QUARTA LETTERA
Scrive di sé come di una terza persona e incoraggia il suo corrispondente a continuare a praticare più pienamente la Presenza di Dio.
Ho colto l'occasione per comunicarvi i sentimenti di uno della nostra società riguardo agli effetti ammirevoli e ai continui aiuti che riceve dalla presenza di DIO. Lasciate che sia voi che io ne traiamo profitto.
Dovete sapere che la sua cura continua è stata, per più di quarant'anni che ha trascorso la religione, essere sempre con DIO; e non fare nulla, non dire nulla e non pensare nulla che possa dispiacerGli; e questo senza altro scopo che il puro amore per Lui, e perché Lui merita infinitamente di più.
Ora è così abituato a quella presenza divina, che riceve da essa continui soccorsi in ogni occasione. Da circa trent'anni, la sua anima è piena di gioie così continue, e talvolta così grandi, che è costretto a usare dei mezzi per moderarle, e per impedirne l'apparizione esteriore.
Se qualche volta è un po' troppo assente da quella presenza divina, DIO si fa subito sentire nella sua anima per richiamarlo; il che accade spesso quando è più impegnato nei suoi affari esteriori: egli risponde con esatta fedeltà a questi disegni interiori, o con un'elevazione del suo cuore verso DIO, o con un mite e affettuoso riguardo a Lui, o con quelle parole che l'amore forma in queste occasioni; come per esempio, mio DIO, qui sono tutto dedicato a Te: Signore, rendimi secondo il tuo cuore. E allora gli sembra (come in effetti lo sente) che questo DIO d'amore, soddisfatto da queste poche parole, si riposi di nuovo, e riposi nella profondità e nel centro della sua anima. L'esperienza di queste cose gli dà una tale certezza che DIO è sempre nella profondità o nel fondo della sua anima, e lo rende incapace di dubitarne, per qualsiasi motivo.
Giudica da questo quale soddisfazione e soddisfazione egli gode, mentre trova continuamente in se stesso un così grande tesoro: non è più in ansiosa ricerca di esso, ma lo ha aperto davanti a sé, e può prenderne ciò che gli piace.
Egli si lamenta molto della nostra cecità e grida spesso che siamo da compatire chi si accontenta di così poco. Dio, dice, ha un tesoro infinito da donare, e noi lo prendiamo con una piccola devozione sensibile che passa in un attimo. Ciechi come siamo, ostacoliamo DIO e fermiamo la corrente delle sue grazie. Ma quando Egli trova un'anima penetrata con una fede viva, riversa in essa le sue grazie e i suoi favori in abbondanza; lì scorrono come un torrente, che, dopo essere stato fermato a forza contro il suo corso ordinario, quando ha trovato un passaggio, si diffonde con impetuosità e abbondanza.
Sì, spesso fermiamo questo torrente, per il poco valore che gli diamo. Ma non fermiamolo più: entriamo in noi stessi e rompiamo l'argine che lo ostacola. Facciamo spazio alla grazia; riscattiamo il tempo perduto, perché forse ci resta poco; la morte ci segue da vicino, prepariamoci bene ad essa, perché si muore una volta sola e un errore è irrecuperabile.
Ripeto, entriamo in noi stessi. Il tempo stringe: non c'è spazio per gli indugi; sono in gioco le nostre anime. Credo che abbiate preso delle misure così efficaci, che non vi sorprenderanno. Mi congratulo con voi per questo, è l'unica cosa necessaria: dobbiamo, tuttavia, lavorarci sempre, perché non avanzare, nella vita spirituale, è tornare indietro. Ma chi ha la burrasca dello SPIRITO SANTO va avanti anche nel sonno. Se la nave della nostra anima è ancora agitata dai venti e dalle tempeste, svegliamo il Signore, che riposa in essa, ed Egli calmerà rapidamente il mare.
Mi sono preso la libertà di trasmettervi questi buoni sentimenti, affinché li confrontiate con i vostri: serviranno di nuovo ad accenderli e infiammarli, se per disgrazia (cosa che Dio non voglia, perché sarebbe davvero una grande disgrazia) dovessero essere, anche se di poco, raffreddati. Richiamiamo dunque entrambi i nostri primi fervori. Approfittiamo dell'esempio e dei sentimenti di questo fratello, che è poco conosciuto dal mondo, ma conosciuto da DIO, ed estremamente accarezzato da Lui. Io pregherò per voi; voi pregate subito per me, che sono vostro nel nostro Signore.
Lawrence, Brother (Nicholas Herman, c. 1605-1691)
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