lunedì 18 maggio 2020

Regina della Famiglia



Apparizioni a Ghiaie 

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Il ruolo del Cortesi 

Dopo la lettura di alcuni giudizi dati da persone autorevoli  sull'opera del Cortesi, è giusto conoscere ciò che egli scrive sul  ruolo da lui svolto nell'affare Ghiaie. 
Sarà bene che ci facciamo prima un'idea su quello che egli  pensa delle apparizioni in genere, e di quelle di Ghiaie in  particolare. 

Nel tentativo di demolire la relazione di padre Gemelli, che  presenta la bambina Adelaide Roncalli non suggestionabile, non  isterica, sincera, insomma un soggetto normale e quindi credibile,  don Luigi Cortesi, scrive: "Sospesi il giudizio su di essa  (normalità di Adelaide, n.d.r.) e la trascurai, come cosa oscura,  sterile; dispostissimo a negarla, qualora non si potesse conciliare  con una spiegazione naturale delle visioni" (v. L. Cortesi, Il  problema delle apparizioni di Ghiaie, o.c. p. 114). 

Domenico Argentieri commenta: "Dunque il Cortesi già  prima di fare ogni indagine, era convinto che le visioni di  Ghiaie dovevano avere un'origine puramente naturale... Poiché la  spiegazione naturale è per lui premessa ad ogni e qualsiasi  indagine, questa premessa assiomatica vale non solo per  Bonate, ma per tutte le manifestazioni soprannaturali in ogni  tempo e in ogni parte del mondo..." (v. o.c., p. 31). 

Domenico Argentieri continua: "Dalle pagine 130 e 131 "in  nota" del primo volume (Storia dei fatti di Ghiaie, n.d.r.), il Cortesi  stesso afferma di avere partecipato intimamente ai fatti di Ghiaie  "senza un incarico speciale" e confessa di violare perciò "un  espresso divieto generale del vescovo", e afferma anche che "quei  lunghi contatti con la bambina erano lunghi furti quotidiani". 

Il Cortesi scrive anche, dopo un'udienza dal vescovo il giorno 27 maggio 1944: "Alla fine del rapido colloquio S. E. mi  rimprovera di avere accostato la bambina in convento senza  quel permesso che io esigevo dagli altri. Non c'è che dire:  debbo incassare in silenzio. Per fortuna il vescovo non me ne  vuol troppo male"... 

Nel diario del vescovo affidato alla commissione d'inchiesta  trovasi annotato in data 29 maggio 1944: "Dò istruzione a don  Cortesi che non si faccia vedere come un direttore dei  movimenti, per togliere pretesto all'osservazione fatta da qualche  confratello che, ora che si è cercato di togliere la bambina alla  suggestione dei familiari, sono i sacerdoti che sembrano  suggestionarla". 

Quelle istruzioni non furono ascoltate da don Cortesi che apparve invece come un vero "direttore dei movimenti"... 

Ma la più grave "usurpazione" di don Cortesi fu proprio  quella vietata a tutti nel n. 5 del decreto vescovile 14 giugno  1944: 

"Nessun sacerdote o laico, qualunque sia l'autorità sua o  l'incarico che dicesse avere, è autorizzato a fare inchieste o  indagini se non con licenza scritta dell'ordinario di questa diocesi  e in relazione con gli organi di inchiesta già debitamente  costituiti"... 

"Restava a fare — scrive il Cortesi — lo studio del contenuto  e della storia delle visioni. Aspettai che alcuno fosse deputato a così  fatto lavoro fondamentale, massacrante. Ma non si poteva aspettare  a lungo, giacché, allontanandosi dai fatti, la memoria di Adelaide  e dei testimoni si sarebbe irrimediabilmente oscurata. Allora, per  la confidenza e la consuetudine che aveva con me la piccina, per le  amicizie che avevo contratto alle Ghiaie, per l'ampia esperienza  personale che avevo dei fatti, mi credetti in grado di assumermi quel  lavoro". 

Dunque il Cortesi ammette che si assunse arbitrariamente  l'incarico delle indagini sulle apparizioni di Bonate senza averne prima ottenuto il necessario mandato dalla suprema  autorità diocesana; anzi, aggiungiamo noi, contro l'espresso  divieto del vescovo... 

Il Cortesi voleva far presto, e voleva fare da solo, per evitare il pericolo che altri indagatori potessero riconoscere il  carattere soprannaturale delle visioni, cui egli attribuiva una  spiegazione naturale. 

La testimonianza di un solo uomo non è mai accettabile e tutte le legislazioni richiedono almeno due testimoni... 

Il Cortesi, volendo indagare da solo..., escludendo l'assistenza di testi qualificati... toglieva a quei suoi tre volumi ogni  garanzia di veridicità". (v. o.c., p. 31-33). 

Severino Bortolan 

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