegio di correre innanzi al carro del Re, dicendo: «Cristo è venuto».  

Simboli al pari di parole adoperava Giovanni. Il simbolo principale della lavanda del peccato era la purificazione mediante l'acqua. Giovanni usava battezzare nel Giordano, in segno di penitenza, ma sapeva che il suo battesimo non avrebbe né rigenerato né ridestato le anime morte, e fu questa la ragione per cui stabili un contrasto tra il battesimo conferito da lui e il battesimo che, più tardi, avrebbe conferito Cristo in persona; e parlando del secondo, disse:  

«Egli vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco» (Matt. 3: 11)  

Il giorno in cui Giovanni e Gesù s'incontrarono nel Giordano, Giovanni sentì destarsi in lui la più profonda e reverente umiltà. Avvertiva, sì, il bisogno di un Redentore, ma, allorché Nostro Signore lo invitò a battezzarLo, si mostrò riluttante, ché immediatamente aveva inteso l'incongruità di sottoporre Nostro Signore a un rito che insegnava il pentimento e prometteva la purificazione:  

«Io ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni a me?» (Matt. 3:14)  

Come avrebbe mai potuto battezzare Colui ch'era senza peccato? Il suo rifiuto a battezzare Gesù significava il riconoscimento della di Lui Innocenza:  

«Gli rispose Gesù: 'Lascia fare per il momento, poiché conviene che noi adempiamo così ogni giustizia'.» (Matt. 3:15)  

Il fine del battesimo di Gesù era il fine stesso della Sua nascita, e cioè quello d'identificarsi con l'umanità peccatrice. Non aveva forse predetto Isaia ch'Egli sarebbe stato «annoverato tra i malfattori?» Nostro Signore, in effetti, disse: 

«Lascia che ciò si compia; in apparenza non ti sembra giusto, ma in realtà è in perfetta armonia con il fine della mia venuta». Perché, se Cristo non era del numero dei malfattori come Persona a sé stante, lo era però come rappresentante dell'umanità peccatrice, sebbene fosse senza peccato.  

Ogni Israelita che veniva a Giovanni faceva confessione dei propri peccati. Ora, è evidente che il Nostro Signore Benedetto non fece una simile confessione, e Giovanni stesso riconobbe che Egli non aveva bisogno di farla: non aveva peccati di cui pentirsi, né peccati da lavare, e tuttavia s'identificava con i peccatori. Ché ai peccatori appunto si assimilò quando scese nel Giordano per ricevervi il battesimo. Gli innocenti possono aiutare i colpevoli a portare i propri fardelli. Così, se un marito è colpevole d'un reato, è insulso stare a dire alla moglie di non angosciarsene, o che non è affar suo. E parimenti assurdo è dire che Nostro Signore non doveva farsi battezzare perché personalmente privo di colpa. Dal momento che intendeva identificarsi con l'umanità, al punto di darsi il nome di «Figlio dell'Uomo», doveva pur farsi partecipe delle colpe degli uomini. E fu questo il significato del battesimo conferito da Giovanni.  

Molti anni prima, Egli aveva detto che doveva attendere a ciò che riguardava il Padre Suo: adesso rivelava che ciò che riguardava il Padre Suo era la salvezza dell'umanità. Esprimeva insomma la parentela ideale col Suo popolo, per amor del quale era stato mandato. Nel tempio, a dodici anni, aveva messo l'accento sulla Sua origine; ora, nel Giordano, sottolineava la natura della Sua missione. Nel tempio aveva parlato del Suo mandato divino; adesso, sotto le mani purificanti di Giovanni, palesava la Sua identità col genere umano.  

Più tardi, il Nostro Signore Benedetto avrebbe affermato:  

«La Legge e i Profeti vanno fino a Giovanni» (Luca 16: 16)  

Con ciò intendeva dire che lunghi secoli avevano fedelmente testimoniato della venuta del Messia, ma che ora una pagina nuova si era aperta, un nuovo capitolo era stato scritto. D'ora in avanti Egli si sarebbe immerso col popolo peccatore. Ché Gli era stato commesso il compito di vivere, d'ora in avanti, fra le vittime del peccato, e di operare per loro, e d'esser consegnato nelle mani dei peccatori, e d'essere accusato di peccato, benché ignaro di peccato. Allo stesso modo che, bambino, era stato circonciso, come se la Sua natura fosse peccaminosa, ora era stato battezzato, sebbene non abbisognasse di purificazione.  

Nell'Antico Testamento c'erano tre riti «battesimali». Il primo era un «battesimo» di acqua: Mosè condusse Aronne e il figlio di lui alle porte del tabernacolo e li lavò con acqua. Al che seguì un «battesimo» di olio, allorché Mosè, per consacrare Aronne, gli versò l'olio sul capo. Il «battesimo» finale fu un «battesimo» di sangue: Mosè prese il sangue dell'ariete immolato per la consacrazione e ne pose sull'estremità dell'orecchio destro e sul pollice della mano destra e sull'alluce del piede destro di Aronne: rito, questo, che implicava una consacrazione progressiva. 

Tali «battesimi» avrebbero avuto la loro contropartita nel Giordano, nella Trasfigurazione e nel Calvario.  

