domenica 20 marzo 2022

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - LA LUCE DEL CUORE

 


LA LUCE DEL CUORE

Io ti saluto, o mio Salvatore, luce dell'anima mia: tutto ciò che i cieli racchiudono nelle loro sfere, la terra nel suo globo, l'abisso dei mari nelle loro profondità, ti ringrazino dello straordinario favore per cui mi hai fatto conoscere e considerare i segreti del mio cuore. Prima di quel giorno non me n'ero mai preoccupata, e, se posso così esprimermi, mi ero curata del mio interno poco più delle calzature de' miei piedi.

In questa nuova luce potei ricercare con cura e scorgere nella mia anima più d'una macchia e parecchie cose che offendevano la tua somma purezza; vidi di più un tale disordine e una tale confusione, da rendere impossibile la tua dimora in me. Non pertanto nè il disordine, nè l'indegnità ti hanno da me allontanato, o Gesù mio amatissimo: ogni volta che mi nutrivo dell'alimento vivificante del tuo Corpo e del tuo Sangue, godevo della tua visibile presenza, benché in una specie di luce fioca, come si scorgono gli oggetti all'incerto chiarore dell'alba.

Con simile dolce accondiscendenza Tu hai voluto impegnare la mia anima a fare nuovi sforzi, per unirmi più familiarmente a Te, per contemplarti con occhio più limpido e per gioire con pienezza del tuo amore.

Lavoravo alacremente per ottenere tali favori nella festa dell'Annunciazione della Santa Vergine Maria, il cui purissimo grembo fu l'asilo benedetto, ove Tu ti sei degnato di sposare in quel giorno l'umana natura.

O Dio, che prima di essere invocato rispondi « Eccomi », Tu hai voluto anticiparmi le gioie di quella giornata, prevenendomi fin dalla vigilia con le benedizioni della tua dolcezza (Ps. XX, 4).

Si teneva il Capitolo dopo Mattutino, perchè era domenica; nessuna parola umana può esprimere in qual modo, o « Luce che scendi dall'alto hai visitato l'anima mia, nelle viscere della tua dolcezza e della tua bontà » (Luc. I, 78). Dammi, o sorgente di ogni bene, dammi d'immolare sull'altare del mio cuore l'ostia di giubilo, perché ottenga d'esperimentare spesso, con tutti i tuoi eletti, quest'unione sì dolce, questa dolcezza sì unitiva che, fino adesso, mi era stata completamente sconosciuta.

Quando considero cos'era la mia, vita in passato, e quale fu in seguito, debbo proclamare, con sincerità, che tale beneficio fu dono gratuito e immeritato. Da quel benedetto istante ebbi una conoscenza così luminosa di Te stesso, da essere più commossa per la dolce tenerezza della tua familiarità che per timore degli stessi tuoi castighi. Ricordo però d'aver provato queste ineffabili delizie soltanto nei giorni della S. Comunione, quando mi chiamavi al tuo regale banchetto. Era disposizione della tua Sapienza? Era risultato dalla mia grande negligenza? Non saprei dirlo con esattezza.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE


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