Il battesimo nel Giordano fu un preludio al battesimo del quale Egli avrebbe parlato in séguito: il battesimo della Sua Passione. Due volte, più tardi, accennò al Proprio battesimo: la prima, quando Giacomo e Giovanni Gli chiesero di poter sedere, rispettivamente, all'uno e all'altro lato di Lui, nel Regno Suo; al che Egli rispose domandando loro se erano disposti a farsi battezzare col battesimo ch'Egli stava per ricevere. Sicché il Suo battesimo d'acqua prefigurava il Suo battesimo di sangue: il Giordano fluì nei rossi fiumi del Calvario. La seconda volta, Egli accennò al Suo battesimo quando disse agli Apostoli:  

«Io devo ancora essere battezzato con un battesimo, e come sono angustiato finché esso non si compia!» (Luca 12: 50)  

Nelle acque del Giordano, Egli s'identificò con i peccatori; nel battesimo della Sua Morte, avrebbe portato l'intero fardello delle loro colpe. Nell'Antico Testamento, il Salmista parla di «entrare nell'acqua profonda» come di un simbolo di sofferenza, che è, palesemente, la medesima immagine. Era giusto descrivere l'agonia e la morte come una sorta di battesimo.  

Con sempre maggiore vivezza, in quell'occasione, il miraggio della Croce dové apparire alla Sua mente: non fu un pensiero successivo. Nelle acque del Giordano Egli era temporaneamente immerso soltanto per riemergere, alla maniera stessa che dalla morte sulla Croce e dalla sepoltura nella tomba sarebbe stato sommerso soltanto per emergerne trionfalmente nella Risurrezione. A dodici anni aveva proclamato la missione commessaGli dal Padre; ora si preparava all'oblazione.  

«Come Gesù fu battezzato ed uscì fuori dall'acqua, i cieli gli si apersero, e vide lo Spirito di Dio discendere a guisa di colomba e venire sopra di lui, mentre dal cielo una voce diceva: 'Questi è il mio Figlio diletto, nel quale ho riposto le mie compiacenze'» (Matt. 13: 6, 17)  

La sacra umanità di Cristo era il vincolo che congiungeva il cielo alla terra. La voce dal cielo che Lo proclamò Figlio Di letto dell'Eterno Padre non annunziò un fatto nuovo, né una nuova condizione filiale del Nostro Signor Benedetto: significò unicamente una dichiarazione solenne di tale condizione filiale, che esisteva ab aeterno ma che ora cominciava a manifestarsi pubblicamente come termine di mediazione tra Dio e l'uomo. Le compiacenze del Padre, nell'originale greco, sono riportate col tempo aorista, a denotare l'eterno atto di contemplazione amorevole con cui il Padre considera il Figlio.  

Il Cristo che uscì dall'acqua, come dall'acqua era uscita la terra all'atto della creazione e dopo il Diluvio, e come dalle acque del Mar Rosso erano usciti Mosè e il suo popolo, era adesso glorificato dallo Spirito Santo apparso in forma di colomba. Lo Spirito di Dio non appare mai a guisa di colomba se non qui. Il Libro del Levitico parla di offerte fatte a seconda della condizione economica e sociale del donatore: chi era in grado di donarlo portava un manzetto, mentre un povero offriva un agnello; ma i più poveri fruivano del privilegio di portar colombe. Quando la madre di Nostro Signore Lo presentò al tempio, la sua offerta consisté in una colomba. La colomba era il simbolo della mitezza e della pace, ma, soprattutto, era una forma di sacrificio possibile ai più umili. Gli Ebrei, sempre che pensavano a un agnello o a una colomba, pensavano a un sacrificio per un peccato; perciò lo Spirito che scese sopra Nostro Signore fu per essi un simbolo di sottomissione al sacrificio. Nel battesimo, Cristo si era già simbolicamente congiunto con gli uomini, ad anticipare la Sua immersione nelle acque della sofferenza; ma adesso, attraverso la venuta dello Spirito, era stato anche incoronato, indicato e consacrato a tale sacrificio. Le acque del Giordano Lo congiunsero con gli uomini, lo Spirito Lo incoronò e consacrò al sacrificio, la Voce attestò che del di Lui sacrificio l'Eterno Padre si sarebbe compiaciuto. In quella occasione i semi della dottrina della Trinità, piantati nell'Antico Testamento, cominciarono a rivelarsi, e col passar del tempo sarebbero diventati più chiari: il Padre, il Creatore; il Figlio, il Redentore; lo Spirito Santo, il Santificatore. Le parole stesse che il Padre aveva pronunziate, «Questi è il mio Figlio», erano state profeticamente rivolte al Messia un migliaio d'anni avanti, nel secondo salmo:  

«Tu sei il Figlio mio, oggi io ti ho generato» (Salmi 2: 7)  

Più tardi, il Nostro Signor Benedetto avrebbe detto a Nicodemo:  

«In verità, in verità ti dico che se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio» (Giov. 3: 5)  

Il battesimo nel Giordano segnò la fine della vita privata di Nostro Signore e l'inizio del Suo ministero pubblico. Quando era sceso nell'acqua, ai più era noto soltanto come il figlio di Maria; ne venne fuori pronto a rivelarsi qual era stato da ogni eternità: il Figlio di Dio. Egli era il Figlio di Dio a somiglianza dell'uomo in tutto e per tutto, tranne che nel peccato. Lo spirito lo aveva consacrato non propriamente per insegnare, ma per redimere.  

Venerabile Mons. FULTON J. SHEEN 

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